6 Marzo

Come fare un governo con due vincitori

Il dilemma di Mattarella e il precedente di Aldo Moro nel 1976: "Ci sono due vincitori, bisogni metterli insieme". E nacque il governo di solidarietà nazionale. E oggi? Francesco Damato in mandato esplorativo tra passato e presente.

di Francesco Damato

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è di cultura e formazione morotea, orgogliosamente morotea, anche se passò dall'insegnamento universitario alla politica, succedendo al fratello Piersanti ucciso dalla mafia il 6 gennaio del 1980, due anni dopo l'assassinio di Moro. Che era stato molto amico di loro padre, Bernardo,  ministro già ai tempi  di Alcide De Gasperi e infine anche di Moro, al Commercio Estero.  Da moroteo - ripeto, orgogliosamente moroteo - il capo dello Stato starà pensando in questi giorni all'esperienza del compianto statista pugliese nel 1976, quando l'allora presidente della Democrazia Cristiana, ma in realtà molto più di presidente e persino di segretario del partito, data l'autorevolezza da tutti riconosciutagli, gestì un risultato elettorale analogo a quello della notte fra il 4 e il 5 marzo di questo 2018.

Anche allora  dalle urne uscì un Parlamento senza governabilità, in cui cioè nessun partito disponeva da solo, o con alleati più o meno disponibili e compatibili, della maggioranza assoluta dei seggi parlamentari, e quindi anche della fiducia, se votata a ranghi completi al Senato e alla Camera. Completi, perché in realtà a ranghi non completi a un governo per ottenere la fiducia basterebbe la maggioranza dei presenti e votanti, non quella dei componenti dell'assemblea. Ma sulla carta un governo che nasce seriamente, e non punti a vivere alla giornata, a maggioranza delle presenze più o meno occasionali, deve poter contare sulla maggioranza assoluta del Parlamento. Questo almeno chiede il presidente della Repubblica ad un governo prima di nominarlo. E infatti Giorgio Napolitano nel 2013 tolse il pre-incarico di presidente del Consiglio all'allora segretario del Pd Pier Luigi Bersani quando si sentì formulare la proposta di un governo chiamato allegramente "di minoranza e combattimento", appeso agli imprevedibili umori dei grillini.

Un governo che nasce seriamente, e non punti

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