21 Luglio
Galassia dei titoli Fca in rialzo a Piazza Affari
Ieri il forte calo dei titoli del gruppo a Milano e a Wall Street. Stamattina apertura in rialzo. Le dimissioni di Altavilla, la missione del nuovo numero uno dopo l'uscita di Marchionne. Domani la presentazione dei risultati consolidati del secondo trimestre.
New. I titoli della Galassia Fca in Borsa continuano la corsa al rialzo di Fca in Borsa a Milano. Il titolo guadagna l'1,63 per cento a 16,43 euro. In positivo è tutta la anche Cnh (+2,24 per cento) ed Exor (+1,72 per cento), più debole Ferrari (+0,79 per cento). Domani Fca diffonderà i conti della trimestrale, l'ultima sotto la gestione di Marchionne, che sarà illustrata dal successore Mike Manley.
New. Avvio positivo a Piazza Affari. Il titolo segna un rialzo dell'1,18 per cento a 16,36 euro, Ferrari a +2 per cento a 116,4 euro, Exor a +1,57 per cento a 55,64 euro e Cnh a +1,5 per cento a 8,8 euro.
Punto sui mercati. La prima reazione dei mercati era attesa, ma solo in parte. Le dimissioni di Alfredo Altavilla hanno segnato lo spartiacque tra l'era di Sergio Marchionne e quella di Mike Manley. È finita la pax marchionniana e la leadership di Manley è tutta da scoprire. Domani il nuovo ad presenterà i risultati consolidati del secondo trimestre. Le deleghe di Altavilla - quelle sul mercato europeo - sono ora nelle sue mani, mentre le attività di Business Development a livello globale saranno riorganizzate a riporto di Richard Palmer, il direttore finanziario del Gruppo. Come reagiranno oggi i mercati? Attendiamo le aperture.
New. Wall Street. Il titolo Fiat Chrysler Automobiles ha perso nella seduta di ieri l'1.8 per cento. Ferrari si è fermata a quota - 2.5 per cento, Cnh Industrial ha lasciato sul terreno un - 1.6 per cento.
New (24 luglio) La borsa di Milano ha bruciato ieri 1,5 miliardi sui quattro titoli della galassia Fca, passando da circa 73,62 miliardi di venerdì sera a circa 72,09 miliardi di capitalizzazione ieri. La capitalizzazione di Fca è passata da 25,557 miliardi a 25,09 miliardi, cioè ha perso quasi mezzo miliardo. La capitalizzazione di Ferrari è passata da 22,53 miliardi a...
New. I titoli della Galassia Fca in Borsa continuano la corsa al rialzo di Fca in Borsa a Milano. Il titolo guadagna l'1,63 per cento a 16,43 euro. In positivo è tutta la anche Cnh (+2,24 per cento) ed Exor (+1,72 per cento), più debole Ferrari (+0,79 per cento). Domani Fca diffonderà i conti della trimestrale, l'ultima sotto la gestione di Marchionne, che sarà illustrata dal successore Mike Manley.
New. Avvio positivo a Piazza Affari. Il titolo segna un rialzo dell'1,18 per cento a 16,36 euro, Ferrari a +2 per cento a 116,4 euro, Exor a +1,57 per cento a 55,64 euro e Cnh a +1,5 per cento a 8,8 euro.
Punto sui mercati. La prima reazione dei mercati era attesa, ma solo in parte. Le dimissioni di Alfredo Altavilla hanno segnato lo spartiacque tra l'era di Sergio Marchionne e quella di Mike Manley. È finita la pax marchionniana e la leadership di Manley è tutta da scoprire. Domani il nuovo ad presenterà i risultati consolidati del secondo trimestre. Le deleghe di Altavilla - quelle sul mercato europeo - sono ora nelle sue mani, mentre le attività di Business Development a livello globale saranno riorganizzate a riporto di Richard Palmer, il direttore finanziario del Gruppo. Come reagiranno oggi i mercati? Attendiamo le aperture.
New. Wall Street. Il titolo Fiat Chrysler Automobiles ha perso nella seduta di ieri l'1.8 per cento. Ferrari si è fermata a quota - 2.5 per cento, Cnh Industrial ha lasciato sul terreno un - 1.6 per cento.
New (24 luglio) La borsa di Milano ha bruciato ieri 1,5 miliardi sui quattro titoli della galassia Fca, passando da circa 73,62 miliardi di venerdì sera a circa 72,09 miliardi di capitalizzazione ieri. La capitalizzazione di Fca è passata da 25,557 miliardi a 25,09 miliardi, cioè ha perso quasi mezzo miliardo. La capitalizzazione di Ferrari è passata da 22,53 miliardi a 22,04 miliardi: un calo di 4,9 miliardi. Cnh industrial è passata da 11,893 a 11,76 miliardi. Exor invece è scesa da 13,64 a 13,20 miliardi.
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Donald Trump ha chiamato John Elkann: addolorato per Marchionne, vicinanza alla famiglia.
Piazza Affari. Fca chiude a -1,5 per cento, a 16,17 euro. Deboli tutti i titoli del Gruppo: Cnh -1,7 per cento a 8,67 euro, Exor -3,25 per cento a 54,76 euro e Ferrari -4,88 per cento.
Wall Street. Ecco l'andamento dei titoli Ferrari e FCA:
Ferrari apre in calo a Wall Street. I titoli perdono il 4,64 per cento a 133,51 dollari.
Fca apre in calo a Wall Street, -3,16 per cento.
Altavilla se ne va. Primi scossoni nel gruppo FCA. Si è dimesso Alfredo Altavilla, responsabile dell'area Emea. Altavilla aspirava alla guida di FCA. La scelta di Mike Manley non gli è piaciuta.
New (23 luglio) Montezemolo: "Sergio Marchionne è uno dei più grandi manager internazionali. Abbiamo iniziato e proseguito insieme un lungo e proficuo pezzo di strada alla Fiat negli anni più drammatici con grande spirito di amicizia e collaborazione. Abbiamo avuto nel passato recente contrasti anche molto duri. Ma mai ho messo in discussione il coraggio, la capacità e la visione di Sergio, che hanno permesso salvataggio e rilancio del primo gruppo industriale italiano e contribuito a modernizzare le relazioni sindacali nel paese. Sono vicino alla sua famiglia".
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Condizioni irreversibili. Sergio Marchionne è ricoverato in terapia intensiva a Zurigo. Le sue condizioni sono irreversibili. Nessuna conferma dell'azienda. La notizia non viene confermata dall'azienda (Fonte Ansa).
La lettera di John Elkann ai dipendenti del Gruppo Fca, ecco il testo integrale:
Care colleghe, cari colleghi,
questa è senza dubbio la lettera più difficile che abbia mai scritto. È con profonda tristezza che vi devo dire che le condizioni del nostro Amministratore Delegato, Sergio Marchionne, che di recente si è sottoposto a un intervento chirurgico, sono purtroppo peggiorate nelle ultime ore e non gli permetteranno di rientrare in FCA. Negli ultimi 14 anni, prima in Fiat, poi in Chrysler e infine in FCA, Sergio è stato il miglior amministratore delegato che si potesse desiderare e, per me, un vero e proprio mentore, un collega e un caro amico. Ci siamo conosciuti in uno dei momenti più bui nella storia della Fiat ed è stato grazie al suo intelletto, alla sua perseveranza e alla sua leadership se siamo riusciti a salvare l’azienda.
Sergio ha anche realizzato un incredibile turnaround in Chrysler e, grazie al suo coraggio nel lavorare all’integrazione culturale tra le due aziende, ha posto le basi per un futuro migliore e più sicuro per noi tutti. Saremo eternamente grati a Sergio per i risultati che è riuscito a raggiungere e per aver reso possibile ciò che pareva impossibile. Ma come lui stesso ha detto più volte: "Il vero valore di un leader non si misura da quello che ha ottenuto durante la carriera ma da quello che ha dato. Non si misura dai risultati che raggiunge, ma da ciò che è in grado di lasciare dopo di sé".
Fin dal nostro primo incontro, quando parlammo della possibilità che prendesse le redini della Fiat, ciò che mi ha veramente colpito di lui, al di là delle capacità manageriali e di una intelligenza fuori dal comune, sono state le sue qualità umane. Qualità che gli ho visto negli occhi, nel modo di fare, nella capacità di capire le persone. Ci ha insegnato ad avere coraggio, a sfidare lo status quo, a rompere gli schemi e ad andare oltre a quello che già conosciamo.
Ci ha sempre spinti ad imparare, a crescere e a puntare in alto – spesso andando oltre i nostri stessi limiti – ed è sempre stato il primo a mettersi in gioco. L’eredità che ci lascia parla di ciò che è stato davvero importante per lui: la ricerca dell’eccellenza, l’idea che esiste sempre la possibilità di migliorare. I suoi insegnamenti, l’esortazione a non accettare mai nulla passivamente, a non essere soddisfatto della mera sufficienza sono ormai parte integrante della nostra cultura in FCA: una cultura che ci spinge ad alzare sempre l’asticella e a non accontentarci mai della mediocrità.
La definizione che Sergio ci ha dato della parola leader è valida oggi più che mai. Quello che conta davvero è il tipo di cultura che un leader lascia a chi viene dopo di lui. Il miglior modo per giudicarlo è attraverso ciò che l’organizzazione fa dopo di lui. Questo è solo uno dei tanti esempi di quanto Sergio fosse un leader vero e molto raro. Già anni fa, abbiamo iniziato a lavorare ad un piano di successione che avrebbe garantito continuità e preservato quella cultura unica che vive in FCA.
Potendo contare su un piano già definito, stiamo ora anticipando il processo e oggi il Consiglio di Amministrazione ha nominato Mike Manley nuovo Amministratore Delegato di FCA. Mike è stato uno dei principali protagonisti del successo di FCA e ha già al suo attivo una lunga lista di successi e obiettivi raggiunti. Sotto la sua guida, il marchio Jeep ha vissuto un periodo di profonda trasformazione che ha portato a una crescita senza precedenti, da poche centinaia di migliaia di unità all’anno a diversi anni di vendite record, gli ultimi quattro dei quali superando il milione di veicoli venduti. Jeep è così diventato non solo uno dei marchi con il più alto tasso di crescita al mondo ma anche il più redditizio del Gruppo. Negli anni, Mike ha ricoperto ruoli di crescente responsabilità e ha maturato una vasta esperienza gestionale in tutte le nostre regioni, raggiungendo risultati importanti in ognuna delle posizioni ricoperte e dimostrando sempre una grande determinazione nel conseguimento dei suoi obiettivi.
Sono certo che tutti voi fornirete il massimo supporto a Mike, lavorando con lui e con il team di leadership al raggiungimento degli obiettivi del piano industriale 2018-2022 con lo stesso impegno e la stessa integrità che ci hanno guidato fino ad ora.
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New. (22 luglio). John Elkann scrive ai dipendenti. "Saremo eternamente grati a Sergio per i risultati che è riuscito a raggiungere e per avere reso possibile ciò che pareva impossibile. Ci ha insegnato ad avere coraggio, a sfidare lo status quo, a rompere gli schemi e ad andare oltre a quello che già conosciamo. Sono certo che tutti voi fornirete il massimo supporto a Mike, lavorando con lui e con il team di leadership al raggiungimento degli obiettivi del piano industriale 2018-2022 con lo stesso impegno e la stessa integrità che ci hanno guidato finora".
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Cnh Industrial. Ecco il comunicato ufficiale:
Il Consiglio di Amministrazione di CNH Industrial si è riunito oggi ed ha preso atto con profondo rammarico che il Presidente Sergio Marchionne non potrà tornare all’attività lavorativa. Il Consiglio ha quindi affidato la presidenza della Società a Suzanne Heywood. Il Consiglio continuerà a lavorare al processo di selezione del CEO già in atto. Nel frattempo Derek Neilson proseguirà l’incarico di CEO ad interim della società, assicurando continuità operativa. Inoltre, il Consiglio desidera sottolineare la leadership e l’impegno straordinari che Sergio Marchionne ha dedicato all’Azienda. I loro pensieri vanno a lui e alla sua famiglia.
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BREAKING. Una donna sarà a capo di Cnh Industrial, Suzanne Heywood.
BREAKING. Louis Carey Camilleri è il nuovo amministratore delegato della Ferrari, John Elkann è presidente.
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John Elkann. Ecco La dichiarazione:
Sono profondamente addolorato per le condizioni di Sergio. Si tratta di una situazione impensabile fino a poche ore fa, che lascia a tutti quanti un senso di ingiustizia. Il mio primo pensiero va a Sergio e alla sua famiglia. Quello che mi ha colpito di Sergio fin dall’inizio, quando ci incontrammo per parlare della possibilità che venisse a lavorare per il Gruppo, più ancora delle sue capacità manageriali e di una intelligenza fuori dal comune, furono le sue qualità umane, la sua generosità e il suo modo di capire le persone. Negli ultimi 14 anni, abbiamo vissuto insieme successi e difficoltà, crisi interne ed esterne, ma anche momenti unici e irripetibili, sia dal punto di vista personale che professionale. Per tanti Sergio è stato un leader illuminato, un punto di riferimento ineguagliabile. Per me è stato una persona con cui confrontarsi e di cui fidarsi, un mentore e soprattutto un amico. Ci ha insegnato a pensare diversamente e ad avere il coraggio di cambiare, spesso anche in modo non convenzionale, agendo sempre con senso di responsabilità per le aziende e per le persone che ci lavorano. Ci ha insegnato che l’unica domanda che vale davvero la pensa farsi, alla fine di ogni giornata, è se siamo stati in grado di cambiare qualcosa in meglio, se siamo stati capaci di fare una differenza. E Sergio ha sempre fatto la differenza, dovunque si sia trovato a lavorare e nella vita di così tante persone. Oggi, quella differenza continua a farla la cultura che ha introdotto in tutte le aziende che ha gestito e ne è diventata parte integrante. Le transizioni che abbiamo appena annunciato, anche se dal punto di vista personale non saranno prive di dolore, ci permettono di garantire alle nostre aziende la massima continuità possibile e preservarne la cultura. Per me è stato un privilegio poter avere Sergio al mio fianco per tutti questi anni. Chiedo a tutti di comprendere l’attuale situazione, rispettando la privacy di Sergio e delle persone che gli sono più vicine.
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Gruppo FCA. Ecco il comunicato ufficiale:
In riferimento alle condizioni di salute di Sergio Marchionne, Fiat Chrysler Automobiles N.V. comunica con profonda tristezza che in settimana sono sopraggiunte complicazioni inattese durante la convalescenza post-operatoria del Dr. Marchionne, aggravatesi ulteriormente nelle ultime ore. Per questi motivi il Dr. Marchionne non potrà riprendere la sua attività lavorativa. Il Consiglio di Amministrazione di Fiat Chrysler Automobiles, riunitosi in data odierna, ha espresso innanzitutto la sua vicinanza a Sergio Marchionne e alla sua famiglia sottolineando lo straordinario contributo umano e professionale che ha dato alla Società in questi anni. Il Consiglio ha deciso di accelerare il processo di transizione per la carica di CEO in atto ormai da mesi e ha nominato Mike Manley Amministratore Delegato. Il Consiglio proporrà quindi alla prossima Assemblea degli Azionisti, che sarà convocata nei prossimi giorni, che Manley sia eletto nel Consiglio in qualità di amministratore esecutivo della Società. Nel frattempo, al fine di garantire pieni poteri e continuità all’operatività aziendale, Manley ha ricevuto dal Consiglio stesso le deleghe ad operare immediatamente come CEO. Manley assumerà anche la responsabilità dell’Area Nafta. Manley e la squadra di management lavoreranno alla realizzazione del piano di sviluppo 2018- 2022 presentato a Balocco il 1 giugno scorso, che assicurerà a Fiat Chrysler Automobiles un futuro sempre più forte e indipendente.
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BREAKING. John Elkann. "Per tanti Sergio è stato un leader illuminato, un punto di riferimento ineguagliabile. Per me è stato una persona con cui confrontarsi e di cui fidarsi, un mentore e soprattutto un amico". Lo afferma John Elkann presidente di Fca. "Sono profondamente addolorato per le condizioni di Sergio. Si tratta di una situazione impensabile fino a poche ore fa, che lascia a tutti quanti un senso di ingiustizia. Il mio primo pensiero va a Sergio e alla sua famiglia", aggiunge Elkann.
BREAKING. FCA: Sergio Marchionne "non potrà riprendere la sua attività lavorativa". Le condizioni di Marchionne dopo l'intervento chirurgico sono peggiorate per "complicazioni inattese durante la convalescenza".
BREAKING. Mike Manley, responsabile del marchio Jeep, è il nuovo amministratore delegato di Fca. Il gruppo ha mantenuto la linea della scelta interna. Ecco la biografia di Manley:
Michael Manley ha 52, è nato a Edenbridge, in Gran Bretagna. Era responsabile dei marchi Ram e Jeep. Fa parte del consiglio di amministrazione di Fca dal giugno 2014. Inoltre dal settembre 2011 Manley è membro del Group Executive Council (GEC) di Fiat Chrysler Automobiles N.V. Il GEC è l'organo decisionale di più alto livello manageriale all'interno dell'organizzazione Fca ed è guidato dall'Amministratore delegato.
Manley è stato direttore operativo per l'area Asia-Pacifico. Nel giugno 2009 è stato nominato Presidente e Ceo di Jeep Brand. In precedenza, è stato anche responsabile delle operazioni internazionali, dove è stato il manager che ha attuato gli accordi di cooperazione per la distribuzione dei prodotti Fca - Nord America attraverso la rete di distribuzione internazionale di Fca.
Manley è entrato in azienda nel 2000 come Direttore dello Sviluppo della Rete, DaimlerChrysler United Kingdom, Ltd., portando con sé una vasta esperienza nel settore automobilistico internazionale a livello di distributori. Il suo lavoro e la sua formazione accademica includono:
2017 - Attuale, responsabile dei marchi Jeep & Ram
2015 - Attuale, responsabile del marchio Ram
2015 - Attuale, responsabile Ram Brand, GEC, Fiat Chrysler Automobiles N.V. (FCA)
2014 - Attuale, Consigliere di Amministrazione
2009 - Responsabile per le Operazioni Internazionali, FCA - Nord America
2008 - Executive Vice President - Vendite internazionali e operazioni di pianificazione globale di prodotto, Chrysler
2007 - Executive Vice President - Vendite Internazionali, Marketing e Business Development
2006 - Vice Presidente - Strategia di vendita e attività dei concessionari, Chrysler LLC, DaimlerChrysler
2003 - Vicepresidente - Operazioni con i concessionari
2000 - Direttore Sviluppo Rete, DaimlerChrysler Regno Unito, Ltd.
2000 - Direttore operativo - Mercedes Benz Direct
1998 - Direttore Operations - Lex Auto Sales, RAC, Plc., Londra, Inghilterra
1997 - Direttore Generale - Wadham Kenning, Southampton, Inghilterra
1992 - Direttore Vendite e Marketing - Lex Vauxhall, Portsmouth, Inghilterra
1989 - Direttore Generale - Olympian Renault, Bournemouth, Inghilterra
1987 - Aftersales Manager - Swan National Motors, Aberdeen, Inghilterra
1986 - Laurea in Management Tirocinante, Industria automobilistica - Swan National Motors, Aberdeen, Inghilterra-
Manley ha conseguito un Master of Business Administration presso l'Ashridge Management College (1998) Inghilterra, e un Bachelor of Science in Engineering presso la Southbank University (1985) di Londra, Inghilterra. Una vita nel mondo dell'automobile, il responsabile del marchio più importante, più globalizzaato e ad alto valore aggiunto del Gruppo Fca.
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La notizia della sostituzione di Marchionne è stata pubblicata dal sito specializzato Automotive News, solitamente ben informato: i consigli d'amministrazione di Fca, Ferrari e Cnh industrial sono stati convocati d'urgenza per esaminare il nodo della successione all'amministratore delegato Sergio Marchionne, visto il prolungarsi della degenza per l'intervento chirurgico subito a fine giugno. Dal gruppo FCA rispondono: "No comment". Secondo Automotive News ci sarebbe già il nome del successore alla guida della Ferrari, il consigliere d'amministrazione Louis Carey Camilleri, già presidente di Philip Morris International.
Il numero uno di FCA non appare in pubblico dal 26 giugno, giorno della cerimonia di consegna della Jeep Wrangler ai Carabinieri. Una sua partenza anticipata dal gruppo FCA per il mercato è un imprevisto, l'addio infatti era programmato per l'anno prossimo, nell'assemblea di Amsterdam che approverà i conti del 2018. . Marchionne è arrivato a Torino nel 2004. Quattro sono i nomi interni accreditati per la successione: Alfredo Altavilla, responsabile Emea del gruppo, Richard Palmer, direttore finanziario, Mike Manley, responsabile del marchio Jeep e Pietro Gorlier, ad di Magneti Marelli. Negli ultimi giorni è stato ipotizzato l'arrivo di Vittorio Colao, per dieci anni alla guida di Vodafone. Marchionne, classe 1952, ha presentato il primo giugno il nuovo piano Fca per il periodo 2018-2022.
La successione? Non esiste, perché dopo Marchionne quello di FCA sarà un altro mondo. Chi è Sergio Marchionne? Pubblichiamo uno stralcio del libro di Mario Sechi "Tutte le volte che ce l'abbiamo fatta" (Mondadori). Quello che segue è il capitolo dedicato alla figura di Marchionne. Buona lettura.
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Imported from Chieti
Sergio Marchionne il 26 giugno scorso, nella sede del Comando generale dei Carabinieri, insieme a Giovanni Nistri, Comandante Generale dei Carabinieri (Foto Ansa).Metterlo tra gli irregolari è troppo facile, giudicarlo americano è una corbelleria, l’ideale è non classificarlo e provare a raccontarlo. Sergio Marchionne è un personaggio balzachiano, un lampo tra gli «impiegati» del capitalismo, un miscuglio strano di economia, politica, irruenza, caratteraccio, malinconia, discorsoni, silenzi, numeri, filosofia. Di tutte le cose che è Marchionne, è quest’ultima che intriga davvero: la sua laurea in filosofia (che si aggiunge alla laurea in legge e al Master in Business Administration). In Italia un tale che di professione fa il martire-milionario televisivo trovò la cosa del tutto inadeguata per un manager e degna d’esser irrisa. Errore. In realtà qui sta la differenza tra Marchionne e gli altri: l’obiettivo aziendale non è solo il numero in fondo a destra del conto profitti e perdite; lui pensa all’impresa come narrazione, storia, romanzo epico, cosa in sé che ha un suo inesorabile destino nell’Essere nel mondo.
Messa così la faccenda, Marchionne ha il marchio di fabbrica di quello che divide: si ama o si odia. Niente vie di mezzo. E infatti siamo in presenza di un caso unico: candidato a essere un Eroe dei due mondi, l’ingegnere nato a Chieti il 17 giugno 1952 dal matrimonio tra il c arabiniere Cosimo Concezio e la signora Maria, è diventato un salvatore in America e un Nemico del Popolo in Italia. Obama lo chiama per nome e lo ringrazia: «Thank you, Sergio». In Italia il Palazzo passa dall’insulto al timido supporto, mai troppo convinto perché Marchionne è per l’oggi e per il domani un carattere scomodo, spigoloso, uno che scartavetra la sua verità in faccia all’interlocutore, chiunque egli sia.
Quando sul mio schermo in redazione «flesciano» i lanci d’agenzia di stampa con tre stellette e si tratta di Marchionne, è certo che non è mai aria fritta. Realtà scompaginata, impaginato assicurato, foto, titolo, visto si stampi e si dia il via al Gran Premio RissItalia nel nome della classe operaia, del colletto bianco, del manager perfetto, dell’affamatore di tute blu, della fiommizzazione, del social molto casual e poco factual, del dibattito in chiave inglese. La rimozione del Fordismo e la creazione del Marchionnismo da parte degli intellò al ragù, bisognosi di un Avversario su cui sparare palle di carta, ha una ragione asociale precisa: l’Amerika.
Per capire chi è Marchionne, bisogna guardare con attenzione lo spot pubblicitario che Chrysler sfornò in occasione della quarantacinquesima edizione del Super Bowl 2011, la finale del campionato della National Football League. Due minuti. Record di durata nella storia dell’evento più visto della televisione americana. Centoventi secondi. La narrazione di una storia di riscatto, tradizione, orgoglio, creatività, industria pesante, patria e forza. Accendiamo lo schermo. Comincia lo spettacolo. Chrysler metafora di Marchionne.
Un’auto passa sotto un ponte. Il cielo è grigio. Scenario da città industriale. Ciminiere. Colonne di fumo. Gru. Primissimo piano su un cartello stradale: «North Detroit». Musica. È Lose yourself, Eminem. Voce fuori campo. Una bandiera americana. Statue di bronzo. Un pugno chiuso. Ecco la voce narrante:
Ho una domanda per voi: che cosa ne sa questa città del lusso? Che cosa ne sa una città che è stata all’inferno e ne è tornata, delle cose più belle della vita? Ve lo dirò io: ne sa molto di più di ciò che pensate. Vedete, è dal fuoco più caldo che si ottiene l’acciaio più resistente. Aggiungete poi duro lavoro e convinzione e l’abilità, la capacità lavorativa che «manda avanti» le generazioni, profonda in ognuno di noi. Questo è ciò che siamo, questa è la nostra storia, che probabilmente non è quella che avete letto nei giornali, quella scritta da gente che non ci è nemmeno stata qui, che non sa ciò di cui siamo capaci, perché quando si tratta di lusso è importante sapere da dove viene così come per chi è. Ora noi veniamo dall’America, ma questa non è New York City, o la città ventosa o la città del peccato e certamente non siamo la città di smeraldo di nessuno. Questa è la città dei motori e questo è ciò che facciamo.
La voce sfuma. Nero. Slogan: «La nuova Chrysler 200 è arrivata. Imported from Detroit».
Il rilancio di Chrysler, simbolo dell’industria americana, trova sangue e battito grazie a un cuore italiano che pompa i valori degli Stati Uniti. Detroit centro del mondo. Non New York, la grande Mela; non Chicago, «la città ventosa»; non Las Vegas, «la città del peccato»; e non «la città di smeraldo», splendida citazione dal romanzo "Il meraviglioso mago di Oz", i cui significati affondano in un’altra crisi americana, quella della deflazione e del crollo dei prezzi alla fine dell’Ottocento. Non so con quanta consapevolezza, ma il riferimento al romanzo per bambini più amato d’America è un sottile e tagliente scavo nel Dna e nell’inconscio di una nazione. Il capolavoro di Lyman Frank Baum è un’allegoria monetaria, come ha spiegato Hugh Rockoff in uno studio del 1990 pubblicato dal «Journal of Political Economy». "Il meraviglioso mago di Oz" è la risposta al panico che nasce dal salto iperbolico della disoccupazione che dal 3 per cento del 1892 passa al 18,4 per cento del 1894, con la deflazione che fa crollare i prezzi del mercato agricolo, cuore dell’America di fine Ottocento.
Uno spot. Due minuti. Dietro la patina del lusso di Chrysler, l’eleganza delle svettanti forme Art Déco del Chriysler building, nelle parole e nelle citazioni emerge il corpo caldo e seducente dell’America profonda. La Motor City, Detroit, è un simbolo fumante d’acciaio che cola, colpisce e scolpisce l’immaginario come la balena di Melville, la sensualità da brivido di Poe, il West e la frontiera di Faulkner, fino ai cavalli selvaggi di Cormac McCarthy. Ecco perché Marchionne è un personaggio singolare, un contratto atipico nel mondo dell’industria e della finanza: perché nei suoi silenzi è racchiusa un’esperienza multiforme.
«Marchionne». I testimoni raccontano che Sergio chiamasse così il padre quando giocavano insieme al circolo dei carabinieri di Toronto. Papà Concezio decise nel 1966 di levare le tende dal Belpaese e raggiungere la sorella della moglie, Anna, nel quartiere di St Claire, a Toronto. La vita è un tiro di dadi, capita che nasci a Chieti, hai un’infanzia vicino alla Maiella, poi cresci sulle rive del lago Ontario, nelle foreste del comandante Mark, torni nel cuore delle Alpi, in Svizzera, a rifare aziende disfatte come letti stropicciati da notti di convulsioni senza amore, attraversi il confine, parli italiano, arroti un po’ la «erre», ti chiami Sergio Marchionne e ti danno da guidare la Fiat. Ma non ti basta e decidi che con quella macchinina «brum brum» vuoi tornare in America, cavalcare la crisi che si sta mangiando carrozzeria, ruote e pistoni della Motor City e far tua la bambola più bella. Nella testa di Marchionne ci sono un solo pensiero e un’azione conseguente, come in un noir di Horace McCoy: Strike the doll. Chrysler.
L’Amerikano, dunque. Ne siamo sicuri? A leggere bene la biografia, ci sono cose marchionniane che tornano e altre marchionnesche che non sono per niente vicine al mito del cowboy from Maiella Mountain. No, non ci si può credere alla sagoma costruita per fare il lancio di palle al Luna Park Italia. Ecco, tanto per cominciare Sergio cresce in Canada, non negli Stati Uniti. Ah, certo, sempre Nord America è. Sicuro. Ma passa la stessa differenza che misurate tra Milano e Venezia. E alla «Stampa» il Nostro conferma: «Ho avuto una formazione anglosassone e parlo inglese, ma mi sento italiano fino in fondo». E cos’altro potrebbe essere quell’uomo con il maglione blu? Sì, quello spettinato, proprio quello che sta stringendo la mano a Barack Obama in quel di Detroit? Un wasp prefabbricato dalla Yale University? No, è semplicemente un tipo strano che non si è trovato là per caso, un manager diverso Imported from Chieti.
Con quale idea in testa? Come nei film d’azione, le chiacchiere stanno a zero. Parlano i numeri. E i documenti. Centro Congressi del Lingotto, 4 aprile 2012. Assemblea degli azionisti Fiat. Intervento di Sergio Marchionne che illustra «il grande disegno d’integrazione tra Fiat e Chrysler, che ci sta portando alla creazione di una casa automobilistica globale». La relazione di Marchionne è un documento di enorme importanza che la classe dirigente italiana – ammesso che ve ne sia ancora una in grado di comprendere e agire – dovrebbe leggere e rileggere per agire bene. È un trattato di politica interna, mercato e globalizzazione. Descrive lo stato dell’arte nel nostro Paese, le dinamiche del mondo dei consumi e il futuro dell’industria. Marchionne in poche parole espone il suo «grande disegno», un’ambizione che nel Belpaese è considerata semplicemente, irrimediabilmente, inesorabilmente, mission impossible.
Il dibattito italiano su questo punto è più arido del deserto del Gobi. Pochi si sono resi conto di cosa sia accaduto realmente con il rovescio economico-finanziario cominciato nel 2008 con le insolvenze dei mutui subprime in America. Non si è aperta una normale e ciclica crisi economica, ma è cominciato un terremoto che sta spostando enormi masse di ricchezza da Occidente a Oriente e, prima di quanto si immagini, da Nord a Sud. È in corso una migrazione e trasformazione del capitalismo per opera della finanza, della velocità dei mercati e della globalizzazione. Un mondo di devastazione sicura per chi in Occidente resta immobile, ma anche di grandi opportunità per chi è rapido e intelligente. Distruzione/creazione e soprattutto fine della ricreazione per l’Europa.
Marchionne è uno di quelli che ha capito tutto e s’è tuffato in quel mare in tempesta con le fauci spalancate e lo sguardo lungo. Risultato: «Fiat e Chrysler insieme, nel 2011, hanno venduto più di quattro milioni di veicoli, diventando il settimo gruppo automobilistico mondiale. Oggi non siamo più un player marginale. Siamo diventati uno dei più forti e competitivi costruttori di auto, con un livello di tecnologia tra le più innovative e avanzate al mondo».
Il cuore pulsante della strategia non è solo l’integrazione del modello di produzione e di commercializzazione dei due marchi, ma il concetto di frazionamento del rischio, nella visione di un soggetto che si muove in mercato globale. Ecco come ragiona Marchionne: «Aver raggiunto un migliore equilibrio geografico ci ha permesso finalmente di porre rimedio all’eccessiva dipendenza della Fiat dal mercato europeo e ci rende, per questo, più solidi». Quel che è sconcertante è il livello di inconsapevolezza del Paese su questa trasformazione. Che cosa era la Fiat prima dell’arrivo di Marchionne? Lo facciamo dire a lui: «Fatturava 27 miliardi di euro, di cui oltre il 90 per cento in Europa. I dipendenti erano di poco superiori a 100 mila, di cui il 70 per cento in Europa e più della metà in Italia».
Un’azienda che era in profondo rosso. A livello operativo, le perdite, inclusi gli oneri atipici, erano di circa 1,3 miliardi di euro, tutte concentrate in Europa, con un sostanziale pareggio in America Latina. L’immagine del 2011, invece, parla di una Fiat che ha una presenza diversificata sui mercati del mondo. Il fatturato, se consideriamo Chrysler per dodici mesi, è salito a quasi 75 miliardi di euro. I dipendenti nel mondo sono 197 mila, di cui circa il 44 per cento in Europa, un terzo nell’area Nafta (dal nome dell’accordo di libero scambio nordamericano «North American Free Trade Agreement» del 1992) e quasi un quarto in America Latina. Oggi la Fiat è capace di generare significativi profitti operativi nonostante le perdite collegate ai marchi generalisti in Europa. Perdite che, peraltro, sono state più che dimezzate rispetto al 2004 e sono più che compensate da forti utili in America Latina e in Nord America. «Oggi la Fiat è un’azienda globale che macina profitti.» Se consideriamo che il consolidamento e l’integrazione con Chrysler sono ancora in corso, siamo di fronte alla più grande operazione industriale della storia del Paese, firmata da un italiano che in Patria non è compreso.
Lasciamo stare l’aneddotica costruita in questi anni. Badiamo al sodo e al soldo. Il marchionnismo è lontano anni luce dal marpionismo di gran parte dei cosiddetti capitani d’industria italiani. Imported from Chieti, forse un po’ Amerikano e magari brusco e non a suo agio nel Palazzo, ma di sicuro intelligente, svelto e deciso: via da Confindustria. Immaginate un po’ il significato di quella scelta. Mentre il governo, i sindacati, le cosiddette «parti sociali» parlavano, danzavano minuetti, insomma tiravano e mollavano sul bollito rito della concertazione, Marchionne in un paio di secondi sconcertava tutti: la Fiat fuori dall’associazione degli industriali. La vera rupture per l’Italia consociativa, associativa ma dissociata dalla realtà. Perché l’ha fatto? Un po’ per il sublime piacere di épater le bourgeois, ma soprattutto per una ragione che è nero su bianco, scritta nei documenti che costituiscono l’unica vera bussola del nostro viaggio. Parola chiave del passaggio: libertà. Ecco come la racconta Marchionne agli azionisti:
Abbiamo ... deciso di uscire da Confindustria per ottenere la necessaria libertà contrattuale di trattare direttamente con i sindacati e concordare insieme una serie di condizioni che ci permettano di ricomporre la capacità di competere dell’industria dell’auto italiana. Alla fine dell’anno, infatti, è stato siglato il nuovo Contratto Collettivo Specifico di Lavoro per tutti i dipendenti di Fiat e Fiat Industrial in Italia, che segna un significativo miglioramento per tutti. Si tratta di uno strumento moderno, in grado di assicurare la flessibilità e la governabilità degli stabilimenti necessarie per competere sui mercati mondiali. Inoltre, garantisce ai nostri lavoratori di mantenere inalterati tutti i diritti acquisiti e permette loro di beneficiare di evidenti vantaggi economici, legati all’aumento di produttività e a una maggiore flessibilità del lavoro straordinario.
Con buona pace della riforma del Lavoro, dell’articolo 18, della Cgil, della Fiom, della Cisl, della Uil e compagni e politici di destra, di centro, di sinistra, Marchionne con un colpo secco e una decisione storica, rivoluziona le relazioni industriali italiane, compie in solitudine una riforma vera e fa suo il ritornello di Rino Gaetano in Nuntereggae più:
I ministri puliti, i buffoni di corte / ladri di polli / super pensioni / ladri di Stato e stupratori / il grasso ventre dei commendatori / diete politicizzate / evasori legalizzati / auto blu / sangue blu / cieli blu / amore blu / rock and blues / nuntereggaepiù / Eya alalà / pci psi / dc dc / pci psi pli pri / dc dc dc dc / Cazzaniga / avvocato Agnelli Umberto Agnelli / Susanna Agnelli Monti Pirelli....
Dicono che a Marchionne in realtà piacesse il canto di De André, ma la carica dirompente di Rino Gaetano dà il colore giusto al contesto e soprattutto alla rottura di testa che ha provocato il numero uno di Fiat nell’ingessatissimo salotto del capitalismo alle vongole. Se Berlusconi è stato il benzene del carattere italiano nel pro e nell’anti, Marchionne è il Tnt piazzato dalla Storia sul sistema industriale del Paese. Mentre il Paese si perde in un dibattitone che è la solita rissa parolaia senza esito finale, qualcosa accade a Rimini il 26 agosto 2010.
Che non sarà un giorno qualunque lo si capisce subito. Sergio Marchionne sale sul palco del Meeting di Comunione e Liberazione. Spettinato in testa e shakerato dentro, camicia blu, le maniche arrotolate, l’orologio slacciato dal polso, sul tavolo, pronto a scandire i tempi di scoppio di un motore senza cilindri e con molti neuroni. Marchionne non delude la sua fama e sciorina il suo «parlare in modo chiaro e diretto». Un uppercut alla classe dirigente del Paese sferrato dal suo inizio di self made man:
Sono nato in Abruzzo, a Chieti, a circa duecentocinquanta chilometri da qui, ma, per ragioni familiari e per motivi di lavoro, ho vissuto all’estero la maggior parte dei miei anni. Ho dovuto abituarmi presto a cambiare casa, abitudini, amici. Avevo quattordici anni quando la mia famiglia si è trasferita in Canada. Vi confesso che non è stato facile. Non è mai facile iniziare tutto da capo, in una terra sconosciuta e in una lingua straniera, imparare a gestire la solitudine di alcuni momenti. Non è facile lasciare le certezze del tuo mondo abituale per le incertezze di un mondo nuovo. Aveva ragione Cesare Pavese quando disse che: “Viaggiare è una brutalità. Obbliga ad avere fiducia negli stranieri e a perdere di vista il comfort familiare della casa e degli amici. Ci si sente costantemente fuori equilibrio. Nulla è vostro, tranne le cose essenziali – l’aria, il sonno, i sogni, il mare, il cielo. Tutte le cose tendono verso l’eterno o ciò che possiamo immaginare di esso”.
Pavese. Campagna e città, gli stessi luoghi di un Marchionne che, intrecciando parole, fatti e simboli, fa rimbalzare la sua biografia. Le Langhe e Torino, il centro della vita di Pavese, l’epicentro del sisma Marchionne nel mondo industriale del Belpaese. Torino, cuore e mente del Gruppo Fiat. Torino, l’amante più vicina a Pavese che mai l’avrebbe scambiata per un’Arcadia. Un amore scolpito così nelle parole dello scrittore:
Ora io non so se sia l’influenza di Walt Whitman, ma darei ventisette campagne per una città come Torino. La campagna sarà buona per un riposo momentaneo dello spirito, buona per il paesaggio, vederlo e scappar via rapido in un treno elettrico, ma la vita, la vita vera moderna, come la sogno e la temo io, è una grande città, piena di frastuono, di fabbriche, di palazzi enormi, di folle e di belle donne (ma tanto non le so avvicinare).
Il viaggio di Marchionne nella contemporaneità è fatto di mondi lontanissimi dalla liturgia italiana, dalla ridondanza della «concertazione» che sconcerta l’uomo che ha calpestato il suolo di tre nazioni (Canada, Francia e Svizzera) per tornare a «casa», dove si hanno le radici. Ma nella storia di Marchionne vi è un retrogusto amaro nell’apprendere ogni volta la lezione del nemo propheta in patria, perché Marchionne, a Rimini, confessa:
A volte ho l’impressione che gli sforzi che la Fiat sta facendo per rafforzare la presenza industriale in Italia non vengano compresi oppure non siano apprezzati intenzionalmente. La verità è che la Fiat è l’unica azienda disposta a investire 20 miliardi di euro in Italia, l’unica disposta a intervenire sulle debolezze di un sistema produttivo per trasformarlo in qualcosa che non abbia sempre bisogno di interventi d’emergenza. Qualcosa che sia solido e duraturo, da cui partire per immaginare il futuro. La verità è che questo sforzo viene visto da alcuni con la lente deformata del conflitto. Non siamo più negli anni Sessanta. Non è possibile gettare le basi del domani continuando a pensare che ci sia una lotta tra “capitale” e “lavoro”, tra “padroni” e “operai”. Se l’Italia non riesce ad abbandonare questo modello di pensiero non risolveremo mai niente. Erigere barricate all’interno del nostro sistema alimenta solo una guerra in famiglia. L’unica vera sfida è quella che ci vede di fronte al resto del mondo. Quello di cui ora c’è bisogno è un grande sforzo collettivo, una specie di patto sociale per condividere gli impegni, le responsabilità e i sacrifici e per dare al Paese la possibilità di andare avanti. Questo è il momento di accettare il cambiamento come la possibilità per creare una base di ripartenza sana, come un’occasione per iniziare a costruire insieme il Paese che vogliamo lasciare in eredità alle prossime generazioni. Tutti noi esaltiamo il cambiamento come uno straordinario motore di progresso, come la più grande fonte di opportunità. Troppo spesso, però, l’elogio del cambiamento si ferma sulla soglia di casa. Va bene finché non ci riguarda. Siamo liberi di scegliere qual è il tipo di cambiamento che vogliamo: il nostro o quello degli altri. Nel farlo, dobbiamo essere consapevoli che il primo richiede energia, coraggio e determinazione nel costruire il nostro destino. L’altro, invece, ci condanna al ruolo di spettatori e potenziali vittime del processo. La Fiat – quella che è uscita con le proprie forze da una situazione che nel 2004 sembrava a fondo cieco; la stessa che oggi sta cercando nuove strade per diventare uno dei più grandi costruttori di auto al mondo – ha fatto la propria scelta. Ha deciso di stare al passo con la realtà.
È l’autobiografia di una nazione incapace di accettare la sfida: ripiegata su se stessa, una figura immobile sulla spiaggia che guarda lo tsunami in arrivo, ha la possibilità di spiccare il volo e salvarsi, non fa niente per evitarlo e fa di tutto per impiombarsi le ali. Come nel caso della sentenza che obbligava la Fiat ad assumere centoquarantacinque operai della Fiom a Pomigliano, solo e soltanto della Fiom, perché secondo il tribunale il gruppo torinese aveva discriminato gli iscritti alla sigla sindacale. Reazione marchionnesca: «Un evento unico che interessa un particolare paese che ha regole particolari che sono folcloristicamente locali». Folclore. E anche qualcosa in più. Applicazione da Azzeccagarbugli di regole affonda-aziende in un Paese che ha bisogno di mantenerle. Nelle parole di Marchionne la sinistra fiommizzata aveva letto «il disprezzo e l’insulto». No, in realtà emergeva l’amarezza dell’incompreso, il sussulto d’orgoglio e la rabbia di chi ha fatto l’impresa e non gli è stata riconosciuta dal suo Paese perché «essere liberi vuol anche dire trovare il coraggio di abbandonare i modelli del passato, le vecchie abitudini e le dipendenze. Le strade comode e rassicuranti non portano da nessuna parte e di sicuro non aiutano a crescere. Fanno solo perdere il senso del viaggio».
Marchionne continua il suo viaggio. Dentro di sé porta il Mago di Oz, Pavese e poi Hegel e Machiavelli. Il filosofo tedesco è quello che gli rammenta ogni giorno che «nel mondo nulla di grande è stato fatto senza passione», mentre lo scrittore fiorentino è quello che mezzo secolo fa ricordava la responsabilità dell’uomo per l’uomo, di se stessi verso gli altri, dell’opera propria come costruzione dell’Esempio, la parabola che è un memento per ciascun italiano che percorre la strada della vita: «Il ritorno al principio è spesso determinato dalla semplice virtù di un uomo. Il suo esempio ha una tale influenza che gli uomini buoni desiderano imitarlo e quelli cattivi si vergognano di condurre una vita contraria al suo esempio». La virtù di Marchionne, imported from Chieti.
***
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8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.