3 Maggio
Donne al comando
La pandemia ci dà l'occasione per cambiare, riequilibrare inaccettabili diseguaglianze. Il caso della Protezione civile senza donne nel comitato tecnico scientifico. Non è un problema di merito - quanti uomini al potere non meritano l'incarico? - ma di accesso. Un'indagine di Maite Carpio sulla forza che regge il mondo
di Maite Carpio
Che società vogliamo ricostruire dopo lo tsunami del Covid-19? Sarebbe molto triste tornare a replicare, senza avere fatto prima una riflessione adeguata, il modello che ha creato una disuguaglianza sociale insostenibile, imposto dalla globalizzazione, che ha portato con sé tanta sofferenza e tanto populismo.
Vado subito al punto che mi interessa perché questa è una bella cornice, ma si aprirebbe un dibattito sconfinato. Una delle più significative disuguaglianze che sono venute al pettine nel nostro paese in questi lunghi mesi di crisi è la questione di genere. So già che tanti di voi stanno storcendo il naso pensando, ancora? Invece è un tema essenziale perché il fardello più pesante di questa pandemia è stata lasciato, letteralmente, sulle spalle delle donne senza che ci sia stato riconosciuto il ruolo fondamentale che svolgiamo nella vita di tutti giorni, a tutti i livelli, nella famiglia, nel lavoro, nella società. La gestione dei figli, i compiti online, la spesa, la cura degli anziani e dei malati... Per non parlare di tutte le donne che non si possono permettere lo smartworking e a tutto ciò hanno dovuto aggiungere il rischio della propria salute per andare a lavorare. Penso alle infermiere, ai medici, a chi pulisce, alle crocerossine, a chi ha regge le mense, alle ricercatrici, alle insegnanti riconvertite al digitale, alle donne che sono alla cassa del supermercato e a tutte quelle che sono dovute uscire di casa per non perdere lo stipendio. Non è possibile che tutta questa forza non trovi la giusta rappresentanza nei posti decisionali. Su questo argomento siamo sempre il fanalino di coda di tutta l’Europa e, sinceramente, bisognerebbe che a questo punto anche gli uomini per bene (sono tanti, anche se potrebbe non sembrare) si facessero carico di un'ingiustizia sociale e civile, per dire insieme che tutto...
di Maite Carpio
Che società vogliamo ricostruire dopo lo tsunami del Covid-19? Sarebbe molto triste tornare a replicare, senza avere fatto prima una riflessione adeguata, il modello che ha creato una disuguaglianza sociale insostenibile, imposto dalla globalizzazione, che ha portato con sé tanta sofferenza e tanto populismo.
Vado subito al punto che mi interessa perché questa è una bella cornice, ma si aprirebbe un dibattito sconfinato. Una delle più significative disuguaglianze che sono venute al pettine nel nostro paese in questi lunghi mesi di crisi è la questione di genere. So già che tanti di voi stanno storcendo il naso pensando, ancora? Invece è un tema essenziale perché il fardello più pesante di questa pandemia è stata lasciato, letteralmente, sulle spalle delle donne senza che ci sia stato riconosciuto il ruolo fondamentale che svolgiamo nella vita di tutti giorni, a tutti i livelli, nella famiglia, nel lavoro, nella società. La gestione dei figli, i compiti online, la spesa, la cura degli anziani e dei malati... Per non parlare di tutte le donne che non si possono permettere lo smartworking e a tutto ciò hanno dovuto aggiungere il rischio della propria salute per andare a lavorare. Penso alle infermiere, ai medici, a chi pulisce, alle crocerossine, a chi ha regge le mense, alle ricercatrici, alle insegnanti riconvertite al digitale, alle donne che sono alla cassa del supermercato e a tutte quelle che sono dovute uscire di casa per non perdere lo stipendio. Non è possibile che tutta questa forza non trovi la giusta rappresentanza nei posti decisionali. Su questo argomento siamo sempre il fanalino di coda di tutta l’Europa e, sinceramente, bisognerebbe che a questo punto anche gli uomini per bene (sono tanti, anche se potrebbe non sembrare) si facessero carico di un'ingiustizia sociale e civile, per dire insieme che tutto questo è diventato insopportabile.
Un po’ di dati per costruire lo scenario e poi due riflessioni. La fonte è Openpolis. Nei ruoli fondamentali della catena di comando di questa crisi la presenza delle donne è stata in termini statistici del 20%. Ecco un dettaglio:
Negli incarichi chiave della Protezione civile, del ministero della Salute e delle strutture create ad hoc nell’emergenza non ci sono donne.
Il comitato tecnico scientifico Covid-19 della Protezione civile è composto solo da uomini. Nel comitato di esperti per la fase 2 le donne sono 5 su 20, nella struttura di sostegno del commissario Angelo Borrelli 5 su 18.
Risposta del commissario alle critiche: “I membri vengono designati in base alla carica... Se queste cariche fossero state ricoperte da donne avremmo avuto nel comitato tecnico scientifico una componente femminile adeguatamente rappresentata”. Cioè, la colpa è delle donne che non sono al posto giusto. Roba da matti. Angelo Borrelli è un commercialista e revisore dei conti ma - senza nulla togliere alla sua rispettabile professione - non è certo il generale Charles de Gaulle. Pochissime sono le donne assessori regionali alla sanità, nella Protezione civile, ancora meno quelle che guidano aziende sanitarie o ospedaliere nel paese. La macchina statale si è mobilitata senza tener conto delle forze strategiche del paese, le donne. Stessa cosa nei media italiani, pieni di bravissime giornaliste, ma si contano sulle dita della mano le donne che danno una voce diversa alla critica contro l'establishment. Per non parlare della nuova direzione della Confindustria.
Più ci si avvicina ai ruoli chiave, più la forbice tra uomini e donne aumenta. Al vertice politico della gestione iniziale dell'epidemia o della fase 2 e 3 (se mai arriveranno) non c'è nessuna donna. Avete mai visto una signora accanto al presidente Conte? Anche se con l’uso massivo delle mascherine e la mancanza di parrucchieri, si fa fatica a distinguere il genere (il ministro Roberto Speranza, diventato capellone, potrebbe farsi passare per Franca Valeri), dove sono? Un conclave che sembra peggio del Concilio Vaticano II. Ma come si può pensare di organizzare l’uscita dell’emergenza senza prendere in considerazione il punto di vista femminile che è fondamentalmente quello che manda avanti il vivere quotidiano e sostiene, gratuitamente, il welfare di questa recessione?
Un esempio di questa sciagura. Nessuno ha pensato alle conseguenze nefaste della chiusura delle scuola nella vita delle donne e delle famiglie. Infatti, non c’era nessuna donna a ricordare alla cupola maschile che c’era questo piccolo particolare da considerare. Non perché bisogna aprire le scuole tout court, ma forse pensare a delle alternative per chi deve lavorare e non sa dove o con chi lasciare i figli. Conte non ha fatto parola nella presentazione del suo piano di apertura, se non ha la risposta alla domanda di una giornalista (non a caso, una donna) e non aveva pronta la risposta. Semplicemente non ci aveva pensato!
Paola Severino, una delle più brillanti avvocatesse del paese, ex ministra della giustizia, una delle pochissime donne che è riuscita a diventata rettore di università, in una bella intervista al Corriere della Sera, fatta da Antonio Polito (uno dei pochi giornalisti uomini che si è fatto carico, con grande onore, della questione di genere) ha posto una questione importante. “Dico che il merito per le donne non ha come riconoscimento naturale e obbligato il potere. E un po’ anche nostra responsabilità. Troppo spesso ci accontentiamo di essere brave”. Ho grande ammirazione per Paola Severino, ma esprime una visione sulla crisi del coronavirus e la questione femminile che a mio avviso andrebbe ribaltata una volta per tutte.
La questione femminile non è un fatto di merito. Il merito è una trappola ideologica per mantenere lo status quo. Non perché il merito non sia importante, per carità! Lo è, lontano da me non riconoscerlo, ma vorrei spostare i riflettori sul lato che resta sempre all’ombra: la società contemporanea non garantisce, non permette alla categoria del merito di fare la propria strada nemmeno al maschile, figuriamoci se può essere possibile per le donne. È un modello di società portato alla chiusura dei vecchi cerchi di classe e alla restrizione della distribuzione della ricchezza. Non è il merito, è l’accesso la chiave, il famoso ascensore sociale che se prima si era fermato, oggi ormai è rimasto fuori uso. Poi, come definiamo il merito ai giorni nostri? Quali sono i meriti che vantano gli uomini che vediamo seduti nei posti di potere? E poi, ontologicamente, il merito non è di per se solidale, funziona tutto all'incontrario. Se pensi che sei arrivata o arrivato solo per merito tuo, la conseguenza naturale sarà il disprezzo per il resto dei mortali che non ce l'ha fatta. Come si fa con tutte le donne meritevoli che non hanno avuto l’occasione di avvicinarsi al potere, per tante ragioni, economiche, territoriali, di svantaggio sociale e anche di chiara discriminazione? E poi, perché devono arrivarci solo le più brave? Ci sono tani uomini mediocri al comando, ne abbiamo la prova tutti giorni. Allora perché noi donne dobbiamo essere sempre brave? Non c'è bisogno di essere sempre brave perché ci venga riconosciuto il posto che ci spetta. Ci è dovuto “gratuitamente “, non esitiamo, svolgiamo un ruolo importante e siamo una fonte di arricchimento del pensiero, del senso comune, della capacità di organizzazione e di previsione.
Smettiamola con questa logica suicida al maschile. Qualcuno mi faccia l’elenco dei “meriti” che vantano i Conte, i Di Maio, i Renzi, i Fontana o i Bonafede (ex dj Fofo a Firenze, niente da cui vergognarsi, ma se ci fosse nel curriculum vitae di una donna che fa politica il fatto nel passato ha fatto la dj o laa ballerina di lap dance verrebbe massacrata) e compagna bella? L’unico problema delle donne con il potere, che sanno benissimo come esercitarlo, è che non ci è consentito l’accesso. Bisogna sostituire un modello maschilista che ottusamente insiste a non voler considerare il punto di vista femminile, quando invece non sarebbe altro che un bene per loro, i maschi, per tutti quanti noi. Siamo di fronte ai resti di un sistema vetusto che non ha più ragione d'essere e, soprattutto, non è una colpa delle donne. Brave o non brave, meritevoli o meno, la risposta alla crisi del coranavirus - e a quella economica che è arrivata - non può fare a meno di noi. Semplicemente perché senza la forza e il consenso femminile non ce la faremo mai. Non ha più senso perpetuare a dismisura una disuguaglianza cosi palesemente ingiusta e retrograda. Comincino a pensarci sopratutto gli uomini, perché noi donne lo sappiamo già. E siamo molto solidali in questa causa.
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10. Limitazione di responsabilità
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l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
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Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
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Fornitore.
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- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
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servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.