7 Settembre
La cancellazione della libertà
La provincia del Panshir è caduta, la resistenza afghana dissolta, Massoud rifugiato in un luogo sicuro. A Kabul i Talebani coprono i murales con le scritte che inneggiano alla vittoria del regime. Il patto con l'Occidente è finito nella vergogna. Un viaggio nel passato che aiuta a capire la fuga del presente
Guardate la foto che apre questo numero di List. I Talebani cancellano tutti i murales di Kabul dove si celebrano i progressi del popolo afghano, vent'anni di cammino verso un minimo di libertà e istruzione, i diritti delle donne, vengono sostituiti da scritte che inneggiano alla "vittoria" dei Talebani. Questo è il segno della fine, il ritorno al regime della sharia. La provincia del Panshir è caduta. In Afghanistan restano sacche di resistenza, ma il controllo del territorio è ormai dei Talebani. Il figlio del comandante Massoud si è rifugiato in un luogo sicuro e sta cercando di riorganizzare la resistenza. Una missione disperata, gli Stati Uniti hanno abbandonato l'Alleanza del Nord al suo destino, l'Occidente ha voltato le spalle agli afghani che avevano creduto nella libertà. Vent'anni dopo, l'Afghanistan è un cumulo di macerie, ridotto alla fame, in mano a bande di criminali. Vent'anni dopo, resta solo la vergogna dell'Occidente. Bernard Henri-Levy ha fotografato perfettamente la situazione: "Non è stata una ritirata: è stata una disfatta. In realtà la storia era già scritta con gli accordi di Doha, nel febbraio 2020, fra gli Stati Uniti e i Talebani. Gli Stati Uniti, senza che li costringesse nessuno, hanno deciso di cedere il Paese ad una organizzazione che essi stessi consideravano terroristica". Siamo al paradosso, all'umiliazione, alla perdita dell'onore, ma non bisogna sorprendersi troppo, la storia è piena di ignominia, di voltafaccia, di patti sottoscritti e subito contraddetti sul campo di battaglia. Marco Patricelli lo ricorda in questo articolo che è un viaggio nel passato e nel futuro. Buona lettura.
La coraggiosa protesta di alcune donne afghane a Kabul che chiedono il rispetto dei loro diritti (Foto Epa).di Marco Patricelli
La politica è l’arte del possibile, la scienza del relativo, ma a volte riesce nell’impossibile senza essere un’arte e relativizza senza raziocinio. Di fronte all’accelerazione della questione afghana lo...
Guardate la foto che apre questo numero di List. I Talebani cancellano tutti i murales di Kabul dove si celebrano i progressi del popolo afghano, vent'anni di cammino verso un minimo di libertà e istruzione, i diritti delle donne, vengono sostituiti da scritte che inneggiano alla "vittoria" dei Talebani. Questo è il segno della fine, il ritorno al regime della sharia. La provincia del Panshir è caduta. In Afghanistan restano sacche di resistenza, ma il controllo del territorio è ormai dei Talebani. Il figlio del comandante Massoud si è rifugiato in un luogo sicuro e sta cercando di riorganizzare la resistenza. Una missione disperata, gli Stati Uniti hanno abbandonato l'Alleanza del Nord al suo destino, l'Occidente ha voltato le spalle agli afghani che avevano creduto nella libertà. Vent'anni dopo, l'Afghanistan è un cumulo di macerie, ridotto alla fame, in mano a bande di criminali. Vent'anni dopo, resta solo la vergogna dell'Occidente. Bernard Henri-Levy ha fotografato perfettamente la situazione: "Non è stata una ritirata: è stata una disfatta. In realtà la storia era già scritta con gli accordi di Doha, nel febbraio 2020, fra gli Stati Uniti e i Talebani. Gli Stati Uniti, senza che li costringesse nessuno, hanno deciso di cedere il Paese ad una organizzazione che essi stessi consideravano terroristica". Siamo al paradosso, all'umiliazione, alla perdita dell'onore, ma non bisogna sorprendersi troppo, la storia è piena di ignominia, di voltafaccia, di patti sottoscritti e subito contraddetti sul campo di battaglia. Marco Patricelli lo ricorda in questo articolo che è un viaggio nel passato e nel futuro. Buona lettura.
La coraggiosa protesta di alcune donne afghane a Kabul che chiedono il rispetto dei loro diritti (Foto Epa).di Marco Patricelli
La politica è l’arte del possibile, la scienza del relativo, ma a volte riesce nell’impossibile senza essere un’arte e relativizza senza raziocinio. Di fronte all’accelerazione della questione afghana lo stesso Otto von Bismarck avrebbe avuto motivo di accarezzarsi i favoriti per una pausa di riflessione. L’improvviso dietrofront americano che ha sbriciolato un sistema con i piedi saldamente poggiati sulle nuvole non è il primo né l’ultimo, e neppure il più grave della storia recente. Anche il tradimento è quindi un’arte, perché la moralità della politica, soprattutto quella internazionale, è una contraddizione in termini. Per i romani pacta sunt servanda, per i contemporanei sono diventati appunto la bismarckiana scienza del relativo. La diplomazia segreta, messa alla porta da un rigurgito di moralità nel Novecento dopo il bagno di sangue del primo conflitto mondiale, ci ha messo un attimo a rientrare dalla finestra.
Il famigerato Patto Ribbentrop-Molotov del 23 agosto 1939 è un esempio clamoroso e di scuola di come si afferma una cosa per ottenerne un’altra opposta: formalmente è un patto di non aggressione, sostanzialmente lo è di spartizione (della Polonia e dei Paesi baltici); formalmente disinnesca un eventuale conflitto tedesco-sovietico, sostanzialmente innesca la Seconda guerra mondiale. Ma la violazione di ogni genere di accordo è la moneta corrente dell’epoca contemporanea occidentale, nessuno escluso. I trattati sono stati violati più volte di quanto siano stati invece rispettati.
Prendiamo a esempio il famigerato Patto di Londra con cui l’Italia nel 1915 si impegnava a entrare in guerra al fianco delle Potenze dell’Intesa, dopo che dal lontano 1882 era schierata con Austria-Ungheria e Germania già in guerra dal 1914 contro Francia, Impero britannico e Impero russo. Ebbene, quella firma apposta il 26 aprile senza che il parlamento italiano ne fosse informato, fece del Regno d’Italia una specie di alleato contemporaneo di tutte le parti belligeranti prima dell’ingresso in ufficiale in guerra il 24 maggio. A conflitto terminato, quando si trattò di riscuotere la cambiale londinese, allo sportello si ritrovò il presidente americano Woodrow Wilson con i suoi “Quattordici punti” con i quali voleva ridisegnare il mondo, il quale semplicemente se ne infischiò delle promesse contenute nel Patto di Londra (che gli Usa non avevano sottoscritto) e lasciò che Parigi e Londra facessero ciò che volevano degli imperi smembrati lasciando l’Italia a bocca asciutta. La retorica dannunziana parlò di “vittoria mutilata”, si urlò al tradimento, si scatenarono delusione, rabbia ed energie incanalate dal fascismo con quello che ne seguì. Il tradimento continuò a insinuarsi nei gangli della politica internazionale senza soluzione di continuità.
La Germania violò come nulla fosse ogni possibile prescrizione sostanziale sulle limitazioni agli armamenti sancita a Versailles, andando a costruire e a testare carri armati, cannoni e sottomarini nella Russia bolscevica, e la Potenze fecero finta di nulla, salvo pagarne successivamente il conto a Hitler. La moneta falsa delle firme e dei bolli di ceralacca per arginare la crisi internazionale originata dagli strappi del nazismo l’avrebbe scontata la Cecoslovacchia nel 1938. Quanto accaduto con l’anschluss dell’Austria non aveva insegnato nulla. Il divieto di unione con la Germania era sancito e garantito da trattati internazionali. Il primo tentativo di Hitler, nel 1934, era andato a vuoto solo perché Mussolini aveva mandato l’esercito al Brennero, e tanto era bastato. Era stato il solo a difenderne l’indipendenza e di fronte all’inazione delle Potenze lascerà poi fare nel 1938 guadagnandosi la gratitudine di Hitler, che si nascita era austriaco. Poi nel mirino erano finiti i Sudeti, un territorio che faceva da corona alla Cecoslovacchia nata dalle ceneri dell’impero asburgico con dentro quattro milioni di tedeschi. La sua difesa era garantita dalla Francia e dalla Piccola intesa con Romania e Jugoslavia, e in maniera indiretta dall’accordo franco-sovietico e ceco-sovietico. I cecoslovacchi, di fronte alla voce grossa dei Reich, erano pronti a battersi e avevano realizzato una formidabile cintura difensiva di circa 10.000 bunker di cinque tipologie, contro cui la Wehrmacht si sarebbe spezzata i denti, come testimonieranno i generali tedeschi al processo di Norimberga.
Arrivò invece il Patto di Monaco, la resa incondizionata delle democrazie, con cui senza colpo ferire Hitler si prese i Sudeti rendendo la Ceco-Slovacchia indifendibile. E i trattati diplomatici? Carta straccia, come peraltro diventerà anche il Patto di Monaco, visto che sei mesi dopo Hitler entrerà a Praga dopo la passeggiata trionfale della Wehrmacht. Basti pensare che il destino della Cecoslovacchia, unica democrazia continentale oltre alla Francia, era stato deciso senza che vi fosse un suo solo rappresentante a difenderne le sacrosante ragioni e i patti sottoscritti con le altre potenze. Tradimento puro, che i cecoslovacchi non avrebbero dimenticato nonostante fossero accorsi in Francia e in Gran Bretagna per combattere contro la Germania. Ma addirittura nulla rispetto a quello che dovrà subire la Polonia, entrata nel mirino di Hitler.
Nel 1934 la Germania aveva sottoscritto un patto di non aggressione con la Polonia che dal 1932 ne aveva uno con l’Urss di Stalin. Il 31 marzo 1939 la Gran Bretagna, spaventata per il disastro cecoslovacco, offrì la sua garanzia per l’integrità e l’indipendenza della Polonia che dal 1921 era alleata con la Francia. Il 1° settembre 1939 Hitler attaccò la Polonia e Francia e Inghilterra ci misero tre giorni per tenere fede ai patti, solo perché non trovarono il modo di eluderli per non perdere del tutto la faccia come accaduto a Monaco. I polacchi si fecero fare a pezzi in attesa di un aiuto da ovest che non sarebbe mai arrivato, e il 17 l’Urss invase a sua volta la Polonia in base al protocollo segreto del Patto Ribbentrop-Molotov e incurante del patto di non aggressione. Alla fine della Seconda guerra mondiale, scoppiata per l’integrità e l’indipendenza della Polonia, a essa non fu restituita né l’una né l’altra. Pur avendo vinto la guerra, combattendo dalla parte giusta e senza mai arrendersi, fu trattata peggio di un Paese sconfitto: consegnata a Stalin che se ne prese un’intera fetta come nel 1939, spostata sulla cartina d’Europa verso occidente, consegnata alla dittatura comunista sino alla caduta del muro di Berlino.
Il voltafaccia americano a un anno dall’accordo di Doha ha consegnato l’Afghanistan ai Talebani e a tutto quanto essi rappresentano in termini di regressione della civiltà. L’Europa ha ancora una volta dimostrato di essere come la rana di Esopo che si gonfiava per sembrare grande e forte come un bue. La Russia sconfitta militarmente proprio in Afghanistan ci torna con una vittoria diplomatica, a dimostrazione che la politica è l’arte del possibile e la scienza del relativo. La morale è un’altra cosa.
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migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.