22 Marzo
Come abbiamo detto Xi alla Cina
Tutto nasce nel ministero di Di Maio. Il viaggio a Pechino in settembre prepara il terreno, Geraci semina, arriva il memorandum e il viaggio di Xi Jinping. Con il muro sugli investimenti all'estero, l'Italia dà alla Cina un'occasione politica per dividere l'Europa. Che reagisce subito
Che cosa sta succedendo? L'Italia sta scommettendo sulla Cina. Non siamo di fronte a una semplice operazione di riequilibrio della bilancia commerciale, fin dalle prime ore della visita di Xi Jinping a Roma è chiarissima la grande importanza che il presidente cinese attribuisce a questa missione. Il Dragone sta entrando nel cuore di un paese fondatore dell'Unione europea. Il cavallo di Troia.
Tutta l'operazione di Pechino è imponente, prima di tutto sul piano della comunicazione (come vedremo). Come si è giunti a questo punto? Abbiamo nei precedenti numeri di List fatto una serie di incursioni nella storia, qui facciamo un gioco di ricostruzione e proiezione di scenario.
Il dossier cinese nasce tutto in casa Cinque Stelle, l'epicentro è il ministero dello Sviluppo economico di Luigi Di Maio. Là ha il suo ufficio il sottosegretario Michele Geraci, già docente in Cina, un supporter dell'Italia alla pechinese. È la coppia Di Maio-Geraci a preparare il terreno per l'intesa e il viaggio di Xi Jinping.
Di Maio nel settembre del 2018 vola in Cina, si premura di dirci che va in classe economy e da par suo cambia il nome del presidente cinese in "Ping", ma il cervello dell'intesa non è lui, Di Maio è solo un inconsapevole "veicolo" di Pechino che in realtà conta sui neuroni del professor Geraci, quello che gli analisti di Merics chiamano "Mister China".
Stabilito il link, saldata la relazione, inoculato il virus nel governo, si trattava solo di mettere Conte di fronte al fatto compiuto (operazione facile), lasciare Salvini a galleggiare nel suo monologo su barconi e scafisti - ignaro di ciò che accade nel resto del mondo, intorno a lui - e mandare avanti una felpata azione diplomatica sul Quirinale che poteva contare su una consolidata tradizione di buoni rapporti sino-russi della sinistra democristiana, corrente culturale da...
Che cosa sta succedendo? L'Italia sta scommettendo sulla Cina. Non siamo di fronte a una semplice operazione di riequilibrio della bilancia commerciale, fin dalle prime ore della visita di Xi Jinping a Roma è chiarissima la grande importanza che il presidente cinese attribuisce a questa missione. Il Dragone sta entrando nel cuore di un paese fondatore dell'Unione europea. Il cavallo di Troia.
Tutta l'operazione di Pechino è imponente, prima di tutto sul piano della comunicazione (come vedremo). Come si è giunti a questo punto? Abbiamo nei precedenti numeri di List fatto una serie di incursioni nella storia, qui facciamo un gioco di ricostruzione e proiezione di scenario.
Il dossier cinese nasce tutto in casa Cinque Stelle, l'epicentro è il ministero dello Sviluppo economico di Luigi Di Maio. Là ha il suo ufficio il sottosegretario Michele Geraci, già docente in Cina, un supporter dell'Italia alla pechinese. È la coppia Di Maio-Geraci a preparare il terreno per l'intesa e il viaggio di Xi Jinping.
Di Maio nel settembre del 2018 vola in Cina, si premura di dirci che va in classe economy e da par suo cambia il nome del presidente cinese in "Ping", ma il cervello dell'intesa non è lui, Di Maio è solo un inconsapevole "veicolo" di Pechino che in realtà conta sui neuroni del professor Geraci, quello che gli analisti di Merics chiamano "Mister China".
Stabilito il link, saldata la relazione, inoculato il virus nel governo, si trattava solo di mettere Conte di fronte al fatto compiuto (operazione facile), lasciare Salvini a galleggiare nel suo monologo su barconi e scafisti - ignaro di ciò che accade nel resto del mondo, intorno a lui - e mandare avanti una felpata azione diplomatica sul Quirinale che poteva contare su una consolidata tradizione di buoni rapporti sino-russi della sinistra democristiana, corrente culturale da cui Mattarella proviene, e di cui Romano Prodi è l'alfiere. Su questo punto, ci torneremo, restiamo sul capitolo pentastellato in missione in Cina.
Di Maio in quel settembre 2018 fa notizia per le gaffe, le dirette Facebook, il solito folclore propagandistico, nessuno si cura di andare a vedere cosa stanno combinando i cinesi, sono loro ad avere una strategia e un disegno, non gli italiani. Geraci è pronto all'uso, Di Maio tra una tazza di the (ci sono le foto) e un selfie, pensa ai container nel porto di Napoli, non alla geopolitica, ma questo per lui è più che sufficiente.
A quel punto tutto il resto viene facile perché teleguidato dall'efficientissima macchina diplomatica cinese. L'ambasciatore a Roma è un rullo compressore, il memorandum è solo una cornice, si può riempire o meno, ha poca importanza, il piano di Pechino è un altro. Quale?
Per capire cosa hanno in mente i cinesi, bisogna seguire una vecchia e aurea regola del giornalismo: follow the money, segui i soldi. E i soldi sono gli investimenti all'estero della Cina. Da quel flusso di denaro emerge una strategia. E un problema per il compagno Xi.
Il report è quello di Merics ed è esemplare. Prima di tutto, gli investimenti dei cinesi all'estero sono in calo perché l'Occidente sta mettendo paletti regolatori su Pechino, le nazioni cercano di difendersi. Mentre gli altri alzano il ponte levatoio del castello, l'Italia spalanca le porte al Dragone, già questo è un segnale della nostra singolarità. In Europa, giusto per stare nel campo da gioco che ci interessa maggiormente, gli investimenti calano pesantemente per il secondo anno consecutivo:
Dunque non è vero come dice il governo italiano che noi apriamo il mercato e la collaborazione con la Cina come sta avvenendo in tutta Europa. I numeri dicono esattamente il contrario, l'Unione ha alzato lo scudo, noi lo stiamo abbassando. Gli investimenti nelle Big Three (Francia, Germania e Regno Unito) sono i più importanti, ma attenzione: l'Italia è il terzo paese per valore delle transazioni dal 2008 al 2018, subito dopo Londra e Berlino.
Di Maio e Geraci al ministero pensano a quel numeretto e ragionano su come farlo crescere. Geraci ha in mente un punto di vista pro Cina, Di Maio ignora completamente cosa vi sia dietro (surreale stamattina: "rassicuro io gli americani"). Di fronte alle porte aperte, i cinesi entrano, non ci pensano su tanto, dunque un paese che va in controtendenza come l'Italia è preziosissimo. Se poi questo paese è un fondatore dell'Unione europea, fa parte della Nato ed è un alleato storico di Washington, è un tripudio.
Non a caso Xi Jinping è arrivato a Roma con una delegazione monstre, accompagnato da una propaganda dei media del regime cinese impressionante. Giusto un paio di esempi.
Questo è il Quotidiano del Popolo, l'organo del Partito comunista cinese:
Questo è China Daily:
Questa è l'agenzia Xinhua:
Questa è la tv cinese:
E questo è il quotidiano di Hong Kong, il South China Morning Post, che oggi fa parte del gruppo cinese Alibaba fondato da Jack Ma:
C'è ancora qualcuno convinto che quello tra Italia e Cina sia un banale accordo commerciale che tratta di arance e vino? Siamo seri, Xi Jinping è insieme a Trump e Putin l'uomo più potente della terra, non si muove da Pechino se non c'è un grande dividendo politico da riscuotere. Non si scomoda per i container della Cosco, ma per il prestigio e la strategia di egemonia della Cina. Di Maio e soci gli hanno servito su un piatto d'argento un'occasione d'oro, probabimente senza capire esattamente che cosa stanno facendo.
E il Quirinale? Mattarella è un uomo che crede nel Patto Atlantico, ma la sua storia è quella della sinistra democristiana, del dossettismo e del prodismo. Oggi sulle colonne del Quotidiano del Popolo c'è un'intervista di Romano Prodi di pieno appoggio al patto con la Cina. La cultura di quella corrente ha sempre pensato a un riequilibrio della politica americana, tollerata quando alla Casa Bianca c'era un democratico, detestata quando toccava a un repubblicano. Oggi con Trump? Figuriamoci, una figura agli antipodi rispetto alla felpata diplomazia del Colle.
Quirinale. Xi Jinping e Sergio Mattarella fanno le dichiarazioni alla stampa dopo l'incontro (Foto Ansa)Mattarella probabilmente pensa che l'America First di Trump sia un problema per l'Italia (e potenzialmente lo è) e appoggia un'operazione che può anche irritare l'alleato americano, ma nello stesso tempo ricorda a Washington che non tutto è scontato. Può starci, ma se così fosse, è un ragionamento tattico, non strategico.
Perché? I cinesi firmano sempre un accordo, ma spesso lo riempiono nel corso del tempo con contenuti diversi da quelli stabiliti e soprattutto con l'idea oggi di fare i partner con un potere di blocco, domani di essere i dominatori assoluti. Nelle aziende e, naturalmente, nel gioco di relazioni tra gli Stati. La loro potenza di fuoco, inoltre, è incomparabile. Nel caso di un incidente di percorso, chi soccombe è l'Italia. Anche nel caso di un crac del titano cinese, sarebbe sempre l'Italia ad essere travolta dalle macerie.
Ci andrà bene? Può darsi, molto dipende dalla reazione degli Stati Uniti e dalle mosse che ora farà l'Unione europea. Germania e Francia hanno deciso di muoversi in anticipo per bypassare la mossa italiana e non lasciare il varco aperto a Pechino. Martedì Xi Jinping si incontrerà a Parigi con Merkel e Macron anche Juncker, un vertice a quattro. E l'Italia non ci sarà. Conte l'ha definito "un seminario". Si sbaglia, è smentito da quanto ha affermato oggi Juncker: "Sarà l'occasione per preparare il Vertice Ue-Cina. Vorremmo poter concludere con la Cina un accordo sugli investimenti, martedì discuterò a Parigi in un incontro che sarà l'occasione per fare un test per essere poi preparati per il vertice Ue-Cina del 9 aprile". Juncker è un abilissimo negoziatore, abbiamo visto come ha imbrigliato il Regno Unito sulla Brexit.
La discussione vera sarà dunque a Parigi. "Primo paese del G7 a firmare" ha detto enfaticamente Luigi Di Maio, senza rendersi conto che il problema è proprio quello. Primi. E soli. Sì, è vero, siamo stati i primi ad aprire il cancello, è stato facile, abbiamo solo detto... Xi.
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9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
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10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
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della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
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- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.