5 Giugno
Il discorso del Conte è più grillino che leghista
Analisi. Manca quasi del tutto una visione del mondo dell'impresa. E non si può pensare che basti solo la flat tax a sistemare quel capitolo. Molti diritti in chiave pentastellata, pochi doveri. Bene su Europa e immigrazione, prudente su debito e crescita.
Facile dire che i discorsi dei presidenti del Consiglio sono libri di sogni. Facile anche polverizzarli quando sono il risultato di un patchwork. Proveremo a fare allora una cosa po' più complicata ma forse utile: trovare il fil rouge nel discorso che il premier Giuseppe Conte ha fatto al Senato in questo primo giorno di fiducia.
Il discorso è lungo, quarantamila battute sono un fiume di parole che di solito finisce per travolgere l'oratore a meno che questo non si chiami Winston Churchill. E Conte non lo è. Accertata l'identità dell'uomo che stamattina ha parlato a Palazzo Madama, stabilito che con ventimila battute la faccenda sarebbe andata meglio, Conte ha svolto con precisione da legale il suo compito.
Che cosa c'è nel suo discorso? La frase annotata sul taccuino del titolare di List è la seguente: molti diritti, pochi doveri, tanto Stato, pochissima impresa.
È un intervento più grillino che leghista, fin dall'esordio. Parte citando la "disaffezione verso le istituzioni" - un classico dei discorsi dei Presidenti del Consiglio - e per parlare del suo "progetto" di "cambiamento dell'Italia" (la parola cambiamento compare 10 volte) prende il contratto di governo come sceneggiatura del suo discorso. Siamo a pagina 1, ma il clima è quello degli esordi del Movimento 5Stelle, quello di "chi vive fuori dai Palazzi" con Beppe che suona il tamburo.
Conte ribadisce il noto tema del non avere "pregresse esperienze politiche" e non a caso usa la parola "cittadino" (altro luogo letterario grillino), garantisce di avere "umiltà" e "determinazione" e naturalmente si appresta a portare sulle spalle "il peso delle altissime responsabilità". L'auto-presentazione finisce con "l'avvocato che tutelerà l'interesse dell'intero popolo italiano". E qui il pensiero corre alla letteratura vera, all'immaginario profondo del Paese, cioè al Manzoni, ai Promessi Sposi e alla figura dell'Azzeccagarbugli. Non sarà...
Facile dire che i discorsi dei presidenti del Consiglio sono libri di sogni. Facile anche polverizzarli quando sono il risultato di un patchwork. Proveremo a fare allora una cosa po' più complicata ma forse utile: trovare il fil rouge nel discorso che il premier Giuseppe Conte ha fatto al Senato in questo primo giorno di fiducia.
Il discorso è lungo, quarantamila battute sono un fiume di parole che di solito finisce per travolgere l'oratore a meno che questo non si chiami Winston Churchill. E Conte non lo è. Accertata l'identità dell'uomo che stamattina ha parlato a Palazzo Madama, stabilito che con ventimila battute la faccenda sarebbe andata meglio, Conte ha svolto con precisione da legale il suo compito.
Che cosa c'è nel suo discorso? La frase annotata sul taccuino del titolare di List è la seguente: molti diritti, pochi doveri, tanto Stato, pochissima impresa.
È un intervento più grillino che leghista, fin dall'esordio. Parte citando la "disaffezione verso le istituzioni" - un classico dei discorsi dei Presidenti del Consiglio - e per parlare del suo "progetto" di "cambiamento dell'Italia" (la parola cambiamento compare 10 volte) prende il contratto di governo come sceneggiatura del suo discorso. Siamo a pagina 1, ma il clima è quello degli esordi del Movimento 5Stelle, quello di "chi vive fuori dai Palazzi" con Beppe che suona il tamburo.
Conte ribadisce il noto tema del non avere "pregresse esperienze politiche" e non a caso usa la parola "cittadino" (altro luogo letterario grillino), garantisce di avere "umiltà" e "determinazione" e naturalmente si appresta a portare sulle spalle "il peso delle altissime responsabilità". L'auto-presentazione finisce con "l'avvocato che tutelerà l'interesse dell'intero popolo italiano". E qui il pensiero corre alla letteratura vera, all'immaginario profondo del Paese, cioè al Manzoni, ai Promessi Sposi e alla figura dell'Azzeccagarbugli. Non sarà il caso di Conte, ma l'automatismo narrativo involontario c'è.
Conte è là a Palazzo Madama perché figlio di un "cambiamento radicale" e dunque di "una stagione nuova" e della "necessità di aprirsi al vento nuovo che soffia da tempo nel paese". La costruzione delle sue figure retoriche non è proprio originale, ma in ogni caso siamo arrivati a pagina 2. E il fil rouge sta emergendo. Quale? Sempre quello grillino, post-ideologico, tanto che lo stesso contratto viene smacchiato (niente di bersaniano), non c'è né destra né sinistra e in fondo anche questo ricorda i grillini, le frasi di Di Maio sul movimento non ideologico e dunque capace di allearsi con tutti.
Nel bel mezzo di pagina 3 Conte piazza niente meno che Dostojevskij e Puškin e per epifania letteraria anticipa uno dei veri temi del suo discorso, la Russia. Il premier parla dei due scrittori in relazione al populismo, che lui intende come rivolta contro lo status quo. Conte non dice che la parola populismo ha la sua radice nella parola russa "narod", popolo, e ha nobili origini nei circoli anti-zaristi. Va da sè che con lo sconfinamento letterario arriva anche il deragliamento in una fase veltroniana dove la politica è "con la P maiuscola". E qui si capisce che il ghost writer o non c'è o è da licenziare.
Imboccata la strada delle citazioni, si va dritti verso il muro di titanio della filosofia con Hans Jonas a proposito di sguardo sul futuro e qui si introduce quello che dovrebbe essere il metodo di governo. Tre parole: ascolto, esecuzione e controllo. Sembra un trattato di robotica.
Siamo a pagina 4 e il fiume giallo esonda quando Conte manifesta "la prima preoccupazione del governo", cioè "i diritti sociali" e la critica all'austerità. Di solito ai diritti si accoppiano - per logica e buonsenso politico, per temperare - i doveri, ma Conte sorvola e punta dritto al capitolo che interessa alla Lega: "il business dell'immigrazione". Da qui però parte un'iterazione, una ripetizione della parola, un "cambia" che Conte scandisce bene in forma di imperativo.
Con tutti questi diritti, il passo successivo è per forza quello del lavoro e la "costruzione di un nuovo patto sociale" (ogni governo ne ha uno) basato sulla "solidarietà" ma "anche sull'impegno". Con una miracolosa strambata questo passaggio da parrocchia conduce a un altro riferimento che sa di papato bergogliesco con il riferimento alle "nuove forme di sfruttamento". Siamo a una sorta di marxismo curiale.
Siamo sempre in quel campo là, i diritti e in questa predica il riferimento al Creato è questione di un attimo, si manifesta sotto forma di "tutela dell'ambiente" (è cosa buona e giusta) e sibilante riferimento agli "interessi particolari di singoli attori economici". Così anche il Capitale e il padrone del vapore viene sistemato.
Da qui si entra in quella che fu l'Utopia di Gianroberto Casaleggio, nella blue economy, nell'intelligenza artificiale (basterebbe avere in abbondanza quella naturale), nei Big Data e nella sharing economy. Fase Silicon Valley. Superato lo shock culturale, arriva il momento di giocare sulla scacchiera geopolitica: fedeltà assoluta agli Stati Uniti e - gong! - "apertura verso la Russia" per cui "ci faremo promotori di una revisione del sistema delle sanzioni, a partire da quelle che rischiano di mortificare la società civile russa". Il passaggio è importante perché nel complesso del discorso ha la sua enfasi.
A riprova del fatto che l'Economia non è la materia né del primo ministro né del partito che lo ha espresso, arriva un'altra critica al capitalismo quando si dice - citazione di James Hillman - che l'economia "è la vera religione universale del nostro tempo". Sarebbe stato perfetto allegare un piano economico quinquennale del Soviet, ma non era previsto nella sceneggiatura. In ogni caso, siamo in presenza di una volontà di fare dello Stato l'attore principale dell'economia.
Il rapporto con le istituzioni viene declinato anche questo in dimensione pentastellata con la citazione del potenziamento delle "istituzioni rappresentative della volontà dei popoli". Passaggio che va dall'onusiano alla già nota ma non chiarissima idea della democrazia diretta.
L'Europa essendo strettamente legata all'Economia, alle regole di Bruxelles, all'equilibrio instabile su cui è fondato il patto tra i partiti e Mattarella, si presenta nel discorso in maniera quasi timida, involuta, attenta a non stuzzicare i mercati - che in ogni caso sanno leggere benissimo tra le righe - e si risolve in un "debito pubblico pienamente sostenibile", e naturalmente "va perseguita la sua riduzione" ma - ecco il punto che potrebbe dare qualche problema agli interessi dei Btp - in una "prospettiva di crescita economica", cioè niente tagli e si va in deficit. Siamo a pagina 6 e bisogna pur dirlo che "l'Europa è la nostra casa", anzi per soprammercato "la casa di tutti noi" e - qui Conte riprende un'idea espressa da Paolo Savona - deve essere "più forte e anche più equa".
Eccoci arrivati al passaggio sui tagli ai costi della politica e dunque stop "ai privilegi della politica" e vai con il "taglio alle pensioni e ai vitalizi dei parlamentari" e "interverremo sugli assegni superiori ai cinquemila euro netti". Pieno simbolismo grillino. E la Lega fin qui non c'è.
A pagina 7 arriva un bim bum bam sulla giustizia: semplificazione dei processi (non ci pare nuova), taglio dei costi di accesso, inasprimento delle pene per vari reati, nuove carceri, riforma della prescrizione, daspo per i corrotti, agenti sotto copertura, gole profonde, lotta alle mafie. Siamo su Netflix, pulsante su Narcos o se preferite Gomorra. Di garantismo non v'è traccia, in compenso per la gioia dei berlusconiani in Senato si annuncia il "rafforzamento" della normativa sul conflitto di interessi.
Il clou pentastellato arriva subito dopo: il reddito di cittadinanza, provvedimento presentato in maniera necessariamente generica, ma con attenzione alla composizione del nucleo familiare. L'altro pilastro di una politica dove lo Stato diventa se non una manna, una grande mamma, è l'intervento a favore dei pensionati. Tutto fatto con la mano dell'onnipresente Stato.
Siamo a pagina 9 e il bilancio dello Stato è già in apnea senza che un solido tema leghista sia emerso. No, ecco, stiamo per passare a pagina 10 e arriva l'atteso tema dell'immigrazione. Zona Salvini. Corretto riferimento al "fallimento" della gestione europea, alle "chiusure egoistiche" degli altri Stati dell'Unione, sull'Italia che "non può essere lasciata sola" e i positivi contatti avuti con Angela Merkel. Necessaria la frase sul "non siamo razzisti e non saremo mai razzisti" e il passaggio sulla difesa dei diritti degli immigrati regolari. Qui la giornata s'è già fatta in Lussemburgo con il muro di no alla riforma presentata sul trattato di Dublino.
Ma l'impresa dov'è? Per ora non c'è. L'altro punto del discorso di Conte che ha la scelta cromatica verde è la riforma tributaria e la flat tax. Qui si parla di "ripensare il capitalismo" (ma la tassazione è solo un aspetto del funzionamento del mercato, soprattutto nel mondo contemporaneo fatto di capitali volanti), la flat tax è associata alla possibilità così di ridurre "elusione e evasione fiscale". Altro refrain di ogni nuovo Presidente del Consiglio: "Rifondare il rapporto tra Stato e contribuenti". Tassare meno è un dovere, pagare le tasse pure. Bisogna evitare comportamenti che sfociano in un insano rapporto tra sovrano fiscale e suddito.
Ritorna la domanda: l'impresa dov'è? Dopo ricerca scientifica e e sanità, accesso a internet, sussidiarietà e terzo settore, a pagina 13 si parla finalmente di quello che dovrebbe essere il cuore dello sviluppo italiano: l'impresa. Quasi alla fine. Sono poche righe dove si citano i piccoli imprenditori, i professionisti, gli artigiani e i commercianti (elettorato di riferimento della Lega e in parte anche dei Cinque Stelle) ma non c'è un disegno di sistema per queste categorie. Tutto è affidato alla riforma fiscale e a un rapporto dal volto umano con il Fisco. Realizzare questo sarebbe certamente un grande passo, ma l'impressione è che manchi una visione complessiva, un piano per far crescere le imprese (il nanismo in un mondo di giganti non è più un vantaggio) e così il capitolo dedicato all'impresa per il titolare di List è il vero punto debole di questo discorso che risente della necessità di dover tenere insieme i programmi dei due partiti, ma rientra tranquillamente nella media delle dichiarazioni programmatiche già sentite in questi ultimi vent'anni. Conte passa l'esame, ma sull'Economia deve mostrare un altro passo.
Il governo è nuovo, la stagione politica è di quelle da terra incognita, Conte andrà giudicato non per questo discorso - che lascia intravedere opportunità e problemi in agguato - ma per quello che lui e i suoi ministri sapranno fare. Speriamo bene. Per l'Italia.
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operazioni di archiviazione e condivisione consentite dalle apposite funzionalità del Servizio, qualsiasi
attività di
riproduzione, pubblica esecuzione, comunicazione a terzi, messa a disposizione, diffusione, modifica ed
elaborazione dei
contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.