28 Marzo
Due settimane che possono costare la vita all'Eurozona
Il rinvio del piano anti-crisi da parte del Consiglio europeo è un fatto grave perché la legittimazione politica dell’euro rischia di deteriorarsi definitivamente e può accadere di tutto, incluse manovre speculative contro l’Italia. Un'indagine di Lorenzo Castellani sull'azzardo dei governanti europei
di Lorenzo Castellani
La stasi del Consiglio Europeo pone l’eurozona in un crinale molto pericoloso, non soltanto per il rinvio dell’iniziativa per affrontare la crisi sanitaria ed economia attraverso una comune cooperazione quanto per la sua stessa esistenza.
Il mancato accordo tra paesi del nord e paesi del sud mostra bene la crisi di “capitale politico”, fondato sulla fiducia, che scuote le istituzioni europee. A sud si resiste ad altri commissariamenti da Bruxelles, sempre meno sopportabili dopo la crisi del debito sovrano del 2010, a nord non ci si fida abbastanza dei partner mediterranei da mutualizzare i debiti senza condizionalità. Nel mentre, il tempo corre.
Non c’è da nascondersi, la situazione è molto grave. Gran parte d’Europa è ferma, ovunque gli esercizi commerciali sono chiusi, i consumi al palo e l’Italia è stata la prima a scegliere di chiudere gran parte della produzione industriale per rallentare il contagio. A livello economico siamo di fronte ad una potenziale catastrofe e, al netto dell’azione della BCE, è molto improbabile che ci sia un piano comune di debite proporzioni. Ogni Stato nazione si attrezzerà da sé, mostrando quanto non esista alcun interesse europeo ma soltanto interessi nazionali. Dopo l’epidemia, i più forti saranno più forti e i più deboli più deboli. Il divario tra nazioni si amplierà, sempre che la moneta unica riesca a sopravvivere.
L’Italia è in una situazione particolarmente spiacevole e non soltanto per esser il centro dell’epidemia in Europa: era già l’economia che cresceva meno, con una classe media decimata da dieci anni di crisi senza risoluzione, disoccupazione ancora elevata, debito pubblico esagerato e una élite politica debole ed inconsapevole. Una classe politica che ripete in continuazione a se stessa “faremo da soli”, ma è alla continua ricerca di un parafulmine europeo. Un vincolo esterno su cui scaricare colpe...
di Lorenzo Castellani
La stasi del Consiglio Europeo pone l’eurozona in un crinale molto pericoloso, non soltanto per il rinvio dell’iniziativa per affrontare la crisi sanitaria ed economia attraverso una comune cooperazione quanto per la sua stessa esistenza.
Il mancato accordo tra paesi del nord e paesi del sud mostra bene la crisi di “capitale politico”, fondato sulla fiducia, che scuote le istituzioni europee. A sud si resiste ad altri commissariamenti da Bruxelles, sempre meno sopportabili dopo la crisi del debito sovrano del 2010, a nord non ci si fida abbastanza dei partner mediterranei da mutualizzare i debiti senza condizionalità. Nel mentre, il tempo corre.
Non c’è da nascondersi, la situazione è molto grave. Gran parte d’Europa è ferma, ovunque gli esercizi commerciali sono chiusi, i consumi al palo e l’Italia è stata la prima a scegliere di chiudere gran parte della produzione industriale per rallentare il contagio. A livello economico siamo di fronte ad una potenziale catastrofe e, al netto dell’azione della BCE, è molto improbabile che ci sia un piano comune di debite proporzioni. Ogni Stato nazione si attrezzerà da sé, mostrando quanto non esista alcun interesse europeo ma soltanto interessi nazionali. Dopo l’epidemia, i più forti saranno più forti e i più deboli più deboli. Il divario tra nazioni si amplierà, sempre che la moneta unica riesca a sopravvivere.
L’Italia è in una situazione particolarmente spiacevole e non soltanto per esser il centro dell’epidemia in Europa: era già l’economia che cresceva meno, con una classe media decimata da dieci anni di crisi senza risoluzione, disoccupazione ancora elevata, debito pubblico esagerato e una élite politica debole ed inconsapevole. Una classe politica che ripete in continuazione a se stessa “faremo da soli”, ma è alla continua ricerca di un parafulmine europeo. Un vincolo esterno su cui scaricare colpe e responsabilità. A ciò si aggiunge, o ne è forse la causa, la debolezza di uno Stato percorso da troppi interessi, frammentato, poco legittimato ed in perenne deficit di una leadership continuativa. L’Italia, per scarsa ragion di Stato e per dipendenza dall’esterno della sua politica, non è stata in grado di mettere in campo una grande intervento come gli altri paesi e ad oggi non è apparsa capace di vendere ai mercati un programma importante da accompagnare all’azione della BCE.
La sua classe di governo, già debole nei consensi popolari e nella coesione, non vuole rischiare, preferisce un condizionamento leggero attraverso gli aiuti europei. Pur negandolo, per evitare la carneficina politica del collasso di consenso, gran parte dell’esecutivo lascia intendere che la risoluzione “europea” del caso Italia è di gran lunga preferibile a rischiare sui mercati con una manovra espansiva. Se si continuerà a traccheggiare, però, a breve l’accordo da trovare sarà sul livello di commissariamento a cui sottoporre il paese, più che su quali linee di credito aprire. Tutto questo potrà essere evitato soltanto da una distribuzione a pioggia di liquidità da parte della BCE. Sempre che il tempo basti, perché come ha suggerito Mario Draghi (nella foto qui sotto) ogni esitazione può essere fatale all’Italia, all’Europa, alla moneta unica.
L’editoriale dell’ex banchiere centrale non fornisce soluzioni precise, come lamentano alcuni osservatori, ma coglie un punto politico fondamentale, che supera le discussioni sulle teorie economiche. Più tempo si perde, più aumenta la probabilità che la paura di uscire dall’euro venga superata dalla paura di soldi che finiscono, lavoro che si perde, aziende che si chiudono. Se un motivo per rimanere nell'euro sono gli alti costi di uscirne e le rassicurazioni fornite da una moneta forte, è anche vero che questi costi e assicurazioni sono funzione dell'andamento dell'economia. Se tutto é fermo o quasi, se i fallimenti e le chiusure si moltiplicano, se la liquidità finisce, i costi di uscita (e la sicurezza garantita dall’euro) appariranno notevolmente piú bassi.
In questa situazione, la legittimazione politica dell’euro rischia di deteriorarsi definitivamente. In altre parole, c’è in gioco la vita dell’eurozona, oltre che quella dell’economia Italiana. In queste due settimane di trattativa che i leader europei si sono lussuosamente concessi può accadere di tutto, incluse manovre speculative contro l’Italia. È il paese più debole, quindi quello che ha meno tempo. Un consistente numero di piccole, medie e grandi imprese italiane non hanno due settimane, dopo quello che hanno già patito sino ad oggi. Se il governo tardasse ad intervenire, si arrivasse alla crisi di liquidità, la situazione diventerebbe esplosiva a livello sociale. Senza considerare che i mercati potrebbero voler scommettere contro l’Italia, mettendo la BCE sotto stress. Non è lo scenario più probabile tracciato dagli analisti finanziari, ma nessuno lo considera impossibile. La tempesta, dunque, potrebbe arrivare sotto varie forme.
A quel punto vecchi e nuovi imprenditori politici euroscettici cercherebbero di caricarsi un’opinione pubblica oramai esasperata e sfiduciata sulla spalle, in cerca della risoluzione definitiva. Si camminerebbe sul filo del collasso del sistema. Qualunque sia il finale, sarà doloroso sul piano economico e sociale. Più si temporeggia, maggiori le possibilità degli scenari più infausti. Tuttavia, anche il miglior intervento possibile non sarà risolutivo per il futuro del paese fino a quando non esisterà una classe dirigente capace di fare fronte comune di fronte a situazioni eccezionali. Salvare il salvabile del nostro sistema industriale è imperativo, ma riflettere sull’inadeguatezza della classe dirigente è altrettanto d’obbligo.
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l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
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