22 Ottobre

La Germania prima di tutto

Record della produzione industriale e nuova politica del rigore in Europa. Primo bersaglio: la flessibilità all'italiana. Lo scenario dopo l'uscita di Schäuble dal ministero delle Finanze. Il Pd ha dieci anni: è già vecchio

La Germania prima di tutto. Il voto tedesco sta decantando, il polverone sui destri e i sinistri in Parlamento si sta posando e  ora comincia a vedersi, spumeggiante come una birra, l'essenza al doppio malto di quel voto: la Germania prima di tutto. 

 

Un paese che oggi ha messo a segno il miglior balzo della produzione industriale degli ultimi sei anni (+ 2.6 per cento in agosto), si interroga sulla sua capacità di sfidare i titani della rete Made in America (titolo di Handelsblatt: "La Germania può competere con Amazon?"), è ancorata all'Europa ma guarda all'Asia come mercato (e non solo) sul quale catapultarsi con sempre più vigore. 

 

La forza della Germania. La produzione industriale vola, trainata da un eccezionale + 10.8 per cento del settore dell'automobile, e su queste solide fondamenta la cancelliera Merkel ha avviato i colloqui per la formazione del nuovo governo Jamaica con i Verdi e i liberali di FDP. Né i primi né i secondi saranno alleati facili, l'accomodante presenza dei socialdemocratici senza un programma chiaro e distinto da quello della CDU, è finita. E forse è un bene. Anche per l'Europa. L'arte diplomatica di Angela Merkel è sempre stata quella di sminuzzare e far proprie le idee che venivano di volta in volta proposte dai suoi partner di governo. Con i Verdi e FDP ci sarà un cambio di rotta, soprattutto sull'economia dove i liberali peseranno parecchio. Sarà loro il ministero delle Finanze e faranno apparire "morbido" quel grande politico che è stato (e che sarà ancora, alla presidenza del Bundestag) Wolfgang Schäuble. Schäuble oggi parteciperà in Lussemburgo al suo ultimo Eurogruppo prima di andare a presiedere il Bundestag. 

 

La centralità della Germania è testimoniata dall'intervista che proprio Schäuble ha concesso al Financial Times. Un testo da leggere...


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