8 Novembre
Dal populismo al post-populismo
La seconda puntata del dibattito di List sulla nascita dei movimenti nazional-populisti. L'alleanza di classe, il tema dell'immigrazione, l'importanza del Capo. Marco Gervasoni parte dal libro di Eatwell e Goodwin per giungere all'esito finale: una trasformazione in nuovo mainstream o la rottura e nascita di partiti ancora più radicali
Che cosa è il nazional populismo? Ecco la seconda puntata del dibattito di List innescato dalle pagine del libro "National Populism" di Goodwin e Eatwell. Marco Gervasoni ne traccia le linee e la possibile evoluzione fra trasformazione in elemento stabile del quadro politico o - per caduta - elemento che provoca la nascita di partiti ancora più radicali. Buona lettura.
di Marco Gervasoni
Ha ragione Lorenzo Castellani, per anni gli studiosi si sono poco interessati ai fenomeni populisti. Ma poi vi si sono poi buttati a pesce e oggi i libri recanti «populismo» nel titolo sono più numerosi dei menu con pennette e vodka negli anni Ottanta. Non se ne può più. Soprattutto perché di recente si sono intrecciati con le lagne sulla «democrazia che muore» e sul «popolo contro la democrazia». L’accademia può essere, e quasi sempre lo è, subalterna alle mode, e in preda del più stolido conformismo da gregge. Perciò ogni volta che sento parlare di populismo, più che metter mano alla pistola, ricorro alla macchinetta del caffè, tanti sono gli sbadigli e le certezze di leggere le solite paginette insipide di sentito dire, soprattutto se scritte nel pomposo jargon del linguaggio delle scienze sociali.
Non è però il caso del libro di Eatwell e Goodwin che, anche in ragione della casa editrice che lo pubblica (Penguin), sembra rivolto a un vasto pubblico, e non solo ai quattro lettori «specialisti». Ciò spiega alcuni passaggi che, agli occhi dell’esperto, suonano didascalici e persino didattici, ma che in realtà servono a fornire tutti gli elementi di comprensione di un quadro tutt’altro che banale. Per questo ci auguriamo che il volume venga presto tradotto in Italia e ne raccomandiamo la lettura a tutti, soprattuto ai giornalisti e agli operatori dei media che sul «populismo» diffondono sempre le solite quattro idee. Confuse,...
Che cosa è il nazional populismo? Ecco la seconda puntata del dibattito di List innescato dalle pagine del libro "National Populism" di Goodwin e Eatwell. Marco Gervasoni ne traccia le linee e la possibile evoluzione fra trasformazione in elemento stabile del quadro politico o - per caduta - elemento che provoca la nascita di partiti ancora più radicali. Buona lettura.
di Marco Gervasoni
Ha ragione Lorenzo Castellani, per anni gli studiosi si sono poco interessati ai fenomeni populisti. Ma poi vi si sono poi buttati a pesce e oggi i libri recanti «populismo» nel titolo sono più numerosi dei menu con pennette e vodka negli anni Ottanta. Non se ne può più. Soprattutto perché di recente si sono intrecciati con le lagne sulla «democrazia che muore» e sul «popolo contro la democrazia». L’accademia può essere, e quasi sempre lo è, subalterna alle mode, e in preda del più stolido conformismo da gregge. Perciò ogni volta che sento parlare di populismo, più che metter mano alla pistola, ricorro alla macchinetta del caffè, tanti sono gli sbadigli e le certezze di leggere le solite paginette insipide di sentito dire, soprattutto se scritte nel pomposo jargon del linguaggio delle scienze sociali.
Non è però il caso del libro di Eatwell e Goodwin che, anche in ragione della casa editrice che lo pubblica (Penguin), sembra rivolto a un vasto pubblico, e non solo ai quattro lettori «specialisti». Ciò spiega alcuni passaggi che, agli occhi dell’esperto, suonano didascalici e persino didattici, ma che in realtà servono a fornire tutti gli elementi di comprensione di un quadro tutt’altro che banale. Per questo ci auguriamo che il volume venga presto tradotto in Italia e ne raccomandiamo la lettura a tutti, soprattuto ai giornalisti e agli operatori dei media che sul «populismo» diffondono sempre le solite quattro idee. Confuse, ma soprattutto sbagliate, come mostrano i due autori nello smontare i miti e gli stereotipi riguardanti i «populisti», e che Castellani ha ben riassunto nel suo intervento. Oltre agli elementi di importanza della ricerca, già da lui indicati, ne aggiungere altri tre.
1) Alleanza di classe
Eatwell e Goodwin mostrano molto bene come il successo dei nazional-populisti sia dovuto a quello che nel linguaggio leninista si sarebbe detto «alleanza di classe». Tanto Trump quanto Brexit nascono dalla convergenza di intenti di diverse classi sociali e di diversi gruppi etnici: quella di Trump è la vittoria dell’alleanza tra una frazione della classe operaia bianca, una dei gruppi etnici (i latinos), una della classe media e una degli imprenditori e del mondo del business. E un simile identikit sociale è possibile scorgere nell’elettorato dei principali fenomeni del nazional-populismo, come il (Marine) lepenismo in Francia e, per quanto riguarda l’Italia, la Lega. Ovviamente, rispetto al vecchio modello di alleanza di classe, a realizzare questo incontro non è il partito-organizzazione ma il leader, il capo, con la sua visione.
2) L'immigrazione
Molto opportunamente Eatwell e Goodwin mostrano come, nel far sciogliere i vincoli che in passato avevano condotto i diversi gruppi sociali a identificarsi in partiti diversi tra loro, sia l’immigrazione. Le reazioni alle crisi migratorie sono uno degli elementi costanti che spiegano la crescita della opzione nazional-populista, da Trump a Brexit (dove ha avuto un ruolo centrale) fino a pressoché tutti i casi europei. In modo contro fattuale, vediamo che nei paesi in cui movimenti nazional-populisti non esistevano, come in Spagna, la politica di apertura dei governi all’immigrazione clandestina abbia portato alla loro rapida crescita; il caso spagnolo, con l'impetuosa impennata del movimento Vox, più filo trumpiano che nostalgico franchista, è quasi da manuale. Il rapporto causa effetto tra immigrazione e nazional-populismo ci pare invertito rispetto alle spiegazioni che ne forniscono i progressisti: la reazione a quello che viene percepito (e in questo caso esse est percipi) dagli elettori come un cedimento alla immigrazione incontrollata non nasce a freddo, dalla «strumentalizzazione » dei «demagoghi» e degli «imprenditori della paura», come vorrebbe la sinistra rosé. Al contrario, la domanda di sicurezza e di controllo delle frontiere sorge dall’elettorato spontaneamente, e il mercato politico reagisce producendo un’offerta, quella dei nazional-populisti. E proprio perché le pressioni migratorie continueranno nei prossimi anni, i movimenti che offrono sicurezza e controllo sono destinati a restare, e ad aumentare il loro consenso.
Su questo tema i due autori sono molti convincenti nel dimostrare la fallacia della teoria del cosiddetto «effetto alone», secondo cui i nazional-populisti sarebbero più radicati in aree di scarso insediamento dell’immigrazione. Una teoria che, basata su campionamenti limitati, e per di più datati di una ventina d'anni, sembra creata apposta per consolare nelle loro illusioni gli avversari dei nazional-populisti. Se l’effetto "alone" è confermato, allora la paura degli immigrati è solo «percepita» e non «reale», e soprattutto è destinata a sparire via via che essi aumenteranno. È vero il contrario, Eatwell e Goodwin mostrano come il successo dei nazional-populisti sia direttamente proporzionale al livello di immigrazione, e come il consenso più forte a quei movimenti provenga da elettori che vivono gomito a gomito con gli immigrati.
3) La militanza dei competenti
Un ulteriore merito del volume dei due studiosi inglesi è quello di dismettere il fastidioso, e francamente insopportabile, atteggiamento militante di larga parte della produzione scientifica, e sottolineo scientifica, sul tema. Scrivere un libro sul populismo significa, nella maggior parte dei casi, scrivere un libro contro il populismo: fino alla hubrys tipica dell'accademico, convinto grazie alle sue ricerche di poter offrire le soluzioni per «farla finita» con i populisti. Nella maggior parte dei casi, come aveva scritto Max Weber nella Scienza come professione, si finisce per produrre cattiva politica e cattiva scienza: l’approccio ideologico del ricercatore lo porta a sovrastimare e a sottostimare, a seconda dei casi, e spesso a scambiare i propri desideri per la realtà; finendo così per cozzare contro il proverbiale lampione. Eatwell e Goodwin, per quello che è dato da vedere, non sembrano simpatizzare per il «sovranismo» ma questo non li porta certo a demonizzare il loro oggetto di studio.
Alcuni punti del libro mi convincono meno. Trovo assai fecondo l’invito a abbandonare l’economicismo volgare e a smetterla di interpretare i movimenti nazional-populisti come una risposta alla crisi economica e più in generale all’impoverimento della società. I due autori hanno ragione: i nazional-populisti esistevano anche prima della Grande Recessione del 2008, basti pensare al lepenismo, questa volta di Jean-Marie, alla Fpo di Haider, e alla stessa Lega di Bossi, anche se in questo caso parlare di nazional-populismo è limitativo.
E tuttavia la Grande Recessione è stata un momento di svolta. Non solo dopo il 2007-2008 i movimenti nazionali populisti sono cresciuti quantitativamente ovunque, e la Grande recessione ha contributo a produrre Trump e Brexit. Ma anche qualitativamente i nazional-populisti post 2008 sono diversi da quelli precedenti: più organizzati, più radicati sul territorio, meglio connessi con settori dell’establishment pronti a farsi vettori di nuovi élite, per sostituire le vecchie che stanno decadendo e che hanno fallito. Prima della Grande Recessione i nazional-populisti potevano essere considerati movimenti di protesta e come tali profondamente volatili, come si vede nel caso francese e in quello austriaco: nel primo il declino di Jean Marie Le Pen e l’apparizione di Sarkozy avevano portato alla quasi fine del Fn. Mentre nel caso austriaco l’esperienza di governo della Fpo era finita con una scissione e con il crollo elettorale. La Grande Recessione li ha fatti però rinascere, in forma potenziata. Allo stesso modo, come ha ben mostrato Adam Tooze ne Lo schianto, gli effetti della Grande Recessione a est hanno trasformato l’ex Europa orientale nell’oceano delle forze nazional-populiste, fino a far scendere a numeri da prefisso telefonico i socialdemocratici che avevano governato a lungo negli anni precedenti.
Trovo assai fecondo l’invito a abbandonare l’economicismo volgare, ma la Grande Recessione è stata un movimento di svolta. Qualitativamente i nazional-populisti post 2008 sono diversi da quelli precedenti: più organizzati, più radicati sul territorio, meglio connessi con settori dell’establishment pronti a farsi vettori di nuovi élite
Non è solo questione di salari e di posti di lavoro, che contano, eccome se contano: è questione di percezione del mondo. La Grande Recessione ha fatto franare la classe media, tra cui provengono molti dei voti verso i nazional-populisti. Inoltre, come spiegano Leonardo Morlino e Francesco Raniolo nel recentissimo Come la grande crisi cambia la democrazia (Il Mulino), la Grande Recessione ha prodotto un mutamento della qualità della democrazia: ora gli elettori esigono e anzi pretendono dalle istituzioni democratiche e dalle forze politiche protezione e intervento, mentre prima della Grande Recessione domandavano più che altro alla politica di fare un passo indietro,
Un altro elemento sottovalutato dal libro è il peso che nei nazional-populisti esercita il leader o, per meglio dire, il Capo. Il sommovimento parte dal basso, quasi in forma spontanea e tellurica: ma poi deve assolutamente incontrare un capo. Non è detto che lo incontri per forza: in Germania l’Afd non lo ha (ancora?) trovato, per esempio. Ma se un capo non c’è, il movimento è più debole. Il Capo è incarnazione fisica di ciò che il «popolo» vuole, e al tempo stesso guida all’azione: una guida che però deve essere prossima, nel parlare, nell'atteggiarsi, nel muoversi, nel percepire il mondo, al «popolo». In tal senso è un carisma molto diverso da quello teorizzato da Weber: quello si fondava sull’aura della distanza, il carisma del capo «populista» si regge al contrario sulla prossimità. Per questo le ironie sul carattere buffonesco, dilettantesco, impolitico, incompetente, del capo, sono del tutto fuori luogo: il Capo deve essere come noi, con tutti i nostri difetti, le nostre manchevolezze e le nostre défaillance. Mai sottovalutare la profonda forza politica dell’ondata impolitica che il Capo nazional-populista incarna.
Gli autori chiudono il libro interrogandosi sulla nuova fase che potrebbe sorgere a breve, e che chiamano «post-populismo». Che succederà, infatti, se le domande di immensa portata dovessero andare deluse dai nazional-populisti entrati nella stanza dei bottoni? Per qualche tempo si potrà giocare a fingere di essere di lotta e di governo, ma poi il redde rationem arriverà. E non ci riferiamo solo al caso italiano. Sono possibili due strade: la prima, la trasformazione dei nazional-populisti in nuovo mainstream stabilizzatore. Una volta ricondotto l’asse sovrano verso la nazione, consentita una globalizzazione ragionevole e giusta, controllate le frontiere, fatte circolare le élite che dovevano circolare, i nazional-populisti potrebbero far nascere dal loro seno nuovi partiti assiali e di sistema. Oppure, nel caso di fallimento conclamato dei nazional-populisti, e senza che siano state fornite risposte alle reali ragioni che ne hanno decretato la crescita, la richiesta degli elettori potrebbe spingersi verso un nazional-populismo più radicale, di maggior rottura, compiutamente rivoluzionario: che, diversamente da quello attuale, potrebbe davvero lasciarsi alle spalle l’esperienza della democrazia liberale.
2. Continua - (Qui trovate la prima puntata di Lorenzo Castellani)
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immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
8. Tutela della proprietà intellettuale e industriale
8.1 L'Utente riconosce e accetta che i contenuti dell'Abbonamento, sotto forma di testi, immagini,
fotografie, grafiche,
disegni, contenuti audio e video, animazioni, marchi, loghi e altri segni distintivi, sono coperti da
copyright e dagli
altri diritti di proprietà intellettuale e industriale di volta in volta facenti capo al Fornitore e ai suoi
danti causa
e per questo si impegna a rispettare tali diritti.
8.2 Tutti i diritti sono riservati in capo ai titolari; l'Utente accetta che l'unico diritto acquisito con
il contratto
è quello di fruire dei contenuti dell'Abbonamento con le modalità e i limiti propri del Servizio. Fatte
salve le
operazioni di archiviazione e condivisione consentite dalle apposite funzionalità del Servizio, qualsiasi
attività di
riproduzione, pubblica esecuzione, comunicazione a terzi, messa a disposizione, diffusione, modifica ed
elaborazione dei
contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.