27 Maggio
Javelin non basta
Chi sta vincendo la guerra in Ucraina? Mosca annuncia la conquista di Lyman. Johnson: "La Russia nel Donbass avanza". Zelensky e il problema dell'esercito ucraino. Gli Stati Uniti pronti all'invio di sistemi di lancio multiplo di missili a medio e lungo raggio, nuovi cannoni M777 e migliaia di Stinger. La pace è lontanissima. Confindustria: blocco del gas russo? Pil a -2%
A che punto è la guerra? La domanda viene contrappuntata ogni tanto dall'altra che è ancora più impegnativa: chi sta vincendo? List ha sempre tenuto una linea realista, attaccata ai fatti, con i piedi per terra, le mappe ben squadernate, distante dalla propaganda dei belligeranti, lontana dalla versione auto-consolatoria dell'Occidente che ciclostilava la travolgente vittoria dell'esercito di Kiev. Non basta rendere santo il Javelin sui muri di Kiev (nella foto dell'agenzia Zuma che apre questo numero di List) per vincere la guerra.
Dopo 94 giorni di battaglia, la realtà bussa alla porta: sta vincendo Putin. Non significa che poi avrà il successo finale, che la guerra sarà un fatto che rafforzerà il Cremlino, che la Russia uscirà più forte da questa campagna militare, ma che sul terreno (per ora) i russi avanzano. Aveva ragione, ancora una volta, Henry Kissinger: "La prova politica della guerra non è all'inizio, ma alla fine". Non è finita, ma la direzione che ha preso lo scontro lo possiamo vedere. Per queste ragioni gli Stati Uniti invieranno armi di altro tipo, lo scontro sta mostrando i limiti dell'esercito ucraino e l'adattamento di quello russo sul campo di battaglia. C'è lo scontro ravvicinato, c'è la forza dell'artiglieria russa, la necessità di neutralizzarla. Il Pentagono dunque si prepara all'invio di sistemi di lancio multiplo di missili a medio e lungo raggio. La guerra è in piena escalation, gli Stati Uniti continuano a fornire armi per combatterla.
C'è qualcuno che sta cominciando a elaborare il problema dell'avanzata russa? Sì, un leader - con molti problemi in casa - che sta anticipando il bagno di realtà. Chi è? Seguite il titolare di List, facciamo il quadro sul campo di battaglia. Prima, due brevi passaggi sulla scena italiana.
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Confindustria: blocco del gas russo? -2% sul Pil

Confindustria ha...
A che punto è la guerra? La domanda viene contrappuntata ogni tanto dall'altra che è ancora più impegnativa: chi sta vincendo? List ha sempre tenuto una linea realista, attaccata ai fatti, con i piedi per terra, le mappe ben squadernate, distante dalla propaganda dei belligeranti, lontana dalla versione auto-consolatoria dell'Occidente che ciclostilava la travolgente vittoria dell'esercito di Kiev. Non basta rendere santo il Javelin sui muri di Kiev (nella foto dell'agenzia Zuma che apre questo numero di List) per vincere la guerra.
Dopo 94 giorni di battaglia, la realtà bussa alla porta: sta vincendo Putin. Non significa che poi avrà il successo finale, che la guerra sarà un fatto che rafforzerà il Cremlino, che la Russia uscirà più forte da questa campagna militare, ma che sul terreno (per ora) i russi avanzano. Aveva ragione, ancora una volta, Henry Kissinger: "La prova politica della guerra non è all'inizio, ma alla fine". Non è finita, ma la direzione che ha preso lo scontro lo possiamo vedere. Per queste ragioni gli Stati Uniti invieranno armi di altro tipo, lo scontro sta mostrando i limiti dell'esercito ucraino e l'adattamento di quello russo sul campo di battaglia. C'è lo scontro ravvicinato, c'è la forza dell'artiglieria russa, la necessità di neutralizzarla. Il Pentagono dunque si prepara all'invio di sistemi di lancio multiplo di missili a medio e lungo raggio. La guerra è in piena escalation, gli Stati Uniti continuano a fornire armi per combatterla.
C'è qualcuno che sta cominciando a elaborare il problema dell'avanzata russa? Sì, un leader - con molti problemi in casa - che sta anticipando il bagno di realtà. Chi è? Seguite il titolare di List, facciamo il quadro sul campo di battaglia. Prima, due brevi passaggi sulla scena italiana.
01
Confindustria: blocco del gas russo? -2% sul Pil

Confindustria ha stimato l'impatto di un blocco del gas russo sul Prodotto interno lordo: - 2%. Congiuntura flash, mese di maggio: "Sarebbe uno shock su volumi e prezzi. L’eventuale blocco delle importazioni di gas naturale dalla Russia, principale fornitore dell’Italia negli ultimi anni, potrebbe avere un effetto molto forte sull’economia italiana, già indebolita. Tale shock causerebbe una forte carenza di volumi di gas per industria e servizi e un aumento addizionale dei costi energetici. L’impatto totale sul Pil in Italia, nell’orizzonte 2022-2023, è stimabile in quasi un -2,0% in media all’anno".
Mario Draghi ha chiamato ieri Zelensky per cercare di sbloccare la partita del grano. Risultati? Per ora non si è mosso nulla. I russi hanno dichiarato stamattina che le accuse di bloccare l'export dei beni alimentari "sono infondate". Putin durante la telefonata con Draghi l'altro ieri ha detto che sono stati minati dagli ucraini. Per ora, è muro contro muro.
Matteo Salvini ha annunciato un... viaggio a Mosca. Gelo da Palazzo Chigi, logico, visto che dell'iniziativa (tutta da realizzare) non erano informati né il governo né il ministero degli Esteri. Che dire? Il leader di un partito della maggioranza che pensa di andare in Russia mentre il premier è impegnato in un'iniziativa diplomatica con Putin e Zelensky è un fatto singolare. Il Comandante Mao avrebbe commentato così: "C'è grande confusione sotto il cielo, e la situazione non è eccellente".
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Johnson: "Putin sta avanzando nel Donbass"

La Russia fa "progressi lenti ma tangibili" in Ucraina. Chi lo ha detto? Boris Johnson, il premier inglese, il leader che più di tutti nello spazio europeo ha sostenuto la resistenza di Kiev. Ieri BoJo, ha detto che Vladimir Putin "a caro prezzo per se stesso e per l'esercito russo sta continuando a rosicchiare terreno". Secondo Johnson non bisogna "lasciarsi cullare dall'incredibile eroismo degli ucraini nel respingere i russi dalle porte di Kiev" ma è "vitale" ora più che mai "sostenere militarmente gli ucraini".
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Zelensky: "Perdiamo 100 soldati al giorno"

Quanti soldati ha perso Kiev finora? Nessuno lo sa, il dato è coperto da segreto per non demoralizzare le truppe. Ma il presidente ucraino Zelensky si è lasciato sfuggire nei giorni scorsi un numero pesante: "Perdiamo 100 soldati al giorno". E per gli analisti i caduti ucraini ogni giorno sono molti di più, il triplo. Nessuno può verificare, gli ucraini non danno i numeri. La caduta di Mariupol è lo spartiacque del racconto del conflitto. Fine di Azov, forse fine anche di un problema politico per Zelensky che con il battaglione aveva il problema della difesa per sempre, l'impossibilità di aprire un negoziato, fine dello storytelling sulla resistenza di Kiev. Zelensky ha perso il Donbass e ieri ha dichiarato che "sarà di nuovo dell'Ucraina". Quando? Come? E cosa sta succedendo nell'esercito ucraino?
La macchina da guerra ucraina è in grande difficoltà. Il 16 maggio scorso Zelensky ha preso una decisione che era un segnale anticipatore: il presidente con un decreto ha sollevato dall'incarico il generale Yuriy Galushkin, comandante delle forze di difesa territoriale dell'esercito; al suo posto, il generale Igor Tantsyura che si occupava delle forze di terra. Non sostituisci un comandante in piena guerra se le cose vanno bene.
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Sul fronte del rispetto delle regole democratiche, quelle che servono per un ingresso nell'Unione europea, ecco un episodio che dovrebbe far riflettere Bruxelles, consigliare un po' di prudenza: l'ex-presidente ucraino Petro Poroshenko, avversario politico di Zelensky, ha denunciato di non aver avuto il permesso di lasciare il Paese, rinunciando a un viaggio in Lituania, dove avrebbe dovuto partecipare all'assemblea parlamentare della Nato a Vilnius. In quanto membro permanente della delegazione ucraina, aveva già ottenuto i permessi formali, ma non ha potuto superare le frontiere.
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Il campo di battaglia. I russi hanno conquistato Lyman
Situazione sul campo di battaglia? Ecco la mappa:

I russi hanno iniziato l'attacco su Severodonetsk, senza averla completamente circondata, avanzano da Popasna a nord, per sostenere l'assedio della città. A Lyman attaccano sia a sud-ovest per sostenere le forze in stallo a Izyum, sia a sud-est per avanzare su Siversk. Le forze russe stamattina hanno dichiarato di averla conquistata. Secondo l'intelligence britannica la conquista di Lyman "è strategicamente importante perché è sede di un nodo ferroviario e dà accesso a importanti ponti ferroviari e stradali sul fiume Siverskyy Donets".

L'offensiva su Kharkiv è in fase di attesa. A sud le forze russe continuano a fortificare le loro posizioni difensive lungo l'asse meridionale e a portare avanti gli sforzi per integrare la regione di Kherson nelle strutture economiche e politiche russe, stamattina Mosca ha annunciato la chiusura dei confini della regione di Kherson con le aree dell'Ucraina controllate dal regime di Kiev "per motivi di sicurezza". I soldati di Mosca, giorno dopo giorno, conquistano territorio. Ripetiamo: non stai vincendo una guerra se perdi terreno.
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Il 17 maggio scorso, su List avevamo fatto la domanda: chi sta vincendo la guerra? Rivediamo quel quadro.
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Chi sta vincendo la guerra?

Chi sta vincendo la guerra? Sulla carta, l'Occidente. Sulla carta. Il nostro racconto quotidiano è quello di una inesorabile vittoria dell'Ucraina sulla Russia e - per interposto cannone - il successo è un po' anche nostro. È davvero così? A Mariupol è andata come abbiamo visto. Altrove? Vediamo un po' di fatti.
- La guerra-lampo non è mai esistita, il conflitto in Ucraina va avanti da più di 80 giorni (sono diventati 94) che nella dinamica di un conflitto come quello in corso, in assenza di un negoziato, è solo l'inizio;
- La Russia non è fallita. Gli oracoli erano tanti, uno più definitivo dell'altro: Mosca sarebbe andata in default il giorno tale a un'ora precisa. Evidentemente tutti avevano (e hanno) l'orologio rotto. Secondo l'Economist il surplus commerciale russo potrebbe raggiungere livelli record nei prossimi mesi. L'Institute of international finance stima che l'avanzo corrente di Mosca potrebbe arrivare a 250 miliardi di dollari, il 15% del Pil, oltre il doppio rispetto ai 120 miliardi di dollari registrati nel 2021;
- La Russia controlla più territorio: ha allargato le operazioni su quasi tutto il Donbass, ha conquistato Mariupol, sta introducendo il rublo in varie città, controlla il Mar d'Azov e buona parte del Mar Nero, guarda a Odessa per chiudere ogni accesso al mare, l'area dell'occupazione russa è pari quasi al Regno Unito (oltre 100 mila chilometri quadrati). La controlla davvero? Non ancora. Vuole tutta l'Ucraina? Non è mai stato quello l'obiettivo, nessuno può conquistare 600 mila chilometri quadrati di territorio con un pugno di soldati;
- Il rapporto tra conquista territoriale e impiego di uomini e mezzi della Russia (circa 150 mila uomini sul fronte) spiega perché la campagna militare va analizzata con freddezza, per evitare errori fatali nelle prossime settimane. Le perdite di Mosca? Oltre 30 mila, forse 40 mila. Sono altissime, ma non sorprendenti per chi analizza i fatti militari guardando alla storia: sono numeri che fanno parte della brutale tradizione della storia militare russa (oltre 20 milioni di morti nella Seconda guerra mondiale), la vita dei soldati è il lampo della trincea, fine. Ma questo enorme sacrificio, questo dispregio per l'esistenza, è un fatto di cui bisogna tenere conto perché sul campo di battaglia significa che c'è chi è disposto a impiegare più uomini in condizioni estreme (l'utilizzo dell'artiglieria è destinato a crescere in maniera esponenziale da una parte e dall'altra), è un punto d'attacco terribile il cui esito è tutto da scoprire. Putin sulla Piazza Rossa ha citato i caduti, promesso l'aiuto dello Stato alle famiglie, ma lo ha fatto per 'mitizzare' la battaglia, elemento retorico di cui ha bisogno per rafforzare il quadro interno, come qualsiasi capo militare.
- I morti ucraini? Non si conoscono i numeri, il governo di Kiev non dà cifre (come quello di Mosca), si suppone che i morti dell'esercito ucraino siano più di 25 mila su un totale di circa 250 mila uomini che combattono da quasi 3 mesi contro un nemico che si muove in maniera disordinata, espone la fanteria e le brigate meccanizzate con l'assalto frontale e senza copertura ai colpi dei Javelin, ma a sua volta martella il terreno (guardate Mariupol e Kherson) con i missili e le bombe e ha una capacità di battaglia ancora in gran parte intatta e tutta da scoprire. In guerra un esercito senza turn over, riposo e assistenza rischia di sfaldarsi, questo è il problema dell'Ucraina che deve resistere, rimpiazzare i materiali e gli uomini, addestrarli e continuare a inviarne altri sul fronte;
- Mark Halperin in un lungo saggio sull'ultimo numero della Claremont Review of Books fa questo passaggio sulla via della guerra di Putin: "Non si tratta di un'invasione su larga scala, ma di una un'elaborata finzione per costringere l'Ucraina a disperdere forze, indebolendo così la resistenza sul fronte orientale, il vero obiettivo". Halperin racconta con minuzia tutti gli errori e gli orrori della guerra dei russi, il loro deficit nella guerra dei carri, una campagna militare che costa migliaia e migliaia di vite. Agli occhi di qualsiasi comandante occidentale è un insulto alla dottrina della guerra, ma questa è la guerra come (non) la sanno fare i russi.
- Stalin ordinò l'avanzata dell'Armata Rossa in Ungheria, assedio Budapest, 1945, pagina 605 di All Hell Let Loose, libro di Max Hastings sulla storia della Seconda guerra mondiale:
La cattura di Budapest costò ai russi circa 80 mila morti e 250 mila feriti. Circa 38 mila civili morirono nell'assedio, decine di migliaia furono deportati nell'Unione Sovietica e mandati ai lavori forzati, molti di loro non tornarono mai. Le forze tedesche e ungheresi persero circa 40 mila uomini, i prigionieri furono 63 mila.
La battaglia di Budapest non fu un passaggio decisivo della guerra, Stalin probabilmente si aspettava meno resistenza, ma andò avanti. Questa è la storia militare della Russia.
- Un po' di storia ci aiuta a capire che cosa sta succedendo (e non) sul terreno: la coalizione guidata dagli Stati Uniti che invase l'Iraq nel 2003 impiegò oltre 300 mila uomini, il numero di aerei impiegati contro il regime di Baghdad al 30 aprile del 2003 era pari a 1.801 aerei, di cui 863 caccia bombardieri, tanker, aerei per operazioni speciali e di soccorso, aerei da trasporto, sorveglianza, comando e controllo dell'Air Force. Nelle prime sei settimane, le sortite delle forze aeree della coalizione furono più di 41.000, di cui l'Air Force ne effettuò più di 24.000. Quando finì la campagna aerea e l'invasione di terra fu dichiarata chiusa, gli alleati non controllavano l'Iraq e si ritrovarono nel pieno di una guerra asimmetrica che costò la vita a 5000 soldati. Se Putin riesce a mantenere il controllo del territorio che ha occupato finora, siamo di fronte non a una vittoria ma a un successo che presenterà sul tavolo del negoziato, se e quando ci sarà;
- Mosca ha ancora in gran parte intatta la sua capacità di combattimento in Ucraina, secondo il Pentagono è al 75%;
- Avril Haines, capo dell'Intelligence americana, ha detto in audizione al Senato che il Cremlino si prepara a una guerra lunga;
- Sul settimanale Time, Suriya Jayanti, diplomatica americana con una lunga esperienza in Ucraina, in un pezzo denso di cifre e colmo di realtà ha scritto che il paese "è in condizioni peggiori di quanto comunemente si creda e ha bisogno, e continuerà ad aver bisogno, di una quantità impressionante di aiuti e sostegno per vincere davvero". Perché "non vincere è comunque non vincere".
- Che cosa è dunque il racconto sulla vittoria di oggi e di domani? Rischia di essere una versione auto-consolatoria, fa parte della scenografia allestita per farci digerire la nostra assenza dal campo di battaglia, abbiamo lasciato gli ucraini a morire e il senso di colpa va in qualche maniera esorcizzato. Parteggiare per quello che nello scontro appare il più debole solleva la nostra anima, possiamo dire a noi stessi come siamo buoni, corretti, pronti al grande slancio (sul sofà). Così passano del tutto inosservati i fatti, le cose che accadono diventano dettagli di un racconto. L'impaginato non corrisponde alla realtà, ma l'effetto sul pubblico è assicurato. Poi, un bel giorno, gli ostinati fatti metteranno il sigillo sull'esito finale. Molti ne resteranno sorpresi, altri un po' meno, tantissimi saranno indifferenti, in fondo è un finale alternativo della serie tv.
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Questo, il 17 maggio. Torniamo ancora più indietro con la macchina del tempo. Altro quadro, pochi giorni prima l''invasione dell'Ucraina, List del 20 febbraio scorso.
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Il mito del declino della Russia

Tra Stati Uniti e Cina c'è sempre la Russia, una potenza che l'Occidente con la caduta del Muro credeva di poter classificare alla voce residuo del passato. Non è così, non può esserlo per ragioni che la geopolitica rende visibilissime, eppure questo errore è stato commesso, di nuovo, anche dall'amministrazione Biden che si presumeva fosse il più esperto di politica estera tra i candidati alla presidenza. Il "declino" della Russia oggi non esiste, forse domani, ma è tanto lontano da poter occupare le speculazioni di altre generazioni di cronisti, storici, analisti. Come scrivono su Foreign Affairs Michael Kofman e Andrea Kendall-Taylor (due studiosi del Center for a New American Security), il mito della decadenza della Russia è stato coltivato da tutti con regolare insuccesso:
Biden non è il primo leader americano a pensarla in questo modo. Fin dalla fine della guerra fredda, i politici americani hanno periodicamente detto che i giorni della Russia come una vera potenza globale sono contati. Nel 2014, John McCain, il senatore repubblicano dell'Arizona, ha definito la Russia una "stazione di servizio del gas mascherata da paese". Lo stesso anno, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha liquidato la Russia come una semplice "potenza regionale". Non molto tempo dopo, la Russia è intervenuta con successo nella guerra siriana, ha interferito nelle elezioni presidenziali americane del 2016 e si è inserita nella crisi politica in Venezuela e nella guerra civile in Libia. Eppure, la percezione della Russia come tigre di carta persiste.
Grave errore. Perché sempre valido quanto scrisse nel 1918 Aleksandr Blok: "La Russia è tempesta", non un luogo qualsiasi, e quando si evoca la guerra, alla fine questa arriva per vie inattese e repentine.
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Sempre il 20 febbraio su List, altro quadro del videogame della guerra in arrivo, una proiezione nel futuro.
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Cosa succede se vince Putin?

La guerra non c'è (e vedremo se e quando ci sarà), ma chi si occupa di cose militari e guarda all'impatto politico delle armi, si fa una domanda: cosa succede se Putin vince? La questione è sollevata da Liana Fix and Michael Kimmage (analisti del German Marshall Fund) su Foreign Affairs e merita di essere affrontata perché chi afferma che l'Ucraina sarebbe una palude per l'esercito russo è lo stesso che faceva le previsioni per l'intervento della Russia in Siria, fatto che mandò sotto shock l'amministrazione Obama (di cui Biden era vicepresidente) mostrando tutte le lacune del Pentagono nella sua pianificazione della guerra. Dunque, prima lezione della storia: non sottovalutare le capacità militari della Russia, ha non solo il più grande esercito convenzionale in Europa, ma soprattutto sa usarlo. Mosca ha tratto una grande lezione dagli errori dell'invasione dell'Afghanistan, dalla durezza della guerra asimmetrica con i mujaeddin, e da allora le forze armate russe hanno mostrato un'efficacia sconosciuta agli eserciti occidentali.
Cosa succede se vince Putin? Cambierebbe lo scenario in maniera radicale:
1. Gli Stati Uniti e l'Europa si troverebbero impreparati di fronte al dilemma di costruire un nuovo quadro di sicurezza in Europa di fronte all'avanzata di una potenza nucleare, bisogna sempre ricordare che non c'è alcun vantaggio di deterrenza con la Russia;
2. La missione fondamentale dell'Unione europea e della Nato (il mantenimento della pace) sarebbe fallita e i membri dell'Alleanza si troverebbero in posizione di ripiego e non più di espansione, con il compito vitale di dover a quel punto difendere un numero ristretto di paesi dalla Russia che avrebbe la catapulta dei suoi missili balistici piazzata ai confini di Polonia, Slovacchia, Ungheria e Romania (la stessa situazione che Mosca vuole evitare con l'adesione dell'Ucraina alla Nato);
3. Si aprirebbe una guerra economica permanente con la Russia, cioè con il principale fornitore di energia dell'Unione europea (41% del gas naturale, 27% del petrolio, 47% dei combustili fossili solidi), il secondo esportatore di titanio del mondo (superleghe, alta tecnologia, aeronautica - l'industria aerospaziale sta cercando di ammassare riserve in caso di guerra commerciale);
4. I rifugiati dall'Ucraina si riverserebbero in Europa, innescando tensioni interne legate all'accoglienza (ricordare la Germania e il governo di Angela Merkel durante la crisi siriana) e destabilizzando una già difficile politica comune sull'emergenza umanitaria;
5. L'abbraccio tra Mosca e Pechino sarebbe ancora più forte, in un interesse reciproco che vedrebbe la Russia dirottare le sue risorse sulla Cina (cosa che sta già avvenendo) e il Dragone perseguire la sua politica di espansione e indebolimento degli Stati Uniti non solo nel Pacifico (dove a questo punto l'impegno americano verrebbe meno per l'esigenza di difendere l'Europa), ma nel Vecchio Continente dove la guerra economica e lo stato di allerta militare produrrebbe instabilità interne e rivolgimenti politici;
6. Con gli americani impegnati a dispiegare di nuovo le truppe in Europa (dopo averle spostate per inseguire un'altra agenda di politica estera, il pivot dell'Asia) la Cina prenderebbe le mosse per un'invasione di Taiwan, il primo produttore di microchip del mondo.
Serve altro? Non una guerra con la Russia e questo dovrebbe essere il mandato imperativo del presidente degli Stati Uniti e dei leader europei: evitare il conflitto, non evocarlo continuamente sui media. Quello che traspare dalle loro dichiarazioni è per ora lontano da questo obiettivo.
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Torniamo a oggi, sul taccuino c'è un'altra domanda: come si vince la guerra? Questa guerra.
08
Prossima schermata della guerra: i missili a lungo raggio per Kiev

La situazione sul campo di battaglia per la Russia e per l'Ucraina non è in ogni caso quella di una vittoria piena. Kiev ha perso territorio, Mosca ha il problema della lunga guerra, perché anche se dovesse fermare oggi le operazioni militari, si troverebbe comunque con il rebus di dover controllare un territorio grande come il Regno Unito e sotto il tiro dell'artiglieria ucraina. Molto dipende dal sostegno dell'Occidente all'Ucraina, dall'arrivo di cannoni, proiettili, addestratori, copertura aerea, intelligence, missili, dal rimpiazzo dei mezzi e degli uomini sul campo di battaglia.
La guerra potrebbe entrare in una fase di cronico stallo, un logoramento di tutti contro tutti. La Russia potrebbe anche finire per indebolirsi al suo interno (effetto delle sanzioni, una non chiara vittoria), decidere un'escalation del conflitto, cercare un terreno di confronto (una guerra per procura) da un'altra parte del mondo con gli Stati Uniti che nel frattempo hanno un problema gigantesco con la Cina, il principale alleato della Russia.
L'amministrazione Biden continua ad avere l'obiettivo di "indebolire la Russia"? Le mosse della Casa Bianca dicono che questo è ancora il target. L'America sta preparando l'invio di missili a medio e lungo raggio per l'Ucraina, Putin ha reagito duramente: "È un'aggressione". Il Pentagono ha assegnato a Raytheon la gara da 624 milioni di dollari per la produzione dei missili a corto raggio Stinger (5 chilometri) per Kiev, altre decine di cannoni M777 da 155mm (fino a 40 chilometri di gittata) verranno inviati in Ucraina.

Sono i briefing del Pentagono a mostrare la prossima schermata della guerra. Vediamo i passi chiave che sono emersi ieri dal punto stampa di John Kirby.
Sui sistemi di lancio multiplo dei missili:
Sapevamo, quando la Russia ha deciso di concentrarsi sulla parte orientale del Paese e sulla regione del Donbas, che sarebbe stata una battaglia a colpi di artiglieria e di fuoco a lungo raggio. E così è stato. Certamente siamo consapevoli delle richieste ucraine, private e pubbliche, di un cosiddetto sistema di missili a lancio multiplo. Non voglio anticipare decisioni che non sono ancora state prese, ma siamo in costante comunicazione con loro.
Sullo scontro tra russi e ucraini:
Per molti versi, si tratta di una lotta molto intima e ravvicinata. Credo di averla descritta come una lotta all'arma bianca e non è un modo inesatto di metterla. Ci sono luoghi, città, villaggi, frazioni, in cui i russi e gli ucraini sono a stretto contatto. Ed è molto dinamico, come ho detto ieri. Ci sono città e villaggi che cadono sotto i russi in un determinato giorno, e poi gli ucraini li recuperano giorni dopo.
Sulla guerra del grano e l'idea di una missione per riaprire i porti:
La comunità internazionale è molto preoccupata per le spedizioni di grano dall'Ucraina, per il blocco e per l'effetto che esso sta avendo. Alcuni Paesi europei sono disposti ad accettare grano per ferrovia. Quindi ci sono modi per far uscire un po' di grano in questo momento. Ma il Presidente è stato chiaro: non avremo truppe americane a combattere in Ucraina. Questo include i cieli sopra l'Ucraina. E questo include il potenziale conflitto navale con la Russia. Una delle cose per cui gli ucraini hanno detto di voler essere aiutati è la difesa costiera. Per questo motivo sono stati inviati in Ucraina mezzi di difesa costiera, anche dagli Stati Uniti, ma il modo in cui utilizzeranno questi sistemi dipenderà da loro. La comunità mondiale è consapevole del fatto che Putin sta usando il cibo come un'arma. E ci sono, ben oltre questo dipartimento, conversazioni all'interno della comunità internazionale su cosa fare al riguardo, su come alleviare la situazione. Tutti capiscono la pressione e il senso di urgenza che c'è in questo caso e si sta lavorando molto sul piano diplomatico per farlo.
I missili arriveranno. Il negoziato in queste condizioni, durante l'escalation, non ha grandi speranze. Gli americani (e gli europei) pensano che la partita sarà decisa dal campo di battaglia. Dunque Putin va sconfitto in maniera totale. La tentazione di umiliare Mosca è un grave errore. È la storia a raccontarlo. Finisce per alimentare una reazione più grande. Il Trattato di Versailles concepito per punire la Germania nel 1919 fu l'innesco della Seconda guerra mondiale. Sì, viviamo tempi interessanti. Forse troppo.