13 Aprile
Il capo di partito in Italia è assoluto
Le consultazioni hanno sancito che anche le leadership di Di Maio e Salvini sono quelle di capi assoluti. Michele Magno fa un viaggio nella storia della personalizzazione del potere. C'è il potere di uno. E l'obbedienza degli altri.
di Michele Magno
Dopo il voto del 4 marzo scorso, con l’eclissi di Matteo Renzi sembrano sulla via del tramonto anche le espressioni che avevano caratterizzato la sua stagione politica: “uomo solo al comando”, “partito padronale”, “dispotismo mite”. Eppure non si può certo dire che Luigi Di Maio e Matteo Salvini - i vincitori delle urne - siano un semplice “primus inter pares” nei rispettivi partiti. Non ne sono solo i capi, ne sono anche i capi assoluti. Forse vale la pena, allora, tracciare un breve excursus storico della personalizzazione del potere.
Essa si sdoppia, da tempo immemorabile, in due forme ben distinte: quella basata sul denaro o sulla prevalenza degli interessi particolari e quella basata sul carisma, concetto ripreso dal cristianesimo e introdotto nelle scienze sociali da Max Weber (La politica come professione, Mondadori, 2009). Cogliendo una costante delle organizzazioni complesse dall'antichità fino all'età contemporanea, il sociologo tedesco individua la forza del carisma nell'ascendenza divina che -si tratti di re o profeti- viene solitamente associata al capo, e nella natura messianica del suo messaggio. Il carisma nasce da uno stato di grazia unito, quasi sempre, a una disponibilità al sacrificio come occasione palingenetica. Il capo carismatico promette per sua natura un nuovo inizio, e in questa promessa sta la sua capacità di trascinare le folle.
Quando Weber scriveva le sue tesi, non c'era ancora la radio come canale di intrattenimento. Il cinema faceva i suoi primi passi, muti. E la televisione non era neppure immaginabile. Tuttavia, egli non aveva sottovalutato le potenzialità del potere carismatico. Con ciò presagendo genialmente l'irruzione in tutta Europa di leader visionari e magnetici. Per quanto essi facessero largo uso della propaganda di stampa, il loro appeal sulle folle era mediato soprattutto dagli assembramenti fisici, dalle "adunate oceaniche". Che cosa sarebbe successo -domandava...
di Michele Magno
Dopo il voto del 4 marzo scorso, con l’eclissi di Matteo Renzi sembrano sulla via del tramonto anche le espressioni che avevano caratterizzato la sua stagione politica: “uomo solo al comando”, “partito padronale”, “dispotismo mite”. Eppure non si può certo dire che Luigi Di Maio e Matteo Salvini - i vincitori delle urne - siano un semplice “primus inter pares” nei rispettivi partiti. Non ne sono solo i capi, ne sono anche i capi assoluti. Forse vale la pena, allora, tracciare un breve excursus storico della personalizzazione del potere.
Essa si sdoppia, da tempo immemorabile, in due forme ben distinte: quella basata sul denaro o sulla prevalenza degli interessi particolari e quella basata sul carisma, concetto ripreso dal cristianesimo e introdotto nelle scienze sociali da Max Weber (La politica come professione, Mondadori, 2009). Cogliendo una costante delle organizzazioni complesse dall'antichità fino all'età contemporanea, il sociologo tedesco individua la forza del carisma nell'ascendenza divina che -si tratti di re o profeti- viene solitamente associata al capo, e nella natura messianica del suo messaggio. Il carisma nasce da uno stato di grazia unito, quasi sempre, a una disponibilità al sacrificio come occasione palingenetica. Il capo carismatico promette per sua natura un nuovo inizio, e in questa promessa sta la sua capacità di trascinare le folle.
Quando Weber scriveva le sue tesi, non c'era ancora la radio come canale di intrattenimento. Il cinema faceva i suoi primi passi, muti. E la televisione non era neppure immaginabile. Tuttavia, egli non aveva sottovalutato le potenzialità del potere carismatico. Con ciò presagendo genialmente l'irruzione in tutta Europa di leader visionari e magnetici. Per quanto essi facessero largo uso della propaganda di stampa, il loro appeal sulle folle era mediato soprattutto dagli assembramenti fisici, dalle "adunate oceaniche". Che cosa sarebbe successo -domandava una fortunata pubblicità televisiva a proposito di Gandhi- se i leader carismatici avessero avuto a disposizione i moderni mezzi di comunicazione? Forse meno di quanto si possa immaginare. Perché, come i nuovi videoleader avrebbero imparato a proprie spese, i media hanno la capacità di rendere celebre in tempi rapidissimi un nuovo personaggio e il suo messaggio; ma, in tempi altrettanto rapidissimi, possono logorarlo e distruggerlo.
In Italia, il primo leader che si può vantare di aver costruito il suo successo facendo leva sulle proprie doti di comunicazione, e sul messaggio di cui era portatore, è Mario Segni. Il trionfo del movimento referendario nei primi anni Novanta si identifica ampiamente col suo nome e segna una vera e propria rottura nella cultura politica italiana. Da quel momento, per fasce sempre più ampie di elettorato, il voto al leader diventerà un'opzione -e una tentazione- molto forte. I primi ad approfittarne, su larga scala e in modo sistematico, saranno i sindaci eletti -a partire dal 1993- con una nuova legge maggioritaria. Il piccolo schermo delle Tv locali ospita per la prima volta i duelli all'americana tra i candidati.
Nel momento, però, in cui dal piano locale si passa al piano nazionale, la musica cambia. Soprattutto per la sinistra, quando “deve misurarsi con quel mattatore mediatico che è Silvio Berlusconi” (Mauro Calise, Fuorigioco, Laterza, 2013). Nel momento in cui deve interloquire con una piazza virtuale in cui la forza del messaggio si identifica essenzialmente con la capacità comunicativa, nella sua leadership prevale un riflesso oligarchico, la tendenza a ritrarsi su se stessa, sulle certezze della propria identità. Un meccanismo che la terrà lontana dalla Rete, percepita come un mondo non gestibile, proprio negli anni in cui il Web cominciava ad affermarsi come un formidabile canale di mobilitazione e di propaganda. Ora, al di là del giudizio che si può dare sulla sua parabola politica e sul suo spessore culturale, non c'è dubbio che il renzismo si è abbattuto come un ciclone sull'incapacità dei vertici del Pd di adeguarsi alle regole della "democrazia del pubblico" (l'espressione è del politologo francese Bernard Manin), dove non si vota più tanto il partito e il programma (come avveniva nella "democrazia dei partiti"), ma si vota innanzitutto la persona.
Ma anche la leadership più brillante, così come avviene per le stelle più luminose, è destinata a perdere energia. Il termine deriva dal verbo inglese “to lead”, che è stato comunemente usato per tradurre il latino “ducere”. Il vocabolo leader ha ovviamente la stessa radice. Storicamente, è stato forse Platone il primo ad affermare il principio della leadership. Nelle Leggi, il filosofo greco afferma che vi è chi - essendo nato e educato per questa funzione - deve "comandare, guidare e governare" gli altri perseguendo il bene della polis. Nella cultura ellenica e latina l'interesse per i grandi leader politici e militari è costante. Ma solo nel 69 d.C. la "Lex de imperio Vespasiani" legittima il potere personale assoluto dell'imperatore romano, da cui trae origine la categoria politica del cesarismo.
Se cavalieri e re rappresentano i leader più rilevanti del Medioevo, la "Great Rebellion" inglese del Seicento apre la via al primo episodio cesaristico moderno, la dittatura personale di Oliviero Cromwell. Con la "Glorius Revolution" di fine secolo comincia invece l'era della monarchia costituzionale, che culminerà nella creazione del Gabinetto di governo e dell'istituto del premier. Per altro verso, dalla Rivoluzione americana e dalla Convenzione che ne sancisce la vittoria (1787) nasce la repubblica presidenziale. Le due democrazie anglosassoni si sono così assicurate una leadership personale forte attraverso la sua progressiva istituzionalizzazione.
I principali Stati europei svilupperanno invece il modello della democrazia parlamentare, ma la Francia ha vissuto con i due Bonaparte esperienze illiberali, che hanno ispirato una nuova categoria della politica: il bonapartismo (in verità coincidente con il cesarismo per l'essenziale, ossia il potere personale appoggiato dall'esercito e dal popolo tramite l'istituto del plebiscito). Da ultimo, in pieno ventesimo secolo Italia, Germania e Russia sono state soggette a regimi totalitari. Nella "Führerprinzip" teorizzata da Hitler in "Mein Kampf" (1925-1927), il leader espresso dalla lotta rivoluzionaria, e perciò "selezionato dalla Natura", nomina i capi di tutte le istanze dello Stato e del partito unico, costruendo dal vertice la piramide del potere.
La riflessione scientifica sulla leadership matura tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del secolo scorso, con i contributi (il già citato Weber a parte) di Gaetano Mosca sulla classe politica e di Vilfredo Pareto sulle élite, di Roberto Michels sui partiti e sui sindacati operai e poi sul fascismo. Mentre il confronto tra totalitarismo e democrazia ha ispirato, negli anni Trenta e Quaranta, le ricerche di Theodor W. Adorno e Mark Horkeimer sulla celebre e controversa "personalità autoritaria".
In questo secolare dibattito non sono però mancate impostazioni poco precise e partigiane, in particolare del rapporto tra leader e società. Secondo gli studiosi più avvertiti “si tratta di un rapporto di interazione, che va esaminato nel suo concreto equilibrio in ciascun caso storico” (Luciano Cavalli, Il leader e il dittatore, Ideazione, 2003). Cogliendo questo aspetto del problema, Machiavelli scrive nel Principe che per conoscere la "virtù" di Mosè, la "grandezza d'animo" di Ciro e la "eccellenzia" di Teseo erano necessarie le condizioni -rispettivamente- di schiavitù, oppressione e dispersione dei loro popoli; e che quelle tre condizioni si trovavano unitamente presenti nella nostra penisola, ma esasperate, forse proprio per mettere alla prova "la virtù di uno spirito italico".
Quale che sia il giudizio sulle qualità della leadership, l'evidenza empirica dimostra che essa ha giocato un ruolo cruciale soprattutto nelle situazioni straordinarie, ossia di fondazione o trasformazione di uno Stato. Si è appena detto di Machiavelli, scienziato assai pragmatico della politica. Ma nella filosofia della storia di Hegel l'individuo "cosmico-storico" è pur sempre il protagonista delle grandi crisi di transizione, colui che “squarcia l'involucro soffocante del vecchio ordine per farne nascere uno nuovo” . Solo che per il grande fiorentino il leader solca un mare dalle rotte sempre ignote, mentre per il filosofo tedesco (e per Marx) il porto in cui approderà è comunque prestabilito.
In Europa, solo dopo il Secondo conflitto mondiale democrazia e oligarchia riusciranno a ri- conciliarsi. Solo dopo il 1945 i popoli occidentali, compresi i settori più radicali del movimento operaio, accetteranno di "usare le proprie élite (le proprie 'oligarchie democratiche') per tradurre al livello dello Stato le proprie istanze" (Marco Revelli, Finale di partito, Einaudi, 2013). E accetteranno, anche, un'idea di democrazia vicina a quella elaborata da Joseph Schumpeter. Per l’economista austriaco, il metodo democratico è "lo strumento istituzionale per giungere a decisioni politiche, in base al quale singoli individui ottengono il potere di decidere attraverso una competizione che ha per oggetto il voto popolare" (Capitalismo, socialismo, democrazia, Etas, 2001).
Perché, quindi, nel passaggio di secolo -in forma prima silenziosa, poi via via più rumorosa e eclatante- la sfiducia nei partiti (pressoché esclusivi interpreti di quel modello di democrazia) è esplosa così clamorosamente? Almeno da noi, la risposta che forse ha ricevuto più credito è anche la più semplice: la "casta" è diventata insopportabile perché i leader sono peggiorati. Come si suol dire, "non ci sono più i capi di una volta". Le élite non sono più, come scriveva Vilfredo Pareto, classi elette composte da coloro che eccellono nei vari campi, compreso quello dell'arte di governare. Nell'analisi di Roberto Michels era scontato che i capi fossero migliori della massa. Soprattutto "nei partiti del proletariato -scriveva nel 1911- in fatto di cultura, i duci sono di gran lunga superiori all'esercito". Come si legge nella Sociologia del partito politico (il Mulino, 1966), "la gratitudine delle masse verso personalità che in nome loro parlano e scrivono, che si sono create la fama di difensori e consiglieri del popolo, [...] è naturale e spesso trascende in vera e propria tendenza delle masse alla venerazione dei capi".
Nulla di tutto ciò sembra oggi possibile. Le leadership di partito attuali sono ampiamente screditate, tanto che l'unica rivendicazione unanime che si leva "dal basso" ogni qualvolta si parla di riforma elettorale, è quella di sottrarre alle segreterie di partito il potere di decidere le candidature. La folla di funzionari e di quadri intermedi che occupa gli apparati, così come la moltitudine dei parlamentari, sono spesso considerate come esempio di impreparazione, di cattiva conoscenza dei problemi, di inefficienza e parassitismo. Sono inoltre bollate come venali e affaristiche, marcate dal vizio del privilegio e da uno spirito corporativo, oltre che da un diffuso servilismo. "Non c'è persona più fedele del buono a nulla, perché non ha alternative", ha tuonato in una lezione alla Leopolda fiorentina Luigi Zingales parlando della "peggiocrazia" dilagante nei partiti italiani. E Maurizio Viroli, in un fortunato volumetto dal titolo esemplare (La libertà dei servi, 2010), ha parlato di "sistema di corte" a proposito della ex maggioranza berlusconiana, e di "dipendenza o sudditanza morale" a proposito del maggiore partito della ex opposizione.
È "una spiegazione, questa, che tuttavia spiega poco" [Revelli, cit]. Perché occorrerebbe capire per quale ragione oggi i meccanismi della democrazia rappresentativa, anziché i migliori, selezionino i peggiori. Su questo nodo esiste una letteratura sterminata, che attribuisce alle trasformazioni di sistema - consumatesi nei decenni terminali del Novecento - le ragioni del degrado della rappresentanza politica nei regimi democratici. In un suo fondamentale saggio del 1974, Il declino dell'uomo pubblico (Bruno Mondadori, 2006), Richard Sennet poneva all'origine della progressiva erosione della vita pubblica, a cui assistiamo da tempo, una vera e propria apocalisse culturale, segnata dall'emergere di un Io ipertrofico e insieme vuoto, che tende a proiettare sullo spazio pubblico la propria soggettività narcisistica: sentimenti, emozioni, pulsioni, desideri di successo e di visibilità.
Lo stesso spazio pubblico viene così invaso da linguaggi e stili narrativi di una soap opera, in un continuo, banale e seriale disvelamento di sé ormai scevro da ogni mistero o pudore. È quanto un altro acuto indagatore della "cultura del narcisismo", Christopher Lasch, ha sintetizzato nel saggio La cultura del narcisismo (Bompiani, 2001) con l'espressione "ribellione delle élite", attribuendo alle minoranze dominanti gli stessi vizi e le stesse debolezze che nel 1930 un altro interprete della crisi della modernità, Ortega y Gasset, aveva attribuito a quelli che dovrebbero costituire i loro rappresentati (La ribellione delle masse, SE Editore, 2001).
In un quadro istituzionale tendenzialmente delegittimato, in cui si sgretolano le basi materiali della fiducia sociale, non sorprende quindi che nel nostro Paese sia riemersa una "tentazione populista" anche nelle forme -fin qui del tutto inedite- della "democrazia digitale" (Pierre Rosanvallon, Controdemocrazia. La politica nell'era della sfiducia, Castelvecchi, 2012). Al di fuori delle retoriche pantecnologiche, è infatti evidente che le procedure della decisione telematica tendono a cancellare la fase necessariamente problematica e riflessiva della discussione e dell'analisi dei problemi, per promuovere invece i fattori emotivi, le sensazioni immediate, le pulsioni istintive. E anche questo è un paradosso del nostro tempo: che a una sicuramente più vasta acculturazione e conoscenza finisca per corrispondere una contestuale contrazione del momento dell'esame e della deliberazione argomentata, compresso fino alla dimensione puntiforme del fatidico clic.
Concludo con una nota di pessimismo. D'altronde, come ha affermato una volta Giovanni Sartori, il pessimismo è pericoloso solo se induce alla resa; altrimenti il male lo fanno l'ottimismo e il tranquillismo che inducono a non far niente. Il teatro, la democrazia e le Olimpiadi sono coetanei. Nacquero circa due millenni e mezzo fa in Grecia. All'ombra dell'Acropoli, "si intrecciarono rappresentazione, rappresentanza e competizione: così nacque la politica" (Oliviero Ponte di Pino, Comico & Politico, Cortina, 2014). In questo processo il teatro ha avuto un ruolo centrale, perchè fare parte di un pubblico non era soltanto un aspetto della vita sociale della città: era anche un gesto politico fondamentale. Infatti, sedersi come spettatore che valuta e giudica significava partecipare come cittadino, come soggetto politico. Ed è stata in particolare la tragedia a offrire lo strumento cardinale per questa trasformazione, a costituire la specifica forma estetica su cui poggiava la democrazia ateniese. Ebbene, il pericolo che la democrazia italiana divenga il teatro di un'altra forma estetica, quella della commedia dell'arte di Arlecchino e Pulcinella (portentosa messa in scena del nostro atavico istrionismo), c'è e non è da sottovalutare.
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abbia avuto esito positivo, è facoltà del Fornitore recedere dal contratto con effetti immediati.
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5.7 In caso di acquisto dell'Abbonamento mediante l'Applicazione per dispositivi IOS, il pagamento è gestito
interamente
attraverso la piattaforma App Store fornita dal gruppo Apple. Il pagamento del corrispettivo è
automaticamente
addebitato sull'Apple ID account dell'Utente al momento della conferma dell'acquisto. Gli abbonamenti
proposti sono
soggetti al rinnovo automatico e all'addebito periodico del corrispettivo. L'Utente può disattivare
l'abbonamento fino a
24h prima della scadenza del periodo di abbonamento in corso. In caso di mancata disattivazione,
l'abbonamento si
rinnova per un eguale periodo e all'Utente viene addebitato lo stesso importo sul suo account Apple.
L'Utente può
gestire e disattivare il proprio abbonamento direttamente dal proprio profilo su App Store. Per maggiori
informazioni al
riguardo: https://www.apple.com/it/legal/terms/site.html. Il Fornitore non è responsabile per eventuali
disservizi della
piattaforma App Store.
6. Promozioni
6.1 Il Fornitore può a sua discrezione offrire agli Utenti delle promozioni sotto forma di sconti o periodi
gratuiti di
fruizione del Servizio.
6.2 Salvo che non sia diversamente specificato nella pagina di offerta della promozione, l'adesione a una
promozione
comporta, alla sua scadenza, l'attivazione automatica del Servizio a pagamento con addebito periodico del
corrispettivo
in base al contenuto del pacchetto di volta in volta selezionato dall'Utente.
6.3 L'Utente ha la facoltà di disattivare il Servizio in qualunque momento prima della scadenza del periodo
di prova
attraverso una delle modalità indicate nel precedente articolo 3).
7. Obblighi e garanzie dell'Utente
7.1 L'Utente dichiara e garantisce:
- di essere maggiorenne;
- di sottoscrivere l'Abbonamento per scopi estranei ad attività professionali, imprenditoriali, artigianali
o commerciali
eventualmente svolte;
- che tutti i dati forniti per l'attivazione dell'Abbonamento sono corretti e veritieri;
- che i dati forniti saranno mantenuti aggiornati per l'intera durata dell'Abbonamento.
7.2 L'Utente si impegna al pagamento del corrispettivo in favore del Fornitore nella misura e con le
modalità definite
nei precedenti articoli.
7.3 L'Utente si impegna ad utilizzare l'Abbonamento e i suoi contenuti a titolo esclusivamente personale, in
forma non
collettiva e senza scopo di lucro; l'Utente è inoltre responsabile per qualsiasi uso non autorizzato
dell'Abbonamento e
dei suoi contenuti, ove riconducibile all'account dell'Utente medesimo; per questo motivo l'Utente si
impegna ad
assumere tutte le precauzioni necessarie per mantenere riservato l'accesso all'Abbonamento attraverso il
proprio account
(per esempio, mantenendo riservate le credenziali di accesso ovvero segnalando senza ritardo al Fornitore
che la
riservatezza di tali credenziali risulta compromessa per qualsiasi motivo).
7.4 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
8. Tutela della proprietà intellettuale e industriale
8.1 L'Utente riconosce e accetta che i contenuti dell'Abbonamento, sotto forma di testi, immagini,
fotografie, grafiche,
disegni, contenuti audio e video, animazioni, marchi, loghi e altri segni distintivi, sono coperti da
copyright e dagli
altri diritti di proprietà intellettuale e industriale di volta in volta facenti capo al Fornitore e ai suoi
danti causa
e per questo si impegna a rispettare tali diritti.
8.2 Tutti i diritti sono riservati in capo ai titolari; l'Utente accetta che l'unico diritto acquisito con
il contratto
è quello di fruire dei contenuti dell'Abbonamento con le modalità e i limiti propri del Servizio. Fatte
salve le
operazioni di archiviazione e condivisione consentite dalle apposite funzionalità del Servizio, qualsiasi
attività di
riproduzione, pubblica esecuzione, comunicazione a terzi, messa a disposizione, diffusione, modifica ed
elaborazione dei
contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.