4 Maggio

La fine dell'America? Una notizia grandemente esagerata

Quando Trump vinse le elezioni nel 2016, le previsioni sulla fine degli Stati Uniti furono la messa quotidiana. Nove anni dopo, il copione si ripete. La Casa Bianca tra la Borsa e la vita, la globalizzazione e il Made in America, Wall Street tra sboom e boom. Un'indagine sul conformismo dello storytelling e il tempo straordinario della storia

Quando Donald Trump vinse le elezioni del 2016, le previsioni di una imminente fine dell’America erano la messa quotidiana dell’establishment. Un rosario di catastrofi. Gli economisti da allora non sono migliorati, così come il giornalismo, non solo in America. In Italia la politica economica del governo Meloni è oggetto di una campagna negazionista che non ha niente a che fare con l’analisi dei numeri e lo scenario geopolitico, siamo di fronte a un atto quotidiano di stregoneria. Il governo Meloni è diventato un esempio di stabilità in Europa, l’agenzia S&P ha alzato il rating del nostro debito sovrano, l’occupazione è al record storico, il Pil del primo trimestre è migliore di quello di Francia e Germania e certo, ci sono le difficoltà dettate dal quadro internazionale e da un sistema interno dove le riforme incontrano ostacoli rilevanti, e un giorno tutto questo potrà andar peggio (o meglio), ma anche un orologio rotto segna l'ora esatta due volte al giorno. Il caso italiano è speculare a quello americano, non importa chi governi, quale sia il tono, il programma, il risultato, il tema è che se al timone non ci sono le forze progressiste, i media mettono il pilota automatico dell’opposizione. Anche contro la realtà. In uno scenario polarizzato, tutto è bianco o nero. È il trionfo del conformismo mentre là fuori accadono cose straordinarie.

Negli Stati Uniti il rito vodoo anti-trumpiano è in netto anticipo con la storia e in fase di separazione dai fatti: i dati sui nuovi posti di lavoro diffusi qualche giorno fa (+ 177mila) sono sopra le stime degli analisti e parlano di un’economia ancora in buona salute; gli stessi numeri sul prodotto interno lordo (negativi a -0,3% a causa di un boom delle importazioni, le imprese hanno anticipato l’arrivo dei dazi) mostrano una grande vitalità del...


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