8 Ottobre
Il ponte della Crimea salta, quello della pace s'allontana
L'esplosione sul collegamento tra la penisola e la Russia è altamente simbolica, arriva proprio nel momento in cui si parlava di un negoziato, alimenta il senso di assedio del Cremlino e l'urgenza di trovare una via d'uscita. La lezione della Storia e il problema di un conflitto sempre più estremo
Il ponte stradale e ferroviario che collega la Russia alla penisola di Crimea è stato danneggiato da una potente esplosione. Si tratta di un'operazione su un obiettivo di grande valore simbolico, il giorno dopo il 70° compleanno di Vladimir Putin. Nelle immagini si vede un'esplosione mentre un camion attraversa il ponte. Enorme esplosione, grande incendio, ma danni in realtà limitati: la Russia ha dichiarato che il traffico ferroviario è stato riaperto in serata, così pure quello per gli autoveicoli sui tratti di strada rimasti intatti.
Il ponte sulla Crimea è lungo 19 chilometri, attraversa lo stretto di Kerch, è l'unico collegamento diretto tra la rete di trasporti della Russia e la penisola di Crimea, che Mosca ha annesso all'Ucraina nel 2014. Si tratta di uno dei progetti di Putin, che lo aprì al traffico nel 2018 guidando un camion. Il ponte è costituito da una carreggiata e da una ferrovia separate, la struttura è in cemento e acciaio, il costo dichiarato per la costruzione è di 3,6 miliardi di dollari. L'infrastruttura non ha solo un valore simbolico, è fondamentale per rifornire la Crimea di cibo, carburante e altri prodotti, è una via anche per le forze russe che operano sul terreno in Ucraina e per la flotta della Marina russa ancorata nel porto di Sebastopoli. Le forze per conquistare la maggior parte della regione di Kherson, nell'Ucraina meridionale, e parte della provincia di Zaporizhzhia vengono dalla Crimea. Il ministero della Difesa di Mosca ha dichiarato che non ci saranno problemi a rifornire l'esercito e la Marina attraverso le vie terrestri. Si parlava di un tentativo per negoziare la pace, ma ora tutti si pongono una domanda: come reagirà Putin? Nessuno lo sa, ma la Storia ha un paio di lezioni da ricordare. Ieri, oggi, domani. Saliamo sulla macchina del tempo...
Il ponte stradale e ferroviario che collega la Russia alla penisola di Crimea è stato danneggiato da una potente esplosione. Si tratta di un'operazione su un obiettivo di grande valore simbolico, il giorno dopo il 70° compleanno di Vladimir Putin. Nelle immagini si vede un'esplosione mentre un camion attraversa il ponte. Enorme esplosione, grande incendio, ma danni in realtà limitati: la Russia ha dichiarato che il traffico ferroviario è stato riaperto in serata, così pure quello per gli autoveicoli sui tratti di strada rimasti intatti.
Il ponte sulla Crimea è lungo 19 chilometri, attraversa lo stretto di Kerch, è l'unico collegamento diretto tra la rete di trasporti della Russia e la penisola di Crimea, che Mosca ha annesso all'Ucraina nel 2014. Si tratta di uno dei progetti di Putin, che lo aprì al traffico nel 2018 guidando un camion. Il ponte è costituito da una carreggiata e da una ferrovia separate, la struttura è in cemento e acciaio, il costo dichiarato per la costruzione è di 3,6 miliardi di dollari. L'infrastruttura non ha solo un valore simbolico, è fondamentale per rifornire la Crimea di cibo, carburante e altri prodotti, è una via anche per le forze russe che operano sul terreno in Ucraina e per la flotta della Marina russa ancorata nel porto di Sebastopoli. Le forze per conquistare la maggior parte della regione di Kherson, nell'Ucraina meridionale, e parte della provincia di Zaporizhzhia vengono dalla Crimea. Il ministero della Difesa di Mosca ha dichiarato che non ci saranno problemi a rifornire l'esercito e la Marina attraverso le vie terrestri. Si parlava di un tentativo per negoziare la pace, ma ora tutti si pongono una domanda: come reagirà Putin? Nessuno lo sa, ma la Storia ha un paio di lezioni da ricordare. Ieri, oggi, domani. Saliamo sulla macchina del tempo di Marco Patricelli, buona lettura.
15 maggio 2018. Vladimir Putin alla guida del camion per l'inaugurazione del ponte della Crimea (Foto Zuma).di Marco Patricelli
C’è pace e pace. I romani la preparavano e la risolvevano con la guerra, i contemporanei la impongono e la mediano col compromesso. Se la guerra è la prosecuzione della politica con altri mezzi ed è una cosa troppo seria per farla fare ai generali, la politica prende le misure alla guerra dopo aver sbagliato tutte quelle possibili e praticabili per mantenere la pace a Est. Tra Russia e Ucraina, oltre alla guerra guerreggiata, pure la tug of war ha preso di mano ai contendenti diretti e indiretti, nessuno dei quali intende fare un passettino indietro o almeno di lato. Uno stallo finora insormontato dai timidi o improponibili alfieri della pace (come Erdogan) impegnati dopolavoristicamente al “cessate il fuoco”: come il figaro di Rossini, tutti lo cercano tutti lo vogliono, ma come la fede degli amanti di Metastasio, «ove sia nessun lo sa».
In Ucraina si spara e si muore, e persino in un pezzettino di Russia qual è de facto da anni la Crimea. L’attacco riuscito – un attentato – al ponte fatto realizzare da Putin sullo stretto di Kerch per sancire anche visivamente la riannessione a Mosca, oltre al valore militare modesto ne ha uno altissimo dal punto di vista politico e propagandistico. E una ricaduta inquietante sui tentativi di allentare le tensioni internazionali. Il camion bomba (con autista kamikaze) e soprattutto la tempistica destano perplessità perché l’exploit si è verificato nel mezzo di una serie di segnali che avrebbero dovuto smorzare il furore bellicista di Zelenskij, il quale per legge ha vietato di negoziare con Putin e spera in una fantasiosa riconquista generale non solo dei confini del 23 febbraio 2022, ma addirittura del 2014, ovvero Crimea compresa. Il presidente ucraino è stato finora un maestro di propaganda e un abile pokerista nell’arte del rilancio, ma l’Occidente ha oggi un fiato corto, energetico ed economico, che non prevede e non accetta campagne militari eccessivamente lunghe e spossanti. Dagli Stati Uniti sono stati spediti prima aiuti in armamenti, e dopo alcuni siluri di raffreddamento, a partire dalla rivelazione (via New York Times) del coinvolgimento dei servizi segreti di Kiev nell’attentato costato la vita il 20 agosto a Dar’ja Dugina, figlia dell’ideologo ultranazionalista russo Aleksander Dugin, nella partita doppia con Putin sull’escalation bellica e l’incubo della deriva atomica.
Il ponte sullo Stretto di Kerch subito dopo l'esplosione (Foto Epa).C’è pace e pace. Quella derivante da una resa incondizionata da inghiottire tutta d’un fiato e quella negoziale da costruire con rinunce reciproche. La storia ci viene in aiuto nel dirci come sono andati a finire irrigidimenti di principio e compromessi vergognosi. La resa incondizionata venne lanciata come un manifesto il 24 gennaio 1943 a Casablanca dal presidente statunitense Franklin Delano Roosevelt, convinto di essere un campione di diritti assoluti e quindi un modello di inflessibilità, contro l’Italia e la Germania. Winston Churchill, colto in contropiede, fece buon viso a cattivo gioco, Stalin che era a Mosca, era contrario, ma gli era stata sottratta la possibilità di trovare un accordo con Hitler per far cessare i macelli sul fronte orientale attraverso un’improbabile ma non impossibile pace separata. D’altronde era quello che voleva Benito Mussolini, mentre Adolf Hitler si mostrava ben più propenso a trovare un’intesa con l’Inghilterra, come nel 1939-1940, che col nemico ideologico per eccellenza. La linea ferma che metteva un veto a ogni argomento negoziale su pretese territoriali, politiche ed economiche, ebbe due sviluppi opposti: l’Italia accelerò verso la resa, piegata dalle sconfitte in Africa e in Sicilia e dalla guerra aerea, la Germania si irrigidì nelle sue posizioni sclerotizzate dall’abile propaganda di Josef Goebbels che seppe volgere a suo vantaggio la mancanza di un’alternativa alla guerra totale. Gli Alleati non seppero dare lievito all’unica opposizione vera nel Reich, che era quella dell’esercito tedesco, e ne raccolsero gli amari frutti: tra il 1944 e il 1945 ci furono più vittime, soprattutto civili, che in tutti gli altri anni del conflitto. Il Feldmaresciallo Friedrich Paulus, che si era arreso a Stalingrado ed era passato dalla parte dei sovietici, il 21 luglio del 1944 provò inutilmente a far leva sul popolo tedesco sostenendo alla radio che Stalin era più bendisposto di Roosevelt, ma che la Germania doveva liberarsi di Hitler e della sua cricca e ripiegare sui confini prebellici, per poter trattare la pace «alla pari». Il giorno prima l’Operazione Valchiria aveva preso le mosse con l’attentato di Claus von Stauffenberg, fallita e soffocata nel sangue. Non c’era più margine per negoziare, poiché ogni porta era stata sbarrata. In ogni caso i militari tedeschi volevano liberarsi di Hitler per giungere a una pace negoziale, ma solo sul fronte occidentale e mantenendo un regime autoritario secondo la tradizione prussiana. Ci riproverà al crepuscolo degli Dei della croce uncinata un fior di criminale come Heinrich Himmler, il quale credeva di poter passare un colpo di spugna su se stesso e sulla Germania giungendo a un’intesa con gli anglo-americani per concentrarsi insieme nello sforzo bellico di impedire il dilagare del comunismo in Europa attraverso l’inarrestabile Armata Rossa. Ipotesi immorale e vietata dalla formulazione della capitolazione, che sarà raggiunta con la debellatio del Terzo Reich, quando già «il fedele Heinrich» come lo chiamava Hitler era stato defenestrato per tradimento e persino quell’altro gaglioffo di Hermann Goering era stato destituito e arrestato. Si negoziò eccome, invece, in Italia, con l’Operazione Sunrise condotta da un altro criminale come il generale SS Karl Wolff che ne ottenne in cambio protezione e indulgenza. Questi, che nel dopoguerra si metterà nei guai da solo per incaute affermazioni sulla Shoah di cui era corresponsabile, era stato l’artefice della resa di Caserta del 19 aprile 1945, operativa dal 2 maggio, che consentì all’esercito tedesco in Italia di ripassare pressoché indisturbato il Brennero e tornarsene in Germania.
C’è pace e pace, dunque. Ma senza spiragli, anche piccolissimi, non ci si arriva, nonostante con una leva sia possibile sollevare questo povero mondo. Gli Alleati nel 1943 non erano sicuri di vincere, ma i tedeschi non avevano più la forza per vincere. Gli ucraini del 2022 scambiano riaggiustamenti territoriali anche significativi come il segnale prodromico di una riconquista generale - invece altamente improbabile - mentre i russi che hanno già vinto sul campo non possono certamente ritirarsi dietro i confini nazionali che essi stessi hanno dilatato con i referendum dall’esito scontato nelle quattro repubblichette contese considerate ora madrepatria. Dopo lo smacco dell’affondamento della “Moskva”, i fuochi d’artificio al ponte che collega Russia e Crimea come augurio di buon compleanno a Putin dai “cugini” slavi dell’Ucraina arrivano nel momento sbagliato. A Kiev farà morale, ma a Mosca fa meditare vendetta. E, si sa, i russi non brillano per elasticità mentale né Putin possiede il self control britannico. Senza una via d’uscita accettabile per non perdere la faccia, non c’è alcuna via d’uscita a quella guerra che con l’inverno diventerà di posizione, in trincea, nel ghiaccio, nell’incrudelimento. Di resa non parla nessuno e neanche di condizioni per un effettivo cessate il fuoco, con l’asticella continuamente rialzata e gli equilibri sempre più precari.
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Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.