3 Ottobre

Impossibile fare riforme contro gli elettori

Fino a quindici anni fa il "ce lo chiede l'Europa" era un "proviamo a fare meglio", fino a sette anni fa era un "sacrifichiamoci per salvare il Paese", oggi è un "nulla è migliorato, delle vostre indicazioni non ci fidiamo più". Lorenzo Castellani esplora la giungla delle regole senza consenso

di Lorenzo Castellani

Lo spread è tornato a salire e non sappiamo quali saranno gli esiti di un maggior costo del debito sulla manovra del governo. Ciò che emerge, però, è un contrasto a cui le democrazie, in particolare quella italiana, ci stanno abituando negli ultimi anni e che intercorre tra i mercati finanziari, le istituzioni internazionali ed europee e coloro che il consenso popolare manda al governo degli Stati nazionali.

Questo scenario suscita alcune domande scomode che quasi nessuno vuole porsi nella classe dirigente del Paese, indipendentemente dalle preferenze politiche. Ad esempio, da anni viene ripetuto da Commissione Europea e organizzazioni internazionali che servono "riforme strutturali", una formula vaga e generalista (nel senso che ogni paese disegna riforme sulla base dei propri problemi e delle proprie tradizioni) usata per le policies che vengono raccomandate dalle istituzioni sovranazionali. Tuttavia, queste riforme "strutturali" sono state per gran parte rigettate da tutti i partiti che sono andati al governo in Italia negli ultimi anni. Quelle politiche indicate da Bruxelles e che sono poi state realizzate nell'emergenza della crisi del debito sovrano, come la riforma Fornero, sono state successivamente minate da tutti i partiti principali. Nel caso specifico delle pensioni iniziò il Pd di Matteo Renzi con l'anticipo pensionistico e poi seguirono tutte le altre forze politiche in campagna elettorale. Le elezioni sono state vinte da chi ha promesso di abolirla quella legge e oggi ci prova dai banchi del governo. Il jobs act, riforma plaudita da stampa e organizzazioni internazionali, è rimasta una policy controversa i cui risultati di lungo periodo non sono ancora oggi ben chiari. Infatti, il mercato del lavoro diviene sempre più iperflessibile (aumentano costantemente i contratti a tempo determinato), mentre il jobs act mirava a stabilizzare l'occupazione dopo i tre anni di tutele crescenti. Tecnicamente, quindi, la legge renziana...


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