22 Maggio
La frenata di Sanchez, l'accelerata di Conte
Spagna e Italia finora avevano seguito un percorso comune nella crisi del coronavirus, ma le strade si sono separate sulla riapertura. Perché il premier spagnolo ha deciso una linea prudente. La scommessa del premier italiano. Un'indagine di Maite Carpio, due storie parallele ma non troppo
di Maite Carpio
Nella pandemia del covid-19 la Spagna ha seguito sempre l’esempio italiano nella conduzione di una crisi che era iniziata da noi una settimana o dieci giorni prima, per cui la road map tracciata da Roma è stata senz’altro un punto di riferimento affidabile. Fino ad ora. Questa settimana il presidente Pedro Sanchez ha deciso di staccarsi completamente dalla linea presa dal governo Conte, perché secondo lui la nostra uscita dal lockdown è troppo rischiosa. “L'Italia va troppo veloce, spero che vada tutto bene per loro, ma stanno rischiando grosso”, avrebbe detto il presidente spagnolo ai suoi collaboratori qualche giorno fa.
Due posizioni diametralmente opposte per due paesi che presentano due scenari molto simili. Vediamo i numeri: in Spagna i nuovi casi positivi ieri sono stati 344, i decessi sono stati 48 (la cifra piu bassa della settimana), in Italia i contagi sono stati 642 e i morti 161. Il numero totale delle vittime, secondo i dati della Johns Hopkins University, sono 27,940 in Spagna (47 milioni di abitanti) e piu di 32.486 in Italia (60 milioni di abitanti). Due economie colpite dalla paralisi produttiva di questi mesi. Ecco le previsioni di primavera per l'Eurozona di Eurostat:
Secondo Eurostat il crollo del Prodotto interno lordo nel 2020 sarà del 9,4%, in Italia Eurostat prevede un -9,5 nel 2020, con un rimbalzo del Pil nel 2021 rispettivamente del + 7% e +6,5%. La situazione del debito pubblico in rapporto al Pil è decisamente migliore per la Spagna, grafico del Fondo monetario internazionale:
Il rapporto tra debito e Pil per l'Italia era al 135% mentre per la Spagna era al 97%, ma per entrambi i paesi la curva è destinata a salire, un decollo verticale, perché devono evitare il collasso e finanzieranno la nuova politica economica con altro debito pubblico nazionale, poi vedremo come andrà a finire...
di Maite Carpio
Nella pandemia del covid-19 la Spagna ha seguito sempre l’esempio italiano nella conduzione di una crisi che era iniziata da noi una settimana o dieci giorni prima, per cui la road map tracciata da Roma è stata senz’altro un punto di riferimento affidabile. Fino ad ora. Questa settimana il presidente Pedro Sanchez ha deciso di staccarsi completamente dalla linea presa dal governo Conte, perché secondo lui la nostra uscita dal lockdown è troppo rischiosa. “L'Italia va troppo veloce, spero che vada tutto bene per loro, ma stanno rischiando grosso”, avrebbe detto il presidente spagnolo ai suoi collaboratori qualche giorno fa.
Due posizioni diametralmente opposte per due paesi che presentano due scenari molto simili. Vediamo i numeri: in Spagna i nuovi casi positivi ieri sono stati 344, i decessi sono stati 48 (la cifra piu bassa della settimana), in Italia i contagi sono stati 642 e i morti 161. Il numero totale delle vittime, secondo i dati della Johns Hopkins University, sono 27,940 in Spagna (47 milioni di abitanti) e piu di 32.486 in Italia (60 milioni di abitanti). Due economie colpite dalla paralisi produttiva di questi mesi. Ecco le previsioni di primavera per l'Eurozona di Eurostat:
Secondo Eurostat il crollo del Prodotto interno lordo nel 2020 sarà del 9,4%, in Italia Eurostat prevede un -9,5 nel 2020, con un rimbalzo del Pil nel 2021 rispettivamente del + 7% e +6,5%. La situazione del debito pubblico in rapporto al Pil è decisamente migliore per la Spagna, grafico del Fondo monetario internazionale:
Il rapporto tra debito e Pil per l'Italia era al 135% mentre per la Spagna era al 97%, ma per entrambi i paesi la curva è destinata a salire, un decollo verticale, perché devono evitare il collasso e finanzieranno la nuova politica economica con altro debito pubblico nazionale, poi vedremo come andrà a finire la storia del Recovery Fund europeo.
Entrambi i paesi, pesantemente dipendenti del turismo e dal settore dei servizi - e con l'Italia che ha la seconda manifattura d'Europa dopo la Germania - vedono alle porte la minaccia dell'evaporazione di ingenti flussi che ogni anno portano i visitatori estivi. Insomma, non ci sono ragioni per sparare i fuochi d’artificio da nessuna delle due sponde del Mediterraneo.
Manifestazione contro le misure anti-coronavirus del governo Sanchez a Malaga (Foto Ansa)Il rischio della seconda ondata rimane altissimo per entrambi i paesi, ma hanno fatto due scelte diverse. Non si sa chi abbia ragione e nemmeno come andrà a finire perché è facile parlare con il senno di poi e i governi possono sempre cambiare linea. Vediamo i ragionamenti che hanno spinto entrambi i leader a fare due scelte politiche di enorme importanza: lentissima l’apertura di Sanchez che ha tirato il freno a mano (addirittura l’uso delle mascherine per bambini di 6 anni negli spazi chiusi dove non può essere garantita la distanza di sicurezza); Conte ha scelto di spingere l'acceleratore.
Il contatto tra i tecnici e i politici di entrambi i governi è stato intenso nelle ultimi mesi per monitorare e scegliere la via di uscita, ma l’Italia ha allentato la presa prima del previsto. Da noi le frontiere saranno aperte dal 3 giugno e non ci sarà bisogno della quarantena per chi arriva dall’estero, mentre la Spagna ha vietato ancora gli spostamenti tra le regioni (almeno fino a luglio) e le frontiere, per il momento, rimarranno chiuse. In Moncloa pensano che sarebbe difficile spiegare ai cittadini che non possono raggiungere la propria casa al mare o visitare i propri genitori in un altra città, quando i turisti arrivano (80 milioni di persone ogni estate) e si spostano senza limitazioni. Una linea durissima quella di Sanchez. Uno dei più brillanti cronisti politici spagnoli, Carlos E. Cuè del quotidiano El Pais, ha raccontato qualche giorno fa un retroscena molto significativo: in un Consiglio dei ministri, il presidente (normalmente molto pacato) si è mostrato terribilmente irritato davanti alle pressioni dei colleghi che portavano sul tavolo gli interessi dei settori che rappresentano, nel tentativo disperato di accelerare la desescalada, Sanchez, infastidito come non mai, ha chiuso la questione con un secco “tutti subiamo pressioni, ma siamo qui per porre resistenza. La priorità assoluta è abbassare il livello dei contagi”. Sono rimasti tutti muti, anche la ministra dell'Economia, Nadia Calvino, che guida il gruppo che preme da sempre per riprendere i livelli produttivi che possano salvare il paese dal collassso economico. Sanchez ha prolungato la cassa integrazione fino alla fine di giugno e ha preferito indebitarsi per non “buttare per aria tutto lo sforzo fatto fino adesso”. E poi, ha tenuto un pugno di ferro con le Autonomie. Non si fida, è in piena battaglia con il governo Popolare di Madrid (anche se oggi ha dovuto accettare il passaggio alla fase 2) e con quello indipendentista di Catalogna e preferisce privilegiare la sicurezza sanitaria e non gli interessi economici delle regioni.
Giuseppe Conte non è stato tanto inflessibile. E forse sarà un bene, chissà. Sabato scorso, in un'altra delle lunghe notti che decidono la storia dell’Italia, ha dovuto cedere alla pressioni dei potenti Presidenti delle Regioni che non volevano approvare il suo decreto per l’apertura del paese perché non era stato rispettato l’accordo raggiunto e soprattutto perché non aveva allegato al decreto il testo dell’intesa con le Regioni, il che generava una ambiguità normativa che non era accettabile per nessuno. Il gioco di forza lo ha guidato Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia Romagna, esponente di spicco del Pd (partner di governo fin troppo solidale del Presidente del consiglio) e presidente della Conferenza delle Regioni (quello che parla con tutti) che si è schierato con la Lombardia chiedendo l’apertura immediata. Nella riunione non era presente il ministro della Salute, Roberto Speranza, da sempre contrario a intraprendere dei passi prematuri, il presidente della Regione Sicilia, Nello Musumeci, ha raccontato che la notte in sui a Palazzo Chigi si discuteva il decreto "c’è stato un certo imbarazzo, tutti cercavano a Roma il ministro della Salute che alle 3 di notte non rispondeva". E così hanno mandato i carabinieri a casa sua per portarlo a Palazzo Chigi. Grande sceneggiatura! Si vede che Speranza non è arrivato abbastanza sveglio perché alla fine Conte ha ceduto per far contenti tutti e, tanto vale, adesso pensateci voi. Quando ci arriverà il conto non potrete dire che è stata colpa mia. Insomma, il Far West, e infatti come raccontava ieri il titolare ora se la prendono con i giovani che, stranamente, una volta che hai detto loro “potete uscire” decidono di andare a farsi un aperitivo.
La vera scommessa per Italia e Spagna è quella del turismo. Per gli spagnoli comincerà tardi e sarà sopratutto nazionale. Il governo italiano invece, ha provato ad allentare la corda nel tentativo disperato di recuperare qualche flusso. In Moncloa pensano che sia più opportuno resistere qualche settimana in più, nonostante l’economia soffra, invece di rischiare una seconda ondata di contagi che distruggerebbe definitivamente il sistema produttivo. Anche sul rebus del turismo, Sanchez è convinto che non valga la pena mettere a rischio la reputazione, l’immagine di un paese che “vuole tornare ad essere una destinazione sicura” e che costerebbe anni recuperare. È questione di poche settimane, ma preferisce avere il controllo epidemico. Il mese chiave è giugno. Lo è anche per l’Italia. Ma Sanchez preferisce andare piano e non commettere un errore che sarebbe fatale per lui, soprattuto perché l’opposizione del Partito Popolare lo aspetta in trincea e non vede l’ora di saltargli addosso per rinfacciargli un altro errore. La responsabilità ultima sarebbe sua e non dei presidenti delle regioni per cui si deve per forza affidare alla prudenza. Anche il presidente Conte ci ha rassicurato che “stiamo affrontando un rischio calcolato”. Speriamo che questa volta sia vero.
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della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.