22 Gennaio
Il Cavaliere, il premier, il politico. Il gioco delle tre carte
Romanzo Quirinale. Oggi alle 16.00 il vertice del centrodestra, Berlusconi (che parteciperà online) deve sciogliere la riserva sulla sua candidatura al Colle. Lo stallo favorisce Draghi, ma l'idea della candidatura di un politico dell'area conservatrice resta sul tavolo. La sinistra attende e gioca di rimessa. Perché il presidente del Consiglio è considerato uno "straniero" dai partiti e perché l'alternativa alla sua ascesa è complicata
Che succede? Siamo a 48 ore dall’inizio del voto per l’elezione del presidente della Repubblica e sul taccuino ci sono appunti sparsi, una trama possibile, ma nessun esito certo. Non c’è accordo su un nome, il negoziato tra gli schieramenti, tra i partiti (e nei partiti) è ancora in corso e andrà avanti fino a quando non uscirà il nome di un candidato condiviso da una maggioranza solida (e non è detto che sia quello di governo).
Regole del gioco: collegio di 1009 elettori, per i primi tre scrutini è necessaria la maggioranza di due terzi (pari a 671); dal quarto scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta, 504 voti. Il voto è segreto, non c’è mandato imperativo, il Parlamento è frastagliato, nessuno vuole andare alle elezioni anticipate. Con queste certezze, non può che regnare l’incertezza.
Salvo accordi a sorpresa all’ultimo minuto, non ci sarà un vincitore della corsa al Colle nelle prime tre chiamate, ma dalla quarta votazione in poi tutto è possibile. Il negoziato tra i partiti non è mai decollato, la candidatura di Silvio Berlusconi a destra ha fatto alzare subito lo scudo del no della sinistra, il risultato è uno stallo e per ora siamo al voto al buio.
Oggi ci sarà un vertice del centrodestra a Roma (ore 16:00), Silvio Berlusconi (non sarà presente, sarà collegato online, un altro segnale di "distanza") deve dire agli alleati se ha i voti o no per essere eletto, dunque si attende che sciolga la riserva, o corre o si ritira, non ci sono vie di mezzo. Il Cav gioca venti partite insieme, ha i mazzi di carte che gli escono dai polsini, il problema è che le vedono tutti. Tratta...
Che succede? Siamo a 48 ore dall’inizio del voto per l’elezione del presidente della Repubblica e sul taccuino ci sono appunti sparsi, una trama possibile, ma nessun esito certo. Non c’è accordo su un nome, il negoziato tra gli schieramenti, tra i partiti (e nei partiti) è ancora in corso e andrà avanti fino a quando non uscirà il nome di un candidato condiviso da una maggioranza solida (e non è detto che sia quello di governo).
Regole del gioco: collegio di 1009 elettori, per i primi tre scrutini è necessaria la maggioranza di due terzi (pari a 671); dal quarto scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta, 504 voti. Il voto è segreto, non c’è mandato imperativo, il Parlamento è frastagliato, nessuno vuole andare alle elezioni anticipate. Con queste certezze, non può che regnare l’incertezza.
Salvo accordi a sorpresa all’ultimo minuto, non ci sarà un vincitore della corsa al Colle nelle prime tre chiamate, ma dalla quarta votazione in poi tutto è possibile. Il negoziato tra i partiti non è mai decollato, la candidatura di Silvio Berlusconi a destra ha fatto alzare subito lo scudo del no della sinistra, il risultato è uno stallo e per ora siamo al voto al buio.
Oggi ci sarà un vertice del centrodestra a Roma (ore 16:00), Silvio Berlusconi (non sarà presente, sarà collegato online, un altro segnale di "distanza") deve dire agli alleati se ha i voti o no per essere eletto, dunque si attende che sciolga la riserva, o corre o si ritira, non ci sono vie di mezzo. Il Cav gioca venti partite insieme, ha i mazzi di carte che gli escono dai polsini, il problema è che le vedono tutti. Tratta con i suoi alleati, ma lo fa anche con gli avversari e non in una logica di coalizione, ma individuale, niente di strano, è la politica, ma è bene ricordarsene, quando Antonio Tajani dice una cosa, Berlusconi di solito ne pensa e ne fa un’altra. La voce più seria (e divertente) in quella che è stata battezzata come “operazione scoiattolo” è stata quella di Vittorio Sgarbi, “il telefonista”, che ha detto chiaramente che non ci sono i voti per il Cav al Quirinale ma c’è lo spazio politico di manovra per lanciare un’altra idea, “l’operazione canguro” (il conio è di List). Cosa è? Berlusconi può lanciare un altro candidato e soprattutto rallentare o bloccare tutti gli altri. Il Cav non ha un potere assoluto, in questo gioco potrebbe restare “gabbato”, ma se tira fuori le sue carte con tempismo, può rovinare i piani di tutti, a cominciare da Mario Draghi, il candidato naturale (e non) alla presidenza della Repubblica.
É il centrodestra che deve prendere una decisione, è in vantaggio sul centrosinistra, può eleggere un suo presidente, e finora è chiaro che Salvini e Meloni proveranno a farlo, la loro prima scelta non sarà Mario Draghi. Per questo la decisione di Berlusconi sarà l’innesco del gioco: se decide di correre assisteremo a un colossale autoscontro politico, tutti contro tutti; se si ritira e indica Draghi al primo colpo, frantuma la coalizione; se mette veti sui nomi che proporranno la Lega e Fratelli d’Italia, rischia di restare solo a guardarsi allo specchio con il cerino in mano; se decide di fare la tattica del sommergibile e silurare i compagni di viaggio appoggiando un candidato che ancora non si vede, mette le premesse per un’altra maggioranza di governo che si auto-compone subito dopo l’elezione del capo dello Stato. Mal di testa? Siamo solo all’inizio, le varianti sono come quelle del virus, la fabbrica è aperta.
Salvini e Meloni sono di fronte, ancora una volta, al dilemma dell’abbandono del padre (che tale non è, non ama i suoi figli), lasciare che sia Berlusconi a dare le carte è impossibile, perché da questo voto dipendono le fortune politiche di entrambi. Tutti sanno che Berlusconi potrebbe favorire l’elezione di un presidente di centrosinistra (Gianni Letta in passato lavorava alla maggioranza Ursula, non all’ingresso della Lega nel governo Draghi), sarebbe una debacle totale per Lega e Fratelli d’Italia che prima di arrivare a Draghi, vogliono almeno tentare di eleggere una personalità dell’area conservatrice.
L’idea di Salvini e Meloni (e bisogna vedere se tra i due c'è la sintonia necessaria per una decisione virtuosa) è quella di dare una svolta alla storia politica del paese, da trent’anni bloccata su due figure opposte: il Cavaliere e un presidente della Repubblica espresso dal centrosinistra. È dalla fine della presidenza di Francesco Cossiga che sul Colle si alternano solo presidenti espressi dall’area “progressista”, con varie declinazioni che vanno dal cattolicesimo democratico (Oscar Luigi Scalfaro e Sergio Mattarella), all’azionismo (Carlo Azeglio Ciampi), al riformismo socialista (Giorgio Napolitano). È stata la presenza di Berlusconi a impedire alla destra italiana di avere un presidente della Repubblica, sul Colle doveva esserci un elemento di “contenimento” del Cavaliere e così è stato fino a oggi. Lo sarà anche domani? Dipende dalla Lega e da Fratelli d’Italia, da Salvini e Meloni e naturalmente dalle mosse che farà Berlusconi.
In questo scenario, il centrosinistra gioca di contropiede (e sia chiaro, può vincere), attende che sia Berlusconi a “dettare” la mossa (come è sempre stato da quando il Cav è in campo), il Pd plasma la sua tattica sulla base di quello che farà (o non farà) Berlusconi. Nel Pd non ci sono idee da portare avanti, se non la lotta del potere per il potere e il no a Berlusconi come bandiera sufficiente da sventolare di fronte alle masse. Il resto è un aggiustamento continuo della navigazione nel Palazzo. È una strategia che nel corso degli ultimi tre decenni ha decimato la base del consenso, ma ha consentito a un gruppo dirigente variegato (dentro e fuori il Pd) di andare avanti nel “mestiere” della politica. Così sarà anche stavolta e può darsi che sia confermata la regola del Colle che non va mai a destra. Ecco perché Draghi alla fine è considerato dal segretario del Pd una soluzione possibile: non è nostro, ma non è nemmeno loro. E nella battaglia consumata degli -ismi alla fine si potrebbe cantare vittoria dicendo che Draghi è una garanzia di europeismo, responsabilità, competenza. Tutto vero, manca solo una cosa: la politica.
Nomi? Se ne fanno - e c’è sempre Berlusconi che probabilmente non farà alcun nome alternativo, per non scoprire le sue carte e vedere cosa succede nelle prime tre votazioni - ma Mario Draghi è ancora il candidato favorito. Più va avanti lo stallo nel negoziato, più le sue chance di salire sul Colle aumentano. Nessuno tra i leader di partito lo ama, nessuno gli è ostile al punto da mettere un veto sulla sua elezione, tutti lo rispettano, ma nessuno lo sente come parte di un racconto nuovo della Repubblica dei partiti (titolo di un libro importante di Pietro Scoppola sulla storia delle nostre istituzioni).
Draghi è un uomo senza partito, dalle fortissime relazioni internazionali (in pochi giorni ha ricevuto l’endorsement di Financial Times, New York Times e Frankfurter Allgemaine Zeitung), ha centrato l’obiettivo di uscire dall’emergenza pandemica (vaccinazione) e mettere le basi della ricostruzione economica (Recovery Plan), ma i partiti lo vivono come “lo straniero” e la sua elezione alla fine avverrebbe per sottrazione e non per addizione. È il miglior candidato al Colle, ha una funzione fondamentale rispetto alla fiducia dei mercati, ma proprio perché frutto di uno “stato d’eccezione” non sarebbe una svolta nella storia della cultura politica del nostro paese, non cesserebbe l’anomalia della non-alternanza alla presidenza della Repubblica italiana.
Draghi vuole andare al Quirinale e per un uomo con quell’impeccabile servizio nelle istituzioni è un desiderio non impossibile. Chi meglio di lui? Nessuno, ma il Palazzo ha anche altre regole non scritte, tra queste c’è il fatto che di solito il “Grand Commis” non diventa mai capo politico, guida della nazione. Draghi è un caso singolare perché non ha mai partecipato in maniera diretta alla vita politica dei partiti, ha fatto con enorme successo una carriera che è quella del servitore delle istituzioni (oggi “nonno al servizio delle istituzioni”, Draghi dixit), una storia parallela ma sempre un passo indietro rispetto alla guerra politica, vicina e nello stesso tempo distante quanto basta per non restarvi intrappolato. È questo essere “lontano” dal campo di battaglia a farlo “alieno” rispetto alle biografie di chi deve decidere se votarlo o no per il Quirinale.
Chi evoca la carriera di Carlo Azeglio Ciampi come esempio per classificare la figura di Draghi sbaglia, perché Ciampi fu militante del Partito d’azione, fu governatore della Banca d’Italia in anni in cui i partiti decidevano tutto, fu tre volte ministro (Tesoro, Bilancio, Programmazione economica), fu presidente del Consiglio, solo dopo questo percorso tutto politico divenne presidente della Repubblica e poi senatore a vita.
Draghi è un’altra cosa, di grandissima qualità, ma il profilo è di diverso stampo: nel 1982 divenne consigliere del ministro del Tesoro Giovanni Goria (governava Amintore Fanfani) su segnalazione di Beniamino Andreatta, fece un passaggio da direttore esecutivo della Banca mondiale (1984-1990), fu chiamato alla direzione generale del Tesoro nel 1991 da Guido Carli (governava Giulio Andreotti, al Tesoro c’era Carli, alle Finanze Rino Formica e al Bilancio Paolo Cirino Pomicino) e restò in quella posizione fino al 2001, dieci anni di servizio nel ministero dell’Economia. Dopo questo lungo periodo di lavoro in Italia (gli passarono davanti agli occhi nove governi- tutti lo confermarono al suo posto), vi fu la “svolta americana”, Draghi entrò nell’officina dell’élite globale, dunque passaggio alla John Kennedy School di Harvard e nel think tank di Brookings, manager di punta di Goldman Sachs. Nel 2005 il governo Berlusconi lo nominò governatore di Bankitalia al posto di Antonio Fazio. La mente e il braccio di Draghi sono presenti in due fatti che hanno cambiato l’economia del nostro paese: da direttore generale del Tesoro mise a punto il processo di grandi privatizzazioni delle società pubbliche negli anni Novanta; durante il suo mandato nella Banca centrale italiana avvennero le grandi fusioni della galassia del credito. Nel 2011 Draghi fa un altro balzo, chiude la porta di Bankitalia e per lui si spalanca il cancello della Banca centrale europea, qui l’uomo mostra le sue doti di combattente e mediatore, contiene la forza della Germania rappresentata nella Bce dal presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, diventa uno dei punti di riferimento dei leader mondiali, è un ponte tra Washington e Bruxelles, affronta la crisi finanziaria dell’Eurozona innescata dal crollo dei mutui subprime in America, vara la politica monetaria del «Whatever it takes», tutto ciò che è necessario. Quando lascia la Bce viene salutato con tutti gli onori dei capi di Stato dai capi di Stato. Applausi, cala il sipario.
In realtà nessuno pensava che la storia di Draghi fosse finita là, ma pochi immaginavano che l’ex banchiere centrale fosse pronto a costruire il suo ponte di decollo verso il Quirinale aprendo la porta di un governo d’emergenza a Palazzo Chigi. Poi dal cilindro di Mattarella (e dalla fantasia manovriera di Matteo Renzi) è uscito lui, Draghi. Questo fattore ha scombinato tutti i giochi dei partiti. Sia chiaro, il suo nome era tra gli appunti dei segretari di partito, era un’opzione libera tra le tante, poteva diventare la frase “chiamiamo Draghi”, ma oggi quell’opzione è diventata un problema, una “scelta obbligata” in un incastro micidiale tra destino del Quirinale, del Governo e del Parlamento. Un0 spostamento del pezzo di Draghi sulla scacchiera cambia anche le partite di tutti i giochi da tavolo delle altre stanze del potere. Tutto il movimento dell’ingranaggio delle istituzioni dipende dalla sua posizione: avanti (Quirinale), indietro (lascia tutto), sta fermo (ancora a Palazzo Chigi) e tutto in ogni caso cambia, perché se va al Quirinale cambia il governo, se resta a Palazzo Chigi cambia la storia della Presidenza della Repubblica, se prende il cappello saluta tutti e va via cambia lo scenario in toto e chissà cosa accadrà nel mare tempestoso dei mercati.
Come andrà a finire? Lo scopriremo presto, siamo di fronte a una trasformazione o forse a una conferma della geniale intuizione di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, frase splendente de Il Gattopardo: “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”.
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7.3 L'Utente si impegna ad utilizzare l'Abbonamento e i suoi contenuti a titolo esclusivamente personale, in
forma non
collettiva e senza scopo di lucro; l'Utente è inoltre responsabile per qualsiasi uso non autorizzato
dell'Abbonamento e
dei suoi contenuti, ove riconducibile all'account dell'Utente medesimo; per questo motivo l'Utente si
impegna ad
assumere tutte le precauzioni necessarie per mantenere riservato l'accesso all'Abbonamento attraverso il
proprio account
(per esempio, mantenendo riservate le credenziali di accesso ovvero segnalando senza ritardo al Fornitore
che la
riservatezza di tali credenziali risulta compromessa per qualsiasi motivo).
7.4 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
8. Tutela della proprietà intellettuale e industriale
8.1 L'Utente riconosce e accetta che i contenuti dell'Abbonamento, sotto forma di testi, immagini,
fotografie, grafiche,
disegni, contenuti audio e video, animazioni, marchi, loghi e altri segni distintivi, sono coperti da
copyright e dagli
altri diritti di proprietà intellettuale e industriale di volta in volta facenti capo al Fornitore e ai suoi
danti causa
e per questo si impegna a rispettare tali diritti.
8.2 Tutti i diritti sono riservati in capo ai titolari; l'Utente accetta che l'unico diritto acquisito con
il contratto
è quello di fruire dei contenuti dell'Abbonamento con le modalità e i limiti propri del Servizio. Fatte
salve le
operazioni di archiviazione e condivisione consentite dalle apposite funzionalità del Servizio, qualsiasi
attività di
riproduzione, pubblica esecuzione, comunicazione a terzi, messa a disposizione, diffusione, modifica ed
elaborazione dei
contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.