16 Febbraio

Ci attendevamo Erasmo, è arrivato Moscovici

Biblioteca della Cittadella. Una frase sulfurea di Régis Debray apre il viaggio di Marco Gervasoni in Europa. La retorica sull'assenza di guerra in una storia (recente) piena di conflitti, le analisi realistiche che poi cadono nella vuota speranza, un impero debole costruito sulla forza dei mercanti, le rovine dei liberal-libertari

di Marco Gervasoni

«Una locomotiva senza vagoni». Così nel «Figaro» del 15 febbraio l’ex ministro degli esteri francese Hubert Védrine sullo stato della Ue. «Come l’URSS nel 1991», due giorni prima George Soros su «Project Syndicate» (e per la prima volta sono d’accordo con lo speculatore magiaro-statunitense). In confronto le parole del premier Conte nell’emiciclo di Strasburgo, a cui è seguita l’indegna gazzarra, parevano quelle di un eurolirico.  L’Ue è a pezzi.

«Ci attendevamo Erasmo, invece è arrivato Moscovici». Definitivo, come consente quasi solo la lingua francese, Régis Debray, pensatore dalle mille vite, compagno di guerriglia del Che, consigliere di Mitterrand fino alla metà anni Ottanta, fondatore negli anni Novanta del secolo scorso del sovranismo assieme all’ex ministro socialista Jean Pierre Chevènement, e oggi, quasi ottantenne, una delle penne più acute e inclassificabili di quello che, per tanti secoli, fino ai tempi recenti, è stato un esprit européen. Che, secondo Debray, proprio l’integrazione europea ha contribuito ad uccidere. In 48 pagine, nella nuova collana Gallimard di pamphlet brevi, Tracts, (L’Europe fantôme, Gallimard 48 pagine, 4,50 euro) Debray descrive come pochi altri la morte dell’Europa e soprattutto dell’europeismo, un credo laico, una secolarizzazione, peraltro povera, del cristianesimo nella sua interpretazione millenaristica.

Diversamente dalla vulgata di coloro che parlano di tradimento dello spirito originario, per Debray proprio nell’origine, nel pensiero dei cosiddetti padri fondatori, si ritrova la malfaçon originale. Eccoci quindi sprofondati nella «era post europea», post non solo su chiave mondiale, rispetto a Stati Uniti, Cina, Russia, India, ma post anche nella stessa Europa.

Di fronte allo scenario realistico descritto con mirabile capacità di sintesi e con lucidità da Debray, suonano pannicelli caldi e ritornelli già sentiti migliaia di volte le rassicurazioni di Sabino Cassese sulla «Europa che conviene» nel suo ultimo libro (La svolta. Dialoghi...


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