19 Settembre
La Fed dà un altro calcio alla lattina
La Fed fa un mini taglio dei tassi ma è sempre più divisa. Trump s'infuria con Powell: "Privo di attributi". La scelta è quella del rinvio, fino al prossimo quantitative easing. Gianclaudio Torlizzi fa un viaggio nella trappola finanziaria americana
di Gianclaudio Torlizzi
È probabile che l’attuale presidente della Federal Reserve venga ricordato come uno dei peggiori comunicatori tra i banchieri centrali degli ultimi decenni. Ben lontano dagli standard a cui aveva abituato Alan Greenspan, sulla cui comunicativa si è sviluppata un’intera letteratura, lo standing di Jerome Powell è apparso debole fin dalla sua prima apparizione pubblica come numero uno dell’istituto di Washington. Fu proprio in seguito a quell’oramai famoso discorso dello scorso ottobre, in cui confermava il restringimento monetario “con il pilota automatico”, che Wall Street iniziò a ‘girarsi’ fino ad arrivare al flash crash a cavallo delle festività natalizie. Una stance monetaria, questa, rimessa velocemente in discussione nel giro di appena 2 settimane, dando così il là a gennaio a una nuova fase rialzista della borsa Usa sfociata in nuovi massimi storici toccati lo scorso mese di luglio.
Il danno d’immagine però è rimasto indelebile nella mente degli operatori. Sia chiaro, navigare nel mare aperto dei mercati finanziari in questi ultimi anni è divenuta impresa ardua ed è probabile che anche lo stesso Greenspan tiri un sospiro di sollievo per aver evitato di ritrovarsi in un simile ginepraio. Non è un mistero che a causa dell’eccesso di fiducia nelle teorie monetariste da parte dei suoi predecessori (Bernanke e Yellen) si sia arrivati oggi nella paradossale condizione in cui sia sufficiente un accenno di restrizione monetaria per provocare pesanti scombussolamenti sui mercati e conseguentemente sull’economia mondiale.
Che la situazione non sia facilmente gestibile lo hanno dimostrato anche gli ostacoli in cui è incorso il presidente della BCE Mario Draghi. Il quale, nell’annunciare la ripresa del QE versione light la scorsa settimana, è stato oggetto di critiche sia di chi lo accusava di far troppo poco (i mercati, tanto è vero che l’EURUSD sta formando un bottom sopra 1.09) sia...
di Gianclaudio Torlizzi
È probabile che l’attuale presidente della Federal Reserve venga ricordato come uno dei peggiori comunicatori tra i banchieri centrali degli ultimi decenni. Ben lontano dagli standard a cui aveva abituato Alan Greenspan, sulla cui comunicativa si è sviluppata un’intera letteratura, lo standing di Jerome Powell è apparso debole fin dalla sua prima apparizione pubblica come numero uno dell’istituto di Washington. Fu proprio in seguito a quell’oramai famoso discorso dello scorso ottobre, in cui confermava il restringimento monetario “con il pilota automatico”, che Wall Street iniziò a ‘girarsi’ fino ad arrivare al flash crash a cavallo delle festività natalizie. Una stance monetaria, questa, rimessa velocemente in discussione nel giro di appena 2 settimane, dando così il là a gennaio a una nuova fase rialzista della borsa Usa sfociata in nuovi massimi storici toccati lo scorso mese di luglio.
Il danno d’immagine però è rimasto indelebile nella mente degli operatori. Sia chiaro, navigare nel mare aperto dei mercati finanziari in questi ultimi anni è divenuta impresa ardua ed è probabile che anche lo stesso Greenspan tiri un sospiro di sollievo per aver evitato di ritrovarsi in un simile ginepraio. Non è un mistero che a causa dell’eccesso di fiducia nelle teorie monetariste da parte dei suoi predecessori (Bernanke e Yellen) si sia arrivati oggi nella paradossale condizione in cui sia sufficiente un accenno di restrizione monetaria per provocare pesanti scombussolamenti sui mercati e conseguentemente sull’economia mondiale.
Che la situazione non sia facilmente gestibile lo hanno dimostrato anche gli ostacoli in cui è incorso il presidente della BCE Mario Draghi. Il quale, nell’annunciare la ripresa del QE versione light la scorsa settimana, è stato oggetto di critiche sia di chi lo accusava di far troppo poco (i mercati, tanto è vero che l’EURUSD sta formando un bottom sopra 1.09) sia di chi lo dipingeva come un vampiro pronto a sperperare liquidità dei risparmiatori (tedeschi, nella fattispecie). D’altronde che la situazione non sia propriamente equilibrata a livello finanziario lo evidenziano le entità dei bilanci delle banche centrali: quello della Fed ammonta al 17,7% del pil Usa, quello della BCE al 40,5%, mentre quello del Giappone al 103,4%.
Se però Draghi deve fare i conti con un’economia reale in grande sofferenza, nel caso di Powell il contesto è meno omogeneo. Da un lato infatti abbiamo una locomotiva a stelle e strisce che appare ancora solida come è ben evidente dall’andamento del Citigroup Economic Surprise Index tornato in territorio positivo.
Ma, dall’altro lato, iniziano a farsi sentire le pressioni derivanti dalla carenza di liquidità sui mercati finanziari tali da provocare ieri l’impennata dei tassi overnight statunitensi al 10% e costringere (grafico in basso).
Ecco dunque che non rimane altra scelta che quella del compromesso: ossia un mini taglio del target sul fed fund rate di 25 punti base, portando il range tra l'1,75% e il 2% (grafico in basso). Si tratta del secondo intervento in questo senso, dopo quello della fine di luglio, il primo da dieci anni a questa parte. Una mossa questa però che non ha molto senso sul piano finanziario e che appare piuttosto come il risultato di un compromesso politico all’interno del comitato direttivo.
La dicotomia tra la condizione dell’economia Usa e resto del mondo è la ragione per la quale il board del FOMC, il braccio di politica monetaria della Fed, abbia assistito a una spaccatura nel corso della riunione di questi ultimi due giorni. Su 10 membri in 3 hanno votato contro la decisione odierna di tagliare di un quarto di punto i tassi Usa. Il presidente della Fed di St. Louis James Bullard ha votato per un taglio più forte di mezzo punto percentuale, mentre il presidente della Fed di Kansas City Esther George e quello della Fed di Boston Eric Rosengren si sono pronunciato per lasciare i tassi invariati. Sia George sia Rosengren avevano dissentito anche a fine luglio quando la Fed aveva tagliato i tassi dello 0,25% per la prima volta da dieci anni.
Una situazione, questa, che mai si sarebbe verificata sotto Greenspan. Ma che appunto risente della carenza di carisma di Powell pubblicamente bullizzato dal presidente americano Donald Trump che è arrivato a definirlo “privo di attributi”.
Mini taglio dei tassi, una visibilità limitata sul futuro, spaccatura nel board: le cose insomma si stavano iniziando a mettere male nel corso della conferenza stampa di questa sera, tanto che il dollaro, cartina tornasole circa il sentiment finanziario, aveva reagito con un rialzo mettendo pressione sugli indici azionari e le materie prime.
Ma poi il colpo di scena che ha sopreso tutti: “if economy does turn down, a more extensive sequence of rate cuts would be appropriate”. Musica per le orecchie dei piazzisti di Wall Street che hanno così ripreso a comprare spingendo l’S&P500 nuovamente sopra i 3000 punti.
Anche in questo caso Powell, al pari di Draghi, ha dunque dimostrato quanto legate siano oggi le mani delle banche centrali, condannate oramai a continuare a immettere liquidità nel sistema per evitare un doloroso aggiustamento che avrebbe conseguenze incontrollabili. Meglio dunque dare un nuovo calcio alla lattina, tenendosi pronti all’avvento del prossimo cigno nero per dare il via a un’inedita forma di QE che assumerà con tutta probabilità dimensioni ancora maggiori rispetto a quelli implementate dal 2008 a oggi.
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10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
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l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
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