22 Ottobre
Due banche, un soldo. Da 17 miliardi
Il decreto per rianimare le due banche venete è un mostro in sonno: 5 miliardi subito, il resto arriverà. Padoan: "Non c'erano alternative". Paga il contribuente.
“Non c’erano alternative…”. L’abito grigio, la cravatta viola a righe orizzontali, la voce tra alti e bassi, pause, frazioni di illuminante silenzio, e le cifre, quelle cifre, massi che rotolano a valle. Pier Carlo Padoan è la figurina parlante del decreto appena sfornato dal governo per chiudere e riaprire in un lampo brucia-cassa (del contribuente italiano) le due sorelle decotte del fu miracolo del Nord Est, Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza. Il premier Paolo Gentiloni ha l’aria di chi se la sarebbe risparmiato questa maratona di due giorni, fa il classico discorso del capo di governo che ha fatto quello che doveva fare, ma la sua faccia tradisce il clima funereo, la strada senza ritorno in cui è finito l’esecutivo, ma è il volto, la cadenza del discorso di Padoan a dare l’esatta misura della gravità della situazione: “Il decreto è da 17 miliardi…”, le parole affiorano dalle labbra mentre i cronisti in sala stampa a Palazzo Chigi annotano la cifra e pensano: “Che cosa sta succedendo? 17 miliardi?”. Padoan elenca i miliardi mobilizzati dal decreto come un rosario che accompagna una messa funebre, snocciola una per una le cifre, emerge a tratti la rabbia di chi è chiuso in una stanza e non ha vie di fuga se non la finestra, ma senza il telo dei vigili del fuoco ad attenderlo.
Il decreto è composto da due cifre: 5.2 miliardi sono per Intesa e i rimborsi agli obbligazionisti junior, 12 miliardi servono a garantire le perdite future dell’operazione sui crediti radioattivi della bad bank appena costituita. Con queste premesse, forse sarebbe meglio chiamarla Bang Bank. Il titolare di List annota tutti i numeri sul taccuino, sono dati che parlano chiaro: siamo di fronte a un salvataggio fatto con i soldi del contribuente, con un conto potenziale...
“Non c’erano alternative…”. L’abito grigio, la cravatta viola a righe orizzontali, la voce tra alti e bassi, pause, frazioni di illuminante silenzio, e le cifre, quelle cifre, massi che rotolano a valle. Pier Carlo Padoan è la figurina parlante del decreto appena sfornato dal governo per chiudere e riaprire in un lampo brucia-cassa (del contribuente italiano) le due sorelle decotte del fu miracolo del Nord Est, Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza. Il premier Paolo Gentiloni ha l’aria di chi se la sarebbe risparmiato questa maratona di due giorni, fa il classico discorso del capo di governo che ha fatto quello che doveva fare, ma la sua faccia tradisce il clima funereo, la strada senza ritorno in cui è finito l’esecutivo, ma è il volto, la cadenza del discorso di Padoan a dare l’esatta misura della gravità della situazione: “Il decreto è da 17 miliardi…”, le parole affiorano dalle labbra mentre i cronisti in sala stampa a Palazzo Chigi annotano la cifra e pensano: “Che cosa sta succedendo? 17 miliardi?”. Padoan elenca i miliardi mobilizzati dal decreto come un rosario che accompagna una messa funebre, snocciola una per una le cifre, emerge a tratti la rabbia di chi è chiuso in una stanza e non ha vie di fuga se non la finestra, ma senza il telo dei vigili del fuoco ad attenderlo.
Il decreto è composto da due cifre: 5.2 miliardi sono per Intesa e i rimborsi agli obbligazionisti junior, 12 miliardi servono a garantire le perdite future dell’operazione sui crediti radioattivi della bad bank appena costituita. Con queste premesse, forse sarebbe meglio chiamarla Bang Bank. Il titolare di List annota tutti i numeri sul taccuino, sono dati che parlano chiaro: siamo di fronte a un salvataggio fatto con i soldi del contribuente, con un conto potenziale astronomico sulle perdite future della bad bank, che uccide il progetto europeo di unione bancaria e mette una serie di ipoteche sui conti pubblici per i prossimi anni. Padoan insiste sulla capacità dello Stato di gestire l’operazione, sul fatto che tutto si svolge “nel pieno rispetto delle regole Ue”, ma l’impressione micidiale è quella di una capitolazione totale del governo di fronte alle condizioni imposte da Intesa San Paolo e, nello stesso tempo, dell’accettazione del fatto che la sabbia nella clessidra era inesorabilmente finita e i titoli di coda di questa storia di dissesto all’italiana strillavano le note della canzone dei Doors, This is the end: “Non c’era nessuna alternativa”. Così il ministro ha certificato con un malcelato fastidio per le critiche (in questo caso, tutte meritate) la No Exit Strategy di Palazzo Chigi: Intesa San Paolo acquista due banche di un’area comunque ancora dinamica del paese offrendo l’astronomica cifra 1 euro, senza rischi futuri, con il bilancio completamente candeggiato, asciugato, stirato, mentre il contribuente resta con il cerino in mano e il pallottoliere sul tavolo per vedere quanto farà il conto finale di questa incredibile operazione di finanza pubblica a fini privati.
La certificazione dell’ottima operazione condotta da Intesa (per Intesa) arriva proprio dalle parole del consigliere delegato Carlo Messina a chiusura dell’operazione: “Con il decreto delle banche venete, vengono messi in sicurezza 50 miliardi di risparmi e tutelati 2 milioni di clienti, incluse 200 mila imprese. L'integrazione delle due banche e del relativo personale sarà gestita senza licenziamenti ma solo attraverso uscite volontarie”. E il megafono di chi ha stravinto la partita. Messina ha fatto il suo mestiere, ha atteso, trattato con diplomazia e fermezza, posto condizioni ferree a un esecutivo senza alternative concrete, e quando ha sentito la preda agitarsi nel vicolo cieco, ha offerto al governo il volo last minute che non poteva rifiutare. Welcome on board, ladies and gentlemen, questo viaggio è gentilmente offerto dall’ignaro – e in gran parte ignavo – contribuente italiano. La vittoria totale traspare dalle parole di Messina: “Senza l'offerta di Intesa Sanpaolo - l'unica significativa presentata nell'asta competitiva indetta dal Governo - la crisi delle due banche avrebbe avuto un grave impatto sull'intero sistema bancario italiano, con conseguenze drammatiche sull'economia nazionale, mettendo anche a rischio le prospettive di ripresa del Paese”. E’ il tono di un salvatore, non di un banchiere. E c’è una grande verità in queste parole che mette in luce tutto il deficit (in tutti i sensi) dello Stato: senza Intesa oggi ci sarebbe stato non il funerale e la rinascita di due banche, ma il caos, la fuga di capitali, il crollo della fiducia, la crisi forse irreversibile con l’Unione europea. La soluzione è stata quella di finire in pancia alla balena. Pinocchio ne uscì con Geppetto, in questa storia il lieto fine non esiste perché tutti i detriti sono schizzati da un’altra parte, sui conti pubblici di oggi e domani.
Un’operazione perfetta. Tutto pulito, centrifugato e stirato. Intesa San Paolo può dire di aver fatto il bene del paese, Carlo Messina andar fiero del suo lavoro, ma lo Stato no perché la situazione delle due banche venete era arcinota e c’era tutto il tempo per costruirla, l’alternativa che Padoan oggi non poteva più vedere. Certo, il titolare di List che domani la liquidazione disordinata delle due banche si sarebbe trasformata nel caos sui mercati, nello smarrimento del già traballante territorio del Veneto (nota bizzarra sul taccuino del titolare di List: fanno un referendum sull’autonomia dallo Stato italiano, ma en passant salvano un pezzo del loro sistema economico-finanziario con i soldi di tutti gli italiani), ma sul taccuino del cronista resta una domanda: perché in Italia non si è potuta fare la stessa operazione conclusa con successo in Spagna con l’acquisizione di Banco Popular da parte del Banco Santander? Là una banca privata ha acquistato un’altra banca privata con gli attivi e i passivi, senza lavaggio istituzionale, dentro le regole europee del bail-in, senza pesare sul portafoglio del cittadino, con una dinamica di mercato e un esborso totale di 7 miliardi contro i 17 miliardi mobilizzati dal decreto del governo Gentiloni? Sono i misteri della nostra politica. Misteri che pesano sul futuro.
La Commissione europea ha dato il suo via libera al piano, la commissaria alla concorrenza dell’Unione, Margrethe Vestager, ha detto che “gli aiuti di Stato sono necessari per evitare una conseguenza economica in Veneto per la liquidazione delle banche". Vero, ma il mercato – e il quadro politico – non lo fa brava e tosta Vestager. I fattori decisivi sono altri, è la politica che si gioca a livello dei capi di Stato.
L’impatto reale è alle porte, si va componendo mattoncino dopo mattoncino, è un Lego politico di grande interesse. Questa è l’home page del Financial Times mentre il titolare di List stende le sue note per questo numero speciale della vostra newsletter:
Non c’è bisogno di traduzione, c’è la parola che conta: taxpayers, contribuenti. E’ questo il centro del maelstrom della storia, l’elusione dei principi che l’Europa aveva stabilito – con il voto quasi unanime delle istituzioni italiane nell’Unione e nel Parlamento nazionale – e l’apertura di un fronte ad alto rischio con gli altri paesi. All’interno dell’articolo del Financial Times, la questione brilla come la spia rossa di un sommergibile che ha appena allagato i tubi lancia-siluri:
I mercati pesano, valutano, cominciano a calcolare i rischi presenti e futuri, dispongono i pezzi sulla scacchiera dell’Eurozona, fanno scenari sul futuro della governance europea, l’avanzata di Macron, la rielezione probabile di Angela Merkel, la riscrittura delle regole, il ruolo di un’Italia con la crescita più bassa dopo la Grecia e un sistema bancario che non ha ancora finito di riservare sorprese. Questa è l’agenzia Bloomberg, il suo flusso di news va direttamente sui terminali dei trader tutti i giorni, 24 ore su 24, nell’eterno ciclo del compra e vendi delle borse mondiali, è il dominatore assoluto dell’informazione finanziaria a Wall Street, quel luogo dove come dice Gordon Gekko “il denaro non dorme mai”:
La notizia non è un fatto italiano, non è un affare che si risolve nel cortile della nostra politica boccheggiante e del piccolo establishment italiano, fa il giro dei monitor di chi fa il mercato tutti i giorni e lo scampato pericolo di oggi (domani mattina vedremo le borse cosa peseranno nei listini) è un problema comunque di domani.
Il titolare di List ha troppa confidenza con Gekko e le sceneggiature di Oliver Stone? Può darsi. Delibate allora questo titolo impaginato dal Wall Street Journal, la bibbia del mercato:
Al titolare pare tutto abbastanza chiaro, la curvatura dello spazio europeo sulle banche è destinata a cambiare. Se l'Italia fa così, altri potrebbero cogliere la palla al balzo e assisteremo alla dissoluzione di un processo che avrebbe dovuto garantire una tappa successiva di stabilità per l'Eurozona. Oppure... ci lasciano colare a picco nel nostro dissesto da debito ipertrofico e andranno avanti tirandosi dietro - non per molto - il nostro strano carrozzone che va avanti da sè, con le regine, i suoi fanti e i suoi re. Vedremo.
“Non c’erano alternative…”, ripete Padoan davanti ai cronisti. E una resa e nello stesso tempo una rabbiosa reazione, un tentativo di mettere i cavalli di frisia davanti a via XX Settembre per un’operazione che avrà un impatto sull’unione bancaria in Europa. Paradossalmente, il paese che più aveva insistito per una condivisione dei rischi delle banche a livello dell’Eurozona – con lo stesso ministro Padoan e il governatore di Bankitalia Ignazio Visco – ha affossato (o se preferite, messo in grave difficoltà) questo percorso. Alla nuova Lega anseatica guidata dalla Germania è stato offerto su un piatto dorato (valore, 17 miliardi di euro) l’argomento perfetto per dire nein! In Germania si vota il 23 settembre, Angela Merkel è a caccia del quarto mandato – sarebbe un record insieme a quello dello scomparso Helmut Kohl – e il contribuente tedesco non è come quello italiano: controlla quello che fa il governo, tiene d’occhio cosa fanno gli altri paesi europei, in particolare quelli del Club Med. La Spagna – ancora una volta – ha dimostrato di saper fare bene la sua parte, l’Italia no. E tutte le sofisticazioni contabili che seguiranno saranno presto smentite dalla realtà, sempre inesorabile, puntuale, onesta, e sempre elusa dalla politica. Poi arriva, come nel caso delle due banche venete e il risultato è sotto gli occhi di tutti: cinque miliardi cash, tutti, maledetti e subito, gli altri 12 miliardi sono là, in attesa di essere prelevati al bancomat dello Stato a rate crescenti, non appena emergeranno tutte le partite radioattive che sono finite nella bad bank a carico dello Stato. E qui entra in gioco il grande sconosciuto, l'ignorato: il debito pubblico.
Il debito pubblico è cresciuto ancora e ha toccato il suo nuovo record a quota 2.270 miliardi. E’ la rumba dei conti pubblici, quella che pare non interessare quasi nessuno. Ecco la splendida evoluzione del debito in questo grafico estratto dai report di Bankitalia:
E’ un’ascesa degna dei tempi dello Space Shuttle. Il titolare di List riprende quanto scritto il 15 giugno scorso: nel 2017, da gennaio a aprile il debito è salito di 20 miliardi di euro, ma questa progressione è niente se la confrontiamo con i dati precedenti: a gennaio 2016 il debito pubblico era pari a 2.195 miliardi di euro; alla fine del 2015 era pari a 2172 miliardi. Non ci vuole una laurea in econometria per vedere il risultato: in meno di due anni il debito è aumentato di 98 miliardi di euro. Brindiamo ammirati. Con questi chiari di luna, con l’Europa in pieno sottosopra, con Emmanuel Macron che sta marciando come un cingolato del generale De Gaulle per riportare la Francia al centro della scena (uno dei suoi primi atti è stato quello di stracciare l’accordo siglato tra Roma e Parigi per l’ingresso di Fincantieri nel gigante delle costruzioni navali STX France), con la Germania che va verso la riconferma di Angela Merkel alla cancelleria (e la riconferma della sua politica economica), in mezzo a questa tempesta perfetta, ecco la notizia, il dettaglio dove s’annida il diavolo: Renzi pensa di nuovo di votare in novembre. Siamo in pieno caos finanziario, con un ciclo di spesa elettorale da assegno in bianco e scoperto in banca. Wonderful. Alla politica non interessa il quadro complessivo, lo scenario in cui è incastonata l’Italia, il fatto che prima o poi l’epoca dei tassi di interesse a zero o sottozero finirà e con esso (ri)comincerà il nostro festival di Sanremo dell’onere stellare sul servizio del debito pubblico. Cosa faremo quando Mario Draghi sarà costretto dalla Germania (appuntamento a dopo il 23 settembre, data del voto tedesco) a tagliare il programma di quantitative easing? Non si sa, navighiamo a vista, male che vada chiediamo al contribuente di pagare un altro obolo. Uno strangolamento lento e inesorabile delle forze dinamiche e produttive del paese. Il conto del programma di acquisto dei titoli italiani da parte della Banca centrale europea - il titolare di List non si sente Paganini e dunque può ripetersi – è pari a oltre 264 miliardi di euro. Quando l’ombrello della Bce si chiuderà (e accadrà) state tranquilli, pioverà.
“Non c’erano alternative”, recita Padoan, una cantilena che non sposta di un millimetro il problema che abbiamo creato con le nostre sapienti mani autodistruttive. Un consiglio dei ministri flash di venti minuti ha consegnato al paese la foto drammatica della politica, del capitalismo e della finanza: il peso del dissesto finisce sulle spalle del taxpayer, del cittadino ignaro, di quello che se ne infischia, di quello consapevole. Tutti dentro, come nel film di Alberto Sordi, in una cella finanziaria costruita con il cemento armato del consenso comprato a suon di debito pubblico.
“Confido in un sostegno ampio del Parlamento” dice il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. Lo avrà, nessuno ha il coraggio di mettere in discussione il salvataggio delle due banche mentre il paese si avvia verso una campagna elettorale dagli esiti più che mai incerti. Non si opporrà la Lega, che ha il suo dividendo politico nel Veneto governato da Luca Zaia, non Forza Italia che vede all’orizzonte il ritorno di parecchi voti nel prossimo turno politico, non il Pd che ha bisogno dell’ossigeno del salvatore della patria, ci sarà la campagna dura dei grillini che si oppongono a tutto e la cui credibilità su questi argomenti è rasoterra per l’assenza di una proposta concreta che non si traduca in automatico ulteriore aumento della spesa pubblica. E’ uno scenario di macerie fumanti, la politica. Ci sono i ballottaggi, stasera avremo un primo quadro del futuro prossimo. Intanto, prendete nota: con la storia delle due banche venete siamo tornati in piena Bisanzio, dove furono creati i quasi-delitti e i quasi-contratti. L’Italia contemporanea ha fatto di meglio, siamo all’invenzioni del quasi-capitale, quasi-Basilea, quasi-pubblico, quasi-privato, quasi-good, quasi-bad. E così, spensieratamente, passando da un quasi all’altro, quasi quasi siamo di nuovo nei guai.
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abbia avuto esito positivo, è facoltà del Fornitore recedere dal contratto con effetti immediati.
Pagamenti all'interno dell'applicazione IOS
5.7 In caso di acquisto dell'Abbonamento mediante l'Applicazione per dispositivi IOS, il pagamento è gestito
interamente
attraverso la piattaforma App Store fornita dal gruppo Apple. Il pagamento del corrispettivo è
automaticamente
addebitato sull'Apple ID account dell'Utente al momento della conferma dell'acquisto. Gli abbonamenti
proposti sono
soggetti al rinnovo automatico e all'addebito periodico del corrispettivo. L'Utente può disattivare
l'abbonamento fino a
24h prima della scadenza del periodo di abbonamento in corso. In caso di mancata disattivazione,
l'abbonamento si
rinnova per un eguale periodo e all'Utente viene addebitato lo stesso importo sul suo account Apple.
L'Utente può
gestire e disattivare il proprio abbonamento direttamente dal proprio profilo su App Store. Per maggiori
informazioni al
riguardo: https://www.apple.com/it/legal/terms/site.html. Il Fornitore non è responsabile per eventuali
disservizi della
piattaforma App Store.
6. Promozioni
6.1 Il Fornitore può a sua discrezione offrire agli Utenti delle promozioni sotto forma di sconti o periodi
gratuiti di
fruizione del Servizio.
6.2 Salvo che non sia diversamente specificato nella pagina di offerta della promozione, l'adesione a una
promozione
comporta, alla sua scadenza, l'attivazione automatica del Servizio a pagamento con addebito periodico del
corrispettivo
in base al contenuto del pacchetto di volta in volta selezionato dall'Utente.
6.3 L'Utente ha la facoltà di disattivare il Servizio in qualunque momento prima della scadenza del periodo
di prova
attraverso una delle modalità indicate nel precedente articolo 3).
7. Obblighi e garanzie dell'Utente
7.1 L'Utente dichiara e garantisce:
- di essere maggiorenne;
- di sottoscrivere l'Abbonamento per scopi estranei ad attività professionali, imprenditoriali, artigianali
o commerciali
eventualmente svolte;
- che tutti i dati forniti per l'attivazione dell'Abbonamento sono corretti e veritieri;
- che i dati forniti saranno mantenuti aggiornati per l'intera durata dell'Abbonamento.
7.2 L'Utente si impegna al pagamento del corrispettivo in favore del Fornitore nella misura e con le
modalità definite
nei precedenti articoli.
7.3 L'Utente si impegna ad utilizzare l'Abbonamento e i suoi contenuti a titolo esclusivamente personale, in
forma non
collettiva e senza scopo di lucro; l'Utente è inoltre responsabile per qualsiasi uso non autorizzato
dell'Abbonamento e
dei suoi contenuti, ove riconducibile all'account dell'Utente medesimo; per questo motivo l'Utente si
impegna ad
assumere tutte le precauzioni necessarie per mantenere riservato l'accesso all'Abbonamento attraverso il
proprio account
(per esempio, mantenendo riservate le credenziali di accesso ovvero segnalando senza ritardo al Fornitore
che la
riservatezza di tali credenziali risulta compromessa per qualsiasi motivo).
7.4 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
8. Tutela della proprietà intellettuale e industriale
8.1 L'Utente riconosce e accetta che i contenuti dell'Abbonamento, sotto forma di testi, immagini,
fotografie, grafiche,
disegni, contenuti audio e video, animazioni, marchi, loghi e altri segni distintivi, sono coperti da
copyright e dagli
altri diritti di proprietà intellettuale e industriale di volta in volta facenti capo al Fornitore e ai suoi
danti causa
e per questo si impegna a rispettare tali diritti.
8.2 Tutti i diritti sono riservati in capo ai titolari; l'Utente accetta che l'unico diritto acquisito con
il contratto
è quello di fruire dei contenuti dell'Abbonamento con le modalità e i limiti propri del Servizio. Fatte
salve le
operazioni di archiviazione e condivisione consentite dalle apposite funzionalità del Servizio, qualsiasi
attività di
riproduzione, pubblica esecuzione, comunicazione a terzi, messa a disposizione, diffusione, modifica ed
elaborazione dei
contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.