13 Aprile
Il lockdown e la via d'uscita. Una guida
Lo studio dell'Inserm sui casi nell'Île de France, la politica di distanziamento sociale e le misure necessarie per passare alla Fase 2. Il quadro a poche ore dal discorso di Macron. Vittoria Colizza: "Uscire dal lockdown senza una exit strategy farebbe inevitabilmente rimontare l’epidemia a livelli molto più alti"
Il nuovo coronavirus ha cambiato la nostra vita. Oltre la metà della popolazione mondiale è sottoposta a varie forme di distanziamento sociale, più di 90 paesi applicano vari gradi di lockdown. La Cina ha applicato l'isolamento con gli strumenti coercitivi di uno Stato totalitario, i risultati di questa operazione in Occidente sono incerti e i numeri cinesi non tornano in nessun caso. La Francia ha deciso il lockdown dal 17 marzo. Oggi Emmanuel Macron parlerà alla nazione (ore 20:00), è prevista un'estensione della fase di isolamento per un altro mese, la riapertura delle scuole a settembre. Il governo della Spagna, guidato da Pedro Sanchez, ha deciso di uscire dalla fase puramente difensiva e tentare una riapertura per evitare il collasso dell'economia. Circola uno spettro in Europa, è non quello di Karl Marx, il comunismo, è la carestia.
È evidente ormai a tutti coloro che hanno mantenuto l'equilibrio che il confinamento ha costi sociali tragici, Le Monde in un editoriale stamattina ne trae le conseguenze in vista del discorso di Macron di stasera, servono altre misure, perché si è visto come sia quasi imposssibile, per esempio, l'isolamento dei malati in piccoli appartamenti (e qui si apre un tema non-detto, l'ineguaglianza sociale, anche per il coronavirus che pure è stato battezzato come "democratico"), servono, come vedremo, nuove idee, strutture, formazione del personale medico e mobilità, "il deconfinamento sarà la più grande impresa politica dalla fine della Seconda guerra mondiale", scrive Le Monde. Alla base delle decisioni di Macron ci sarà anche uno studio dell'Inserm di Parigi, pubblicato ieri, svolto da un team coordinato da Vittoria Colizza. Sarà lei a illustrarne i contenuti su List tra qualche riga.
Come uscire dalla fase del lockdown e passare gradualmente a un modello di vita adattato alla presenza del coronavirus, senza distruggere l'economia e il sistema liberale? Siamo di fronte...
Il nuovo coronavirus ha cambiato la nostra vita. Oltre la metà della popolazione mondiale è sottoposta a varie forme di distanziamento sociale, più di 90 paesi applicano vari gradi di lockdown. La Cina ha applicato l'isolamento con gli strumenti coercitivi di uno Stato totalitario, i risultati di questa operazione in Occidente sono incerti e i numeri cinesi non tornano in nessun caso. La Francia ha deciso il lockdown dal 17 marzo. Oggi Emmanuel Macron parlerà alla nazione (ore 20:00), è prevista un'estensione della fase di isolamento per un altro mese, la riapertura delle scuole a settembre. Il governo della Spagna, guidato da Pedro Sanchez, ha deciso di uscire dalla fase puramente difensiva e tentare una riapertura per evitare il collasso dell'economia. Circola uno spettro in Europa, è non quello di Karl Marx, il comunismo, è la carestia.
È evidente ormai a tutti coloro che hanno mantenuto l'equilibrio che il confinamento ha costi sociali tragici, Le Monde in un editoriale stamattina ne trae le conseguenze in vista del discorso di Macron di stasera, servono altre misure, perché si è visto come sia quasi imposssibile, per esempio, l'isolamento dei malati in piccoli appartamenti (e qui si apre un tema non-detto, l'ineguaglianza sociale, anche per il coronavirus che pure è stato battezzato come "democratico"), servono, come vedremo, nuove idee, strutture, formazione del personale medico e mobilità, "il deconfinamento sarà la più grande impresa politica dalla fine della Seconda guerra mondiale", scrive Le Monde. Alla base delle decisioni di Macron ci sarà anche uno studio dell'Inserm di Parigi, pubblicato ieri, svolto da un team coordinato da Vittoria Colizza. Sarà lei a illustrarne i contenuti su List tra qualche riga.
Come uscire dalla fase del lockdown e passare gradualmente a un modello di vita adattato alla presenza del coronavirus, senza distruggere l'economia e il sistema liberale? Siamo di fronte a un passaggio sconvolgente della storia dell'umanità, l'abbiamo scritto su List: non è la fine del mondo, ma sarà un altro mondo. Di fronte a questo scenario, il governo italiano ha avuto una sola idea: state a casa. E qui ci siamo fermati. Ma questa, come vedremo, non è la soluzione. Il caso italiano è preoccupante per la non-direzione che si percepisce nettamente nel non-dichiarato dal governo, per le fratture che si aprono nelle istituzioni, per i piccoli calcoli politici che non tengono ancora conto - nonostante le macerie siano visibili e il conto sia doloroso - di uno scenario che richiede un cambio di passo e un'unità nazionale che non può manifestarsi nelle parole e poi non viene esercitata nei fatti, a cominciare da Palazzo Chigi. La fase 2 è finora un'ipotesi senza formula, la fase 1 è ancora incerta per i buchi evidenti della strategia (li abbiamo elencati, sono enormi), la non-collaborazione a livello politico nel governo e tra le Regioni e il potere centrale, il trascinamento degli errori iniziali, la paura e gli egoismi.
Il virologo nel frattempo è diventato un soggetto-oggetto della trash tv italiana del coronavirus. Il popolo degli indivanados pende dalle labbra del pensoso voyeur del microbo e immagina che sia lui, il tipo accigliato con il ditino alzato che ormai è una figura familiare con la quale prima o poi si parlerà del grande problema del campionato di calcio che non riparte, ecco, immagina proprio che sia questa sagoma a tirarlo fuori dalla clausura. Sbagliato. Capire come uscire da questo rompicapo sociale (il lockdown, sì proprio quello) è mestiere per scienziati che hanno la mente allenata su dimensioni esatte e flessibili, mondi terreni e cosmici, l'accensione della luce e il Big Bang, il movimento del treno (leggere la teoria della relatività di Albert Einstein) e quello del coronavirus.
I fisici teorici sono i candidati migliori per questo lavoro. Vittoria Colizza è un fisico teorico. Con un grande senso pratico. Dirige un gruppo di studio dell'Inserm di Parigi, il suo mestiere è quello di monitorare la diffusione del virus oggi (dati reali, non opinioni), costruire modelli matematici, spaziali, e prevedere il nostro futuro con il coronavirus. Non è il mestiere per un virologo, come vedete. Studiando la situazione dell'epidemia in Île de France, il suo inizio, la sua evoluzione, Colizza ha pubblicato ieri uno studio importante per chi deve decidere che cosa fare. Chi? La politica, in questo caso il governo francese. Attenzione, non decide la scienza, ma la politica (che ha sempre la tentazione di usare la scienza come parafulmine per decidere-di-non-decidere) il cui mestiere dovrebbe essere quello di calibrare i vari interessi (l'interesse generale, non il proprio), tra i quali c'è anche quello - non meno importante di altri - di non distruggere l'economia e la vita di milioni di persone, imprese, famiglie.
Colizza ricostruisce la ragnatela del virus, ne proietta le potenzialità, i suoi infiniti fili dove possiamo restare impigliati, ma oltre all'analisi, suggerisce le misure da prendere (in varia gradazione), come spezzare quei fili, come evitare di restare intrappolati nella pandemia. Inserm fu tra i primi centri di ricerca nel mondo a tracciare il percorso del coronavirus in Europa seguendo le rotte degli aerei, lo sbarco negli aeroporti da Wuhan all'Europa. A questo studio ne sono seguiti altri - tutti pubblicati dalle più grandi riviste scientifiche del mondo (Nature, Lancet, Eurosurveillance, tra gli altri) - che hanno affrontato il tema delle scuole (enorme, nessuno a oggi ci sa dire come riprenderanno, siamo di fronte al tema dell'educazione dei bambini di oggi che diventeranno gli uomini e donne adulti di domani), del telelavoro (fondamentale, come vedremo), dell'adeguamento del sistema sanitario alla nuova realtà, sempre incrociando i dati e le discipline delle scienze sociali. Colizza commenta con noi il suo studio, partendo dallo scopo:
Lo scopo dello studio è triplice: 1. capire dove siamo nella traiettoria epidemica (all’inizio? o è passata per tanto tempo sotto traccia?) 2. valutare l’efficacia del confinamento 3. valutare possibili scenari di uscita dal confinamento (fase 2 in Italia) che possano consentire la gestione della crisi mentre si diminuisce l’impatto socio-economico di misure rigidissime.
I governi, in varia misura, hanno risposto all'arrivo dell'epidemia con la strategia del distanziamento sociale e il lockdown, la soluzione cinese. Il vostro cronista ha scritto fin dall'inizio di questo incubo che la segregazione a là pechinese nelle società libere, democratiche, non può avere gli stessi esiti raccolti dalla Cina totalitaria (e lo dimostrano gli stessi numeri dello studio del gruppo dell'Inserm), ci sono i limiti posti dalle Costituzioni (che in Italia sono stati ampiamente sottomessi a provvedimenti che hanno sospeso le libertà fondamentali). E in ogni caso il lockdown non risolve il problema, serve un piano per il durante e - ci auguriamo - il dopo coronavirus. Ecco una tabella estratta dallo studio Inserm sulla combinazione dei vari provvedimenti di distanziamento sociale:

Fin qui, siamo nel campo della riduzione della distanza, le combinazioni producono risultati differenti. In questo momento, in Italia e in altri paesi, siamo in una fase di totale annullamento della vita sociale. Cosa che evidentemente non può funzionare a lungo termine senza causare alterazioni pesanti della nostra condizione materiale e psicologica. Povertà e disturbo psichico, malnutrizione e caduta della speranza di vita, depressione, inquietudine e panico non sono più un tema da romanzo distopico, non sono neanche un rischio, sta accadendo.
Senza exit strategy (altro tema affrontato ogni giorno qui su List), non si va lontano, anzi si rischia di tornare indietro. Mantenere il blocco uccide l'economia (e altera lo stato psichico della popolazione, individuo e massa), levare il lockdown senza un'idea per il dopo, farà riprendere l'epidemia. Il lockdown serve solo a guadagnare tempo, frenare l'epidemia, non è la soluzione del nostro problema: vivere. Come spiega Colizza:
Uscire dal lockdwon senza exit strategy farà inevitabilmente rimontare l’epidemia a livelli molto più alti di quelli raggiunti durante questo primo picco, a causa di una immunità nella popolazione ancora molto bassa (stimata in Île de France a <10%). In questo scenario si guadagnerebbe un ritardo circa uguale alla durata del lockdown, ma la richiesta sul sistema sanitario sarebbe largamente superiore alle capacità (40-50 volte superiore).
Sul taccuino del titolare c'è una nota: cosa è stato fatto in Italia durante il lockdown per preparare la cosiddetta fase 2? È trascorso un mese, non è stato comunicato nulla. Non abbiamo un solo documento ufficiale, una road map del governo. A dirla tutta, non sono arrivati neanche gli aiuti finanziari annunciati alle imprese e alle famiglie. Zero euro.
Dopo un mese di segregazione è stato istituito l'altro ieri un comitato di esperti guidato da Vittorio Colao, ma avrebbe dovuto essere operativo fin da subito, dal 31 gennaio scorso, giorno in cui con un decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale è stata dichiarata l'emergenza sulla quale si sarebbero dovuti fare tutti gli scenari possibili, per farsi trovare pronti. Sono trascorsi due mesi e mezzo! Fare questa mossa era importantissimo, abbiamo perso tempo prezioso, per questo la nostra uscita dal lockdown sarà ancora più lenta e non a caso a Palazzo Chigi hanno prolungato la chiusura fino al 3 maggio. Destano preoccupazione le parole di Ursula von der Leyen: "Non prenotate le vacanze estive". Un'affermazione simile va spiegata ai cittadini europei che da settimane, in vario grado, sono segregati in casa.
Prendono tempo, in Italia di settimana in settimana si sposta la data di uscita. L'exit strategy come si fa? Alla domanda risponde Colizza:
È necessario preparare con cautela una strategia di uscita che possa rilasciare progressivamente i vincoli rigidi che stiamo vivendo adesso (ad esempio consentire a una porzione della popolazione di tornare a lavorare, riaprire progressivamente alcune attività commerciali) senza soffocare il sistema sanitario. Per farlo, queste combinazioni di strategie di distanziamento sociale di varia intensità devono combinarsi con tracciamento e isolamento dei casi. Meno stringenti sono le strategie di distanziamento sociale e più efficace deve essere il tracciamento e isolamento dei casi (e viceversa).
Più sei libero di muoverti, più i casi devono essere controllati e sottoposti a isolamento. Evitare il contatto e la propagazione di una seconda ondata del contagio. È chiaro che serve un'organizzazione che non abbiamo visto. Lo Stato (governo, regioni e altri con responsabilità di gestione dell'emergenza sul territorio) non è riuscito neppure a dare sicurezza ai medici in prima linea (siamo ben oltre i 100 morti), nonostante l'ordinata e paziente risposta data dalla gran parte degli italiani. Cosa serve? Quale arsenale di conoscenza bisogna schierare? Come spiega Colizza, siamo di fronte a un mix di nuove soluzioni da prendere, la mobilità di milioni di persone, la loro vita, cambia:
Tutto questo richiede preparazione accurata e massiccia con raggiungimento di capacità (diagnostiche, di tracciamento, etc) e protocolli efficaci per la logistica. Dopo aver capito quali misure adottare, e i modelli ci danno una mano in questo, l’epidemia si vince sul territorio. L’organizzazione e il coordinamento per le varie fasi (dove fare i test, chi testare, come tracciare, cosa raccomandate ad un caso sospetto, etc ) sono cruciali. Qui si riflette sull’uso di stanze d’albergo per l’isolamento dei casi, soprattutto quando le condizioni dell’individuo non lo consentono in modo efficace (famiglia, appartamento piccolo etc.)
Il virus è in circolazione, è nelle famiglie (lo afferma lo stesso viceministro alla Salute, Sileri), l'isolamento in casi di persone positive è quasi impossibile, soprattutto nelle grandi città dove l'urbanizzazione è quello del palazzo, condominio, appartamento di medie, piccole dimensioni. Siamo, come vedete, nel campo della dimensione spaziale in cui si muove il coronavirus, non è più il terreno del virologo, ma dello studioso del comportamento sociale, dell'urbanizzazione, della logistica (cosa accadrà ai trasporti pubblici). La multidisciplinarietà e lo studio del contesto nella sua interezza, il disvelamento della complessità nel quadro generale, The Big Picture, diventano il cuore del problema, non siamo di fronte al microscopio, stiamo osservando il grande dipinto dell'umanità nell'era del coronavirus. Come dice Vittoria Colizza, cambieremo le nostre abitudini:
Il controllo di questa epidemia ha due obiettivi contrastanti: da un lato, raggiungere un’immunità collettiva elevata per stoppare la sua propagazione, cioè infettare rapidamente tante persone; dall’altro, ridurre questo numero di infezioni e diluirlo il più possibile nel tempo per non far collassare il sistema sanitario. Convivere con il virus significa trovare l’equilibrio tra questi due obiettivi. Si tratterà di misure di distanziamento sociale impegnative che ci accompagneranno per tanti mesi. Dovremo necessariamente cambiare le nostre abitudini.
Cambierà la Sanità, tema che è scomparso dai radar del dibattito italiano, ma si capisce benissimo che vanno preparate strutture specializzate, nuovi edifici, separati dagli ospedali di medicina generale. Servono investimenti di decine di miliardi di euro (per singola nazione, economia avanzata, e non si capisce davvero per quale motivo serio l'Italia non dovrebbe accedere ai 36 miliardi del Mes, proprio destinati alla Sanità e senza più condizionamenti) per preparare questa strategia, un mix di interventi, primo fra tutti - come spiega Colizza - la formazione del personale, siamo di fronte a una sfida nuova per la società contemporanea:
I nostri sistemi sanitari stanno uscendo ora da una fase di assoluta emergenza. Saranno sottoposti a intensi carichi di pazienti in condizioni critiche anche nei prossimi mesi. Se delle strategie di distanziamento sociale di vario livello di intensità, con il tracciamento dei casi, possono mantenere l’impatto epidemico sotto le soglie di capacità, investimenti oggi di medio termine per aumentare queste capacità in vista dell’autunno possono aiutare a controllare l’epidemia più rapidamente. Si tratta non solo di materiali, ma di strutture e formazione di personale. I costi di questi investimenti dovrebbero essere considerati nel bilancio dell’impatto economico.
Lo studio dell'Inserm condotto da Colizza dunque ci dice che ci sono alcuni passi da compiere mentre il lockdown è in corso e va a esaurirsi. Bisogna evitare di riempire le unità di terapia intensiva, allegerire la presa sulle strutture sanitarie, dunque tutte le misure devono essere efficaci, altrimenti "una bassa capacità di tracciare i casi. Le misure suggerite nel caso dell'Île de France sono una guida valida anche per l'Italia:
- Bisogna mantenere le regole del distanziamento sociale e proteggere gli anziani anche dopo il rilassamento delle regole del lockdown;
- Isolare i casi (con soluzioni che non possono essere quelle dell'autoisolamento in casa che finisce per propagare il contagio in famiglia) in apposite strutture e tracciarli con l'utilizzo della tecnologia digitale. In Francia alcune regioni hanno già cominciato a ospitare i casi positivi in stanze singole d'albergo;
- Preparare il paese a una campagna mirata di test (non si tratta di una promozione porta a porta in tutto il paese, ma di una identificazione efficace e rapida dei casi) e equipaggiarsi di strumenti di prevenzione e controllo veloci. Non basta fare il test una volta, perché il virus non ti abbandona se hai fatto il test, può inesorabilmente arrivare a bussare alla tua porta anche dopo;
- Sviluppare un'infrastruttura digitale per diffondere il tele-lavoro ovunque sia possibile e cambiare l'organizzazione delle aziende, ove possibile (turni di smartworking, dislocazione dell'intera forza lavoro, orari sfalsati tra i vari settori per evitare la rush hour dei trasporti pubblici e privati). Questo serve a preservare la salute dei dipendenti, non mettere a rischio la continuità aziendale, assicurare lavoro e benessere, tenere aperto il paese. Si può fare, chi scrive ha sperimentato con successo la radicale e completa riorganizzazione di una grande azienda editoriale;
- Le scuole chiuse aiutano il controllo in questa fase, per il rientro si cominciano a fare varie ipotesi, i problemi da risolvere sono tanti. Facciamo un esempio: i figli dei lavoratori dei settori strategici (sanità, infrastrutture, energia, difesa, etc.) potrebbero rientrare a scuola prima degli altri, è una ferrea logica, chi deve lavorare per servire il paese, non può anche occuparsi dei figli in casa nell'0rario di lavoro. Altro esempio: è più facile mantenere il distanziamento per i ragazzi più grandi, gli adolescenti, e non per i bambini. Le aule delle scuole ovviamente devono cambiare conformazione fisica, l'era della classe-pollaio è finita forse per sempre. Alcune attività e materie si prestano più di altre alla lezione virtuale. Come vedete siamo nel campo dello studio, della prova ed errore. Che presto comincerà.
Domanda finale sul taccuino del titolare: l'Italia ha pensato a tutto questo? Come cantava Battisti, con le parole di Mogol, lo scopriremo solo vivendo. E lo desideriamo oggi più che mai.