6 Giugno
Cosa resta degli ultimi quindici mesi
Cambiamento o continuismo? Giuseppe De Rita fa un bilancio dello scenario della società italiana dal marzo 2018 a oggi. Risultato? La rivoluzione può attendere, il continuismo per ora vince. Ecco le ragioni
Cosa resta degli ultimi quindici mesi? Il Censis cerca di rispondere alla domanda con una serie di appuntamenti per fare non solo un bilancio, ma proiettare in avanti lo scenario sociale e politico dell'Italia dal voto del 4 marzo 2018 a oggi. Il primo incontro ha avuto oggi come oggetto la collocazione dell'Italia nello scenario internazionale e il significato della "rottura" del voto - e del linguaggio - rispetto al passato. C'è un cambiamento reale? Giuseppe De Rita ne ha discusso con Filippo Ceccarellli (Repubblica), Massimo Franco (Corriere della Sera) e il titolare di List. Quello che segue è il contributo del professor De Rita su "I cambiamenti assiali del periodo". Buona lettura.
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di Giuseppe De Rita
L’edizione di quest’anno del Mese del sociale prende avvio a pochi giorni dalle elezioni per il Parlamento europeo, nella congiuntura delle diversificate interpretazioni dei loro risultati e dei tentativi di rinforzo delle istanze politiche che hanno tenuto banco nei mesi scorsi. Di fronte a tale forte congiuntura, la nostra tradizionale cultura professionale, sempre attenta ai processi di lunga durata, si ritrova un po’ spiazzata e con qualche tentazione di fare commento sul periodo di passaggio che stiamo vivendo. Ma basta guardarsi dentro per capire che tale passaggio chiama in causa una moltitudine di variabili non solo politiche, ma anche economiche, sociali e di cultura collettiva: chiama cioè in causa l’esigenza di capire le radici profonde di tali variabili e i processi reali su cui esse si sono andate coagulando.
Per questo motivo nel Mese del sociale 2019 noi abbiamo deciso di non aggiungerci ai tanti commentatori post-elettorali oggi in campo; di portare avanti invece l’approfondimento dei reali processi sociali che fanno da base ai fenomeni politici ed elettorali di attualità. Mantenendo comunque l’attenzione sull’evolversi della congiuntura post-elettorale (e sulle sue relative possibili discontinuità)...
Cosa resta degli ultimi quindici mesi? Il Censis cerca di rispondere alla domanda con una serie di appuntamenti per fare non solo un bilancio, ma proiettare in avanti lo scenario sociale e politico dell'Italia dal voto del 4 marzo 2018 a oggi. Il primo incontro ha avuto oggi come oggetto la collocazione dell'Italia nello scenario internazionale e il significato della "rottura" del voto - e del linguaggio - rispetto al passato. C'è un cambiamento reale? Giuseppe De Rita ne ha discusso con Filippo Ceccarellli (Repubblica), Massimo Franco (Corriere della Sera) e il titolare di List. Quello che segue è il contributo del professor De Rita su "I cambiamenti assiali del periodo". Buona lettura.
***
di Giuseppe De Rita
L’edizione di quest’anno del Mese del sociale prende avvio a pochi giorni dalle elezioni per il Parlamento europeo, nella congiuntura delle diversificate interpretazioni dei loro risultati e dei tentativi di rinforzo delle istanze politiche che hanno tenuto banco nei mesi scorsi. Di fronte a tale forte congiuntura, la nostra tradizionale cultura professionale, sempre attenta ai processi di lunga durata, si ritrova un po’ spiazzata e con qualche tentazione di fare commento sul periodo di passaggio che stiamo vivendo. Ma basta guardarsi dentro per capire che tale passaggio chiama in causa una moltitudine di variabili non solo politiche, ma anche economiche, sociali e di cultura collettiva: chiama cioè in causa l’esigenza di capire le radici profonde di tali variabili e i processi reali su cui esse si sono andate coagulando.
Per questo motivo nel Mese del sociale 2019 noi abbiamo deciso di non aggiungerci ai tanti commentatori post-elettorali oggi in campo; di portare avanti invece l’approfondimento dei reali processi sociali che fanno da base ai fenomeni politici ed elettorali di attualità. Mantenendo comunque l’attenzione sull’evolversi della congiuntura post-elettorale (e sulle sue relative possibili discontinuità) riteniamo utile partire da un evento precedente, cioè dalla grande discontinuità provocata dalle elezioni politiche del marzo 2018 e dall’anno che ha succeduto quelle elezioni. Un anno disordinato e rabbuffato nella dialettica politica, di cui è colpa soltanto una comprensibile propensione dei vincitori delle elezioni a rinforzare i meccanismi di rottura con il precedente assetto di potere, perché ad essi va riconosciuto un “diritto alla discontinuità”, specialmente se questo è stato legittimato da un ampio mandato elettorale.
Sfrondandolo da tutti i messaggi di attrazione del consenso, quel mandato elettorale era incardinato su tre fondamentali promesse politiche:
- invertire la dipendenza delle nostre politiche economiche dai vincoli esterni di stampa europea, per ridare spazio a una collettiva speranza di crescita;
- garantire sicurezza a tutti i livelli, sia attraverso il controllo dei flussi di immigrazione, sia attraverso il controllo della civile convivenza nelle diverse aree del Paese;
- affrontare con decisione la forte diseguaglianza sociale, con specifica attenzione alle attese delle fasce di popolazione più deboli e ai bisogni di chi vive nella povertà assoluta.
Per noi che nel testo sul Consolato guelfo di un anno fa avevamo messo in risalto la centralità, in ogni sistema nazionale, e specialmente in Italia, delle tre promesse e scelte sopra richiamate, è stato naturale accogliere con attenzione la spinta a concretizzarle in decisioni e atti di governo. Le valutazioni che seguono sono quindi centrate non sulla bontà delle intenzioni, ma sul modo in cui esse si sono tradotte nella quotidianità dell’azione politica.
Cosa resta degli ultimi quindici mesi
Partiamo dalla prima intenzione di discontinuità, quella di invertire i rapporti di dipendenza dalle autorità europee.
a) Si è partiti da una dura contestazione dell’idea stessa di appartenenza comunitaria, quasi una propensione a coltivare una exit italiana dalle istituzioni comunitarie, una volontà di uscire dall’euro e una tendenza a coltivare una linea alternativa, anche a rischio di attriti politici di grande delicatezza (si è giunti a minacciare un potenziale impeachment del Presidente della Repubblica). Il tutto condito da un’affezione al concetto di sovranismo, che però nel tempo non ha rafforzato la centralità della sovranità statuale, piuttosto ha ulteriormente frantumato la società, con una moltiplicazione sovranistica (etica, categoriale, localistica, addirittura personale, fino al “sovranismo psichico” dell’ultimo Rapporto Censis) che ottunde ogni possibilità di sovranità sovraordinata.
b) Chi ripensa a quella forte scelta antieuropeistica non può non constatarne il progressivo sfilacciamento: la figura del Ministro per gli Affari europei, che avrebbe dovuto gestire il protagonismo antieuropeo, è finita nell’indeterminatezza di un interim seminascosto; la campagna elettorale per il 26 maggio si è alla fine svolta su temi molto domestici, lontani dai toni aggressivi verso i poteri dell’Ue; l’orientamento post-elettorale delle forze di governo sembra quello di andare ad occupare sedi strategiche delle istituzioni europee, più che di contestarne la legittimità del potere; la volontà sovranista di mettere in campo politiche libere dai vincoli europei e autocentrate sugli interessi nazionali si diluisce progressivamente in interessi troppo specifici e molecolari per sfociare in serie possibilità di successo. E non sorprende che l’opinione collettiva resti sostanzialmente moderatamente filoeuropeista (con valori praticamente identici, nei sondaggi dell’Eurobarometro, a quelli di dieci anni fa).
c) Un punto cruciale della propensione discontinuista dell’ultimo anno è stato quello del rispettare o meno i vincoli di bilancio e i parametri macroeconomici stabiliti a Bruxelles. La comunicazione di massa è stata in proposito piena di dichiarazioni di volontà di sfondare le indicazioni europee sul rapporto deficit/Pil (per mesi il 2%, più recentemente il 3%, al di dà delle eccitazioni mediatiche e degli aggiustamenti di pura convenienza, con il passaggio in poche ore dal 2,4% al 2,04%). È risultato via via evidente che “le cifre possono ballare” e che tutto alla fine può rinviarsi a una delicata trattativa politica, tesa a ridurre le distanze fra le ambizioni governative e le procedure rigide dell’Unione europea. Ridurre le distanze, non rompere i rapporti. Questa implicita scelta riduce fatalmente la carica di esplosività autoreferente che si pensava di poter sfruttare nei rapporti con la burocrazia europea.
Del resto, non è inutile ricordare che questa ha di fatto il mandato (storico e partecipato) di mantenere l’equilibrio economico europeo: un mandato di fatto conservatore. E ci stiamo accorgendo che i vincoli europei avranno magari qualche limite etico, ma sono capaci di garantire equilibri significativi, più dei vincoli del tutto o pienamente esterni dei mercati finanziari internazionali.
d) Si capisce allora il relativo declino dell’onda antieuropeista che tanto ha giuocato nella discontinuità politica dell’inizio di legislatura. Oggi il nemico reale non è la burocrazia di Bruxelles, ma l’andamento dello spread e la potenziale resistenza degli investitori internazionali a finanziare un sistema fortemente indebitato.
e) La motivazione più proclamata nelle polemiche verso il giogo dei vincoli europei è stata quella del dovere di dare attenzione e primazia agli andamenti domestici dell’economia e al rilancio della domanda interna, (rilancio fra l’altro necessario anche per la lotta alle diseguaglianze e alla povertà). Una opzione in profonda controtendenza, visto che lo sviluppo italiano ha potuto e dovuto prevalentemente contare, negli ultimi anni, sulla forte tenuta dell’export e sulla grande potenza delle tre filiere (enogastronomia, lusso e macchinari) che permettono all’Italia di essere presente e vincente sul mercato globalizzato. Ma proprio ciò rende naturale che si sia affermata una volontà politica alternativa, quella di mettere mano allo sviluppo della domanda interna e dei consumi delle famiglie.
Questa scelta strategica non è riuscita però a trovare un adeguato concreto atterraggio: l’ansia politica di inseguire diseguaglianze e povertà ha portato a proporre un ricco insieme di interventi, fatalmente un po’ troppo random (vedi la moltiplicazione di sussidi e di bonus di varia natura) per riuscire a rappresentare quella massa critica necessaria per una vitale ripartenza del mercato domestico:
- non si è riusciti a smuovere l’antica stabilità degli indicatori sulla disponibilità finanziaria delle famiglie e sul livello dei consumi;
- non si è riusciti a eliminare la strutturale staticità del sistema (poca propensione all’investire e tanta propensione al risparmio);
- non si è riusciti a innescare un clima di fiducia nel futuro, superando quelle sensazioni pessimistiche da tempo in circolo nell’opinione collettiva.
Si capisce allora che i tanti interventi pensati e proposti non sono riusciti a cambiare lo scenario di riferimento degli imprenditori e dell’opinione pubblica. Erano troppi anni che ci sentivamo dentro una regressione del nostro sviluppo; e pensare di invertire un tale sentimento collettivo senza mettere in campo un forte impegno collettivo e statuale (con una stagione di investimenti pubblici e una altrettanto forte politica fiscale) è stata una operazione certo legata alla molteplicità delle attese e promesse elettorali. La lezione che quest’ultimo anno ci lascia è che dobbiamo perseguire una politica a largo spettro, continuata nel tempo, e fortemente gestita senza cercare il consenso con interventi troppo specifici, specialmente se di puro sostegno finanziario.
Il nuovo ruolo dello Stato e della macchina burocratica
Il secondo grande tema che è venuto in luce negli ultimi mesi è quello relativo al tipo di azione pubblica messa in moto dalla volontà di accentuare la carica di discontinuità politica esplosa con le elezioni del 2018. È ampiamente noto a tutti, ma specialmente alla politica attuale, che erano e sono passati i tempi in cui lo Stato si affidava ai cittadini per farli protagonisti dei grandi processi economici (ad esempio nella ricostruzione post-bellica); erano e sono passati i tempi in cui lo Stato era considerato il vero e grande “soggetto generale dello sviluppo”, con una grande fiducia nella pianificazione a medio e lungo termine; ma a dire il vero erano e sono passati i tempi anche della relativa marginalizzazione dello Stato a favore del rampante potere della globalizzazione e dei suoi più rampanti protagonisti di mercato.
Il governo nato dopo le elezioni del 2018 si è trovato allora in una strana condizione: aveva il potere quasi assoluto e poteva a suo piacimento gestire l’azione pubblica, ma non sapeva come. Anzi, paradossalmente avere molto potere ha portato le forze di governo a infatuarsi del potere e a incastrarsi in esso, seguendo estri di non eccelsa consistenza: si poteva dire no a ogni cosa che non piacesse (sul piano delle emozioni mediatiche, più che per ragionato giudizio); e si poteva pensare di fare di tutto, moltiplicando idee e formule di intervento di notevole appeal mediatico, anche se non adeguatamente studiate e implementate. In molti casi si è seguito lo “sfizio” di mostrare di avere il potere più che esercitarlo nei modi dovuti. È avvenuto così che si siano affermate due logiche implicitamente regressive di azione dello Stato: l’aumento indifferenziato della spesa pubblica e l’estensione puramente quantitativa degli apparati amministrativi (e del relativo personale).
Sarebbe facile, di fronte a ciò, mettersi a rimpiangere e riproporre complessivi disegni di sviluppo e tradizionali programmi strategici. Se le cose sono andate in direzione contraria non è stato soltanto per scelta di chi governa, ma anche, e forse specialmente, perché le attese e le paure della popolazione si erano andate cristallizzando in un rancoroso rifiuto dello sviluppo precedente, imposto dalla globalizzazione e dalle insicurezze da essa create.
a) Alla copertura di questi sentimenti collettivi la spesa pubblica doveva politicamente obbedire, anche senza troppe complicazioni programmatiche, senza rispetto di qualsiasi vincolo. Non a caso, la frase più presente nel dibattito sulle cose da fare è stata sempre “i soldi ci sono”. Qualsiasi intervento specifico venisse ideato, non c’era dubbio che le risorse fossero o potessero essere disponibili. Ed anche quando da qualche intervento già deliberato arrivasse (per la mancata sua attuazione) un po’ di risparmio, questo doveva subito essere riciclato in un’altra collaterale azione legislativa (è il caso dei risparmi prevedibili sul reddito di cittadinanza, immediatamente “postati” su una legge per il sostegno delle famiglie).
Questa infatuazione per il gusto di poter fare di tutto ha fatalmente prodotto una spesa pubblica senza controllo e non incasellata in comparti precisi, una spesa pubblica “marmellata” che sarà difficile sottoporre a un radicale riordino, visto che si sono accavallati tanti e diversi canali di spesa. Nel breve periodo saranno obbligatori ampi pacchetti di contenimento (primo fra tutti, in termini di tempo, quello per il disinnesco dell’aumento dell’Iva); ma poi dovremo affrontare dolorose e drastiche misure di settore rischiando la rabbia dei segmenti sociali in esse implicati (nessuno dimentica quanto è costata, in termini di emozioni collettive e di consenso politico, l’unica vera riforma strutturale dell’ultimo decennio, quella pensionistica). Ed infine, se non si esce dalla indistinta “marmellata” attuale, si può rischiare che si possa e si debba andare verso una manovra sui patrimoni delle famiglie (sempre al grido che “i soldi ci sono o possono essere trovati”).
b) Ma resterebbe comunque, dell’aumento disordinato di spesa pubblica, una conseguenza meno quantificabile, ma altrettanto pericolosa: l’aumento indifferenziato della macchina amministrativa e del relativo personale.
Di solito, chi esercita il potere politico si muove con l’implicita convinzione che “l’intendenza seguirà”. Negli anni del dopoguerra questa convinzione trovava riscontro in una pubblica amministrazione magari non eccelsa, ma che sapeva trasformare i disegni politici in conseguenti decisioni legislative e in conseguenti atti amministrativi. Ciò non è avvenuto negli ultimi decenni e ancor meno negli ultimissimi anni: chi ha esercitato il potere politico ha ritenuto che bastassero la propria volontà e una semplifica attività normativa; si governa ormai per decreti, nell’illusione che essi siano immediatamente operativi; ma sempre più si scopre che “l’intendenza non segue”. E non perché essa è sempre più cinica nei confronti della politica, ma perché non esiste più come semplice “intendenza” di disegni più alti. Il corpo amministrativo è diventato un insieme sociale a sé stante, con una logica di pura sopravvivenza o di progressivo consolidamento di se stesso. Sarà difficile, forse impossibile, ricondurlo alle originarie funzioni di applicazione e implementazione delle decisioni politiche.
Quel che è avvenuto negli ultimi tempi è una crisi governativa degli apparati amministrativi, dovuta a una doppia prigionia in essi del potere politico: da un lato, la prigionia dovuta al peso elettorale che le macchine burocratiche e le loro istanze categoriali hanno nelle tornate elettorali; dall’altro, la prigionia dovuta al fatto che i poteri politici, non riuscendo ad avere una efficace catena di comando, sono condannati a un esercizio random e fragile della propria volontà (anche verso le amministrazioni).
È arrivato un periodo di “potere nudo” delle macchine burocratiche, un potere senza responsabilità, votato essenzialmente a perseguire i propri interessi. Chi non si attrezza per far tornare l’amministrazione pubblica ad essere intendenza si ritroverà a gestire (solo formalmente) un corpo sociale pesante, senza alcuna elasticità di funzionamento; e magari con la tentazione di ricatto sul piano dei disservizi più direttamente condizionanti la vita collettiva.
Abbiamo visto così l’affermarsi di una propensione all’assunzione quasi inquietante: nei centri per l’impiego, nell’implementazione delle forze dell’ordine, nell’immissione in ruolo dei “precari” nelle scuole e negli ospedali, e via dicendo. E in questa luce ogni iniziativa politica si riduce a puro appesantimento occupazionale.
Malgrado ogni proclama di primato della politica (e relativa decretazione d’urgenza), la macchina pubblica si è appesantita ed estraniata dai processi della vita reale. Sarà magari stato raggiunto l’obiettivo di non avere una “casta” di competenti e privilegiati, ma l’effetto finale è quello di una incontrollabile e dispersiva crescita dei “nudi poteri” della burocrazia.
L’ondata del nuovo sommerso
Se, come è ormai evidente, si è andata spegnendo la carica nervosa contro i vincoli europei; se non si è riusciti a fare altre e mirabolanti manovre politiche ed economiche; se non si è riusciti a rivendicare (anche in dialettica con le politiche di austerità) la vitalità intrinseca del modello italiano (tutto centrato sullo sviluppo diffuso); se non hanno avuto successo gli interventi volti a incrementare la domanda interna; se non siamo in grado di rilanciare lo sviluppo attraverso una rinnovata presa di responsabilità dei poteri statuali e amministrativi; se tutto ciò è vero, viene allora spontanea la domanda: a quale segno di vitalità possiamo riferirci in una società in complessa difficoltà come la nostra?
La risposta Censis è sempre stata quella di ricercare dentro le diverse fasi congiunturali i segni di un qualche fenomeno in movimento, anche a costo di sospendere il giudizio sulla sua intrinseca qualità. E con questa chiave di lettura (che ci premiò quando cinquant’anni fa scoprimmo una fortissima economia sommersa) possiamo avanzare l’ipotesi che nel Paese si stia aprendo una stagione di “economia del cash” (potremmo anche dire “delle continue transazioni in nero”, ma la definizione sarebbe aperta a facili critiche).
In un Rapporto di qualche anno fa, avevamo già messo attenzione su una probabile nuova fase di economia sommersa, ma alla fine restammo impigliati da una parte nella brutale esigenza di “dare i numeri” (e farli poi quadrare negli schemi usuali della produzione statistica), dall’altra nella consapevolezza che la dizione “economia sommersa” non permette più di cogliere la straordinaria segmentazione dei comportamenti (e dei redditi) che caratterizzano oggi la nostra dinamica socioeconomica.
Parte da qui l’esigenza di censire, anche senza il supporto dei dati, i comportamenti e i redditi che vivono sotto l’egida del cash e della informalità delle transazioni. Certo non riusciremo poi a fare la somma quantitativa dei fenomeni che cercheremo di individuare, ma la loro elencazione può servire per delineare quel che potremmo definire un “ecosistema del cash” in cui non ordinatamente si muovono fenomeni sostanziosi, ma in qualche modo sottovalutati dai commentatori e dagli studiosi:
- vivono di cash tutti quei “lavoretti” che, per dimensione e per livello qualitativo, sfuggono alle statistiche ufficiali (una prima stima è ritrovabile in un capitolo del volume di Galdo e De Rita Prigionieri del presente);
- lavora sul cash buona parte della nuova impennata delle partite Iva, innescata da alcuni recenti provvedimenti legislativi;
- cerca e sfrutta il cash buona parte della rotazione su se stesse di molte aziende, con la crescente propensione alle decisioni di “apri e chiudi” o di “chiudi e apri”;
- lavorano sul cash alcune attività economiche (agricoltura e logistica in primo luogo) dove vige il sistema dell’appalto e del subappalto del personale, anche senza andare ai limiti inaccettabili del caporalato;
- vive di cash una buona parte della nuova offerta turistica low cost (dalla miriade di bed and breakfast alla miriade dei servizi accessori);
- vivono di cash le componenti nuove e informali del welfare (dal semi- volontariato ai provider del welfare aziendale);
- vive di cash gran parte dei servizi domiciliari, da quelli alla persona (terapisti, badanti, ecc.) a quelli alla quotidiana gestione dell’abitazione (dagli idraulici ai giardinieri);
- vive di cash buona parte dell’attività di manutenzione ordinaria di edifici, parchi e marciapiedi, e anche un minimo di quella straordinaria, con la “discesa a cascata” dei relativi affidamenti;
- vive di cash molta parte della diffusissima attività di organizzazione di eventi (dalle sagre paesane alle grandi manifestazioni di piazza);
- vive di cash una parte del mondo della produzione e della commercializzazione artistica, spesso legata a relazioni e scelte strettamente personali.
Basterebbe quantificare, anche imperfettamente, questo elenco per avere un’idea di quanto sia giustificata l’ipotesi prima avanzata di una nuova stagione di economia informale, in gran parte fuori dagli schemi tradizionali. Pur rifiutando per prudenza di aggiungere tutto il cash in cui vivono le piccole e grandi attività criminali, si può dire che c’è abbastanza massa critica di comportamenti e di transazioni interpersonali per dire che l’economia informale che vive di cash è di consistenza tale da caratterizzare l’attuale realtà socioeconomica italiana.
Può apparire paradossale che, in piena onda di economicismo spinto e di globalizzazione, noi ci si attesti su una voglia di un egoico protagonismo di piccole dimensioni, di un ecosistema a implicita forte trazione sociale; ma è quel che avviene nei fatti e, a pensarci bene, non è cosa estranea alla struttura profonda della nostra società. Qualcuno potrà considerarla la quintessenza della tradizionale anomalia italiana, certo lontana dall’idea che del nostro Paese hanno le istituzioni europee e dall’impressiva immagine che di esso vogliono dare gli attuali governanti; per fortuna, è quella che più corrisponde ai comportamenti reali di questo periodo.
Il cimento del continuismo
Poteva apparire azzardato far circolare nei mesi scorsi un testo, addirittura a stampa, centrato sulla faticosa ricerca di sopravvivenza dei processi di continuità che storicamente connotano la nostra società. Venivamo infatti da un decennio in cui si erano affollati tanti momenti di radicale discontinuità, sia economica (si pensi alla gravissima crisi economica di metà decennio), sia politica (si pensi alla curiosa successione di protagonismo di governo da Monti a Renzi, a Di Maio e Salvini), sia anche di assetto complessivo dei poteri (si pensi alla discontinuità conseguente alla diffusa politica di disintermediazione). Ed era oggettivamente avventato riproporre l’antico nostro vizio di primato della continuità, anche attraverso lotte silenziose, di “cimento”. Ma le recenti elezioni europee rischiano di rendere ancora più inattuale quell’attaccamento al continuismo: sentiamo addirittura un Paese che sfugge dalla mediocre continuità della storia e preferisce procedere per sobbalzi (uno ogni tot numero di anni), che sembrano più adatti a cavalcare e orientare la continuità. Riproporre quindi quel testo di “cimento” all’interno del Mese del sociale 2019 può apparire a prima vista un gesto stravagante, nella sua serialità continuista. Ma nei fatti quel testo può ancora essere utilmente sottoposto a una collettiva riflessione:
- perché nel suo primo capitolo si richiamano le ragioni di fondo, e ancora di fatto esistenti (il rancore e il bisogno di sicurezza), della voglia di discontinuità che sta caratterizzando questi ultimi tre o quattro anni;
- perché nel suo secondo capitolo si analizza la scarsa cultura di governo che si aggira nel Paese e che ha prodotto effetti anche nell’ultimo sobbalzo, quello delle elezioni di fine maggio;
- perché nel suo terzo capitolo si mettono a fuoco i fattori di fondo della tenuta del continuismo (il peso della tradizione, la sperimentata capacità di andare oltre i sobbalzi, il modello di sviluppo diffuso e a molteplicità di soggetti, il costante radicamento-appiattimento nel presente, la libertà di adagiarsi nel tempo storico più che dominarlo, il crescente peso del sociale nel determinare la complessiva evoluzione sociale);
- e perché nell’ultimo capitolo si richiama l’esigenza, anche per dei cocciuti continuisti, di garantire a questa società degli orizzonti di senso, perché non si senta prigioniera di un inderogabile destino del sempre tutto uguale.
Per queste ragioni si può chiedere a chi ha già letto il testo a stampa, e a chi lo leggerà per l’occasione, di partecipare nel Mese del sociale 2019 a una riflessione più spinta verso il futuro, che non all’appiattimento continuato, che rischia di essere il nostro pericolo dietro l’angolo.
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2. Acquisto dell'abbonamento
2.1 Ai fini dell'acquisto di un Abbonamento è necessario (i) aprire un account List; (ii) selezionare un
pacchetto tra
quelli disponibili; (iii) seguire la procedura di acquisto all'interno del Sito o dell'Applicazione,
confermando la
volontà di acquistare l'Abbonamento mediante l'apposito tasto virtuale. L'Abbonamento si intende acquistato
al momento
della conferma della volontà di acquisto da parte dell'Utente; a tal fine, l'Utente accetta che faranno fede
le
risultanze dei sistemi informatici del Fornitore. La conferma vale come espressa accettazione dei presenti
termini
d'uso.
2.2 L'Utente riceverà per email la conferma dell'attivazione del Servizio, con il riepilogo delle condizioni
essenziali
applicabili e il link ai termini d'uso e alla privacy policy del Fornitore; è onere dell'Utente scaricare e
conservare
su supporto durevole il testo dei termini d'uso e della privacy policy.
2.3 Una volta confermato l'acquisto, l'intero costo dell'Abbonamento, così come specificato nel pacchetto
acquistato,
sarà addebitato anticipatamente sullo strumento di pagamento indicato dall'Utente.
2.4 Effettuando la richiesta di acquisto dell'Abbonamento, l'Utente acconsente a che quest'ultimo venga
attivato
immediatamente senza aspettare il decorso del periodo di recesso previsto al successivo articolo 4.
2.5 Per effetto dell'acquisto, l'Utente avrà diritto a fruire del Servizio per l'intera durata
dell'abbonamento;
l'Utente, tuttavia, non può sospendere per alcun motivo la fruizione del Servizio durante il periodo di
validità
dell'Abbonamento.
3. DURATA, DISDETTA E RINNOVO DELL'ABBONAMENTO
3.1 L'Abbonamento avrà la durata di volta in volta indicata nel pacchetto scelto dall'Utente (per esempio,
mensile o
annuale).
3.2 L'Abbonamento si rinnoverà ciclicamente e in modo automatico per una durata eguale a quella
originariamente scelta
dall'Utente, sino a quando una delle Parti non comunichi all'altra la disdetta dell'Abbonamento almeno 24
ore prima del
momento della scadenza. In mancanza di disdetta nel termine indicato, l'Abbonamento è automaticamente
rinnovato.
3.3 L'Utente potrà esercitare la disdetta in ogni momento e senza costi attraverso una delle seguenti
modalità:
seguendo la procedura per la gestione dell'Abbonamento all'interno del proprio profilo utente sia sul Sito
che
nell'Applicazione;
inviando una mail al seguente indirizzo: help@newslist.it.
3.4 Gli effetti della disdetta si verificano automaticamente alla scadenza del periodo di abbonamento in
corso; fino a
quel momento, l'Utente ha diritto a continuare a fruire del proprio Abbonamento. La disdetta non dà invece
diritto ad
alcun rimborso per eventuali periodi non goduti per scelta dell'Utente.
3.5 In caso di mancato esercizio della disdetta, il rinnovo avverrà al medesimo costo della transazione
iniziale, salvo
che il Fornitore non comunichi all'Utente la variazione del prezzo dell'Abbonamento con un preavviso di
almeno 30 giorni
rispetto alla data di scadenza. Se, dopo aver ricevuto la comunicazione della variazione del prezzo,
l'Utente non
esercita la disdetta entro 24 ore dalla scadenza, l'Abbonamento si rinnova al nuovo prezzo comunicato dal
Fornitore.
3.6 Il Fornitore addebiterà anticipatamente l'intero prezzo dell'Abbonamento subito dopo ogni rinnovo sullo
stesso
strumento di pagamento in precedenza utilizzato dall'Utente ovvero sul diverso strumento indicato
dall'Utente attraverso
l'area riservata del proprio account personale.
4. Recesso DEL CONSUMATORE
4.1 L'Utente, ove qualificabile come consumatore – per consumatore si intende una persona fisica che agisce
per scopi
estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta, ha
diritto di
recedere dal contratto, senza costi e senza l'onere di indicarne i motivi, entro 14 giorni dalla data di
attivazione
dell'Abbonamento acquistato.
4.2 L'Utente può comunicare la propria volontà di recedere, inviando al Fornitore una comunicazione
esplicita in questo
senso mediante una delle seguenti modalità:
mediante raccomandata a.r. indirizzata alla sede del Fornitore;
per email al seguente indirizzo help@newslist.it;
4.3 Ai fini dell'esercizio del recesso l'Utente può, a sua scelta, utilizzare questo modulo
4.4 Il termine per l'esercizio del recesso si intende rispettato se la comunicazione relativa all'esercizio
del diritto
di recesso è inviata dall'Utente prima della scadenza del periodo di recesso.
4.5 In caso di valido esercizio del recesso, il Fornitore rimborserà all'Utente il pagamento ricevuto in
relazione
all'Abbonamento cui il recesso si riferisce, al netto di un importo proporzionale a quanto è stato fornito
dal Fornitore
fino al momento in cui il consumatore lo ha informato dell'esercizio del diritto di recesso; per il calcolo
di tale
importo, si terrà conto dei numeri o comunque dei contenuti fruiti e/o fruibili dal consumatore fino
all'esercizio del
diritto di recesso. Il rimborso avverrà entro 14 giorni dalla ricezione della comunicazione di recesso sullo
stesso
mezzo di pagamento utilizzato per la transazione iniziale.
4.6 Eventuali eccezioni al diritto di recesso, ove previste da Codice del consumo – decreto legislativo 6
settembre
2005, n. 206, saranno comunicate al consumatore in sede di offerta prima dell'acquisto.
5. Modalità di pagamento
5.1 L'Abbonamento comporta l'obbligo per l'Utente di corrispondere al Fornitore il corrispettivo nella
misura
specificata nell'offerta in relazione al pacchetto scelto dall'Utente.
5.2 Tutti i prezzi indicati nell'offerta si intendono comprensivi di IVA.
5.3 Il pagamento dei corrispettivi può essere effettuato mediante carte di credito o debito abilitate ad
effettuare gli
acquisti online. Le carte accettate sono le seguenti: Visa, Mastercard, American Express.
5.4 L'Utente autorizza il Fornitore ad effettuare l'addebito dei corrispettivi dovuti al momento
dell'acquisto
dell'Abbonamento e dei successivi rinnovi sulla carta di pagamento indicata dallo stesso Utente.
5.5 Il Fornitore non entra in possesso dei dati della carta di pagamento utilizzata dall'Utente. Tali dati
sono
conservati in modo sicuro dal provider dei servizi di pagamento utilizzato dal Fornitore (Stripe o il
diverso provider
che in futuro potrà essere indicato all'Utente). Inoltre, a garanzia dell'Utente, tutte le informazioni
sensibili della
transazione vengono criptate mediante la tecnologia SSL – Secure Sockets Layer.
5.6 È onere dell'Utente: (i) inserire tutti i dati necessari per il corretto funzionamento dello strumento
di pagamento
prescelto; (ii) mantenere aggiornate le informazioni di pagamento in vista dei successivi rinnovi (per
esempio,
aggiornando i dati della propria carta di pagamento scaduta in vista del pagamento dei successivi rinnovi
contrattuali).
Qualora per qualsiasi motivo il pagamento non andasse a buon fine, il Fornitore si riserva di sospendere
immediatamente
l'Abbonamento fino al buon fine dell'operazione di pagamento; trascorsi inutilmente 3 giorni senza che il
pagamento
abbia avuto esito positivo, è facoltà del Fornitore recedere dal contratto con effetti immediati.
Pagamenti all'interno dell'applicazione IOS
5.7 In caso di acquisto dell'Abbonamento mediante l'Applicazione per dispositivi IOS, il pagamento è gestito
interamente
attraverso la piattaforma App Store fornita dal gruppo Apple. Il pagamento del corrispettivo è
automaticamente
addebitato sull'Apple ID account dell'Utente al momento della conferma dell'acquisto. Gli abbonamenti
proposti sono
soggetti al rinnovo automatico e all'addebito periodico del corrispettivo. L'Utente può disattivare
l'abbonamento fino a
24h prima della scadenza del periodo di abbonamento in corso. In caso di mancata disattivazione,
l'abbonamento si
rinnova per un eguale periodo e all'Utente viene addebitato lo stesso importo sul suo account Apple.
L'Utente può
gestire e disattivare il proprio abbonamento direttamente dal proprio profilo su App Store. Per maggiori
informazioni al
riguardo: https://www.apple.com/it/legal/terms/site.html. Il Fornitore non è responsabile per eventuali
disservizi della
piattaforma App Store.
6. Promozioni
6.1 Il Fornitore può a sua discrezione offrire agli Utenti delle promozioni sotto forma di sconti o periodi
gratuiti di
fruizione del Servizio.
6.2 Salvo che non sia diversamente specificato nella pagina di offerta della promozione, l'adesione a una
promozione
comporta, alla sua scadenza, l'attivazione automatica del Servizio a pagamento con addebito periodico del
corrispettivo
in base al contenuto del pacchetto di volta in volta selezionato dall'Utente.
6.3 L'Utente ha la facoltà di disattivare il Servizio in qualunque momento prima della scadenza del periodo
di prova
attraverso una delle modalità indicate nel precedente articolo 3).
7. Obblighi e garanzie dell'Utente
7.1 L'Utente dichiara e garantisce:
- di essere maggiorenne;
- di sottoscrivere l'Abbonamento per scopi estranei ad attività professionali, imprenditoriali, artigianali
o commerciali
eventualmente svolte;
- che tutti i dati forniti per l'attivazione dell'Abbonamento sono corretti e veritieri;
- che i dati forniti saranno mantenuti aggiornati per l'intera durata dell'Abbonamento.
7.2 L'Utente si impegna al pagamento del corrispettivo in favore del Fornitore nella misura e con le
modalità definite
nei precedenti articoli.
7.3 L'Utente si impegna ad utilizzare l'Abbonamento e i suoi contenuti a titolo esclusivamente personale, in
forma non
collettiva e senza scopo di lucro; l'Utente è inoltre responsabile per qualsiasi uso non autorizzato
dell'Abbonamento e
dei suoi contenuti, ove riconducibile all'account dell'Utente medesimo; per questo motivo l'Utente si
impegna ad
assumere tutte le precauzioni necessarie per mantenere riservato l'accesso all'Abbonamento attraverso il
proprio account
(per esempio, mantenendo riservate le credenziali di accesso ovvero segnalando senza ritardo al Fornitore
che la
riservatezza di tali credenziali risulta compromessa per qualsiasi motivo).
7.4 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
8. Tutela della proprietà intellettuale e industriale
8.1 L'Utente riconosce e accetta che i contenuti dell'Abbonamento, sotto forma di testi, immagini,
fotografie, grafiche,
disegni, contenuti audio e video, animazioni, marchi, loghi e altri segni distintivi, sono coperti da
copyright e dagli
altri diritti di proprietà intellettuale e industriale di volta in volta facenti capo al Fornitore e ai suoi
danti causa
e per questo si impegna a rispettare tali diritti.
8.2 Tutti i diritti sono riservati in capo ai titolari; l'Utente accetta che l'unico diritto acquisito con
il contratto
è quello di fruire dei contenuti dell'Abbonamento con le modalità e i limiti propri del Servizio. Fatte
salve le
operazioni di archiviazione e condivisione consentite dalle apposite funzionalità del Servizio, qualsiasi
attività di
riproduzione, pubblica esecuzione, comunicazione a terzi, messa a disposizione, diffusione, modifica ed
elaborazione dei
contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.