24 Febbraio

Il dilemma del politico dopo un anno di guerra

Il 24 febbraio del 2022 Vladimir Putin ordinò l'invasione dell'Ucraina, dodici mesi dopo il margine operativo delle parti in campo è al minimo. Nessuno può vincere, nessuno può perdere, nessuno riesce a disinnescare il conflitto. La risoluzione dell'Onu è lo specchio dello stallo sul campo di battaglia. Inizio e non-fine di una guerra

di Marco Patricelli

Henry Kissinger ha definito quello che ha chiamato “dilemma del politico” di fronte alle crisi internazionali: quando la sua conoscenza è minima il suo margine operativo è massimo, quando la sua conoscenza è massima il margine operativo non c’è più. A un anno dall’aggressione all’Ucraina con l’eufemismo di scuola sovietica dell’Operazione militare speciale – equivalente al proverbiale “raffreddore” che nascondeva qualcosa di più grave o di già irreversibile ai danni di qualche esponente della nomenklatura – il margine operativo è chiaro sulla prospettiva della guerra ma non si vedono le modalità per disinnescarla.

La risoluzione dell’Onu per la pace è lo specchio della conoscenza massima e di un certo velleitarismo nel nome dei bei princìpi, ma nello stesso tempo segna un confine sugli schieramenti diplomatici: 141 Paesi membri hanno votato a favore, 32 si sono astenuti (tra i quali Cina e India, un terzo dell'orbe terracqueo, oltre a Iran, Cuba, Pakistan, Angola, Etiopia, Algeria, Sudafrica, Zimbabwe) e appena 7 hanno votato contro: scontata l’opposizione della Russia (membro permanente del Consiglio di sicurezza), del satellite Bielorussia, e per contiguità “ideologica” o per convenienza Eritrea, Nord Corea, Nicaragua e Mali. Un capolavoro di utopismo che con scontata fraseologia sancisce «la necessità di raggiungere, il prima possibile, una pace completa, giusta e duratura in linea con la Carta delle Nazioni Unite», sottolinea «l’impegno per la sovranità, l’indipendenza, l’unità e integrità territoriale dell’Ucraina entro i suoi confini internazionalmente riconosciuti» e di conseguenza chiede «la cessazione delle ostilità e il ritiro immediato, completo e incondizionato delle forze militari russe».

Eccome no! Al Cremlino sono già pronti al dietrofront, all’invio di un mazzo di fiori a Kiev e a una lettera di scuse, e poi amici come prima, come se nulla fosse successo. Guarda caso l’ultimatum inviato da Francia e Gran Bretagna alla...


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