17 Marzo
Gli irresponsabili del voto
Non sono gli elettori, ma i politici (e non solo) che prima e dopo le elezioni hanno creato le condizioni per lo stallo istituzionale. Dal Rosatellum alla campagna elettorale, fino al "va tutto bene" raccontato dai media.
di Vitalba Azzollini
Caro titolare, cosa può esserci di male nel distribuire equanimemente un po’ di “colpe” per la situazione post elettorale? Del resto, è una situazione che incide su noi cittadini, quindi ne abbiamo ben donde, a criticare.
Partiamo dalla fonte, cioè dallo sciagurato Rosatellum che ha concorso all’esito del 4 marzo. Sfrondiamo, intanto, il discorso da due equivoci di fondo che stanno inquinando le analisi di molti. Se è vero che alcune simulazioni hanno dimostrato che la situazione attuale sarebbe stata ugualmente intricata con qualunque legge elettorale, dato il tripolarismo esistente in Italia, non è detto che l’esito del voto e, dunque, gli scenari post voto sarebbero stati uguali. I fondamentali dell’economia comportamentale insegnano, infatti, che le reazioni individuali sono il frutto di una serie di sollecitazioni. A parità di attori, sono gli stimoli a fare la differenza, e a sortire differenti risultati. In altri termini, una diversa legge elettorale e, conseguentemente, diverse aspettative sugli esiti che con il voto si sarebbero potuti ottenere avrebbero probabilmente orientato in maniera diversa, da un lato, la campagna politica, dall’altro, il voto stesso.
Altro equivoco da dissipare è quello per cui, con il Si al referendum del 4 dicembre 2016, l’Italicum sarebbe sopravvissuto e avremmo saputo il vincitore la sera stessa delle elezioni. Peccato che il mitico ballottaggio, elemento caratterizzante l’Italicum, portava a una “sproporzionata divaricazione” tra la composizione della Camera “e la volontà dei cittadini espressa con il voto, principale strumento di manifestazione della sovranità popolare”. “Il legittimo perseguimento dell’obbiettivo della stabilità di governo, di sicuro interesse costituzionale, (…) non può giustificare uno sproporzionato sacrificio dei principi costituzionali di rappresentatività e di uguaglianza del voto, trasformando artificialmente una lista che vanta un consenso limitato, ed in ipotesi anche esiguo, in maggioranza assoluta”. Questo ha detto la...
di Vitalba Azzollini
Caro titolare, cosa può esserci di male nel distribuire equanimemente un po’ di “colpe” per la situazione post elettorale? Del resto, è una situazione che incide su noi cittadini, quindi ne abbiamo ben donde, a criticare.
Partiamo dalla fonte, cioè dallo sciagurato Rosatellum che ha concorso all’esito del 4 marzo. Sfrondiamo, intanto, il discorso da due equivoci di fondo che stanno inquinando le analisi di molti. Se è vero che alcune simulazioni hanno dimostrato che la situazione attuale sarebbe stata ugualmente intricata con qualunque legge elettorale, dato il tripolarismo esistente in Italia, non è detto che l’esito del voto e, dunque, gli scenari post voto sarebbero stati uguali. I fondamentali dell’economia comportamentale insegnano, infatti, che le reazioni individuali sono il frutto di una serie di sollecitazioni. A parità di attori, sono gli stimoli a fare la differenza, e a sortire differenti risultati. In altri termini, una diversa legge elettorale e, conseguentemente, diverse aspettative sugli esiti che con il voto si sarebbero potuti ottenere avrebbero probabilmente orientato in maniera diversa, da un lato, la campagna politica, dall’altro, il voto stesso.
Altro equivoco da dissipare è quello per cui, con il Si al referendum del 4 dicembre 2016, l’Italicum sarebbe sopravvissuto e avremmo saputo il vincitore la sera stessa delle elezioni. Peccato che il mitico ballottaggio, elemento caratterizzante l’Italicum, portava a una “sproporzionata divaricazione” tra la composizione della Camera “e la volontà dei cittadini espressa con il voto, principale strumento di manifestazione della sovranità popolare”. “Il legittimo perseguimento dell’obbiettivo della stabilità di governo, di sicuro interesse costituzionale, (…) non può giustificare uno sproporzionato sacrificio dei principi costituzionali di rappresentatività e di uguaglianza del voto, trasformando artificialmente una lista che vanta un consenso limitato, ed in ipotesi anche esiguo, in maggioranza assoluta”. Questo ha detto la Consulta, a prescindere dall’esito referendario. Quindi, non solo - com’è noto, e come qualcuno dimentica troppo facilmente - al referendum costituzionale non si votava per il sistema elettorale, ma la legge elettorale sarebbe stata incostituzionale comunque, anche se la riforma costituzionale, sulla quale quel sistema era conformato, fosse stata approvata dalla cittadinanza.
Una diversa legge elettorale e, conseguentemente, diverse aspettative sugli esiti del voto avrebbe probabilmente orientato in maniera diversa la campagna politica e il voto stesso.
Fatta doverosa chiarezza, torniamo al Rosatellum: qual è la cifra stilistica degli impatti che ha determinato? È quella di una deresponsabilizzazione diffusa, prima del voto e dopo il voto. Vediamo di esaminarne i motivi, cominciando dalla fase della campagna elettorale. Il Rosatellum è stato concepito per favorire le alleanze (“inciuci”, li chiamerebbe qualcuno), e anche le anime belle che lo negano sanno che la realtà è questa. In particolare, la legge elettorale voluta principalmente da Renzi e Berlusconi intendeva favorire un nuovo Nazareno e, al contempo, estromettere definitivamente il M5S da qualunque partita. L’intolleranza di quest’ultimo verso ogni forma di accordo, unitamente alla predisposizione degli altri due attori ad accordarsi con pregevoli motivazioni (stabilità di governo, bene dell’Italia e similari), avrebbe concorso a tale risultato. Così non è andata. Dunque, nella distribuzione delle responsabilità, cominciamo ad imputarne a chi non ha saputo valutare gli effetti che la legge voluta poteva sortire: e l’incapacità di analizzare cosa poteva accadere gli si è ritorta contro, e si è ritorta contro il Paese, come la confusione attuale rende evidente. Del resto, la presunzione ottunde qualunque capacità intellettiva, quindi restare umili significherebbe restare lucidi: entrambe le situazioni sembrano avulse dal patrimonio cognitivo-comportamentale della politica italiana. Ma andiamo oltre.
Irresponsabilità ante voto, dicevamo: in cos’altro si è manifestata? Innanzitutto, in una campagna elettorale fatta di promesse dissennate, che nessuno avrebbe potuto mantenere, perché tutti sapevano che erano economicamente insostenibili. Perché le hanno fatte? Perché tutti erano coscienti che, con questa legge elettorale, non avrebbero avuto la maggioranza necessaria per poterle realizzare, sia come singoli che come coalizioni. Ma hanno comunque promesso mari e monti, forti del fatto che non sarebbero stati chiamati a rispondere del mancato assolvimento degli impegni assunti. Chi ha votato il Rosatellum ha, quindi, tra le altre cose, sancito un principio di irresponsabilità trasversale, ed è legittimo gliene venga chiesto conto: ma non va sottaciuto che pure chi non si è sporcato le mani a votare il Rosatellum ha comunque cavalcato lo stesso principio, facendo irresponsabili proposte elettorali.
Conseguenze del Rosatellum: una deresponsabilizzazione diffusa, prima del voto e dopo il voto.
Quanto alla fase successiva al voto, l’irresponsabilità è pure parimenti distribuita. Innanzitutto, è quella di chi ha “perso” (concetto relativo, come si vedrà a breve) e, dopo aver combinato il pasticcio di questa legge elettorale - che sapeva sin dall’inizio non avrebbe potuto portare a un qualche governo in mancanza di alleanze - pretende di lavarsene le mani con un asettico “fate vobis”. Il riferimento è al Partito Democratico, che scappa via dopo aver bucato il pallone che aveva gonfiato proprio per la partita elettorale: il Rosatellum serviva a giocarla. Ed è quel partito che ora rivendica il diritto di stare all’opposizione - in quanto in quel ruolo lo avrebbe messo l’elettorato – dopo aver voluto una legge in sostanza proporzionale che, in quanto tale, non prevede il diritto di nessuno a dichiararsi “vincitore”, dunque neanche “perdente” e, pertanto, neanche automaticamente in “opposizione”. In altri termini, è un mero gioco delle parti, perché nessuno è stato posto da nessuna parte, né dalla legge né dall’elettorato, e se ci vuole stare è tutt’un altro discorso. Pertanto, chi oggi rifiuta accordi e domani accuserà dello stallo coloro i quali sono nell’impossibilità di formare un governo che può poggiarsi solo sugli accordi, rammenti di essere stato l’artefice del meccanismo elettorale che ha condotto a tutto questo.
Altri segnali di irresponsabilità post voto? Basti pensare alla frase che in questi giorni suole ripetere chi ha “perso”, e cioè: si deve parlare di quelli che hanno “vinto” - e delle loro irrealizzabili proposte elettorali - perché si tratta di coloro ai quali è affidato il destino del Paese. Ineccepibile, ma fino a un certo punto: perché quella frase è perfetta per mettere sotto il tappeto dell’irresponsabilità delle proposte elettorali altrui la polvere delle responsabilità di chi ha governato nell’ultima legislatura. Non pare cosa edificante porre sul banco degli imputati quelli che eventualmente governeranno (e che ancora non hanno fatto danni) e pretendere che vengano così archiviate le colpe di chi i danni li ha fatti, ad esempio, dissipando miliardi in bonus elargiti a pioggia discrezionalmente. Troppo comodo cavarsela in questo modo, cioè spostando il focus su altri per non illuminare le responsabilità proprie. Gli errori vanno invece esaminati, quanto meno per evitare che siano ripetuti, anche in maniera amplificata, dai prossimi che andranno al governo. Dunque la critica (se non l’autocritica) è doverosa, e chi voglia tacitarla non può essere considerato un campione di trasparenza: “rendere conto” richiede tutt’altro atteggiamento. Ed è coerente con un atteggiamento opaco il fatto che sia stato criticato chi, nella direzione PD di lunedì 12 marzo, aveva suggerito una soluzione improntata proprio alla trasparenza, chiedendo di sondare, mediante un referendum, quale fosse la volontà degli iscritti in merito all’eventualità di future alleanze: il rischio che la linea dell’ex segretario e dei suoi seguaci (follower?) venisse smentita mediante l’utilizzo di tale strumento sarebbe stato troppo alto. La maturità teutonica di chiedere mediante referendum se aprire un dialogo con un altro partito e, poi, se approvare un determinato accordo, non appartiene alla politica italiana: la Germania sta su un altro pianeta.
Il Partito Democratico scappa via dopo aver bucato il pallone che aveva gonfiato proprio per la partita elettorale.
Ma irresponsabilità post voto è anche quella di chi – il M5S - sia in campagna elettorale che dopo, col solito piglio da duro e puro, ha escluso ogni accordo in via generale con chiunque altro, nonostante una legge elettorale in cui gli accordi sono essenziali perché un governo si possa formare; e se pure non si è sporcato le mani a votarla, come detto, ha comunque partecipato alla competizione elettorale e, quindi, ha accettato le regole del gioco, vale a dire quelle del pluricitato Rosatellum. Sarebbe facile accampare l’alibi della preesistente convinzione di poter governare senza bisogno di scendere a compromessi con altri partiti, o facendolo su “singoli punti”. Così non è andata. E almeno ex post sarebbe meglio assumere un atteggiamento diverso da quello che induce Di Battista a dire: “tutti quanti dovranno venire a parlare con noi”. Forse al M5S non è chiara l’inversione logica dell’affermazione del suo esponente: sono loro – i Cinque Stelle - che devono andare a parlare con gli altri, e non viceversa, se vogliono toccare palla (quella che il PD ha sgonfiato, lo si rammenta).
Gran parte della stampa ha dato al Paese una rappresentazione rasserenante del potere per orientare il voto verso il “male minore”.
Infine, nella distribuzione delle responsabilità, non può sottacersi il ruolo di gran parte della stampa, che negli ultimi cinque anni non ha svolto la propria funzione di watch-dog come si conviene: da un lato, dava al Paese una rappresentazione rasserenante del potere, al paternalistico fine di orientare il voto verso il “male minore”; dall’altro, dava al potere la rappresentazione di un Paese rasserenato dalla ripresa in corso, ove tutto si stava piano piano risolvendo. Gran parte dei media non ha voluto vedere, tanto meno rilevare, gli sprechi di risorse pubbliche – sopra accennati - impiegabili a fini più proficui (l’analisi costi-benefici non è di pertinenza dell’astrologia, ma delle scienze economiche, e alcuni commentatori farebbe bene a praticarle), riforme poco efficaci o normative dalla parvenza di scatole vuote; non ha voluto evidenziare che la ripresa in atto non riguardava tutte le fasce della popolazione; non ha saputo collocare in un contesto più ampio quanto accaduto con la Brexit e l’elezione di Trump, tra gli altri casi, inquadrandolo nella cornice di un disagio che non poteva essere limitato ai Paesi in cui si verificavano tali eventi, ma si estendeva fino al nostro. Il supporto dato da certi giornali al racconto di un miglioramento che, tuttavia, non trovava riscontro nella percezione di molti, non ha giovato al partito di governo. La reazione dell’elettorato a una narrazione in stile “La crisi è finita e adesso se hai fame è psicosomatica” (minuto 2:15) è stata chiara e forte.
L’ammontare delle colpe distribuite a singoli e partiti, tutti parimenti coinvolti, misura la distanza tra il punto in cui è la politica e quello in cui si trova la soluzione. A proposito, la politica insoddisfatta dell’esito del voto a chi ha dato la “colpa”? All’elettorato che, sia pur democraticamente, ha votato “male”, manco a dirlo. E c’è pure chi ha evidenziato i danni causati dal suffragio universale. Non vado oltre. È uno spettacolo da teatro dell’assurdo e noi restiamo ad osservare, non potendo far altro. O forse, in alternativa, un’isola lontana sarebbe l’ideale.
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8. Tutela della proprietà intellettuale e industriale
8.1 L'Utente riconosce e accetta che i contenuti dell'Abbonamento, sotto forma di testi, immagini,
fotografie, grafiche,
disegni, contenuti audio e video, animazioni, marchi, loghi e altri segni distintivi, sono coperti da
copyright e dagli
altri diritti di proprietà intellettuale e industriale di volta in volta facenti capo al Fornitore e ai suoi
danti causa
e per questo si impegna a rispettare tali diritti.
8.2 Tutti i diritti sono riservati in capo ai titolari; l'Utente accetta che l'unico diritto acquisito con
il contratto
è quello di fruire dei contenuti dell'Abbonamento con le modalità e i limiti propri del Servizio. Fatte
salve le
operazioni di archiviazione e condivisione consentite dalle apposite funzionalità del Servizio, qualsiasi
attività di
riproduzione, pubblica esecuzione, comunicazione a terzi, messa a disposizione, diffusione, modifica ed
elaborazione dei
contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.