13 Agosto
Giocano a battaglia navale
Tensione tra Erdogan e Macron sul Mediterraneo Orientale, la Francia rafforza la sua presenza con due navi da guerra e aerei da caccia. Parigi si schiera con la Grecia nella disputa sulle acque intorno a Cipro. In gioco energia e influenza in Medio Oriente. America 2020, la tigre e il leone. Italia, la sfrenata corsa del paese a debito
Che succede? La Francia ha annunciato oggi che ha rinforzato la sua presenza nel Mediterraneo orientale con due jet da combattimento Rafale e due navi da guerra, la nave anfibia e portaelicotteri Tonnerre e la fregata Lafayette. Eccole qua:
Parigi si schiera con la Grecia e invita la Turchia a fermare l'esplorazione di petrolio e gas nelle acque contese. Il primo ministro della Grecia, Kyriakos Mitsokatis, ha ringraziato. Atene dice che la zona marittima appartiene alla sua piattaforma continentale e ha richiesto il ritiro delle navi turche. Provate a immaginare l'impennata dei baffi di Erdogan a una simile richiesta. Toh, una battaglia navale in casa, in agosto, chi l'avrebbe detto.
Nelle acque intorno a Cipro siamo arrivati a un punto delicato. Qualche settimana fa Macron aveva chiesto sanzioni europee contro la Turchia per "violazioni" della sovranità della Grecia e di Cipro. Risposta di Erdogan? Tira dritto, dunque "le sue attività di esplorazione del Mediterraneo Orientale proseguiranno fino a fine agosto" e "abbiamo visto i passi sbagliati compiuti dalla Grecia. Ognuno si guardi allo specchio, invece di cercare di fare uno show. Abbiamo invitato più volte la Grecia a sedersi al tavolo e risolvere con la diplomazia e sottolineo che è la Grecia che ha fatto aumentare la tensione nell'area".
Erdogan è un tipo che se la lega al dito e ribadisce che "la nave da ricera Oruc Reis continuerà a trivellare fino al 23 agosto. Abbiamo pubblicato i bandi per le nuove licenze e sono visibili a tutti. Purtroppo la Grecia ha avuto un atteggiamento malevolo. Non è immaginabile reclamare la propria piattaforma continentale per la presenza dell'isola di Meis (Castellorizo, l'isola dove fu girato il film Mediterraneo, di Gabriele Salvatores, ndr), lontana 580 chilometri dalla Grecia e 2 chilometri dalla Turchia". Marcata la distanza, Erdogan lascia aperta la porta...
Che succede? La Francia ha annunciato oggi che ha rinforzato la sua presenza nel Mediterraneo orientale con due jet da combattimento Rafale e due navi da guerra, la nave anfibia e portaelicotteri Tonnerre e la fregata Lafayette. Eccole qua:
Parigi si schiera con la Grecia e invita la Turchia a fermare l'esplorazione di petrolio e gas nelle acque contese. Il primo ministro della Grecia, Kyriakos Mitsokatis, ha ringraziato. Atene dice che la zona marittima appartiene alla sua piattaforma continentale e ha richiesto il ritiro delle navi turche. Provate a immaginare l'impennata dei baffi di Erdogan a una simile richiesta. Toh, una battaglia navale in casa, in agosto, chi l'avrebbe detto.
Nelle acque intorno a Cipro siamo arrivati a un punto delicato. Qualche settimana fa Macron aveva chiesto sanzioni europee contro la Turchia per "violazioni" della sovranità della Grecia e di Cipro. Risposta di Erdogan? Tira dritto, dunque "le sue attività di esplorazione del Mediterraneo Orientale proseguiranno fino a fine agosto" e "abbiamo visto i passi sbagliati compiuti dalla Grecia. Ognuno si guardi allo specchio, invece di cercare di fare uno show. Abbiamo invitato più volte la Grecia a sedersi al tavolo e risolvere con la diplomazia e sottolineo che è la Grecia che ha fatto aumentare la tensione nell'area".
Erdogan è un tipo che se la lega al dito e ribadisce che "la nave da ricera Oruc Reis continuerà a trivellare fino al 23 agosto. Abbiamo pubblicato i bandi per le nuove licenze e sono visibili a tutti. Purtroppo la Grecia ha avuto un atteggiamento malevolo. Non è immaginabile reclamare la propria piattaforma continentale per la presenza dell'isola di Meis (Castellorizo, l'isola dove fu girato il film Mediterraneo, di Gabriele Salvatores, ndr), lontana 580 chilometri dalla Grecia e 2 chilometri dalla Turchia". Marcata la distanza, Erdogan lascia aperta la porta del dialogo, alla sua maniera e alle sue condizioni, sia chiaro: "La soluzione deve essere politica e intelligente. Non siamo alla ricerca di avventure, né vogliamo far aumentare la tensione. Abbiamo visto gli attacchi subiti dai turchi in Tracia. Mi rivolgo all'Ue, vogliamo giustizia e vogliamo che i nostri diritti siano rispettati". E la Francia? Senza mai nominarla, Parigi ne ha disegnato i confini (che non ha) parlando di un "paese che non ha costa nel Mediterraneo orientale" e invitandolo "a non credersi più grande di quello che è". Micidiale. Bene, ma se è colpa di Atene come dice Erdogan, allora che succede? Che tocca alla Germania, alla presidenza del semestre dell'Unione europea, provare a fare da mediatore tra Parigi, Atene e Ankara, mica facile, mettere d'accordo Macron e Erdogan. Ormai i due si accusano di tutto: così la Francia chiede spiegazioni su un raid turco in Iraq (due ufficiali iracheni morti) e Erdogan dice che il viaggio di Macron a Beirut è "uno spettacolo" che ha l'obiettivo di "ristabilire l'ordine coloniale". La cancelliera Merkel la telefonata al leader turco l'ha fatta, il risultato per ora non si vede. In mare ci sono i cannoni della navi da guerra.
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La corsa per la Casa Bianca è il fatto più interessante in corso d'opera, quello per cui vale la pena star svegli fino a notte inoltrata, quasi a sfiorare l'alba. Ieri c'è stato l'esordio ufficiale di Kamala Harris nel ticket con Biden, abbiamo avuto la conferma della vice al comando. La sfida non è tra l'ex vicepresidente e Trump, ma tra Harris e il presidente in carica. Lei è una tigre, lui un leone. Attenzione all'economia, le iscrizioni per ricevere il sussidio di disoccupazione nello scorso fine settimana sono scese per la prima volta dallo scoppio della pandemia sotto il milione di unità, 963 mila. È il numero temuto dai dem, il favorito è Biden, ma se l'economia riparte, Trump avrà la possibilità concreta di tornare a vincere le elezioni presidenziale. Se si vota oggi, perde. Ma le elezioni sono il 3 novembre, un tempo lungo e una gara intensa come non mai. Lotta politica.
Facciamo il nostro giro di giostra, partiamo sempre dalla mappa italiana di Giuseppe Prezzolini, dal paese dei furbi e dei fessi.
01
L'estate che non è estate
Questa estate che non è estate è un'infinita tragedia, ancor più terribile per la comparsa delle macchiette della farsa. Il dolore enorme per i cinque ragazzini di Castelmagno morti in un volo nell'assurdo è un fatto che lascia senza fiato. "Erano andati a vedere le stelle". L'immagine di una madre che stringe il suo bambino, senza vita. Quella di un padre che tenta di rianimare il figlio che se ne sta andando. Questi dettagli di cronaca, questi frammenti d'amore e disperazione che bruciano, strappano il cuore quando scrivi. Sono particolari che in questo mestiere diventano l'essenza della storia, sono l'immane pressione del dolore. I genitori in questi casi arrivano dopo, quando tutto si è consumato. Nell'incidente di Castelmagno erano là, sono arrivati subito sul posto, avvisati da una telefonata di una ragazzina sopravvissuta allo schianto. Padri e madri, nel buio, tra i rottami, tra i corpi sbalzati, mentre i loro figli morivano.
Nel frattempo, in un paese che nel Mediterraneo Orientale ha grandi interessi, c'è una realtà parallela. Il premier Conte e sei ministri hanno ricevuto un avviso di garanzia per la gestione della crisi del coronavirus e la procura ha chiesto l'archiviazione. Abbiamo già scritto che non si risolvono con le inchieste giudiziarie problemi che sono politici. La gestione della pandemia è una cosa seria, complessa, soggetta ad errori - da parte di tutti - perché pur essendo il rischio nota, il suo impatto e la risposta restano in gran parte sconosciuti. Conte ha peccato di presunzione e ha fatto calcoli politici errati, ma non si va a processo per questo. Un paese serio fa un ampio dibattito in Parlamento, nelle istituzioni, chiama il governo a illustrare bene prima le sue decisioni e non dopo, dare una valutazione d'impatto - sanitario, sociale, economico - delle leggi, dei decreti, dei regolamenti che emana. Questo è mancato. Come è mancata la libertà, fino alla sospensione della Costituzione e al perenne stato d'emergenza. È mancato anche un (im)possibile dialogo con l'opposizione, anch'essa non esente da errori, pur non avendo lo scettro. È mancato il Parlamento. Il resto è pulviscolo, bassa lotta politica, disinformatia.
La compagnia dei partitanti, dovendo fare qualcosa, mette in scena il copione previsto: da 6 giorni l'Inps non dà i nomi dei parlamentari che hanno preso il bonus per la crisi da coronavirus, la Lega è passata alle confessioni e sospensioni di due deputati (Murelli e Dara, l'anonimato è più noto di entrambi), di quello dei Cinque Stelle s'è persa ogni traccia, Italia Viva è sparita dai radar. Tutti cercano di mettersi al riparo dal diluvio, siamo al Colosseo, con tanti leoni (da tastiera) e una folla immensa sugli spalti che tracanna vino e invoca l'uscita dei gladiatores. Vogliono il sangue. E lo avranno, perché la politica contemporanea è populismo.
Grandi interrogativi sui giornali: cosa si potrà fare a Ferragosto? "Spiaggia, discoteca, falò, le norme". Siamo a posto. Il livello in fondo è questo, rasoterra. E poi siamo nella fase dell'igienismo, si muore a migliaia - ogni giorno - di cancro, di disfunzioni al cuore, di diabete, di tante altre malattie, ma il problema ormai è diventato il conflitto ideologico sul coronavirus. È ripresa la comunicazione ansiogena, dei danni psicologici che tutto questo sta creando non parla nessuno.
02
L'Inps e il paese dei furbi che sono pure fessi
Quelli che hanno intascato l'assegno sono detti "furbi", ma in realtà sono più fessi dei fessi, perché la sola idea di andare a chiedere il bonus anti crisi per le partite Iva è una gigantesca operazione da fessi. Come non aspettarsi prima o poi il "leak" della notizia (alla vigilia del referendum sul taglio dei parlamentari, occasione ghiotta) e il ciclone politico? La deputata leghista Murelli è un caso da antologia, intervenne in Parlamento per dire che 600 euro erano "un'elemosina". Che lei ha preso. Solo un fesso con la patente di fesso professionista arriva a tanto. Il furbo agisce in silenzio, con circospezione, non arraffa subito la prima cosa che gli passa sotto il naso, non eccede in furbizia, si professa ultra-fesso di fronte a tutti, con l'espressione grave di quello che ha subito un eterno sopruso, egli studia da furbo e poi con meticolosa opera mette su la rendita facendo bene attenzione a restare fesso. Qui siamo al panino preso dalle mani del compagno di banco più povero, davanti agli occhi della maestra, lo spregevole atto del fesso che non può essere furbo per mancanza della materia prima, la furbesca intelligenza, l'arte dell'inganno, il falso elevato a sistema di vita, questi dell'assegno di crisi parlamentare sono veri fessi, da campionato mondiale di fessagine, la conferma che il Parlamento è diventato in buona parte il rifugio atomico dei peggiori. E non da oggi, ci sono anche i furbi eleganti, li conosciamo, declinano i congiuntivi, ma al trapassato remoto traballano, glielo leggi nelle pupille che sono là, avvitati allo scranno, divorati dall'ansia di potere, senza alcun sogno.
E cosa dire dell'Inps che da giorni è in un imbarazzante stato di commozione cerebrale? Il presidente Pasquale Tridico è in fase palombaro, ma dovrà andare in Parlamento a spiegare perché i suoi uffici sono un colabrodo e lui sia maestro in pasticci. Darà i nomi a babbo morto, che impresa. Il garante per la privacy ieri ha spedito una lettera per sapere come si sia potuti arrivare a tanto.
In relazione alla vicenda del cd. bonus Covid partite Iva, il Garante per la protezione dei dati personali ha inviato una richiesta di informazioni all’Inps e ha aperto una istruttoria in ordine alla metodologia seguita dall’Istituto rispetto al trattamento dei dati dei beneficiari e alle notizie al riguardo diffuse. Il Garante chiede all’Inps di conoscere, in particolare: quale sia la base giuridica del trattamento effettuato sui dati personali dei soggetti interessati; l’origine e tipi di dati personali trattati, riferiti alla carica di parlamentare e amministratore locale e regionale; le modalità con cui è stato effettuato il trattamento, con specifico riguardo all’operazione di “raffronto” dei dati personali dei soggetti richiedenti o beneficiari del bonus, con quelli riferiti alla carica di parlamentare e amministratore locale e regionale; l’ambito del trattamento ed eventuali comunicazioni a terzi di tali dati.
Giampaolo Pansa scrisse nel 1987 un libro intitolato "Lo sfascio" e allora ci sembrò un titolo iperbolico, stavano finendo gli anni Ottanta, Craxi dominava la scena, "Giampa" raccontava i primi fuochi del fiammeggiante finale che la storia apparecchiave per la Prima Repubblica.
Oggi quel titolo sarebbe routine, non coglierebbe in pieno quello che vediamo ogni giorno e resta sul taccuino del cronista. Comunque è tutto chiaro, l'epilogo seguirà il corso degli eventi, la tempesta finirà e si passerà presto a un altro "scandalo", l'arma di distrazione di massa preferita dagli italiani. Domanda a getto d'inchiostro: ma dov'è il Pd? Sembra come il quesito che si pose Enrico Fermi sulla presenza degli alieni: "Dove sono tutti quanti?". Si chiama "paradosso di Fermi", ci torneremo tra qualche riga, per il momento stiamo attaccati al terreo a raccontarie le miserie dei terrestri.
03
La grande ricandidatura della Raggi e il dilemma del Pd
Tutto chiaro, non se ne farà niente, ma almeno c'è qualcuno che fa finta di provarci. Quanto agli altri partitanti, sono tutti sotto coperta. Fratelli d'Italia è nella fase celebrativa della leadership di Giorgia Meloni (copertina di Novella 2000, in costume da bagno tricolore e telefonino d'ordinanza), il Partito democratico è in camicia di lino, leggero e potente, decapottabile e aperitivante, deambulante tra Capalbio e Forte dei Marmi, a discutere di cose intelligenti, si capisce, in fondo ai dem resta solo da spiegare agli elettori che ancora ci credono come si possa ingoiare la ricandidatura di Virginia Raggi a sindaco di Roma, dettagli. La corsa per il Campidoglio ha tratti di umorismo (in)volontario che non temono la concorrenza di Stanlio e Ollio, il partito di Carlo Calenda nello sforzo di apparire dotato di intelligenza einsteniana è passato all'intrepida azione Mon Cherì e ha proposto niente meno che il sovrintende dell'Opera di Roma, Carlo Fuortes, al Campidoglio, un tipo noto per le sue serate nei bar del Tufello. E quello, serissimo, fra la Traviata e i Pagliacci, risponde dicendo "non sono interessato". C'è solo un problema, che nessuno è interessato a lui. Ricorda un sulfureo Massimo D'Alema sul palco del Maurizio Costanzo Show che a una frase di Gianfranco Fini sulla destra che immaginava ("guardo a Chirac") rispose con una colata di lava vulcanica: "Il problema è Chirac non guarda a te".
Oggi a mezzogiorno si è aperta la giostra di Rousseau, i militanti devono esprimersi sulla candidatura di Virginia Raggi (sopra, nella foto Ansa), l'eliminazione del vincolo dei due mandati, cribbio, la caduta del totem. Come si fa? Si sottraggono dal conto i due anni e mezzo trascorsi dalla sindaca come consigliera comunale tra il 2013 e il 2015. Che bello, i numeri per i pentastellati sono come gli scontrini sui quali litigarono fin dall'inizio della loro avventura parlamentare, mostrando il loro vero volto. Venerdì avremo il risultato, a settembre parte la campagna elettorale. Pieno appoggio di Beppe Grillo e degli altri "big" (parola decisamente grossa) del partito (nessuno ha intenzione di andare a perdere, figuriamoci). Intanto, come nel Manifesto del Partito comunista di Carletto Marx, uno spettro s'aggira per l'Europa: che farà il Pd nella capitale d'Italia? Consultare la barba di Dario Franceschini ha lo stesso esito infallibile dell'esame dei fondi del caffè, dalla pelatona di Nicola Zingaretti non esce notoriamente nulla che non sia la fiducia totale in Giuseppe Conte, il suo cervello è altrove, in casa di Goffredo Bettini che, dopo aver partorito anni fa il marziano (Ignazio Marino, chi se lo ricorda?), ora sulle questioni capitali cerca di non farsi scappare la frizione, ma un'intesa con i Cinque Stelle ci vuole e poi quella che domina è un'altra storia: la preoccupazione per il voto regionale in Toscana, i sondaggi non sono buoni, una sconfitta sarebbe la fine di Zingaretti e il sottosopra del governo. La storia di Roma è patetica e ridicola, tra un bus che s'incendia e il festival dei sorci nei cassonetti della spazzatura, Raggi non ha neppure sfidanti - i suoi unici avversari alla luce del sole per ora sono nel Movimento romano e contano poco - nel centrodestra non hanno idea di chi possa andare a vincere (forse) e poi buttarsi tra le fiamme di un'amministrazione impossibile.
Il resto della truppa è spiaggiatissimo, l'Italia dopo il lockdown è chiusa per ferie, siamo un paese che se ne fotte della realtà e quando si alzerà la saracinesca non ci sarà più nulla, polvere di Cinque Stelle, rottami di Pd vaganti nello spazio, detriti dell'esplosione del pianeta Lega, pulviscolo renziano, tracce dell'asteroide di Giuseppe Conte sulla superficie della Luna.
Shakespeare, Macbeth, atto secondo, entrano Fleance e Banquo:
Banquo. A che punto è la notte, figliolo?
Fleance. La luna è calata. Non ho sentito le ore.
Banquo. Tramonta a mezzanotte, no?
Flence. Credo più tardi, padre.
Banquo. Su, tienimi la spada. Fanno economia in cielo: hanno spento tutte le candele.
Il Bardo in Italia avrebbe dovuto riscrivere la frase finale: "Si sono fregati tutte le candele".
04
Monte dei Paschi, lo Stato banchiere è in rosso
La realtà esonda dai dettagli a cui non fa caso più quasi nessuno. Segnali da Siena, non si corre il Palio, ma i conti del Monte dei Paschi dicono che la situazione è da spie accese nella sala comando del sommergibile (lo so, c'è l'ossessione delle tredici volte di visione di "Caccia a Ottobre Rosso"): i conti della banca alla luce "dell'evoluzione dello scenario macroeconomico" avranno "un andamento in perdita" fino al 2022. Tutto scritto sulla relazione semestrale della banca che presenta le stime interne fino al 2024 con "valori economici e patrimoniali" inferiori a quelli del piano di ristrutturazione concordato con la Ue. Il grande rilancio non esiste perché la capacità di gestione si vede quando il mare è in tempesta. E la barca di Mps balla pericolosamente.
La perdita netta del gruppo è di oltre 1 miliardo di euro, il margine di interesse è crollato del 20%, i ricavi sono in caduta dell'8.4%, il patrimonio netto del gruppo è calato del 13.5% e il Monte ha ancora a libro paga oltre 22 mila dipendenti, che sono pure aumentati di 83 unità negli ultimi sei mesi. Per soprammercato, la causa legale per il caso Antonveneta è un macigno sospeso sui conti del gruppo, leggiamo nelle pagine della semestrale che "in data 31 luglio 2020 sono pervenute ulteriori richieste stragiudiziali per 3,8 mld di euro da parte della Fondazione MPS. Di queste 3,6 mld di euro sono classificate a rischio di soccombenza “probabile” e 0,2 mld di euro a rischio di soccombenza “possibile”, il risultato sui conti del gruppo è che "il petitum complessivo delle richieste stragiudiziali risulta pari a 4,8mld di euro".
Ricordiamo che Mps è partecipata dallo Stato al 68,25%, sono appunti che servono a ricordare che il timone è nelle mani dirette dello Stato. Siamo di fronte a una delicata partita finanziaria e politica, c'è in ballo il potere in Toscana, regione chiave del Partito democratico. Siamo sott'acqua e non c'è il comandante Marko Ramius a condurre la battaglia. Andiamo in superficie, tavolo del carteggio, facciamo un punto nave.
05
La sfrenata corsa del paese a debito
Nessuna famiglia con un po' di senno si indebita e se ne vanta. Non a caso il debito privato in Italia è basso, tra i meno elevati delle economie avanzate, siamo un popolo prudente. Ma solo in casa. Perché quando si tratta del denaro pubblico (che come insegnava Margaret Thatcher non esiste, è il denaro del contribuente) gli italiani pensano che il debito non sia di nessuno. Avviso ai naviganti, quel debito è nostro.
Quando Mario Draghi esortò - con estremo e puntuale senso dell'urgenza - con un editoriale sul "Financial Times" i governi a abbandonare il rigore contabile per assorbire nei bilanci pubblici la crisi delle aziende e delle famiglie, non invitava alla spesa in allegria, ma a una scelta ponderata dei settori da salvare, una politica d'emergenza per il presente e investimenti per il futuro. In Italia questo cambio di paradigma si è tradotto in uno stato d'emergenza permanente e zero investimenti, viviamo in un immanente "adesso" senza pensare che esiste il "domani", soprattutto quello dei nostri figli, persone alle quali stiamo lasciando una pesantissima eredità. Andiamo con ordine, partiamo dallo stato d'emergenza.
La dimensione dello "stato d'eccezione" ha mutato radicalmente il rapporto tra le istituzioni, introdotto un premierato che non esiste nella Costituzione italiana, spostato la legislazione dal Parlamento al governo, lasciato all'esecutivo decisioni gravi che dovevano essere vagliate in maniera approfondita e ponderata dalle Camere. Il caso della mancata istituzione della zona rossa a Alzano e Nembro e del successivo lockdown dell'intera nazione è esemplare. Atti tenuti segreti, pubblicati in maniera tardiva e solo in parte, grazie alla pressione dell'opinione pubblica, di pochi intellettuali e di istituzioni (la Fondazione Einaudi) sensibili al tema della democrazia. Oggi sappiamo che il Comitato tecnico scientifico sosteneva chiusure mirate, il premier Conte ne ha ordinato invece una generale di tutta la nazione, alla cinese. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti, sono state valutate e illustrate agli italiani? No. Il Mezzogiorno e le isole hanno subito un trattamento uguale alla Lombardia e al Veneto. Siamo ancora oggi fermi ancora a una logica puramente "difensiva" e non "attiva" sul contrasto al virus (sul quale c'è ampia, varia, qualificata e libera letteratura scientifica), ma nessuno ha pensato durante il lockdown al taglio dell'aspettativa di vita di milioni di malati, affetti da altre patologie (la cura dei tumori e del cuore, per esempio) e alla cascata del "dopo", quando è arrivato il collasso dell'economia e il colpo d'ariete sui ceti produttivi meno protetti dalla crisi. Tutto perdonato, tutto dimenticato. Gli italiani non hanno memoria, finché quello che pochi dicevano e scrivevano non si materializza. Veniamo al secondo quadro, quello dell'economia.
Il governo giallo-rosso ha accumulato in pochi mesi 100 miliardi di debito pubblico, una galoppata verso il vuoto accompagnata da una soddisfazione incontenibile per l'impresa appena compiuta. Altro avviso ai naviganti, non c'è niente da ridere. Il debito a fine anno (le stime sono di Mazziero Research, sempre puntuale sul tema) sarà sempre più vicino a 2600 miliardi di euro (tra i 2.547 e 2.577 miliardi), il rapporto tra debito e prodotto interno lordo sarà al 161%, quello tra deficit e Pil sarà al 10,8%.
Dulcis in fundo, la stima finale del Pil per il 2020: - 8%. Questo è il cruscotto dell'automobile che abbiamo davanti: ci hanno prestato un paio di latte di benzina, abbiamo le ruote semi sgonfie, i dischi dei freni sono consumati, si sente uno strano cigolio provenire dal motore, tutti a bordo sono su di giri e cantano "funiculì, funiculà". Il governo gira a bordo di un'utilitaria che ha bisogno di una revisione, ma dice a tutti che è una Ferrari. C'è chi ci crede, questo è il lato tragicomico della storia.
Il governo ha varato il decreto Agosto, altri 25 miliardi che portano la cifra (semi)finale delle misure a 100 miliardi, tutti in deficit. Come i due precedenti decreti (Cura Italia e Rilancio), siamo di fronte a misure polverizzate, un fiume di denaro che se ne va in mille rivoli e nella spesa per la cassa integrazione, manca quella che in politica si chiama "visione". Dove stiamo andando? Non si sa. Emergenza senza investimenti significa solo rinviare l'arrivo del treno della realtà, bloccare artificialmente i licenziamenti senza avere un'idea di come creare posti di lavoro significa non aver capito che cosa sta accadendo: questa crisi va dritta come un treno verso una ristrutturazione pesante di alcuni settori, è successo con il crollo finanziario e la recessione del 2008, accadrà in maniera ancora più profonda nel 2020 e gli anni a venire, niente tornerà come prima. Bisogna pensare a un nuovo inizio. E se inizi con una montagna di debito, poi arriva il conto da pagare.
Il Recovery Fund? Abbiamo già i primi bagliori di quello che si sta per materializzare. L'Italia deve presentare dei progetti, dunque è stato dato l'ordine ai ministeri di tirare fuori tutti i sogni che sono rimasti nel cassetto. Cosa ne è uscito fuori? Abbiamo avuto un assaggio del menù, il Ponte sullo Stretto di Messina! ma in una versione à la Conte, con gli effetti speciali, niente meno che un tunnel sott'acqua. Straordinario. Dobbiamo sperare che l'Austria, l'Olanda, i cosiddetti "frugali", non ci lascino andare a briglia sciolta, in caso contrario, andremo dritti verso un crac spettacolare. Va tutto bene? Allora aspettiamo tranquillamente che questo bene mostri il suo volto, abbiamo pazienza infinita, il tempo è galantuomo.
Lasciamo l'Italia, è davvero troppo. Andiamo in America, grande sfida per la Casa Bianca. Ieri una serata da incorniciare per il flusso di eventi e il loro sottotesto. Siamo nel regno della tigre e del leone.
06
America 2020. La tigre e il leone
Joe Biden è il favorito nella corsa alla Casa Bianca. No news, lo scriviamo tutti da un pezzo, ma se lo dice Nate Silver allora è un po' meno "no" e un po' più "news", soprattutto per il suo rovescio: Trump non è ancora battuto e può a sua volta vincere. FiveThirtyEight ha pubblicato ieri le sue previsioni sull'elezione presidenziale del 2020, secondo il sito che oracola tra i numeri del baseball e del football e quelli della politica da quando era un blog nel 2008, Joe non è poi così tanto "sleepy" come dice Trump e a sua volta The Donald non è "tostaed" come altri affermano con spericolata certezza.
Biden ha un vantaggio molto importante nella media nazionale e in alcuni Stati-chiave e "se si votasse oggi, vincerebbe" con un risultato da "landslide", a valanga. Il problema per i Democratici è tutto qui: non si vota oggi. Quello che non fa dormire i Democratici è ciò che Silver afferma subito dopo la favola bella. siamo "ancora in agosto", non sono state fatte le convention dei due partiti (ci siamo, ma sarà un nuovo e straniante spettacolo, tutto virtuale), c'è il coronavirus, lo scenario economico è volatile e i sondaggi da agosto in poi possono sempre "cambiare radicalmente".
Di fronte a tutto questo (e altro ancora) dunque "è troppo presto per considerare Trump fuorigioco" e il Presidente ha ancora il 29 per cento - oggi, in queste condizioni - di possibilità di vincere l'Electoral College. Biden ha probabilità di vittoria immensamente più elevate (il 71 per cento), ma il solo fatto che con tutto quello che è successo Trump sia ancora in corsa dice tutto sulla difficoltà di fare una previsione in presenza di una sagoma così così sulfurea e magnetica - non a caso attrae e respinge con la stessa forza - come quella di The Donald. Un altro sarebbe fuori pista, lui no. Biden è il favorito, Trump può ancora vincere.
Il modello di FiveThirtyEight è più conservativo rispetto ad altri, ma consente a Nate Silver di evitare clamorosi scivoloni, ricordiamo che nel 2016 c'erano sondaggi che davano a Hillary Clinton il 99 per cento di probabilità di vittoria. Vinse quello che aveva il misero 1 per cento, Trump. La storia probabilmente non si ripete, ma ricordarla è utile, evita di cadere nella botola di quelli che la sanno lunga a prescindere.
Fissati i punti di partenza, c'è da fare tutta la corsa, si vota il 3 novembre. Kamala Harris è una buona scelta, la migliore delle opzioni che aveva Biden, quello che rischia di renderla cattiva è la retorica che le si sparge addosso, dunque il mantra-Kamala è già partito: lei è "il matchup perfetto: il procuratore contro i criminali. Ma c'è di più. Kamala è una donna forte. Kamala è nera. Kamala è asiatica. Kamala crede nelle leggi e nelle istituzioni. Kamala è tutto ciò che Trump odia" (Dave Pell, Next Draft, uno in gamba, da leggere sempre, ma stavolta decisamente su di giri). Con questo tipo di narrazione si aggancia qualche sognatore, poi c'è la realtà. Basta guardare la risposta di Trump in queste ore. Che non è rappresentata dai suoi tweet su "Sleepy Joe" e sulla sua vice (al comando), ma da una raffica di post sui singoli Stati che The Donald ha lanciato sul suo profilo Twitter. Diamo un'occhiata alla cronologia, per sapere, per capire quale sarà la strategia da qui al voto.
Nota di cultura pop: Trump l'11 agosto twitta un video che sostiene la campagna degli atleti dei college americani che chiedono di riaprire i campionati agonistici, l'hashtag è #wewantoplay, la campagna ha un grande seguito, è un tema culturale di grande importanza, i college americani senza gli incassi dello sport rischiano il fallimento. Trump cavalca il movimento d'opinione, il video di #wewantoplay sul campionato di football americano - un superspettacolo - ha finora 4,2 milioni di visualizzazioni. Sono voti.
È la metafora dello spartiacque tra i repubblicani e i democratici, il partito dell'igienismo contro quello del vitalismo, siamo sulla frontiera culturale dell'America. Non a caso Trump in serata si fionda sul tema: "Ho parlato con alcuni dei grandi giocatori di football, giocatori del college. Un sacco di persone fantastiche con cui devo parlare. Atleti, leader. Vogliono giocare a football. Lasciateli giocare. Si sentono più al sicuro sul campo che ad andare in giro senza fare nulla". "E speriamo che con orgoglio si alzino durante l'inno nazionale" e "rispettino la bandiera". È uno dei punti caldi della campagna, lo sport nell'era del coronavirus.
Texas, 29 luglio 2020. Donald Trump firma un casco da football di fronte a Brissa Hinojosa, cheerleader della Odessa High School, insieme a Harper Terry, giocatore della Permian High School.La testimonianza di questa frattura culturale è in un titolo della Cnn impaginato online durante la diretta della prima uscita pubblica di Biden-Harris: "Biden e Harris stanno praticando il distanziamento sociale nell'evento della campagna di oggi".
La strategia del presidente alterna il mainstream media tradizionale, la televisione, con la campagna digitale che rilancia, amplifica, fa notizia. Nelle ore precedenti l'annuncio di Biden siamo alla routine: attacco a John Bolton e all'intelligence; pubblicità per il libro di Madeleine Westerhout, “Off the Record”, sua giovane ex assistente alla Casa Bianca (si dimise nell'agosto dell'anno scorso per aver rivelato ai giornalisti notizie sulla vita privata della famiglia Trump); difesa dei test sul coronavirus e, naturalmente, "Big Stock Numbers!" a Wall Street. La sera dell'11 agosto parte il primo colpo sulla coppia Biden-Harris, il lancio di un video dove Joe e Kamala sono dipinti con questo slogan: "Perfetti insieme, sbagliati per l'America". Gong. Il video è arrivato a quasi 10 milioni di visualizzazioni.
Subito dopo, conferenza stampa alla Casa Bianca e intervista alla Fox News nel programma di Sean Hannity, la giornata si chiude con telefonata agli sceriffi del paese, legge e ordine. Siamo all'11 agosto, l'agenda è piena, la contro-campagna di Trump era già pronta, gli strateghi repubblicani avevano puntato su di lei.
Il 12 agosto parte con un tweet sui disastri provocati dai venti a 112 chilometri orari in Iowa, poi il primo colpo di cannone della giornata contro Biden, un video dove Kamala Harris solleva il problema del razzismo, della carriera politica costruita sulla segregazione, di... Biden. Il video è a quota 5,6 milioni di visualizzazioni.
Donald Trump ieri alla Casa Bianca durante la conferenza stampa sul piano di riapertura delle scuole (Foto Ansa).Qualche ora dopo, secondo video, immagini di Biden e Harris, rappresentanti della "radical left", ancora un passaggio sulle accuse di razzismo lanciate dalla Harris e chiusura con lo slogan "perfect together, wrong for America". Quasi 10 milioni di visualizzazioni. Tweet diretto su Kamala, la sua corsa fallita nelle primarie, "il tipo di avversario che tutti sognano". Oltre 129 mila like. Scatta il momento dell'autocelebrazione: "96% di approvazione nel rating del Partito Repubblicano. Grazie! Inoltre, in testa nella maggior parte degli stati in bilico!". Momento della critica televisiva trumpiana, uno dei topos della sua narrazione, il bersaglio è Bill Maher: "Guardato @billmaher la settimana scorsa per la prima volta dopo tanto tempo. È completamente andato, ha un aspetto terribile, esausto, scarno e debole. Se c'è mai stato un buon motivo per non fermarsi, guardate questo idiota". Siamo sempre tra la politica e il costume, la "pop politics" di The Donald. Dall'italiana casalinga di Voghera si passa all'americana "casalinga di periferia" trumpiana che naturalmente "voterà per me" perché "vogliono la sicurezza e sono entusiasti che io abbia posto fine al programma a lungo termine in cui le abitazioni a basso reddito invadevano il loro quartiere". E dalla casalinga si passa alle congratulazioni alla regina delle cospirazioni, Marjorie Taylor Greene, che ha vinto le primarie in Georgia, definita da Trump "futura star repubblicana".
Domanda sul taccuino: dove si vince la corsa della Casa Bianca? Negli Stati, il sistema è quello dell'Electoral College. Alle 20.41 ora italiana lo smartphone avvisa sull'arrivo di una tempesta di 17 tweet di Trump sui fondi stanziati nei singoli Stati dal Dipartimento dei Trasporti, geolocalizzazione dei tweet di Trump: Oklahoma, Alabama, Nebraska, Utah, New Jersey, Louisiana, Illinois, Pennsylvania, New Hampshire, North Carolina, Michigan, Georgia, Florida, Wisconsin, Texas, Colorado, North Dakota. La campagna di Trump punta sugli Stati perché sa che là si gioca tutto, non conta il voto popolare, ma quanti Stati-chiave riesci a conquistare, la campagna sta diventando capillare. Poco dopo, ancora il contrasto tra il partito della chiusura e quello della ripartenza, conferenza alla Casa Bianca sulla riapertura delle scuole. Trump marca il territorio.
Poche ore fa, passa il treno di Trump. Il presidente pubblica su Twitter il video animato di un treno rosso con la scritta Trum-Pence che sfreccia davanti a una stazione:
Poi sui binari passa il treno di Biden-Harris che... non è proprio un treno...
La campagna americana è questa invenzione continua di luoghi, situazioni, racconti, sberleffi, la cultura pop e la politica. Il treno? Non si ferma mai, all'alba Trump avvisa i naviganti: "Sarò intervistato da Maria Bartiromo alle 7.30 su Fox Business". L'economia, il punto sul quale Trump spera di recuperare la distanza che lo separa da Biden.
Il profilo Twitter di Kamala Harris di fronte a questo diluvio in serata ha solo nove tweet pubblicati da quando è stata annunciata la nomination, sono tutti sulla vittoria che arriverà (retweet di Joe Biden, foto-story sulle radici indo-giamaicane della candidata alla vicepresidenza, enfasi sulla battaglia "for the soul of the nation". C'è tanta anima, non c'è il territorio americano, quello che Trump ha cominciato a battere in lungo e in largo con la presenza fisica e digitale. La campagna democratica finora è stata conservativa, ma Harris può aggiungere qualcosa al capitale elettorale di Biden solo se c'è un cambio di strategia, un piano d'attacco, perché Trump è certamente il peggior nemico di se stesso, ma lo staff della sua campagna si sta muovendo con grande rapidità e intensità e con l'orologio sincronizzato sulle mosse degli avversari democratici.
La prima uscita di Biden e Harris ricalca quanto visto e previsto, il candidato democratico rivendica la qualità e convinzione della sua scelta ("non ho dubbi che ho scelto la persona giusta per unirsi a me ... e questa è Kamala Harris"), gioca la carta della donna contro l'uomo forte e nello stesso tempo impaurito e dunque "Donal Trump è preoccupato da una donna forte e decisa come Kamala Harris. Qualcuno ne è stupito?".
Attenzione alle parole di Biden, c'è l'investitura, quasi un passaggio di consegne che anticipa il 2024, quando parte con i ricordi obamiani (sempre presenti nei discorsi ninna-nanna di Biden) e racconta che "quando accettai di servire con il presidente Obama come running mate, lui mi chiese la mia opinione su un certo numero di questioni importanti, e mi chiese cosa volessi più di tutto. Io gli dissi che volevo essere la persona nella stanza a parlare prima di importanti decisioni da prendere. Questo è quello che ho chiesto a Kamala, le ho chiesto di essere la persona che ha l'ultima parola nella stanza". È la certificazione che la vice è al comando delle operazioni nella war room.
Kamala Harris in diretta su Fox News ieri durante la prima uscita pubblica con Joe Biden (Foto Ansa).Kamala Harris mostra la sua grinta, parte all'attacco, fa la differenza con Biden, non ci sono dubbi e non sono soltanto i 23 anni che li separano, è un tema di carattere, di forza, di capacità di stare sulla scena, lei è energia pura, lui camomilla: "L'America invoca una leadership. E invece abbiamo un presidente che si preoccupa più di se stesso che delle persone che lo hanno eletto, non ha mai preso seriamente la pandemia", l'America è "nella peggiore crisi economica dalla grande depressione". Una tigre. Per Trump è certamente un problema (im)previsto.
Mentre Biden e Harris fanno la prima uscita pubblica, sullo schermo dello smartphone arriva l'avviso di YouTube: conferenza stampa di Trump. Sono le 23.05 in Italia, la battaglia per America 2020 va in diretta, il presidente usa la strategia della copertura di ogni evento della coppia democratica, fa pressing sugli avversari, marca il territorio. Andrà avanti così fino al 3 novembre. Mentre i Democratici saranno concentrati sulla loro convention virtuale nel Wisconsin, a Milwaukee, la prossima settimana l'Air Force One di Trump atterrerà in Minnesota, Arizona e Pennsylvania (proprio dove è nato Biden, a Scranton), tutti Stati-chiave. A questi Stati dovrebbe aggiungersi proprio il Wisconsin, la strategia di "coprire" ogni appuntamento democratico potrebbe sfociare nella presenza di Trump in un evento a Oshkosh, scrive il "Milwaukee Sentinel Journal". La parola d'ordine del team della campagna del presidente è "oscurare" ogni uscita della coppia Biden-Harris.
Perfino un tipo di poche parole come Mike Pence è diventato improvvisamente ciarliero e battutista: "Congratulazioni per la nomina: ci vediamo a Salt Lake City", ha detto rivolgendosi a Kamala Harris. Quale appuntamento? Il duello in tv tra i due concorrenti per la vicepresidenza della Casa Bianca, il 7 ottobre alla Kingsbury Hall dell'Università dello Utah, a Salt Lake City. Dovevano essere tre, sarà un solo dibattito. Vince chi ha la pallottola d'argento.
Battaglia durissima, sul monitor degli strateghi della campagna elettorale scorrono i dati della chiusura di Wall Street: l'indice S&P 500 ha quasi sfiorato il massimo storico, ha fatto un altro balzo dell'1,40% a 3380,34 punti, l'indice Dow Jones ha chiuso a +1,05%, l'indice Nasdaq è volato a quota +2,13%. La Borsa compra l'accordo futuro (forse) nel Congresso tra dem e repubblicani sul nuovo piano di aiuti per l'economia, scommette su un accordo con la Cina sul commercio e il superamento della crisi.
Può darsi che sia un azzardo le incognite sono tante - a cominciare dalla riapertura delle scuole e diffusione del contagio - ma Trump vive di oggi (e come in "Via col vento" domani è un altro giorno) e in conferenza stampa dalla Casa Bianca salta addosso alla notizia: "Wall Street è il mercato che va meglio nel mondo, la borsa ha guadagnato 300 punti oggi, laa nostra economia va meglio dell'Europa". Sugli schermi della sala stampa Trump proietta le slide del rimbalzo dell'economia, la contrazione inferiore del Pil reale americano che è inferiore rispetto all'Europa, il recupero forte del mercato dell'auto, la curva in rapida salita della manifattura, la risalita del mercato del lavoro dopo la terribile caduta durante lo scoppio della pandemia.
"Stiamo ricostruendo l'economia americana come nessuno. Abbiamo l'economia più forte, siamo cresciuti come nessuno, i nostri mercati hanno segnato una crescita di 9 mila miliardi. Il Giappone è secondo, ma non si avvicina neanche" e "il settore manifatturiero era morto con Obama e Biden: con noi è cresciuto e sta vivendo un boom, registra uno degli indici di crescita più straordinari di sempre. L'economia ha prodotto oltre 9 milioni di posti di lavoro negli ultimi tre anni: sono numeri incredibili che ci dicono che l'economia sta tornando e noi siamo veramente orgogliosi". I dati sono del Bureau of Economic Analisys e del Council of Economic Advisers della Casa Bianca e Trump a domanda sulle fonti risponde: "Sono i numeri che hanno tutti".
Stamattina è arrivato il numero che conferma la direzione diversa dell'economia americana, le iscrizioni per ricevere il sussidio di disoccupazione nello scorso fine settimana sono scese sotto il milione di unità, 963 mila. Sono numeri ancora alti, ma indicano una svolta, il dato più temuto dagli avversari di Trump. Come ricorda Nate Silver, non si vota oggi, e queste non sono buone notizie per i Democratici. Chi vincerà? Non lo sappiamo, ma una cosa è certa, gli americani votano con la mano al portafoglio, il resto è poesia.
***
Rispetto all'Italia, siamo in un campo da gioco politico di marziani. Torniamo alla domanda di Enrico Fermi: "Dove sono tutti quanti?". Voliamo alto.
06
Il paradosso di Fermi. Dove sono tutti quanti?
Correva l'anno 1950, Enrico Fermi stava lavorando nei laboratori di Los Alamos, si discuteva di viaggi spaziali, Ufo, velocità della luce, quando Fermi pose una domanda: "Where is everybody?". Dove sono tutti quanti? Questa storia ha una sua grande importanza nel dibattito scientifico - arriva prima della formulazione dell'equazione di Drake - i Laboratori di Los Alamos e i protagonisti presenti (Fermi morì nel 1954) furono chiamati a ricostruire quella conversazione che per coloro che studiano l'esistenza di forme di vita extraterrestre è un passaggio leggendario come "la storia di Newton e la mela".
Un'immagine della nostra galassia, la Via Lattea. Quante stelle ci sono? Gli scienziati ipotizzano un minimo di 100 miliardi e un massimo di 400 miliardi di stelle.A quanto pare la discussione era sui viaggi spaziali, la capacità di un oggetto di raggiungere la velocità della luce e consentire i viaggi interstellari. Fermi pose la domanda su quante probabilità vi fossero "nei prossimi dieci anni di vedere un oggetto che si muove alla velocità della luce". Furono fatte varie analisi e ipotizzate un po' di funzioni, tutti si sedettero a tavola per il pranzo. Sembrava finita là.
Fu a quel punto che Fermi a sorpresa tirò fuori la domanda: "Where is everybody?". Dove sono tutti quanti? Vi fu un sorriso generale, il tema era scivolato chiaramente sugli alieni, questo intendeva Fermi. Il quale fece una serie di calcoli - racconta Eric Jones, raccogliendo la testimonianza del fisico Edward Teller, presente nell'occasione - sulla probabilità dell'esistenza di pianeti simili alla Terra, la probabilità di vita in quel pianeta, la probabilità di una vita come quella degli esseri umani, la probabilità di aumento e durata della tecnologia, e così via. Sulla base dei calcoli di Fermi "avremmo dovuto essere visitati molto tempo fa e molte volte" da forme di vita intelligenti. Ma questo non è mai avvenuto, per quanto ne sappiamo. Miliardi su miliardi di stelle e di mondi possibili, probabilità altissime che esistano altre civiltà... eppure nessuno ha mai bussato alla porta. Perché? Ci sono almeno 75 risposte, quelle che ha collezionato il fisico teorico Stephen Webb in un libro. In ogni caso, per ora siamo costretti a restare sulla Terra, al massimo faremo un giro su Marte, poi si vedrà, è tutta una questione di propulsione, materiali, carburanti, motori. Resta sul taccuino la domanda: dove sono tutti quanti?
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contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.