1 Giugno

Da cuoco a star, dall'antica Roma a oggi. Parabola dello chef

Si fanno chiamare "maestro" come Michelangelo, brandiscono il mestolo come Napoleone la sciabola, fatturano come multinazionali. Marco Patricelli e la fenomenologia del fornello che diventa filosofia in tv e in libreria. I romani che mangiavano rape scoprirono il banchetto, ma il cuoco restava il cuoco

di Marco Patricelli

Si fanno chiamare “maestro” come Michelangelo, nonostante l’unico pennello padroneggiato sia quello per spalmare il rosso d’uovo; si beano della loro creatività di inventori, neanche fossero Leonardo: godono del potere come Napoleone brandendo il mestolo al posto della sciabola; fatturano come aziende multinazionali, aggrottano il sopracciglio davanti agli ingredienti del ragù come fossero filosofi che stanno per svelare i segreti più reconditi dell’esistenza. I cuochi ne hanno fatta di strada: da bassa manovalanza a superstar delle tv che hanno moltiplicato fino alla nausea i programmi di cucina.

Un paradosso tutto italiano, visto che, nonostante le vendite di libri di ricette griffate e il gran seguito di accademie e master conquistati tra i fornelli, poi quasi mai si apparecchia a casa per pranzo e cena e i quattro salti in padella diventano gli unici movimenti sui fuochi. E a guardarle nel dettaglio, quelle ricette su volumi best seller con faccioni sorridenti e noti al grande pubblico, dove la cosa più semplice e a portata di mano sono i chicchi di caffè recuperati dalle deiezioni dello zibetto delle palme dell’Indonesia, verrebbe da sorridere e da chiedersi chi e perché acquisti quei libri e segua quelle trasmissioni.

Chissà come avrà fatto l’umanità a sopravvivere tanti e tanti secoli senza la guida illuminata di chef e master chef. La storia dei cuochi celebrati e strapagati, senza forse l’invasività nel numero e nella considerazione della contemporaneità, viene da lontano. C’erano una volta i romani, i primi, i contadini-guerrieri, che quando avevano da scialare si preparavano una zuppaccia di polta (una specie di polenta), di farro o di orzo (che davano pure ai cavalli), e consumavano alimenti crudi autoprodotti. A cereali e legumi si affiancavano cipolle, aglio, cavoli, di cui Catone il Censore lodava le formidabili virtù terapeutiche. Carote e rape erano un simbolo della...


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