19 Agosto
Essere o non essere? Zingaretti faccia la prima scelta, il voto
Il segretario del Pd ha un dilemma e anche la soluzione: dica no al piano di Renzi e sfidi Salvini nelle urne. Il governo istituzionale è una trappola mortale che serve solo all'ex premier e al Movimento Cinque Stelle. Un'indagine di Maite Carpio sul passaggio che decide il futuro
di Maite Carpio
“To be or not to be?”. E questo il dilemma shakespeariano che pende sulla testa di Nicola Zingaretti. Da qui a pochi giorni dovrà decidere se “Essere o non essere il Segretario del Pd”. E non è una questione da poco, perché dalla sua scelta dipende non solo la sorte della sua leadership, ma anche il destino immediato del Partito democratico. Tutti lo hanno cercato durante il weekend e le pressioni continueranno fino a domani (e anche dopo), ma è una decisione che alla fine dovrà prendere in solitudine.
Zingaretti è più o meno come il buon Harrison Ford del “Fuggitivo”, ha tutti contro e la trama è molto complicata. Il segretario non ha commesso nessun delitto, ma qualcuno sta provando a rifilargli il malloppo. Il malloppo in questo caso si chiama “governo istituzionale” ed è Matteo Renzi, il Matteo giusto, quello che prova a piazzarlo. Una bomba ad orologeria che prima o poi esploderà. In segreteria sono corsi ai ripari e lo spin dottor di fiducia, Goffredo Bettini, ha proposto un “accordo di legislatura” (un tentativo estremo per arginare i danni del colpo di mano di Renzi) per evitare la sensazione di “governicchio”, ma il punto è: ci avrebbe mai pensato Bettini, se la sfacciataggine del senatore di Scandicci non lo avesse costretto, a fare una proposta del genere? Renzi e le sue truppe si sarebbero scatenati gridando all’imbroglio a destra e a manca. Il caso è che la proposta porta la targa renziana e se il segretario ci casca ci sarà da pagare un prezzo. To be or not to be? Chi comanda veramente nel Pd?
Cosa ci guadagna il Partito democratico di Zingaretti con questo accordo? Poco. Renzi ci guadagna di sicuro. Prima perché si diverte a fare il burattino (o il bullo?) con i compagni. Poi perché deve...
di Maite Carpio
“To be or not to be?”. E questo il dilemma shakespeariano che pende sulla testa di Nicola Zingaretti. Da qui a pochi giorni dovrà decidere se “Essere o non essere il Segretario del Pd”. E non è una questione da poco, perché dalla sua scelta dipende non solo la sorte della sua leadership, ma anche il destino immediato del Partito democratico. Tutti lo hanno cercato durante il weekend e le pressioni continueranno fino a domani (e anche dopo), ma è una decisione che alla fine dovrà prendere in solitudine.
Zingaretti è più o meno come il buon Harrison Ford del “Fuggitivo”, ha tutti contro e la trama è molto complicata. Il segretario non ha commesso nessun delitto, ma qualcuno sta provando a rifilargli il malloppo. Il malloppo in questo caso si chiama “governo istituzionale” ed è Matteo Renzi, il Matteo giusto, quello che prova a piazzarlo. Una bomba ad orologeria che prima o poi esploderà. In segreteria sono corsi ai ripari e lo spin dottor di fiducia, Goffredo Bettini, ha proposto un “accordo di legislatura” (un tentativo estremo per arginare i danni del colpo di mano di Renzi) per evitare la sensazione di “governicchio”, ma il punto è: ci avrebbe mai pensato Bettini, se la sfacciataggine del senatore di Scandicci non lo avesse costretto, a fare una proposta del genere? Renzi e le sue truppe si sarebbero scatenati gridando all’imbroglio a destra e a manca. Il caso è che la proposta porta la targa renziana e se il segretario ci casca ci sarà da pagare un prezzo. To be or not to be? Chi comanda veramente nel Pd?
Cosa ci guadagna il Partito democratico di Zingaretti con questo accordo? Poco. Renzi ci guadagna di sicuro. Prima perché si diverte a fare il burattino (o il bullo?) con i compagni. Poi perché deve difendere i suoi gruppi parlamentari, la sua vera fonte di potere, e non può tornare a votare perché le liste non le farebbe più lui. Ha bisogno anche di tempo per far finta di farsi il suo partito (non ci crede nemmeno lui), ma soprattutto per mettere il segretario all’angolo e riprendersi il Pd che, nel profondo del suo cuore, pensa sia ancora suo (solo perché si crede più bravo degli altri). Il senatore ha i numeri in Parlamento per far eleggere il nuovo governo e per farlo cadere appena annuserà che gli torna comodo. Lo ha pure detto ieri: “Un governo istituzionale (insiste con la sua definizione) per evitare il voto a ottobre e l’Iva... Poi faremo il punto alla Leopolda il 18 ottobre”. Il punto alla Leopolda? I naviganti sono avvertiti. Comanda lui.
Zingaretti è davvero disposto a mettersi nelle mani di questo boia seriale? Tutti pensano (ingenuamente) di poterlo arginare, ma se non vanno al voto, in questo momento e per gli anni che durerà la legislatura (meno di quanto pensino) ci saranno due Pd: quello uscito dalle primarie che prova a sollevarsi e trova consenso, e quello vecchio dell’ex presidente del Consiglio che ha drammaticamente perso le elezioni ma ha le sue truppe trincerate nelle Camere (imperdonabile lo sbaglio di Zingaretti che si lasciò imporre la nomina di Marcucci come capogruppo al Senato). È un partito bipolare. E tutti fanno finta di niente, ma Renzi sta facendo il capo dell’opposizione e quel posto non è il suo.
Leader e capogruppo. Renzi stoppa l'agitato Marcucci in Senato (Foto)Dov’è la disciplina di partito di una volta o la lealtà al segretario? Si è messo addirittura a fare le nomine del futuro governo, non è ancora caduto l’attuale e già parla di chi andrà a fare che cosa. Chi farà il presidente del Consiglio, chi si prenderà il Viminale, chi sarà commissario europeo? Sta già facendo il totonomi, parlando addirittura di chi sarà il futuro presidente della Repubblica. Mancano tre anni, cribbio, un'era geologica. Ed è pure di cattivo gusto! Nella lista si è proposto anche lui, in prima persona, per tornare a fare il ministro, ovviamente, a modo di garanzia dice. Ne ha per tutti. Pure per Carlo Calenda, contrario all’accordo con i Cinque Stelle, al quale ricorda: “Mi deve molto, sono stato io a nominarlo rappresentate dell’Italia in Europa”. Sì, e riuscì a inimicarsi l’intero corpo diplomatico senza che gliene importasse nulla e durò 40 giorni, nel miglior stile renziano. Ha già avvertito del rischio di “grillizzazione” del Pd (un altro anticipo della crisi che sta preparando) e si liscia Berlusconi del quale ha detto che a differenza di Salvini “è un vero uomo delle istituzioni”. Insomma, è tornato l’uomo di Rignano, anzi, non se n’è mai andato, e non vede l’ora di distruggere un partito che non ha mai amato. Sono tutti in ostaggio perché se qualcuno si azzarda ad alzare la voce per cercare di rimetterlo al suo posto, lui fa la vittima, si lamenta per quanto lo maltrattano e minaccia la temuta scissione. Così tutti a chiedere unità, a lodare la bravura dell’ex presidente, a dire quanto stanno bene “tutti insieme appassionatamente”. Un abbraccio mortale per Zingaretti che fa bene a non rispondere, ma non dovrebbe rimanere con il cerino in mano. Stamattina è arrivata una nota del Pd che mette una distanza, un freno: "Siamo alla vigilia dell'intervento del Premier Conte in Parlamento e in presenza di una crisi di governo ancora non parlamentarizzata. Per questo motivo, in riferimento ad alcune notizie rilanciate oggi, l'Ufficio Stampa del Pd precisa che è privo di fondamento parlare di negoziato sul governo e addirittura di caduta di tabù per un eventuale Conte bis". Perché fare un governo con i Cinque Stelle, già una “mission impossible “, avendo un Parlamento controllato dal suo principale nemico, pronto a mandarlo a casa con un nuovo #nicolastaisereno?
Con il governo istituzionale o di legislatura, ci guadagna anche Beppe Grillo e il Movimento Cinque Stelle. Erano politicamente morti e sono stati resuscitati per la grazia divina dei renziani, non si capisce perché Zingaretti debba continuare a fornire loro la benzina. Le loro contraddizioni interne ormai sono esplose, hanno davanti anche la sciagura del divieto al secondo incarico (mortale per loro!), perché insistere con l’accanimento terapeutico? C’è la prateria dei loro voti, di tutti quelli delusi (hanno perso 6 milioni di voti all’europee) che attendono la sollecitazione di qualcuno. L’accordo si doveva fare dopo le ultime elezioni, invece di ostinarsi con l'infelice scelta dei pop corn (per poi tirarsi indietro un anno dopo!) o si potrà fare dopo le elezioni anticipate, quando i pesi politici saranno chiari e soprattutto reali. Guadagna stranamente, e qui siamo alla farsa, anche il LeU di Pietro Grasso e Massimo D’Alema che grazie al "lodo Renzi", vedono riaccendersi la loro speranza di contare qualcosa. Alla fine si apre il dialogo pure con loro. La politica è uno spettacolo umano davvero entusiasmante.
Poi bisogna farsi una domanda: il Partito Democratico torna al governo, bene (è il lavoro dei politici, governare) ma per quanto tempo e per fare cosa? Secondo Renzi per fermare l’aumento dell’Iva, ma non si capisce il vantaggio politico di occuparsi di una faccenda cosi spinosa (le clausole di salvaguardia esistono da 8 anni, governi Renzi e Gentiloni inclusi) che nessuno sa come risolvere, visto che bisogna trovare 23 miliardi di euro e non aumentare il deficit. Davvero il senatore di Scandicci pensa che l'Unione europea ci risparmierà la procedura d’infrazione, come segnale di gratitudine per averla salvata dalle grinfie di Salvini? E come la mettiamo con la questione delle autonomie, dove le posizioni del Pd e del Movimento sono agli antipodi? Le elezioni in Emilia Romagna sono dietro l’angolo, come faranno a trovare un accordo senza rischiare di perdere? O pensano di fare una sola lista?
Ci sarebbe invece una buona notizia che dovrebbe convincere Zingaretti a seguire la propria strada: il vento politico è cambiato, il Pd è tornato a crescere nei sondaggi e sta riprendendo piano piano e con grande fatica il contatto con la sua base. Non tutti gli italiani sono con Salvini, anzi c’è una buona parte pronta a mobilitarsi per fermarlo e andare alle urne per votare il Pd (nonostante i suoi dirigenti). Ci sono anche i delusi dei Cinque Stelle da recuperare. Perché rischiare di allontanare, ancora una volta, il proprio elettorato ponendosi come una forza politica che preferisce le solite manovre di palazzo? Per assicurasi qualche incarico invece che il contatto con il popolo ritrovato? Non è difficile immaginare tutto il gruppetto che freme all’idea di tornare in sella, ma verrebbe come minimo l’orticaria agli elettori al solo pensiero di ritrovarsi davanti i vecchi ministri di un tempo. Renzi incluso. Mentre Salvini porta il popolo in piazza e grida all’inciucio un giorno sì e l’altro pure. Un incubo! E poi sarebbe un'alleanza politica ordita da becere manovre oltre che irreale, perché mancherebbe il mandato popolare e non rappresenterebbe la realtà politica del paese.
Il fenomeno Salvini si ferma avendo il coraggio di andare alle urne, avendo fiducia nelle proprie capacità e nel proprio elettorato. Gli accordi con i Cinque Stelle, caso mai, si faranno dopo, con un mandato e con i voti e i numeri reali alla mano. Non è una mossa politica intelligente per Zingaretti fare l’accordo con i Cinque Stelle. Farà felice qualche ex ministro e qualche nuovo sottosegretario, ma sinceramente la posta in gioco è molto più alta degli ego smisurati. Dovrebbe avere più fiducia in se stesso e nel suo elettorato e andare a votare. Così ridimensiona i Cinque Stelle, indebolisce il Salvini che grida in piazza all’inciucio, si libera di Renzi, i gruppi in Parlamento saranno i suoi e avrà dietro il sostegno di tutti i suoi elettori, grati finalmente di un gioco pulito. Meglio be che not to be.
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legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.