4 Marzo
Cronache dallo stato d'eccezione
Il governo chiude scuole e università fino al 15 marzo in tutto il territorio nazionale. Un provvedimento che non ha precedenti nella storia del paese. Così la crisi del coronavirus ha svelato la Repubblica del non-governo
Le scuole italiane resteranno chiuse da domani fino al 15 marzo. Lo hanno annunciato in conferenza stampa il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il ministro dell'Istruzione, Lucia Azzolina. "Ci è arrivata la valutazione tecnico scientifica da poco e nel margine di discrezionalità politica che rimane al governo, su proposta del ministro Speranza e sentita la ministra Azzolina, alla luce degli elementi acquisiti e che ognuno sta andando un po' per conto suo sul territorio, abbiamo ritenuto di sospendere fino al 15 marzo le attività didattiche, lasciando al comitato tecnico scientifico di valutare come stia evolvendo la crisi".
Sono provvedimenti da stato di guerra. In assenza di guerra. Mai prima, neppure durante la Seconda guerra mondiale, sono state sospese su tutto il territorio nazionale le lezioni nelle scuole e nelle università. Salvo il coprifuoco, decretato nel tentativo di proteggere il Paese dai bombardamenti (prima degli angloamericani, e poi dei tedeschi), anche le attività di cinema e teatri non sono mai state sospese in modo generalizzato. Nessun italiano ha memoria diretta e personale, dello scenario che il Paese vivrà fino al 15 marzo prossimo e forse anche oltre. Siamo in un campo inesplorato della nostra esperienza. Uno stato d'eccezione senza memoria. Navighiamo in acque sconosciute. C'è qualcuno al timone?
di Lorenzo Castellani
Che cos’è l’Italia del 2020? L’emergenza del coronavirus mostra bene tutto il fardello del passato che grava sulla penisola, le sue schizofrenie e la sue debolezze irrisolte. Quanto si pagano i vuoti di potere, uno Stato debole, delle istituzioni scoordinate ed una società civile frammentata.
Quello che è successo è noto: il governo italiano ha inizialmente sottovalutato la gravità dell’infezione, poi ha cercato di porre rimedio nel modo più rumoroso e scomposto possibile. Il risultato è un paese in quarantena,...
Le scuole italiane resteranno chiuse da domani fino al 15 marzo. Lo hanno annunciato in conferenza stampa il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il ministro dell'Istruzione, Lucia Azzolina. "Ci è arrivata la valutazione tecnico scientifica da poco e nel margine di discrezionalità politica che rimane al governo, su proposta del ministro Speranza e sentita la ministra Azzolina, alla luce degli elementi acquisiti e che ognuno sta andando un po' per conto suo sul territorio, abbiamo ritenuto di sospendere fino al 15 marzo le attività didattiche, lasciando al comitato tecnico scientifico di valutare come stia evolvendo la crisi".
Sono provvedimenti da stato di guerra. In assenza di guerra. Mai prima, neppure durante la Seconda guerra mondiale, sono state sospese su tutto il territorio nazionale le lezioni nelle scuole e nelle università. Salvo il coprifuoco, decretato nel tentativo di proteggere il Paese dai bombardamenti (prima degli angloamericani, e poi dei tedeschi), anche le attività di cinema e teatri non sono mai state sospese in modo generalizzato. Nessun italiano ha memoria diretta e personale, dello scenario che il Paese vivrà fino al 15 marzo prossimo e forse anche oltre. Siamo in un campo inesplorato della nostra esperienza. Uno stato d'eccezione senza memoria. Navighiamo in acque sconosciute. C'è qualcuno al timone?
di Lorenzo Castellani
Che cos’è l’Italia del 2020? L’emergenza del coronavirus mostra bene tutto il fardello del passato che grava sulla penisola, le sue schizofrenie e la sue debolezze irrisolte. Quanto si pagano i vuoti di potere, uno Stato debole, delle istituzioni scoordinate ed una società civile frammentata.
Quello che è successo è noto: il governo italiano ha inizialmente sottovalutato la gravità dell’infezione, poi ha cercato di porre rimedio nel modo più rumoroso e scomposto possibile. Il risultato è un paese in quarantena, con il nord sottoposto a coprifuoco, messaggi ottimistici che sfumano in infausti presagi, gli italiani respinti come untori in mezzo mondo. E ora l'annuncio della chiusura delle scuole in tutto il paese. Se c’è un manuale perfetto per perdere il controllo bisognerebbe prendere spunto dalle istituzioni italiane.
Le responsabilità si ripercuotono a cascata su tutti i livelli istituzionali, in cui la Repubblica del non governo si è mostrata in tutta la sua tronfia prosopopea. Lo scontro tra Roma e i governatori delle Regioni è la cartina di tornasole di un centralismo debole che il paese si trascina dall’alba dell’Unità: il centro è troppo forte per dare corso ad un federalismo funzionante, ma i poteri locali sono troppo influenti per sottostare al governo nelle situazioni d’emergenza. Ognuno smania per difendere la propria parrocchia, in barba alla ragion di Stato richiesta in questi casi. Il governo Conte 2 è l’apice di questa patologia istituzionale, nato da un ribaltone parlamentare con forti pressioni delle cancellerie europee, fusione tra partiti da sempre avversari intorno ad un patto di potere debolissimo che ambisce soltanto al mantenimento dello status quo. È lì per vivacchiare e galleggiare, non per affrontare emergenze e per questo vacilla. Privo di leadership, con il principale partito della maggioranza in Parlamento che è oramai evanescente ed una litigiosità interna sempre più elevata. In due parole: debolezza e delegittimazione. Concetti che si riverberano nello scontro con i governatori leghisti e non solo (il caso delle Marche governate dal Pd in cui si chiudono le scuole contro il parere di Roma è l’apice di questo imbarazzo nei rapporti di potere), dove Conte dichiara goffamente di voler avocare a sé i poteri delle regioni e scatena la rivolta.
Nel frattempo, divampa l’incendio del coronavirus insieme all’inetta polemica politica. Si discute per giorni del presunto razzismo verso i cinesi, mentre l’epidemia avanzava e le Regioni litigavano con la Presidenza del Consiglio, mentre i sindaci litigavano con i governatori. Il paese va per alcuni giorni alla deriva, perde tempo, non riesce a varare delle misure sanitarie ed economiche adeguate a fronteggiare la situazione. I messaggi rassicuranti del Presidente del Consiglio s’infrangono contro i bollettini dei centri medici e delle notizie dagli ospedali. Mentre nel resto d’Europa i governi tenevano bassi i toni e giocavano con i numeri nella classificazione dei casi, qui si scatenava il classico tutti contro tutti, sintomo tipico delle deboli istituzioni italiane. Questa partigianeria atavica, che già nel Medio Evo richiamava capitani di ventura e podestà per addomesticare le lotte fratricide interne ai Comuni, oggi sfocia in un capolavoro di auto-sabotaggio su scala planetaria. L’emergenza si propaga dall’Italia al resto d’Europa che, inerme, non può che lasciar scoppiare il caso di fronte alla schizofrenia italiana. In Francia, Macron vara il suo piano d’emergenza, lo stesso accade in Germania e nel Regno Unito. Persino negli Stati Uniti, paese federale per eccellenza, l’emergenza viene gestita centralmente senza conflitti tra poteri. In Italia per parafrasare un paradossale Matteo Renzi, membro di questa maggioranza e padre politico del Conte 2, non si capisce chi decida. Un vuoto incolmabile.
Non è finita qui, perché la vicenda ha mostrato anche il grottesco impaccio geopolitico delle élite della penisola. Per un paio di settimane si è assistito al soccorso delle istituzioni italiane alla Repubblica Popolare Cinese: messaggi di solidarietà, sfilate all’ambasciata, abbracci, visite alle scuole, minimizzazioni, lodi alla rapidità del Partito Comunista nella costruzione degli ospedali. Come se il regime non avesse nascosto per settimane la gravità dell’epidemia e non avesse contribuito alla viralizzazione del resto del mondo. Ma i vertici delle istituzioni italiane, sempre smaniosi di fare bella figura di fronte ad un regime straniero a cui ha ceduto negli anni importanti partecipazioni economiche, hanno preferito frenare invocando un eccessivo allarmismo invece di assumere il controllo. La logica è la solita, quella della difesa del fortino: il popolo appare barbaro, razzista e ora anche psicotico, dunque è opportuno correggere queste tendenza con un atteggiamento iper-razionale e aperto verso la seconda potenza mondiale. Cosmopoliti e sedicenti emancipati nel momento in cui tutto congiurava contro quel tipo di atteggiamento per ragioni di sicurezza pubblica. C’è anche chi tra i ministri ha evocato il potere taumaturgico dell’Unione Europea che, di fronte ad una reale emergenza, è realisticamente impotente. Si chiudono frontiere, si aumentano controlli, si restringo gli spostamenti, ma Bruxelles non ha la forza per coordinare né un’azione sanitaria né una risposta economica.
Questa epidemia è un’emergenza su vasta scala che mostra quanto si debba essere bene organizzati per fronteggiare l’imponderabile in un mondo in cui tutto viene programmato. Stiamo entrando in uno “stato d’eccezione” che avrà gravi impatti sulla popolazione e sulle imprese e che ci porterà, volenti o nolenti, all’interno di una sorta di “Stato di guerra” sul piano sanitario ed economico. Da quando esiste il mondo moderno, solamente una società civile coesa ed uno Stato capace di diventare più forte all’occorrenza hanno saputo superare la prova delle armi e delle malattie. Quanto impreparata, debole e disorientata appare l’Italia di fronte a tale eventualità?
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ulteriori
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- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.