8 Marzo
Il virus, due Italie e un problema: l'unità nazionale
Lombardia e parte del Nord in quarantena, Regioni del Sud che minacciano arresti e avvisano i cittadini in fuga da Milano: "Fermatevi". La coesione nazionale vacilla di fronte alla crisi del coronavirus. L'isolamento? Perché non può esserci una soluzione cinese
La crisi del coronavirus è diventata un problema di coesione nazionale. Il governo ha deciso di varare un decreto (in origine erano due) per isolare la Lombardia e 14 province del Nord Italia, Palazzo Chigi ha optato per la soluzione cinese. C'è solo un problema, un irrilevante dettaglio: non siamo in Cina. E Conte non è Xi Jinping. Il lockdown non c'è (perché non poteva esserci), l'isolamento non ci sarà (perché si viaggia per ragioni di lavoro e questo basta e avanza per scardinarne l'efficacia), dunque tutto quello che è affermato nella teoria sarà contraddetto dalla pratica. Facciamo il nostro giro di giostra. Seguite il titolare di List.
01
La soluzione pechinese che non può esserci
Il risultato dell'incredibile nottata (e di questa surreale mattinata) è un altro: il governo ha innescato una spirale di decisioni che rischia di produrre uno "sbrego costituzionale" dagli esiti imprevedibili. L'epidemia ha diviso il paese in due fasce. Così abbiamo il virus, due Italie e un problema: l'unità nazionale.
Il governo ha scelto di adottare una risposta di contenimento à la pechinese, ma in realtà come abbiamo già scritto tante volte su List (invano), il nostro sistema non permette di rendere effettiva una strategia come quella cinese. In politica si possono fare molte cose, alcune in maniera perfetta, altre no. Tra queste non c'è la possibilità di tradurre lo "stato d'eccezione", che in questa crisi è un fatto evidente, in un pasticcio politico. La situazione, come sempre nel nostro paese, è grave ma non seria. E questa sua mancanza di serietà istituzionale rende la faccenda pericolosa.
Bloccare la regione più ricca e dinamica d'Italia (ci sarà poi da fare un discorso a parte sulla retorica che si è sparsa su Milano e altre forme di autocompiacimento da illuminismo nordista) come se fosse Wuhan non è possibile, gli accadimenti delle...
La crisi del coronavirus è diventata un problema di coesione nazionale. Il governo ha deciso di varare un decreto (in origine erano due) per isolare la Lombardia e 14 province del Nord Italia, Palazzo Chigi ha optato per la soluzione cinese. C'è solo un problema, un irrilevante dettaglio: non siamo in Cina. E Conte non è Xi Jinping. Il lockdown non c'è (perché non poteva esserci), l'isolamento non ci sarà (perché si viaggia per ragioni di lavoro e questo basta e avanza per scardinarne l'efficacia), dunque tutto quello che è affermato nella teoria sarà contraddetto dalla pratica. Facciamo il nostro giro di giostra. Seguite il titolare di List.
01
La soluzione pechinese che non può esserci
Il risultato dell'incredibile nottata (e di questa surreale mattinata) è un altro: il governo ha innescato una spirale di decisioni che rischia di produrre uno "sbrego costituzionale" dagli esiti imprevedibili. L'epidemia ha diviso il paese in due fasce. Così abbiamo il virus, due Italie e un problema: l'unità nazionale.
Il governo ha scelto di adottare una risposta di contenimento à la pechinese, ma in realtà come abbiamo già scritto tante volte su List (invano), il nostro sistema non permette di rendere effettiva una strategia come quella cinese. In politica si possono fare molte cose, alcune in maniera perfetta, altre no. Tra queste non c'è la possibilità di tradurre lo "stato d'eccezione", che in questa crisi è un fatto evidente, in un pasticcio politico. La situazione, come sempre nel nostro paese, è grave ma non seria. E questa sua mancanza di serietà istituzionale rende la faccenda pericolosa.
Bloccare la regione più ricca e dinamica d'Italia (ci sarà poi da fare un discorso a parte sulla retorica che si è sparsa su Milano e altre forme di autocompiacimento da illuminismo nordista) come se fosse Wuhan non è possibile, gli accadimenti delle ultime ore ne sono la prova al titanio.
02
L'escalation del contagio
Il governo di fronte all'escalation del nuovo coronavirus ha da tempo perso la qualità fondamentale per gestire queste situazioni: il sangue freddo. Servivano le doti del giocatore di biliardo, calma e gesso, siamo finiti in una dimensione caotica, nella fase disperata del si salvi chi può. Il numero di contagiati e morti, la velocità e intensità della diffusione del coronavirus, la sua penetrazione e ramificazione, hanno fatto scattare una decisione poi gestita con totale irrazionalità, ecco l'ultimo bollettino della Protezione civile:
Siamo a 5883 casi di coronavirus accertati, i morti sono 233, i guariti 589, in terapia intensiva ci sono 567 persone, di cui 359 sono in Lombardia.
03
Un altro flop della comunicazione
Le decisioni dure, estreme, vanno costruite e sostenute con la forza del diritto e la credibilità della politica. I provvedimenti andavano blindati, la logistica organizzata in ogni dettaglio, la comunicazione pianificata da professionisti che non si sono formati al Grande Fratello. In un teatro di guerra, comandano i generali, la politica indica l'obiettivo. Qui è mancata la politica e i generali non ci sono. Se si pensa di legittimare provvedimenti così gravi con i tour televisivi, i selfie, le dirette su Facebook, e le conferenze stampa alle due di notte, allora è certo che finirà tutto in un naufragio.
Isolare la Lombardia sulla carta, senza bloccare i trasporti via terra e via cielo, lasciando che circolassero senza alcuna precauzione (non è venuto in mente a nessuno dei cervelloni di Palazzo Chigi che è una questione di sicurezza nazionale?) le bozze di un provvedimento inedito, di importanza storica, ha condotto al caos sociale, politico e istituzionale. La metafora dell'assalto al treno che poi si realizza alla Stazione di Milano.
04
Il Regno delle Due Sicilie
Andiamo con ordine: Puglia, Sicilia, Campania, Basilicata e Calabria hanno imposto a chiunque provenga dal Nord di comunicarlo alle autorità e mettersi in quarantena volontaria, pena l'arresto. Siamo di fronte al tragico paradosso del Sud che respinge i suoi emigrati. Perché questo sta accadendo: la fuga dal Nord in lock down verso le regioni del Sud. Siamo anche giunti a una versione 2.0 del Regno delle Due Sicilie, attendiamo che i Borbone rientrino a Napoli e risolvano la situazione con i poteri della Corona. Le regioni del Meridione alzano il ponte levatoio e gettano i coccodrilli nel fossato. Siamo al Medio Evo della politica. E al grottesco. Nessuno sceneggiatore psichedelico sarebbe arrivato a concepire una trama simile.
Si può sorridere, fare dell'ironia (e ci sta, sia chiaro, perché è materia anche da sit-com e per dissacrare il potere niente è più forte di una risata - che li seppellirà), ma dalla commedia alla tragedia il passo è questione di un attimo. E mai come oggi l'unità d'Italia appare in bilico, trascinata nel ridicolo (un'arma di distruzione di massa) dal governo che non può essere un governo (per ragioni che ormai sono evidenti a tutti), un parlamento che è il peggiore della Storia repubblicana, presidenti di Regione che fanno ordinanze dove promettono l'arresto come se disponessero dell'autorità giudiziaria e delle forze di polizia, un'opposizione che guarda i sondaggi e non vede che si sta sfasciando la coesione nazionale.
Per la prima volta, in Sicilia viene evocato in un documento ufficiale della Regione un potere straordinario, previsto dal comma 2 dell'articolo 31 dello Statuto Speciale dell'isola, che "conferisce al presidente della Regione il potere di disporre delle forze di polizia in caso di necessità". Tutto virgolettato, ufficiale, pubblico. In quale realtà parallela viviamo? È l'Italia unita? O siamo piombati nel passato dei regni e dei granducati? Attendiamo, ancora una volta, che parli la Presidenza della Repubblica.
05
Una tigre di carta
Le bozze dei decreti circolavano da ieri sera ed erano già state ampiamente bocciate da tutti i presidenti delle Regioni, pubblicamente. Hanno fatto pace tra la notte e la mattina, perché il provvedimento si è diluito, è duro nelle parole, ma senza reale enforcement, non ha artigli, sono le premesse per un flop, ma si è evitata la crisi istituzionale in notturna (e domani aprono i mercati). Siamo davanti a una tigre di carta. Il resto è solo un caotico susseguirsi di eventi che hanno il segno della dissoluzione. La contrattazione tra centro (il governo) e enti locali (le Regioni) è andata a carte quarantotto sul piano della gestione dei contenuti e - ancora una volta - della comunicazione che nella società contemporanea è l'essenza stessa della politica. Varare un provvedimento che limita la circolazione dei cittadini italiani da Nord a Sud e viceversa, dunque principalmente sulla direttrice Roma-Milano, ha un significato gigantesco che solo una banda di dilettanti allo sbaraglio poteva condurre in questa maniera.
Deserto stamattina nella stazione aeroportuale di Fiumicino (Foto Ansa)Per tutta la nottata abbiamo atteso la versione definitiva dei decreti. Sono stati pubblicati in Gazzetta Ufficiale all 13:00. C'è un testo, ci sono delle disposizioni, ma il resto, cioè la sostanza politica e sociale di questa storia, è tutto per aria. Il paese si sta avvitando, scricchiola, s'ode un rumore sinistro di secessione de facto, non ha bisogno di esser dichiarata perché è nel (dis)ordine delle cose, nei comportamenti, nelle parole, negli estremismi, nelle isterie. In questo scenario il governo avrebbe dovuto nominare - può ancora farlo, sarebbe saggio - un commissario straordinario, mettere la figura di un generale, un uomo che ha servito in Kosovo o in Afghanistan, con esperienza diretta sul campo, a gestire una situazione che è fuori controllo. Non si militarizza niente, ma c'è bisogno di competenza, non di parolai che appaiono in tv. Servono ordine, razionalità, esperienza, credibilità davanti agli italiani. Non è una guerra, non è la fine del mondo, la storia - come abbiamo scritto su List tante volte - ci dà esempi infiniti per mettere ogni cosa al suo posto, nel giusto contesto. L'Italia ce la farà e gli italiani sapranno giudicare.
06
Fine di una fase politica
Georges Clemenceau disse che la guerra è una cosa troppo seria per essere lasciata ai generali, ma è anche vero che senza i generali non si vince nessuna guerra e che senza la politica i generali si muovono senza uno scopo, se non quello di sopravvivere. Non si possono aprire crisi di governo in questo momento, con il caos alle porte. L'unica soluzione, tra l'altro, sarebbe quella di un "governo del Presidente" con una figura istituzionale alla guida dell'esecutivo, una maggioranza ampia e il mandato imperativo di evitare il collasso del paese. Forse ci arriveremo, ma servono ancora dei passaggi chiave. Arriveranno tutti, inesorabilmente.
Questa fase politica è finita. La legislatura può andare avanti, sia chiaro, ma è zombificata. Ne avremo un'ulteriore prova con la riapertura dei mercati e l'andamento dello spread. Il virus è comparso sugli schermi dei trader, si salda in maniera inesorabile con la recessione, il crollo del prezzo del petrolio, la crisi dell'Opec, uno shock geopolitico. Sarà quello il gong. Domani suonerà la sveglia per tutti.
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della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.