22 Ottobre
Ha (ri)perso Renzi. Fine del renzismo
Il centrodestra ha (ri)vinto. I problemi di Matteo: il Pd e se stesso. Macron-Trump: è il tempo dei leader senza partito
Ha (ri)perso Renzi, ha (ri)vinto il centrodestra. La sintesi del voto amministrativo è questa, ma la densità dei fatti è enorme: un terremoto locale che è pronto a innescare uno tsunami nazionale. Durante la notte elettorale al Tg3, il taccuino del titolare di List si è riempito di varie note, i momenti che durante lo spoglio dei voti si sono sentiti come due colpi di tamburo nella foresta sono stati due: la materializzazione della vittoria netta del centrodestra a Genova e la caduta del Muro di Sesto San Giovanni. Due città simbolo della cultura operaia (che fu) sono passate di mano, decenni di storia spazzati via in una serata afosa del mese di giugno del 2017. Il ritorno del centrodestra non coglie di sorpresa i lettori di List, il titolare da tempo scrive che Berlusconi, Forza Italia, la Lega insieme (e perfino separati, dipende dalla legge elettorale) sono già la potenziale maggioranza, la sola variante – allo stato attuale – che potrebbe battere questa formula è quella della maggioranza decapottabile tra sovranisti: Movimento 5Stelle + Lega. Ipotesi tutt’altro che remota, anche se i risultati di ieri (forse) imprimeranno un’altra curvatura allo spazio delle alleanze del centrodestra italiano.
E’ un voto locale? Come no, anche la terra è piatta e l’uomo non è mai andato sulla luna. Il voto è più che mai un dato politico di cambiamento del paradigma, i candidati e le liste locali sono importanti, ma la lettura è una mappa molto dettagliata di quello che sta accadendo nel paese.
Il dato più forte sul piano politico è il crollo del Partito democratico di Matteo Renzi. Oggi il Pd farà il solito conto generale dei comuni persi, riconfermati e conquistati, ma al di là dei numeri – che sono comunque pessimi – c’è un tema di qualità del...
Ha (ri)perso Renzi, ha (ri)vinto il centrodestra. La sintesi del voto amministrativo è questa, ma la densità dei fatti è enorme: un terremoto locale che è pronto a innescare uno tsunami nazionale. Durante la notte elettorale al Tg3, il taccuino del titolare di List si è riempito di varie note, i momenti che durante lo spoglio dei voti si sono sentiti come due colpi di tamburo nella foresta sono stati due: la materializzazione della vittoria netta del centrodestra a Genova e la caduta del Muro di Sesto San Giovanni. Due città simbolo della cultura operaia (che fu) sono passate di mano, decenni di storia spazzati via in una serata afosa del mese di giugno del 2017. Il ritorno del centrodestra non coglie di sorpresa i lettori di List, il titolare da tempo scrive che Berlusconi, Forza Italia, la Lega insieme (e perfino separati, dipende dalla legge elettorale) sono già la potenziale maggioranza, la sola variante – allo stato attuale – che potrebbe battere questa formula è quella della maggioranza decapottabile tra sovranisti: Movimento 5Stelle + Lega. Ipotesi tutt’altro che remota, anche se i risultati di ieri (forse) imprimeranno un’altra curvatura allo spazio delle alleanze del centrodestra italiano.
E’ un voto locale? Come no, anche la terra è piatta e l’uomo non è mai andato sulla luna. Il voto è più che mai un dato politico di cambiamento del paradigma, i candidati e le liste locali sono importanti, ma la lettura è una mappa molto dettagliata di quello che sta accadendo nel paese.
Il dato più forte sul piano politico è il crollo del Partito democratico di Matteo Renzi. Oggi il Pd farà il solito conto generale dei comuni persi, riconfermati e conquistati, ma al di là dei numeri – che sono comunque pessimi – c’è un tema di qualità del voto e di dinamica del consenso che è sotto gli occhi di tutti. Non occorre aver letto il Principe di Machiavelli (lettura che il titolare in ogni caso consiglia tout de suite) per capire che siamo di fronte a due problemi: Renzi e il partito. Partiamo da quest’ultimo, poi passiamo al leader.
Il partito. Il Pd è un’opera incompiuta che si va (dis)facendo. La sua storia è quella di una saga per la corona dove l’eliminazione politica dell’avversario con ogni mezzo è la regola. Usciti dalla storia con i buchi nelle bandiere (caduta del Muro di Berlino, 1989), i post-comunisti hanno messo insieme molte sigle (Pci-Pds-Ds-Pd) ma poche idee davvero efficaci per costruire una nuova sinistra italiana. La stagione ulivista fu la sintesi politica di Romano Prodi, la risposta al fenomeno del berlusconismo che aveva tritato l’occhettismo della svolta senza rivolta, la stagione unionista fu il tentativo di tenere insieme una massa di asteroidi anarchici (e finirono subito in rotta di collisione), quella del Partito democratico fu l’uccisione in culla (citofonare D’Alema) del sogno progressista a stelle e strisce del visionario Veltroni, il tran tran seguente fu un anonimato politico spruzzato di potere e interdizione, la riduzione del programma all’anti-berlusconismo. Poi arrivò il renzismo. E anche quel disegno rutilante, la rottamazione, il partito che vuol farsi maggioritario senza esserlo sul serio, anche quello è naufragato in divisioni e scissioni contrappuntate da direzioni trasformate in sedute di autocoscienza. Il referendum costituzionale in realtà fu solo un campanello d’allarme, una sorta di prova generale, ma ieri s’è sentito il botto. Craaaaac.
Il segretario. Matteo Renzi è un talento politico che ha smarrito il tocco magico e ha un nemico temibile: se stesso. Queste elezioni hanno certificato lo smarrimento anche del front runner e messo sul tavolo il problema di una leadership che esiste nel partito ma scatena la reazione chimica del voto contrario nel paese. Berlusconi fu un soggetto simile, con una differenza enorme: la maggioranza del paese era (e continua ad essere) di centrodestra. In uno scenario de facto come questo, Renzi si sarebbe dovuto preoccupare di allargare, di non dividere con l’accetta il partito, di fare sintesi qualche volta anche contro se stesso, di discutere ma senza cadere nel tranello (in cui invece è puntualmente caduto) del dibattito interno senza fine, della moderazione da usare per temperare la sua naturale irruenza, di contenere i turborenziani, i più realisti del re, i renzianetti, gli amici degli amici, i suoi stessi familiari. Fare cioè il segretario di partito senza precipitare nella gestione da clan, nel clima cospiratorio e nell’assedio a Fort Apache. Renzi ha continuato a gestire se stesso e il partito come se la vittoria alle elezioni europee non fosse mai finita tra le cose del passato. Non a caso si è appeso a un numero di quella stagione, il quaranta. Quaranta per cento i voti presi alle europee, quaranta per cento la soglia per il premio di maggioranza nella legge elettorale, quaranta per cento (esiste un tweet di Luca Lotti che è un’epigrafe e un memento) la quota di consenso da cui ripartire dopo la sconfitta del referendum, quaranta per cento, un’ossessione. Quel numero non esiste. Il Pd non ha quei voti e Renzi perde consenso. Non è in discussione la sua leadership nel Pd – ha vinto il congresso – ma da ieri sera è chiaro che la sua capacità di essere l’uomo della premiership è (forse) tramontata. La separazione della guida del partito dalla candidatura a Palazzo Chigi non è una cessione alla minoranza, ma un’accettazione saggia della realtà: i leader si vedono quando sanno fare due passi avanti, ma i grandi restano sulla scena perché capiscono quando è il momento di farne uno indietro. Se Renzi non apre una discussione su questo, rischia di avvitarsi in una spirale che lo condurrà alla sconfitta e all’oblìo.
Lo scenario. Tutto questo non accade per caso, lo Zeitgeist, lo spirito dei tempi, sta dipingendo una tela dai colori sgargianti, piena di movimento futurista. Parigi e Washington, epicentro delle rivoluzioni, della libertà, della ragione, della democrazia, del popolo, sono tornate a scandire il ritmo della storia. Emmanuel Macron e Donald Trump sono la manifestazione di questo tempo: due senza partito che hanno archiviato il Novecento dei partiti. En marche ha liquidato il Partito socialista e la sinistra francese mettendo all’angolo i Repubblicain che hanno smarrito il gollismo; Make America Great Again ha acceso la mietitrebbia dell’Ohio e falciato il Partito democratico clintoniano e il Partito repubblicano senza leadership. Sulle rive della Senna e del Potomac si sta squadernando un’altra storia. Parigi ha messo in moto un soggetto che ha in mente il cambiamento dell’Europa, Washington è il teatro di una grande battaglia tra le élite metropolitane e il cuore pulsante dell’America rurale, il ranch contro il grattacielo. E’ in questo contesto che bisogna collocare ogni storia politica. Quella renziana è fuori da questo giro di giostra perché ha perso l’occasione di essere – in anticipo – sincronizzato con l’orologio della storia. In un tempo di uomini senza partito che disfano i partiti, Renzi ha voluto farsi capo di un partito senza liberarsi del peso del partito, della sua ruggine. Il ferro affonda. E il fiume della storia è implacabile.
01
Diciassette miliardi che stupiscono il mondo
Due banche chiuse e riaperte, un conto da 17 miliardi, paga il contribuente. La storia è ormai nota, gli effetti si stanno manifestando in queste ore. Come anticipato ieri dal titolare nel numero speciale di List, per sapere, per capire cosa sta accadendo, occorre guardare con attenzione le mosse della comunità finanziaria e la parabola della politica dei capi di Stato. Incrociando questi elementi, si cominciano a cogliere i movimenti del sismografo. Questa è l’home page del Financial Times stamattina:
Si coglie la sensazione di essere di fronte a un fatto abnorme: la rianimazione di due banche tutto sommato di modeste dimensioni che mobilizza una quantità enorme di risorse finanziarie: 17 miliardi di euro. Questo è il conto del decreto varato ieri dal governo per cedere a Intesa San Paolo le due sorelle della Serenissima, Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza. Sono 5 miliardi cash per Intesa e altri 12 come copertura dei rischi per lo Stato derivanti dalla gestione dei crediti deteriorati della bad bank. Un accantonamento prudenziale simile suggerisce che all’orizzonte sono in arrivo problemi molto seri sulle partite radioattive scaricate nel bidone dello Stato. C’erano alternative? No, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ieri lo ha ripetuto in maniera quasi ossessiva: “Non ci sono alternative”. Il governo si è arreso alla realtà dei suoi ritardi, del mercato, del capitalismo italiano che non c’è (e se c’è non ha nessuna intenzione di entrare nel caveau), delle condizioni ferree dettate da Intesa e dal suo consigliere delegato Carlo Messina, il vero e unico vincitore di questa partita disperata. Ha perso ancora una volta il contribuente.
E’ questo il punto, insieme alla cifra, alla dimensione dell’intervento. Il Wall Street Journal stamattina mette nero su bianco il fatto nella sua innaturale involuzione:
Bloomberg fa lo stesso salto con l’asta per arrivare alla cifra monstre, quei 17 miliardi di euro di impegni (19 miliardi di dollari) che mettono in ogni caso un’ipoteca sul futuro dei conti pubblici italiani e aprono un problema nel progetto di unione bancaria in Europa:
Il più grande salvataggio. Come andrà a finire? Siamo alle prime battute della storia. Wait and see. E seguite il titolare di List. Dove andiamo? Negli Stati Uniti (e anche un po’ in Germania). Si vola, anzi si vota.
02
Angela, Martin e... The Donald
La cancelliera Angela Merkel sta inseguendo il suo quarto mandato (sarebbe un record, pari a quello di Helmut Kohl), i socialdemocratici inseguono, dopo una prima fiammata che lo aveva portato a uno spettacolare recupero, l’ex presidente del Parlamento europeo Martin Schulz si è ritrovato in mezzo alla strada e senza benzina. Che fare? Trovare un nemico. Chi? Cribbio, che domande, il nemico perfetto, l’uomo nero, quello che non si può fare a meno di randellare: Donald Trump. E così una campagna elettorale dominata dalla birra economica è diventata una polemica di Schulz e dei socialdemocratici tedeschi contro la Merkel colpevole di essere finora stata troppo tenera nei confronti di Trump. Cosa dovrebbe fare la Germania? Dichiarare guerra agli Stati Uniti? Vedremo gli sviluppi, l’impressione del titolare di List è che alla fine, come sempre, conteranno i fatti dell’economia e qui allora è bene seguire cosa scrive Handelsblatt: “Merkel House of Cards”. La cancelliera domina i sondaggi, ma per i socialdemocratici non è ancora suonata la campana a morto. E se non funziona la retorica anti-Trump? Tranquilli, c’è un’altra carta a disposizione: il salvataggio delle banche italiane a spese del contribuente, argomento perfetto per dire ai tedeschi che mai e poi mai Berlino farà l’unione bancaria per pagare la finanza creativa degli altri. Tutto torna, basta connettere i puntini. Il titolare di List è un seguace della Settimana Enigmistica della politica.
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è quello di fruire dei contenuti dell'Abbonamento con le modalità e i limiti propri del Servizio. Fatte
salve le
operazioni di archiviazione e condivisione consentite dalle apposite funzionalità del Servizio, qualsiasi
attività di
riproduzione, pubblica esecuzione, comunicazione a terzi, messa a disposizione, diffusione, modifica ed
elaborazione dei
contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.