8 Giugno
La cantonata del Conte e del Cantone
Se il premier esprime una critica, è bene che l'autorità taccia e ascolti. È atipica una sua reazione pubblica. Altrettanto sbagliato è che il premier faccia una telefonata per recuperare il cordiale rapporto. Parlamentarius fa un'indagine sull'Anac, le autorità e il necessario primato della politica.
di Parlamentarius
La cronaca ci pone alcuni interrogativi piuttosto seri. E urgenti soprattutto, visto che proprio in questi giorni cerchiamo di decifrare quale sarà il percorso di un nuovo Governo e di una nuova maggioranza politica. Il Presidente del Consiglio, durante il discorso alla Camera per la fiducia, ha espresso dei dubbi sull’efficacia dell’azione dell’Anac guidata da Raffaele Cantone. Questi, sempre ben collegato alla stampa, ha subito replicato che resterà in sella sino alla scadenza, fissata al 2020. Palazzo Chigi ha fatto sapere allora di aver chiamato Cantone e di avere serenamente discusso delle politiche anticorruzione e il Ministro Toninelli, a sua volta, ha annunciato che la collaborazione con Anac sarebbe stata stretta e proficua.
Gli interrogativi sono di due tipi: di natura istituzionale e di natura politica. Partiamo dalle istituzioni.
Se il Presidente del Consiglio esprime una critica verso l’attività di un’istituzione della Repubblica, nella specie un’autorità indipendente, è bene che l’autorità taccia e ascolti. È atipico che faccia sentire anche solo il fiato di una reazione pubblica. Ancor più atipico è che, poi, il Presidente del Consiglio, avendo registrato un certo qual disappunto del Presidente di una autorità, senta il bisogno di chiamare quest’ultimo, repentinamente recuperando un cordiale rapporto.
Non funziona così. E non può funzionare così perché altrimenti viene sacrificato il primato della politica e le fondamenta su cui poggia l’impianto repubblicano. La Costituzione non conta solo quando ricordiamo che è “la più bella del mondo” per opporci a vere o presunte esuberanze della politica, ma anche quando si tratta di giudicare l’operato di autorità amministrative. Sì, indipendenti quanto si voglia, ma comunque amministrative. L’ordine delle istituzioni conta ancora qualcosa e un Governo (e ancor meno un Governo fresco di fiducia) non può permettersi di apparire intimidito dalle reazioni di questa o quella agency.
Se il premier esprime
...di Parlamentarius
La cronaca ci pone alcuni interrogativi piuttosto seri. E urgenti soprattutto, visto che proprio in questi giorni cerchiamo di decifrare quale sarà il percorso di un nuovo Governo e di una nuova maggioranza politica. Il Presidente del Consiglio, durante il discorso alla Camera per la fiducia, ha espresso dei dubbi sull’efficacia dell’azione dell’Anac guidata da Raffaele Cantone. Questi, sempre ben collegato alla stampa, ha subito replicato che resterà in sella sino alla scadenza, fissata al 2020. Palazzo Chigi ha fatto sapere allora di aver chiamato Cantone e di avere serenamente discusso delle politiche anticorruzione e il Ministro Toninelli, a sua volta, ha annunciato che la collaborazione con Anac sarebbe stata stretta e proficua.
Gli interrogativi sono di due tipi: di natura istituzionale e di natura politica. Partiamo dalle istituzioni.
Se il Presidente del Consiglio esprime una critica verso l’attività di un’istituzione della Repubblica, nella specie un’autorità indipendente, è bene che l’autorità taccia e ascolti. È atipico che faccia sentire anche solo il fiato di una reazione pubblica. Ancor più atipico è che, poi, il Presidente del Consiglio, avendo registrato un certo qual disappunto del Presidente di una autorità, senta il bisogno di chiamare quest’ultimo, repentinamente recuperando un cordiale rapporto.
Non funziona così. E non può funzionare così perché altrimenti viene sacrificato il primato della politica e le fondamenta su cui poggia l’impianto repubblicano. La Costituzione non conta solo quando ricordiamo che è “la più bella del mondo” per opporci a vere o presunte esuberanze della politica, ma anche quando si tratta di giudicare l’operato di autorità amministrative. Sì, indipendenti quanto si voglia, ma comunque amministrative. L’ordine delle istituzioni conta ancora qualcosa e un Governo (e ancor meno un Governo fresco di fiducia) non può permettersi di apparire intimidito dalle reazioni di questa o quella agency.
Se il premier esprime una critica su un’autorità indipendente, è bene che l’autorità taccia e ascolti. È atipico che faccia sentire anche solo il fiato di una reazione pubblica. Altrettanto atipico è che il premier faccia poi una telefonata per recuperare il cordiale rapporto. Conte non può sacrificare il primato della politica.
Potrete dirmi che le autorità sono state create (forse troppe, in verità) proprio per assicurare che alcuni settori economici (energia, telecomunicazioni etc.) o alcuni interessi (concorrenza, privacy) siano affidati ad eminenti personalità esterne alla politica e indipendenti dall’indirizzo governativo. E che quindi non ci sarebbe da stupirsi che un’autorità indipendente possa avere una reazione alla critica, quand’anche questa pervenisse dal più alto scranno governativo. Però, a parte che qui Palazzo Chigi non soltanto ha registrato la reazione ma ha anche ritenuto di chiamare – sì chiamare – Cantone, la questione non sta affatto in questi termini, secondo noi.
Se le autorità sono indipendenti, è anche vero che esse hanno ancor oggi una legittimazione istituzionale incerta. Non previste in Costituzione, per giustificare il proprio ruolo hanno fatto leva sulla rilevanza dei diritti fondamentali che devono tutelare o sulla cornice dell’ordinamento europeo che le inserisce in un circuito direttamente guidato dalla Commissione dell’Unione Europea. Però, nonostante questo, non era mai accaduto che una autorità indipendente mostrasse una tale … “indipendenza” verso il Governo (tantomeno verso il Presidente del Consiglio, appunto). Semmai si narrava, di legislatura in legislatura, di un certo timore dei Presidenti delle autorità di essere sostituiti, dopo le elezioni, dalla nuova maggioranza, magari con l’approvazione di una legge di riforma e riorganizzazione dell’ente; insomma, quello che ha fatto il Governo Renzi nel 2014 riformando l’Autorità di vigilanza dei contratti pubblici, cambiandole il nome in Anac e nominando proprio Cantone quale Presidente al posto del predecessore. Insomma, se il Parlamento sol volesse, persino il Presidente Cantone potrebbe cessare prima della sua naturale scadenza. Oltretutto, Anac non è ente di diritto europeo e la sua forza e popolarità la deve anche ad una comunicazione mediatica sempre abile ed efficace, che però nulla ha a che vedere con la struttura istituzionale.
In altre parole: sino ad oggi il primato della politica rispetto alle autorità indipendenti c’è stato. Perché è nella Costituzione e perché è stato così effettivamente sul piano delle consuetudini istituzionali. Dato che le cose stanno così, è davvero curioso che accada quanto accade, in un momento in un Governo nuovo rivendica la propria natura politica, conquistata sulle spoglie di governi tecnici abortiti sul nascere, e tiene molto a ricordare che i suoi poteri derivano dalla sovranità popolare. E’ curioso che, proprio adesso, il detto primato sia messo in discussione. Dobbiamo dirlo: è un capovolgimento dei ruoli che segna una battuta d’arresto per il Governo Conte.
In verità, ci sarebbe da dire qualcos’altro. Che, ad esempio, proprio perché indipendente e “potere tecnico e neutro”, un’autorità dovrebbe parlare solo con le sue decisioni, quelle scritte in punta di penna e con puntuali argomentazioni, anziché a mezzo interviste e dichiarazioni alla stampa. L’autorità indipendente non ha un ruolo “pedagogico”. L’autorità amministrativa applica la legge e non ha una missione da adempiere, ma solo una funzione da esercitare.
Anac non è ente di diritto europeo e la sua forza e popolarità la deve anche ad una comunicazione mediatica sempre abile ed efficace, che però nulla ha a che vedere con la struttura istituzionale.
Veniamo al secondo problema, questa volta di natura politica e non istituzionale. Se il Governo, nella sua espressione più alta, dapprima esprime una critica verso una autorità e subito dopo avverte il bisogno di dialogare e costruire progetti futuri, non soltanto mostra un indirizzo politico tentennante, ma ad avviso di chi scrive si mostra lontano dal cogliere alcuni punti fondamentali.
Abbiamo già scritto su List (anche ieri) del Vietnam istituzionale in cui operano le amministrazioni italiane, fatto (anche solo del rischio di) indagini giudiziarie, di procedimenti della Corte dei Conti, di azioni di responsabilità, di sentenze varie, di annullamenti dei TAR, di regole varie di tutela della concorrenza, di protezione del consumatore, di salvaguardia ambientale, di tutela paesistica, di trasparenza, di prevenzione della corruzione etc. Mille controlli, tutti irresponsabili (nel senso che chi li esercita non ha quasi mai una responsabilità “politica”) e tutti ad alta capacità di “blocco”. Ebbene, pensiamo che l’Anac sia avvertita in Italia in qualche modo, a torto o ragione, come il modello emblematico di questi problemi.
La principale responsabilità, beninteso, non è del suo Presidente né degli altri (un po’ nascosti) consiglieri, ma della legge, che ha scelto, fatto inedito in Europa, di coniugare le regole normali su come affidare ed eseguire gli appalti alla prevenzione della corruzione. Insomma, si è accettata l’idea che una larga parte delle amministrazioni e delle stazioni appaltanti e delle imprese seguano pratiche non commendevoli. La cosiddetta “cultura del sospetto”, è stata (per la prima volta) elevata a valore istituzionale. Poiché nel frattempo le regole sugli appalti sono state anche terribilmente complicate (e nessuno ancora ha chiesto scusa per questo), questa micidiale combinazione tra lotta alla corruzione e regole sugli appalti pubblici è diventata un formidabile fattore produttivo di complicazioni burocratiche che rasentano ormai toni drammatici. I dati parlano chiaro: la percentuale di appalti pubblici (che restano un pezzo importante del PIL del Paese) è drasticamente calata. Le amministrazioni lasciano filtrare, nemmeno troppo garbatamente, un grido di dolore: portare avanti una gara di appalto è diventato ormai un inferno. Tra gli addetti ai lavori questo è ormai fatto notorio. E l’Anac, dal canto suo, è entrata in questo groviglio aumentando sempre più il peso della procedimentalizzazione e dei formalismi. In nome, s’intende, della lotta alla corruzione. Come se una gara complicata fosse qualcosa che può contenere la corruzione meglio di un modello flessibile di motivate e trasparenti decisioni amministrative. Chissà poi perché.
I dati parlano chiaro: la percentuale di appalti pubblici è drasticamente calata. Le amministrazioni lasciano filtrare, nemmeno troppo garbatamente, un grido di dolore: portare avanti una gara di appalto è diventato ormai un inferno.
I piani anticorruzione, poi, nazionali o locali che siano, sembrano un groviglio di regole e regolette che, in nome di modelli tutti da verificare, non si comprende bene a che cosa possano servire. Pare, ad esempio, che sia diventato un valore in sé la “rotazione” negli uffici, perché previene la corruzione. Così quando abbiamo un dirigente che funziona o un funzionario che, come spesso accade, “regge” con sacrificio e competenza un ufficio, allora che facciamo? Lo spostiamo. E sapete perché? Perché temiamo e presumiamo che possa essere un corrotto o che possa divenirlo e quindi lo trasferiamo, anche se questo non fa bene a quella struttura. Non ce ne voglia il Presidente Cantone, noi siamo tra coloro che pensano che l’attività di prevenzione della corruzione dell’Anac finisca per esaurirsi in un trionfo della modulistica e in un dedalo di regole che stanno contribuendo a rendere le nostre amministrazioni sempre più legate, timide, spaventate e quindi spesso purtroppo incapaci di curare il pubblico interesse. La legge ha anche le sue colpe, va ribadito anche qui. Ma il bilancio non cambia.
Detto questo, lasciate dica anche un’altra cosa. Per carità. La lotta alla corruzione è importante. E il fatto che se ne parli è pure un bene, perché aiuta a sensibilizzare i cittadini. Però, non si deve neppure esagerare, perché non ci risulta che gli italiani siano un popolo di corrotti, né enfatizzare a dismisura queste invocazioni favorisce i buoni comportamenti. E soprattutto dobbiamo essere consapevoli che il migliore antidoto resta l’azione giudiziaria penale, che oltretutto in Italia non è affatto assente.
Ma perché, direte, il problema è politico? Lo è certamente perché nessun indirizzo governativo potrà essere attuato in Italia senza fare i conti con questo problema. Dato che il Governo vuole favorire la crescita, anche per attuare le promesse fiscali e pensionistiche, non può ignorare che le amministrazioni debbano avere maggiore fiducia. Tornando alla cronaca di oggi, ha ragione il Ministro Toninelli a dire che bisogna semplificare il settore degli appalti pubblici. Ha torto invece a sostenere, nello stesso tempo, che la discrezionalità delle amministrazioni sia un male. Senza un’amministrazione attiva ed efficace non si possono curare gli interessi dei cittadini, né creare un ambiente ospitale per imprese e investimenti. Anche l’Autorità anticorruzione potrebbe esser d’aiuto, ma anzitutto dovrà essere il primato della politica a farsi sentire: per andare verso la strada giusta anziché restare abbarbicati (e badate, senza nessuna buona ragione!) a quella che potrebbe essere invece tragicamente sbagliata.
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riproduzione, pubblica esecuzione, comunicazione a terzi, messa a disposizione, diffusione, modifica ed
elaborazione dei
contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.