23 Agosto
Il rischio nucleare
Riunione del consiglio di sicurezza dell'Onu sulla centrale atomica di Zaporizhzhia. La Russia accusa l'Ucraina: "Tiene gli europei sotto ricatto nucleare". Kiev rovescia le accuse e chiede una missione Aiea. La campagna elettorale in Italia è in piena bolla social, si è surriscaldata e ha bisogno di una de-escalation
Che succede? Mentre chiudo questa nota (ore 22.30) è in corso la riunione del Consiglio di sicurezza dell'Onu, l'ha chiesta la Russia per discutere della situazione della centrale nucleare di Zaporizhzhia (qui sopra, nella foto che apre List). Emerge una situazione di grave pericolo, di accuse reciproche e nessuna soluzione all'orizzonte. La guerra sembra dimenticata, la campagna elettorale non la sfiora come argomento urgente, ma l'impatto sulla nostra vita è enorme. Il ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, ha annunciato che il piano di risparmio energetico dell'Italia è pronto. L'Europa è attesa da un lungo e difficile inverno. E la campagna elettorale? Si sta surriscaldando, anche qui serve una de-escalation. Facciamo il nostro giro di giostra, seguite il titolare di List.
01
Mosca all'Onu: Kiev tiene gli europei sotto ricatto nucleare

I bombardamenti intorno alla centrale nucleare di Zaporizhzhia stanno "tenendo i cittadini europei ostaggio di un ricatto nucleare". Lo ha dichiarato il rappresentante della Russia alle Nazioni Unite, Vasily Nebenzya, durante la riunione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu. Secondo il rappresentante russo all'Onu, i combattimenti costituiscono "ogni giorno il rischio di un incidente radioattivo" che "avrebbe conseguenze catastrofiche per l'intero continente europeo. La situazione si è ulteriormente deteriorata, gli ucraini bombardano il territorio della centrale praticamente ogni giorno", secondo il diplomatico russo i soldati della quarantaquattresima brigata d'artiglieria ucraina stanno colpendo i dintorni della struttura con obici da 150 millimetri.
Kiev presenta da tempo la visione opposta, è la Russia a tenere in scacco l'Europa, è Mosca a costituire un rischio di incidente nucleare. Siamo di fronte a uno scontro che l'Europa dovrebbe contenere, giorno dopo giorno si sta allargando e il pericolo di 'incidente' diventa sempre più concreto. Durante la riunione del Consiglio di sicurezza, il rappresentante permanente...
Che succede? Mentre chiudo questa nota (ore 22.30) è in corso la riunione del Consiglio di sicurezza dell'Onu, l'ha chiesta la Russia per discutere della situazione della centrale nucleare di Zaporizhzhia (qui sopra, nella foto che apre List). Emerge una situazione di grave pericolo, di accuse reciproche e nessuna soluzione all'orizzonte. La guerra sembra dimenticata, la campagna elettorale non la sfiora come argomento urgente, ma l'impatto sulla nostra vita è enorme. Il ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, ha annunciato che il piano di risparmio energetico dell'Italia è pronto. L'Europa è attesa da un lungo e difficile inverno. E la campagna elettorale? Si sta surriscaldando, anche qui serve una de-escalation. Facciamo il nostro giro di giostra, seguite il titolare di List.
01
Mosca all'Onu: Kiev tiene gli europei sotto ricatto nucleare

I bombardamenti intorno alla centrale nucleare di Zaporizhzhia stanno "tenendo i cittadini europei ostaggio di un ricatto nucleare". Lo ha dichiarato il rappresentante della Russia alle Nazioni Unite, Vasily Nebenzya, durante la riunione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu. Secondo il rappresentante russo all'Onu, i combattimenti costituiscono "ogni giorno il rischio di un incidente radioattivo" che "avrebbe conseguenze catastrofiche per l'intero continente europeo. La situazione si è ulteriormente deteriorata, gli ucraini bombardano il territorio della centrale praticamente ogni giorno", secondo il diplomatico russo i soldati della quarantaquattresima brigata d'artiglieria ucraina stanno colpendo i dintorni della struttura con obici da 150 millimetri.
Kiev presenta da tempo la visione opposta, è la Russia a tenere in scacco l'Europa, è Mosca a costituire un rischio di incidente nucleare. Siamo di fronte a uno scontro che l'Europa dovrebbe contenere, giorno dopo giorno si sta allargando e il pericolo di 'incidente' diventa sempre più concreto. Durante la riunione del Consiglio di sicurezza, il rappresentante permanente dell'Ucraina alle Nazioni Unite, Sergiy Kyslytsya, ha chiesto una "presenza permanente" dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (Aiea) presso la centrale nucleare di Zaporizhzhia "in attesa che gli ucraini ne riprendano il pieno controllo".
Posizione degli Stati Uniti, parla Richard M. Mills: "È la Russia ad aver creato il rischio" di un incidente nucleare e solo la Russia può scongiurarlo con il suo ritiro. La soluzione è semplice: la Russia si ritiri, e presto, data l'urgenza della situazione, la gente è terrorizzata, siamo sull'orlo della catastrofe".
Posizione dell'Onu, parla la vice segretaria generale per gli Affari politici, Rosemary DiCarlo: Russia e Ucraina devono trovare "urgentemente un accordo" sulla demilitarizzazione dell'area.
Sintesi di quello che abbiamo udito finora: la guerra continua.
02
Il caso Dugin. Assassinio politico e destino della Russia

L'autobomba a Mosca, la morte di Daria Dugina, la figlia di Alexander Dugin è un altro caso esemplare di racconto mancato della contemporaneità. L'assassinio della figlia di Dugin imponeva una riflessione sulla Russia, il suo destino, l'Europa come spazio che guarda a Est, la guerra di logoramento in Ucraina che non trova un percorso di diplomazia. Silenzio, è il regno della info-war. Resta, anche qui, uno scenario binario, Kiev nega di aver progettato l'attentato, Mosca ha già trovato il colpevole. Dov'è la verità?
Quel bagliore sinistro nella sera di Mosca è passato come cronaca criminale dei sobborghi della capitale, dove tutto invece parla di assassinio politico. Eppure la storia di Dugin è eccezionale nella sua con-fusione, il dramma della Russia contemporanea, del suo essere post-tutto in un divenire caotico, l'atto terroristico che doveva terminare la sua avventura e in un semi-finale lancinante sottrae Dugin dalla scena, lo catapulta nella dimensione del sopravvissuto alla sua tragedia (dis)umana, il lampo della fine di sua figlia. Le mani sul capo, l'auto in fiamme dopo l'esplosione, un quadro di iper-realismo che è la continuazione della dissoluzione del mondo post-sovietico, fatto di letteratura punk e visioni apocalittiche:
Così, io amo l’Oriente in generale e incolpo l’Occidente. L’Occidente adesso si sta espandendo sul pianeta. Così, la globalizzazione è occidentalizzazione e americanizzazione. Pertanto, io invito tutto il “resto” a entrare in campo e lottare contro il globalismo, la modernità/ipermodernità, l’imperialismo yankee, il liberalismo, la religione del libero mercato e il mondo unipolare. Questi fenomeni sono l’ultimo punto del cammino dell’Occidente in direzione verso l’abisso.
Si è detto e scritto che Dugin è l'ideologo di riferimento del Cremlino. Affermazione acrobatica. Dugin e Putin sono indubbiamente figli del Big Bang della storia russa, dell'implosione del Soviet, della fine del Pcus. Ma la storia, nonostante le parole, le evocazioni, i discorsi dell'uomo del Cremlino, li separa inesorabilmente. Non a caso Dugin incrocia nella sua vita un altro maledetto senza redenzione, quel Limonov raccontato mirabilmente da Emmanuel Carrère.

Poteva essere fiction, fu realtà, insurrezione, omicidio. Il compagno di ventura di Limonov, Alexander Dugin, è sempre stato un filosofo-cattivista dalla biografia sulfurea, una cospirazione dall'avvenire tragico, destinato alla dissipazione, un anti-tutto, nazionalista, anticomunista, rivoluzionario, poi ancora nazional-bolscevico, rossobruno con influenza francese, propagandista di guerra senza mai pace, un personaggio accidentato, rovente. Tutto questo è agli antipodi di una figura come Vladimir Putin, un freddo. L'ex capo del Kgb non è il tipo che agisce ascoltando i consigli di Dugin, egli è apparato militare e controllo politico rigoroso. La Russia di Putin è un'altra storia, venne ricostruita sulle ceneri del servizio segreto, l'unica struttura rimasta in piedi dopo il crollo dell'Urss. Quello che accadde in Russia dal 1991 in poi, la valanga dei trent'anni che arriva fino a oggi, resta l'epicentro attivo del terremoto che ha cambiato la geopolitica, non era finita la storia, ne era semplicemente iniziata un'altra. Tutto questo merita ben altro che poche righe in cronaca e il silenzio degli intellettuali, riguarda il destino dell'Europa.
***
La storia procede a ondate. Non si ferma mai. E c'è chi ricorda. Ecco a voi un Marco Patricelli dall'Est Europa, luogo che conserva la memoria.
03
La storia in bottiglia

di Marco Patricelli
La storia in bottiglia, come il modellino di una nave che rilancia per immagini la sfida agli oceani e l’eterna sete di conoscenza dell’Ulisse di Dante. Su un'etichetta di rhum. Non accade in Italia, naturalmente, indaffarata in una campagna elettorale nevrastenica, spaventata non si sa se più dal 25 settembre alle urne o dal 28 ottobre del centenario della Marcia su Roma, Paese in cui è passato in assoluto silenzio l’80° anniversario dell’attentato a Reinhard Heydrich. Governatore del Protettorato di Boemia e Moravia, Heydrich si portava quasi con compiacimento etichette come «Il boia di Praga», «Il macellaio», «L’uomo dal cuore di ferro» che la storia gli ha saldato sulla pelle passando dall’uniforme nera delle SS. Di umano aveva ben poco, se non l’aspetto ariano e la finezza nel suonare il violino, e per questo per eliminarlo scelsero di chiamare la rischiosissima missione segreta «Operazione Anthropoid» (il titolare consiglia la visione del film, ndr): non era un uomo anche se lo sembrava, era una feroce belva nazista, responsabile primo della Shoah, e la sua uccisione fu l’unica riuscita durante tutta la seconda guerra mondiale a un alto gerarca. Ma la Cecoslovacchia e la resistenza pagarono per questo un prezzo di sangue altissimo, a partire dai paracadutisti giunti dall’Inghilterra e a finire con il massacro di civili della cittadina di Lidice (maschi fucilati, donne e bambini deportati nei lager tranne alcuni germanizzabili dati in adozione nel Reich).
Per commemorare l’80° dell’impresa un marchio di liquori ceco ha immesso sul mercato una serie speciale di rhum con sette etichette diverse, ognuna delle quali riproduce la foto sul tesserino militare britannico dei paracadutisti cecoslovacchi che il 27 maggio 1942 attaccarono la Mercedes dell’Obergruppenführer Heydrich provocandone il 4 giugno la morte per setticemia: Jan Kubiš, Josef Valčík, Adolf Opálka, Jaroslav Švarc, Jan Hruby, Jozef Gabčík, Josef Bublík. Da noi i nomi dicono pochissimo o nulla. Rifugiati nelle catacombe della chiesa praghese dei Santi Cirillo e Metodio e traditi dal loro compagno Karel Čurda, tennero testa ai tedeschi (che volevano catturarli vivi) con una furiosa e disperata sparatoria il 18 giugno, serbando l’ultima pallottola per loro. I volti familiari dei sette giovani eroi, comunque popolarissimi in Repubblica Ceca e in Slovacchia, sono finiti sulle bottiglie di rum senza che nessuno abbia avuto da ridire su questo. Anzi. Per celebrare la ricorrenza dell’Operazione Anthropoid è stata persino spillata una birra speciale, la rievocazione dell’attentato con mezzi e abiti d’epoca è un classico del calendario storico-culturale praghese, a ennesima riprova di un rapporto stretto e sereno con la storia, anche quella più drammatica e cruda.

Impensabile alle nostre latitudini. Giuseppe Garibaldi al massimo può campeggiare su un sigaro, ma guai ad andare oltre, e poi è obbligatorio parlarne bene. Eppure gli estremismi sulle sanguinarie dittature del Novecento in salsa commercial-promozionale sono finiti in Italia su etichette di vini dal rosso antico al nero che più nero non si può, tra nostalgismi anacronistici e ignoranza crassa su persone ed eventi. In Italia sarebbe impensabile – che so – celebrare un Gabriele d’Annunzio in bottiglie millesimate per il Volo su Vienna e persino un Vittorio Emanuele II per l’unità d’Italia, poiché c’è sempre qualcuno di qua e di là pronto a insorgere per riflesso pavloviano, a puntare il ditino da maestrino con la penna rossa, a sgranare la litania dei distinguo, dei “se”, dei “ma” e dei “però”. Aggiungiamoci la negletta posizione assunta dalla conoscenza della storia, e la frittata è fatta. Si scherza magari sui fanti ma si lasciano beatamente in pace santi e santini laici del passato e del presente decorati e stilizzati dalla politica, con mezzo Novecento divenuto tabù e mezzo Risorgimento favolistico di eroi duri e puri. E se in Repubblica Ceca anche i bambini delle elementari sanno chi era Heydrich e che cosa ha fatto, in Italia non è affatto così. Persino Garibaldi e Giulio Cesare rischiano di passare per Carneadi qualunque. Ascoltato e registrato da ragazzi delle superiori: boh, se hanno dedicato vie e piazze, qualcosa avranno fatto. Cosa, quando, come e perché, è un altro discorso.
Qualcuno ricorderà qualche annetto fa dagli schermi Rai la domanda «chi era Badoglio?» rimasta a galleggiare nel gelo dello studio tv in una platea di studenti catatonici e ammutoliti. Studenti di storia, mica di pizze e fichi. Il maestro Marcello D’Orta fece fortuna con il libro “Io speriamo che me la cavo” che raccoglieva svarioni e sfondoni dei ragazzini delle elementari: registrava uno stato di fatto ma questo non lo mise al riparo da una pioggia di accuse che indicavano il dito dell’aneddoto comico e non la luna dell’ignoranza scolastica. Da allora le cose, se possibile, sono peggiorate. Nessun professore universitario si azzarda a fare altrettanto con un memoriale sugli esami, perché dalla cattedra alla cattedrale autoreferenziale e improfanabile il passo è breve. Ma poi si scopre che agli esami da avvocato una fetta consistente di laureati non sa scrivere in italiano e, su base più larga, gli studenti italiani hanno più di un problema a capire un testo e a esprimersi verbalmente o con la penna. Non c’è scandalo, quindi, nelle bottiglie di rum con il volto dei sette paracadutisti dell’Operazione Anthropoid, perché magari i figli o i nipoti che non bevono certamente alcol possono essere incuriositi da quelle foto in bianco e nero e dai quei nomi, e possono chiedere a nonni e padri chi siano e cosa hanno fatto per essere ricordati in quel modo. Anche così il patrimonio si può trasmettere di generazione in generazione. Per la storia, per la cultura e per l’identità, è molto meglio la bottiglia mezza piena che il vuoto a perdere.
***
Cosa succede in Italia? Siamo in una realtà parallela. E non si riesce a venirne fuori.
04
La politica italiana nella bolla social

Le candidature sono chiuse, la campagna elettorale accelera, restano grandi vuoti. Il dibattito politico esiste solo nella forma di scambio d’accuse per quello che rimbalza dal mondo reale e ‘accade’ in un’altra dimensione, sui social. L’effetto distorsione è gigantesco, perfino le candidature sono avanzate o deragliate sulla bolla dei social network. Le polemiche degli ultimi giorni sono junk-food elettorale, quello che conta è talmente scomodo (per tutti) da restare in superficie, l’elenco è lungo, è la gigantesca opera in fieri della contemporaneità: la guerra in Ucraina senza fine e con rischi crescenti di allargamento con la Russia, una potenza nucleare; lo shock energetico che allunga l’ombra della chiusura per molte imprese e pone problemi di stabilità per i bilanci delle famiglie; il rallentamento economico e l’avanzata di scenari di recessione; la sfida della Cina che in novembre con il XX° Congresso del Partito comunista cinese darà a Xi Jinping le chiavi di un futuro che prevede l’annessione di Taiwan e l’accelerazione della politica di potenza; la debolezza dell’Unione europea e il sottosopra americano che si avvicina alle elezioni di midterm nel disordine, con una guerra civile strisciante. La politica italiana surf in una dimensione parallela, nessuno fa un tuffo per vedere cosa c'è sotto l’onda del presente. Tutti guardano lo schermo. Oltre, c’è la realtà.
A Piacenza, all’alba, il 21 agosto, è stata stuprata una donna ucraina di 55 anni, l’uomo arrestato è un 27 enne della Guinea. La donna passeggiava nel centro della città. C’è chi ha filmato l’aggressione, come è accaduto per l’assassinio di Civitanova Marche. E c’è chi ha pubblicato il video, poi rilanciato dai giornali. È un tratto dell’Homo Interneticus, sempre connesso (e sconnesso dalla vita), avviluppato nell’ossessione dell’era digitale, con la sguardo fisso sullo schermo, alienato dalla realtà. Il primo impulso è filmare, non chiedere aiuto o prestare soccorso. A Civitanova Marche c’è chi ha filmato, ma nessuno ha salvato l’ambulante nigeriano Alika Ogorchukwuch mentre veniva soffocato da Filippo Ferlazzo. Nel caso dello stupro di Piacenza, la storia ha preso una piega diversa, un testimone ha chiamato subito le forze dell’ordine. La donna è sotto shock, l’uomo è in cella.
Giorgia Meloni ha rilanciato il video che era già stato impaginato dai giornali. Pioggia di reazioni. Rilanciare quelle immagini “umilia tutte noi donne” (Nadia Terranova, sulla Stampa), “lo stupro sul web non ha mai fine” (Michela Murgia, ancora sulla Stampa), “Le destre scelgono uno stupro come spot per le elezioni” (titolo d’apertura del Domani). Destra e sinistra si dividono, così come l’opinione pubblica. È la campagna elettorale.
Meloni pubblica il video di un fatto di cronaca, come già accaduto sui social per il caso di Civitanova Marche. Sono due reati diversi, un assassinio, uno stupro, con implicazioni differenti sul piano del trattamento dei dati sensibili, della privacy delle vittime. C'è una letteratura ampia, non sempre univoca e sono molteplici gli interessi delle varie parti. Uno scenario complesso, in mezzo c'è il diritto di cronaca (entro i termini di legge e nel quadro dell'interesse pubblico, sia chiaro) e in questo caso s'aggiunge la campagna elettorale. Nel caso di Piacenza, gli avversari di Meloni dipingono il quadro di chi strumentalizza un fatto di cronaca senza pensare alle conseguenze e al "corpo delle donne, stritolato tra polemica politica e voyeurismo mediatico" (titolo del Corriere della Sera su un pezzo si Elisa Messina). Nel frattempo, il problema è diventato Meloni. Dunque scatta l’istruttoria del Garante per la Privacy (dettaglio: interviene dopo le polemiche politiche, non quando il video è comparso sui giornali) e la procura di Piacenza indaga, sta valutando cosa fare, ha aperto un fascicolo 'contro ignoti', ordinato il sequestro del video nei media che lo hanno pubblicato.
È un episodio di lotta politica che si svolge con estrema durezza. C'è anche chi è fuori dal coro, ragiona, e non a caso lo fa una donna, Emma Bonino: "Quello che è indecente è lo stupro, come diceva Longanesi una fotografia si legge, un articolo si guarda: se quella rimane impressa forse qualcuno si sveglia. Lo scandalo è lo stupro, sono i femminicidi aumentati negli ultimi mesi e ogni modo di denunciarlo è importante. Io non lo farei ma non vuol dire che non è successo e che non si debba fare". Il punto chiave, quello che si è perso completamente.
Questo farà perdere voti a Meloni? È la domanda che si pongono gli osservatori della politica. L’esperienza insegna che la 'demonizzazione' dell’avversario sul piano elettorale è un’operazione a doppio taglio, rischia di diventare ‘mortificazione’ della strategia politica, perché il problema della sicurezza è una questione che tocca nell’intimo l'elettore, fa parte dell’inquietudine del mondo moderno, è il paesaggio della ‘città tentacolare’, elemento chiave nella letteratura della fine dell’Ottocento e del Novecento. Quanto alla ‘strumentalizzazione’ del video, sul piano della dialettica politica, è un argomento che si presta ad esser rovesciato sul tavolo di chiunque lo agiti, perché tutto in campagna elettorale diventa ‘strumento’, oggetto della comunicazione, soprattutto in un’era in cui l’immagine sovrasta la parola, l’emozione prevale sul ragionamento. È inoltre molto difficile convincere l’elettore che quello che hanno già pubblicato i giornali è “un fatto astrattamente riconducibile a ipotesi di reato”, così come l’ha definito il pm di Piacenza. Se questo è il ragionamento di fondo, allora siamo sul filo del boomerang, l’indagine che passa dagli 'ignoti' a una serie di soggetti, tra cui i giornali e la potenziale vincitrice delle elezioni, Giorgia Meloni. Sono elementi da maneggiare con cura. Sul piano del consenso, finirebbe probabilmente per rafforzare la leader di Fratelli d’Italia. E in ogni caso peggiora il clima e, come vedremo tra qualche riga, c'è già parecchia tensione.
A cosa serve tutto questo? A impedire alla leader di FdI di vincere le elezioni? No, i trend si stanno consolidando, il centrodestra ha un vantaggio netto, per invertire la rotta serve un cataclisma. Tanto rumore per nulla? Non proprio, bisogna allungare lo sguardo sull'orizzonte. L’obiettivo di tutta la campagna elettorale delle sinistre nelle sue varie espressioni è quello di rendere Meloni ‘unfit’ per l’incarico da premier, farne deragliare il percorso, metterla in una posizione tale da non poter ‘chiedere’ Palazzo Chigi (e ottenere l’incarico dal presidente Mattarella), gettarle una cappa d’ombra, quel che basta per levarle la possibilità di essere la prima donna a governare il paese.
Come andrà a finire? È una partita in due tempi, c’è il voto, c’è il governo. I tempi potrebbero essere addirittura tre: voto, governo, crisi della maggioranza a destra. È quanto teorizza il Terzo Polo, il progetto post-datato di una ‘maggioranza Ursula’ da raggiungere per implosione del centrodestra (non sarebbe la prima volta), impossibilità di formare il governo o frattura successiva. Si punta sostanzialmente sulle incertezze del sistema politico del paese, sull’imprevisto e ‘l’incidente’ che è sempre in agguato. Se non c'è, si creano le condizioni per la sua maturazione. Tutto questo lo scopriremo solo vivendo (Battisti e Mogol sono per sempre).
Il risultato è che si parla di ciò che accade sui social, ma i fatti nel mondo reale sono diversi e così anche i bisogni e le aspirazioni dei singoli, delle famiglie, delle comunità. Questa distorsione della percezione e frammentazione dei gruppi sociali (chi è connesso e chi non lo è, chi usa Facebook e chi 'abita' su Tik Tok, chi twitta e chi instagramma, chi mette i like e chi 'cuoricina') conduce a errori per oggi e per domani, nella fase del voto e in quella del governo. Ecco perché la partita, anche in presenza di un probabilissimo vincitore, resta aperta. Perché il sistema è pieno di falle e tapparle tutte è quasi impossibile.
***
Ci sono pessimi segnali, episodi che devono far riflettere tutti. La 'mostrificazione' dell'avversario politico è tossica. Due fatti, il primo è tutto in questa foto scattata a Grugliasco, alle porte di Torino:

"Fasci appesi". Non ha bisogno di alcun commento. Il secondo episodio della giornata è avvenuto stasera a Reggio Calabria, tre colpi di pistola sono stati esplosi, ad altezza uomo, poco dopo le 21 contro la vetrata della segreteria politica del deputato di Forza Italia, Francesco Cannizzaro, candidato nel collegio uninominale Reggio Calabria 5. Negli uffici della segreteria, Cannizzaro, insieme con dei collaboratori, stava incontrando alcuni suoi elettori. Attendiamo che le indagini diano qualche risposta. Restano gli spari, i proiettili, una campagna elettorale che ha bisogno di toni profondamente diversi da parte di tutti.
***
Cosa resta? Siamo sommersi dai fatti. Prepariamo un'evasione in un mondo lontanissimo.
05
Giove come non l'abbiamo mai visto
Immagini straordinarie giungono dal Webb Telescope, sono una sorpresa continua e ci indicano la direzione della nostra esplorazione del domani, lo spazio. Questo è Giove come non l'abbiamo mai visto:

Le aurore (il colore rosso nei poli) si estendono ad alta quota. A destra, la tempesta chiamata "Great Red Spot", secondo la Nasa è così grande "che potrebbe inghiottire la Terra". Di fronte a questa meraviglia, il grande mistero è l'uomo, potrebbe impiegare il suo prodigioso sapere per il benessere di tutti, ma corre verso l'autodistruzione. Avremo bisogno di altri mondi. Nel frattempo, abbiamo un appuntamento per il 27 settembre con un asteroide.
06
Appuntamento con l'asteroide il 27 settembre
Nessun pericolo, sola la prova generale della missione Dart. Il prossimo 27 settembre, quando in Italia saranno le ore 01:14, assisteremo al primo test di difesa planetaria.

Non è un film di fantascienza, la Nasa proverà a deviare un asteroide, uno spostamento di 170 metri rispetto alla sua orbita originaria. Il bersaglio della sonda Dart (Double Asteroid Redirection Test) è l'asteroide Dimorphos, a 10 milioni di chilometri dalla Terra. Dopo un viaggio di 11 mesi la sonda sta per arrivare a destinazione. Con la sonda viaggia un microsatellite che filmerà l'operazione, si chiama LiciaCube, è tecnologia italiana, costruito da Argotec per l'Agenzia spaziale italiana. Speriamo di non dover mai usare questa tecnologia in uno scenario di pericolo, ma attrezzarsi è cosa buona e giusta. Viviamo tempi interessanti anche lassù. Forse troppo.