30 Marzo
Fico in autobus. Una storia che comincia da Berlinguer
Il presidente della Camera sui mezzi pubblici, il linguaggio contro la casta. Lorenzo Castellani fa un viaggio nell'antipolitica e traccia una rotta che va da Berlinguer a Grillo.
di Lorenzo Castellani
Grande scalpore ha destato il gesto di Roberto Fico, neo presidente della Camera dei Deputati, che ha scelto di recarsi al lavoro in autobus nel suo primo giorno di lavoro. La vicenda è, di per sé, poca cosa. Si può concordare o meno con la scelta di Fico e, senza dubbio, si può vedere in questa azione un gesto di propaganda più che di sincero rifiuto dei privilegi istituzionali. Così come si può dubitare dell’opportunità di rinunciare all’apparato di sicurezza predisposto per la terza carica dello Stato.
Tuttavia, una parte dell’opinione pubblica, identificabile prevalentemente con l’elettorato del centrosinistra e dei giornali vicini a quest’area politico-culturale, lo ha interpretato come un gesto volto a screditare o mettere a repentaglio la credibilità delle istituzioni. L’inesperto Fico, quindi per definizione incompetente secondo le regole dell’apparato mediatico progressista, si sarebbe macchiato di un grave peccato di populismo istituzionale. Si potrebbe già a questo punto mostrare il doppiopesismo di certa opinione pubblica per la quale se un qualsiasi ministro del nord Europa prende la metro o gira in bicicletta per la sua città è un esempio da seguire mentre se qualcosa di simile accade in Italia allora è becero opportunismo. Tuttavia, non intendiamo fermarci alla polemichetta da social network, poiché queste reazioni forniscono l’occasione per sviluppare un ragionamento sulle origini dell’antipolitica del nostro paese.
Antipolitica che ha almeno due snodi temporali fondamentali: da un lato il movimento dell’Uomo Qualunque di Giannini che all’alba della Repubblica contestava ferocemente la politica professionale e ciò indica come una certa mentalità antipolitica sia lungamente radicata nella tradizione italiana; e dall’altro negli anni ottanta quando, dopo un percorso culturale durato all’incirca vent’anni, la repulsione verso la partitocrazia iniziava a mostrare il suo volto. Un fenomeno che viene cavalcato politicamente dal Partito Radicale di Marco Pannella che già...
di Lorenzo Castellani
Grande scalpore ha destato il gesto di Roberto Fico, neo presidente della Camera dei Deputati, che ha scelto di recarsi al lavoro in autobus nel suo primo giorno di lavoro. La vicenda è, di per sé, poca cosa. Si può concordare o meno con la scelta di Fico e, senza dubbio, si può vedere in questa azione un gesto di propaganda più che di sincero rifiuto dei privilegi istituzionali. Così come si può dubitare dell’opportunità di rinunciare all’apparato di sicurezza predisposto per la terza carica dello Stato.
Tuttavia, una parte dell’opinione pubblica, identificabile prevalentemente con l’elettorato del centrosinistra e dei giornali vicini a quest’area politico-culturale, lo ha interpretato come un gesto volto a screditare o mettere a repentaglio la credibilità delle istituzioni. L’inesperto Fico, quindi per definizione incompetente secondo le regole dell’apparato mediatico progressista, si sarebbe macchiato di un grave peccato di populismo istituzionale. Si potrebbe già a questo punto mostrare il doppiopesismo di certa opinione pubblica per la quale se un qualsiasi ministro del nord Europa prende la metro o gira in bicicletta per la sua città è un esempio da seguire mentre se qualcosa di simile accade in Italia allora è becero opportunismo. Tuttavia, non intendiamo fermarci alla polemichetta da social network, poiché queste reazioni forniscono l’occasione per sviluppare un ragionamento sulle origini dell’antipolitica del nostro paese.
Antipolitica che ha almeno due snodi temporali fondamentali: da un lato il movimento dell’Uomo Qualunque di Giannini che all’alba della Repubblica contestava ferocemente la politica professionale e ciò indica come una certa mentalità antipolitica sia lungamente radicata nella tradizione italiana; e dall’altro negli anni ottanta quando, dopo un percorso culturale durato all’incirca vent’anni, la repulsione verso la partitocrazia iniziava a mostrare il suo volto. Un fenomeno che viene cavalcato politicamente dal Partito Radicale di Marco Pannella che già nel 1983 invitava a votare scheda bianca come forma di protesta verso i partiti tradizionali, ma anche dal Partito Comunista che proprio nei primi anni ottanta fa emergere la questione morale, marcando la diversità antropologica dei comunisti rispetto ai partiti di governo.
L'antipolitica ha due snodi temporali: il movimento dell’Uomo Qualunque di Giannini e il periodo degli anni Ottanta quando la repulsione verso la partitocrazia cominciò a mostrare il suo volto.
C’è una interessantissima intervista di Eugenio Scalfari a Enrico Berlinguer del 1981 di cui è opportuno riportare qualche passaggio. “La passione è finita?” chiede il fondatore di Repubblica e il leader di botteghe oscure risponde: “Per noi comunisti la passione non è finita. Ma per gli altri? Non voglio dar giudizi e mettere il piede in casa altrui, ma i fatti ci sono e sono sotto gli occhi di tutti. I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune. La loro stessa struttura organizzativa si è ormai conformata su questo modello, e non sono più organizzatori del popolo, formazioni che ne promuovono la maturazione civile e l'iniziativa: sono piuttosto federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un "boss" e dei "sotto-boss".
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E già qui emerge tutto un repertorio lessicale che ritroveremo nei primi anni duemila in bocca a Beppe Grillo e a Gianroberto Casaleggio che, non a caso, inneggeranno proprio a Berlinguer in uno dei loro comizi durante la campagna elettorale del 2013. Un lessico che ha permeato, per tutto l’era del berlusconismo (1994-2011), le colonne dei giornali della sinistra dall’Espresso a Micromega passando per Repubblica a testimonianza che la retorica dell’onestà e del giacobinismo moraleggiante non è stata inventata dalla Casaleggio&Associati.
Un repertorio lessicale che ritroveremo nei primi anni duemila in bocca a Beppe Grillo e a Gianroberto Casaleggio che, non a caso, inneggeranno proprio a Berlinguer in uno dei loro comizi durante la campagna elettorale del 2013.
L’intervista prosegue con Scalfari che chiede capziosamente “Lei mi ha detto poco fa che la degenerazione dei partiti è il punto essenziale della crisi italiana. Per quale motivo?” e il segretario del PCI risponde “I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai TV, alcuni grandi giornali. Per esempio, oggi c'è il pericolo che il maggior quotidiano italiano, il Corriere della Sera, cada in mano di questo o quel partito o di una sua corrente, ma noi impediremo che un grande organo di stampa come il Corriere faccia una così brutta fine. Insomma, tutto è già lottizzato e spartito o si vorrebbe lottizzare e spartire. E il risultato è drammatico. Tutte le "operazioni" che le diverse istituzioni e i loro attuali dirigenti sono chiamati a compiere vengono viste prevalentemente in funzione dell'interesse del partito o della corrente o del clan cui si deve la carica. Un credito bancario viene concesso se è utile a questo fine, se procura vantaggi e rapporti di clientela; un'autorizzazione amministrativa viene data, un appalto viene aggiudicato, una cattedra viene assegnata, un'attrezzatura di laboratorio viene finanziata, se i beneficiari fanno atto di fedeltà al partito che procura quei vantaggi, anche quando si tratta soltanto di riconoscimenti dovuti.”
Berlinguer: "I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai TV, alcuni grandi giornali".
Se si confrontano queste frasi con quelle che hanno portato i grillini alla conquista del Campidoglio con Virginia Raggi si noterà un’assonanza impressionante tra gli slogan della campagna a 5 stelle e le dichiarazioni rilasciate trentacinque anni fa dal segretario del PCI. E, continua Berlinguer rimarcando la diversità dei comunisti, “per una risposta chiara alla sua domanda, elencherò per punti molto semplici in che consiste il nostro essere diversi, così spero non ci sarà più margine all'equivoco. Dunque: primo, noi vogliamo che i partiti cessino di occupare lo Stato. I partiti debbono, come dice la nostra Costituzione, concorrere alla formazione della volontà politica della nazione; e ciò possono farlo non occupando pezzi sempre più larghi di Stato, sempre più numerosi centri di potere in ogni campo, ma interpretando le grandi correnti di opinione, organizzando le aspirazioni del popolo, controllando democraticamente l'operato delle istituzioni. Ecco la prima ragione della nostra diversità.”
C'è un’assonanza impressionante tra gli slogan della campagna a Cinque Stelle e le dichiarazioni rilasciate trentacinque anni fa dal segretario del PCI.
In tre domande è racchiuso un intero solco storico della politica italiana e, nelle parole del segretario del PCI, c’è già tutto l’armamentario concettuale dei campioni dell’antipolitica. Beppe Grillo non ha inventato un nuovo messaggio politico, ne ha preso uno vecchio, derubricato splendidamente dalla sinistra berlingueriana, lo ha riproposto sotto forma di spettacolo e con una organizzazione adeguata al ventunesimo secolo. Idee che riaffioreranno nella stagione di Tangentopoli e a cui si sommeranno le battaglie della Lega contro Roma ladrona, il protagonismo della società civile prima con i referendum del 93 e poi con l’ascesa di Berlusconi e dei suoi manager contro i professionisti della politica.
Beppe Grillo non ha inventato un nuovo messaggio politico, ne ha preso uno vecchio, derubricato splendidamente dalla sinistra berlingueriana, lo ha riproposto sotto forma di spettacolo e con una organizzazione adeguata al Ventunesimo secolo.
Dopo il 1994 alla retorica dell’onestà e della moralizzazione della vita pubblica si è aggiunto, con grande forza, l’antiberlusconismo che la sinistra ha riversato in ogni propria manifestazione politica. Secondo questa interpretazione da un lato si trovavano gli italiani per bene, le persone serie, gli onesti e dall’altro i furbetti, gli evasori, i disonesti. Così venne vergata la formula che ha accompagnato per vent’anni la politica italiana e che si è sovrapposta alla lotta tra una certa magistratura militante e gli interessi aziendali e privati di Silvio Berlusconi. Una divisione che ha tenuto sotto scacco il Paese e sabotato molte opportunità di riforma delle istituzioni e di intere aree socio-economiche.
Da ultimo si aggiungevano gli ultimi residui della lotta ideologica sessantottina della sinistra contro tutto ciò che fosse a favore del privato, della defiscalizzazione e dell’apertura alla concorrenza a tutela di un egualitarismo di facciata che ha pervaso un consistente pezzo dell’opinione pubblica italiana persuadendola della necessità di estendere illimitatamente diritti sociali, pari opportunità, possibilità di partecipazione del popolo al potere. Tuttavia, questa sfida ha visto quasi sempre sconfitti nel gioco politico i leader della sinistra incapaci da un lato di contrastare le promesse leggere di Berlusconi e dall’altro di entrare in connessione con l’elettorato a causa di un atteggiamento pedagogico volto a raddrizzare il legno storto degli italiani, a moralizzarli e piegarli al codice etico di una elite partitica. In quel frangente la salottiera “Italia migliore” dell’egualitarismo, delle frontiere aperte e della moralizzazione ha iniziato un processo di allontanamento dalla realtà del Paese, fino alla clausura nei quartieri benestanti delle grandi città di oggi.
La salottiera “Italia migliore” dell’egualitarismo, delle frontiere aperte e della moralizzazione ha iniziato un processo di allontanamento dalla realtà del Paese, fino alla clausura nei quartieri benestanti delle grandi città di oggi.
Di questa ritirata della sinistra e del suo popolo orfano ne approfittò dal 2007 Beppe Grillo, proprio cavalcando l’antiberlusconismo e il moralismo giacobino, che fece un primo scatto politico con l’organizzazione del V-Day insieme ai movimenti viola. C’era, in quel frangente, tutto il bordo di coltura degli avversari morali prima che politici di Berlusconi: Marco Travaglio, gli animatori della rivista MicroMega, collettivi di sinistra e magistrati i quali, involontariamente o meno, aprirono lo spazio per l’impresa politica di Beppe Grillo. Nel 2009 il comico genovese tentò, come finale provocazione, la via istituzionale iscrivendosi al Partito Democratico e palesando la volontà di presentarsi alle primarie: venne respinto e fondò il Movimento 5 Stelle. Alle primarie successive, quelle del 2012, un giovane sindaco equipaggiato di comunicazione berlusconiana e, anche lui, di numerosi argomenti anti-casta inizierà la sua ascesa politica verso il governo del Paese.
Anche Renzi fallirà nel mantenere il potere perché i fantasmi della mentalità progressista riaffioreranno, seppur sotto altre forme come quelle della retorica dell’ottimismo, dell’Italia startuppara, competente, internazionalizzata, aperta ed europeista. Tutto ciò mentre il Paese scivolava alla ricerca di protezione sociale, senso di comunità, ripristino dei confini e, ovviamente, sfiducia verso la classe politica espressa dai partiti tradizionali. I residui progressisti rimasti appiccicati a Renzi, che pure qualcosa aveva fatto per scrollarseli di dosso, sono stati puniti dagli italiani alle politiche del 4 marzo.
Di questa ritirata della sinistra e del suo popolo orfano ne approfittò dal 2007 Beppe Grillo, proprio cavalcando l’antiberlusconismo e il moralismo giacobino.
Per questa lunga storia intrecciata i destini del Movimento 5 Stelle e quelli del centrosinistra non possono essere separati. Tanto che nel 2013 la “non vittoria” di Pierluigi Bersani venne determinata dall’exploit dei grillini che nelle ultime tre settimane guadagnano dieci punti nei sondaggi a discapito della coalizione di centrosinistra. Allo stesso modo, nelle ultime elezioni, il tracollo del PD si è manifestato con maggiore consistenza nel meridione dove il Movimento 5 Stelle raggiunge percentuali prossime al 40%. Se è certamente vero che i grillini sono un prodotto postideologico che ha guadagnato consensi trasversalmente è altrettanto vero che il pollo da spennare, in questi dieci anni, è sempre stato il centrosinistra.
Tutto questo per mostrare come la sinistra italiana si sia incatenata da sola creando dapprima le condizioni culturali perché proliferasse una certa cultura egualitarista e giacobina poi le condizioni politiche perché deflagrasse con successo una retorica grillina impregnata di moralismo, anti-politica e giustizialismo che attingeva molto dalla riserva ideologica berlingueriana.
L’insofferenza politico-culturale che oggi mettono in piazza intellettuali, giornalisti e politici vicini al Partito Democratico ha il sapore del contrappasso dantesco. Forse, prima di lanciarsi nelle intemerate nei confronti dell’atteggiamento istituzionale di Roberto Fico bisognerebbe interrogarsi da dove viene un Presidente della Camera di estrazione antipolitica che ha deciso, come primo atto della legislatura, di rinunciare all’indennità e muoversi con i mezzi pubblici. Aprendo gli archivi ideologici della sinistra, traboccanti di una ridonante retorica egualitarista, giustizialista, moralista, si potrebbero trovare numerose e più profonde prove del successo pentastellato.
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comporta, alla sua scadenza, l'attivazione automatica del Servizio a pagamento con addebito periodico del
corrispettivo
in base al contenuto del pacchetto di volta in volta selezionato dall'Utente.
6.3 L'Utente ha la facoltà di disattivare il Servizio in qualunque momento prima della scadenza del periodo
di prova
attraverso una delle modalità indicate nel precedente articolo 3).
7. Obblighi e garanzie dell'Utente
7.1 L'Utente dichiara e garantisce:
- di essere maggiorenne;
- di sottoscrivere l'Abbonamento per scopi estranei ad attività professionali, imprenditoriali, artigianali
o commerciali
eventualmente svolte;
- che tutti i dati forniti per l'attivazione dell'Abbonamento sono corretti e veritieri;
- che i dati forniti saranno mantenuti aggiornati per l'intera durata dell'Abbonamento.
7.2 L'Utente si impegna al pagamento del corrispettivo in favore del Fornitore nella misura e con le
modalità definite
nei precedenti articoli.
7.3 L'Utente si impegna ad utilizzare l'Abbonamento e i suoi contenuti a titolo esclusivamente personale, in
forma non
collettiva e senza scopo di lucro; l'Utente è inoltre responsabile per qualsiasi uso non autorizzato
dell'Abbonamento e
dei suoi contenuti, ove riconducibile all'account dell'Utente medesimo; per questo motivo l'Utente si
impegna ad
assumere tutte le precauzioni necessarie per mantenere riservato l'accesso all'Abbonamento attraverso il
proprio account
(per esempio, mantenendo riservate le credenziali di accesso ovvero segnalando senza ritardo al Fornitore
che la
riservatezza di tali credenziali risulta compromessa per qualsiasi motivo).
7.4 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
8. Tutela della proprietà intellettuale e industriale
8.1 L'Utente riconosce e accetta che i contenuti dell'Abbonamento, sotto forma di testi, immagini,
fotografie, grafiche,
disegni, contenuti audio e video, animazioni, marchi, loghi e altri segni distintivi, sono coperti da
copyright e dagli
altri diritti di proprietà intellettuale e industriale di volta in volta facenti capo al Fornitore e ai suoi
danti causa
e per questo si impegna a rispettare tali diritti.
8.2 Tutti i diritti sono riservati in capo ai titolari; l'Utente accetta che l'unico diritto acquisito con
il contratto
è quello di fruire dei contenuti dell'Abbonamento con le modalità e i limiti propri del Servizio. Fatte
salve le
operazioni di archiviazione e condivisione consentite dalle apposite funzionalità del Servizio, qualsiasi
attività di
riproduzione, pubblica esecuzione, comunicazione a terzi, messa a disposizione, diffusione, modifica ed
elaborazione dei
contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.