13 Ottobre

Il dominio della lotta

Le origini del nuovo nazionalismo. Il cosmopolitismo senza confini, la dissoluzione dello stare insieme e l'esaltazione dell'individuo. L’uomo è disposto a pagare volontariamente il prezzo del dramma per ritrovare la comunità. Un'alienazione che conduce all'auto-distruzione e spesso alla guerra. Lorenzo Castellani ripercorre il pensiero di Robert Nisbet nel libro "La comunità e lo Stato"

di Lorenzo Castellani

Ci sono libri vecchi, comprati all’occasione in qualche bancarella, che restano negli scaffali delle librerie per anni. Dimenticati e con le pagine ingiallite. Poi la storia procede, lo scenario muta, i fatti scuotono le certezze, le ideologie traballano. Negli anni Novanta “La Comunità e lo Stato”, scritto da Robert Nisbet nel 1953, sarebbe stato considerato un libro antiquato, superato, reazionario. Comunità e Stato, due concetti che per i vent’anni successivi alla caduta dal Muro di Berlino venivano fatti ricadere nella lista delle parole ostili. Il mondo non sembrava destinato a tornare indietro da parole e idee come globalizzazione, superamento dello Stato-nazione, società multiculturali. Progresso, economicismo e spossessamento dei confini. Eppure se qualcosa c’insegna questo sociologo conservatore della California è che la storia può tornare sempre indietro sotto altre forme, così come la ricerca infinita della comunità è sempre un istinto insopprimibile dell’animale sociale. “Si potrebbero parafrasare le famose parole di Karl Marx e dire che lo spirito moderno è ossessionato da uno spettro, lo spettro della mancanza di sicurezza.” Un fantasma che oggi è tornato ad essere alla base di qualsiasi operazione politica di successo nel mondo occidentale. Continua Nisbet “è indubbio che la caratteristica saliente del pensiero contemporaneo sull’uomo e sulla società è la preoccupazione per l’alienazione personale e la disintegrazione culturale.”

Dopo aver stabilito i cardini della discussione sul contemporaneo il sociologo passa in rassegna i problemi dei progressisti del dopoguerra così drammaticamente simili a quelli di oggi. “I timori dei conservatori del secolo diciannovesimo dell’Europa Occidentale, espressi contro uno sfondo di sempre crescenti individualismo, laicità e sradicamento sociale, sono diventati, in straordinaria misura, le intuizioni e le ipotesi degli studiosi odierni dell’uomo nella società”, scriveva Robert Nisbet, nutrendo ben pochi dubbi sul fatto che il disagio fondamentale dell’uomo contemporaneo fosse un individualismo esasperato che aveva travolto verità, fede...


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