1 Febbraio
La guerra del vaccino, dominio geopolitico e democrazia
La storia della battaglia per produrre e distribuire il farmaco anti-Covid. L'Occidente di fronte all'espansionismo della Cina e della Russia, il diritto alla salute, la libertà d'impresa e la missione dell'Unione europea
La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen (nella foto sotto, con il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel) ha annunciato che "nel 2021 Pfizer fornirà all'Unione 600 milioni di dosi del vaccino". L'Ema ha assicurato che entro Pasqua ne avremo 5 tipi diversi, Johnson & Johnson e Novavax sono inoltre in fase avanzata. Bayer ha annunciato la produzione di 160 milioni dosi di CureVac dal 2022. Sul fronte della diffusione dell'epidemia, l'Iss la seconda ondata del Covid ha una letalità più bassa in Italia, è scesa dal 6,6 al 2,4 per cento, ma bisogna tener conto del minor numero di tamponi fatti nella prima fase del contagio. Da oggi quasi tutte le Regioni italiane sono in zona gialla, solo 5 restano arancioni. Gli esperti dell'Oms sono in Cina, a Wuhan, per oltre quattro ore hanno visitato il centro controllo malattie della città cinese per indagare sull'origine della pandemia.
di Maite Carpio
Nessuno sano di mente avrebbe mai potuto pensare che l’organizzazione della catena di produzione, controllo e distribuzione del vaccino anti Covid 19 potesse essere una operazione industriale di poco conto. Per non parlare di questioni legali, commerciali o finanziarie. Infatti noi europei siamo stati scagliati nel caos appena è cominciata “la guerra del vaccino”, la prima grande battaglia geopolitica del XXI secolo. Quella che farà collassare la globalizzazione.
La situazione è ingarbugliata in maniera tremenda, iniziamo dai numeri. Il paese Ue che si trova che più avanti nella campagna di vaccinazione è la Danimarca che ha immunizzato il 3,6 della sua popolazione ma ha dovuto rallentare perché non ci sono sufficienti dosi a disposizione, mentre il Regno Unito ha raggiunto un 10 % e Israele il 44 %. Per il momento, anche se le notevoli capacita dei singoli governi nel far casino potranno contraddirci, si tratta di un problema di somministrazione e non di logistica sanitaria....
La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen (nella foto sotto, con il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel) ha annunciato che "nel 2021 Pfizer fornirà all'Unione 600 milioni di dosi del vaccino". L'Ema ha assicurato che entro Pasqua ne avremo 5 tipi diversi, Johnson & Johnson e Novavax sono inoltre in fase avanzata. Bayer ha annunciato la produzione di 160 milioni dosi di CureVac dal 2022. Sul fronte della diffusione dell'epidemia, l'Iss la seconda ondata del Covid ha una letalità più bassa in Italia, è scesa dal 6,6 al 2,4 per cento, ma bisogna tener conto del minor numero di tamponi fatti nella prima fase del contagio. Da oggi quasi tutte le Regioni italiane sono in zona gialla, solo 5 restano arancioni. Gli esperti dell'Oms sono in Cina, a Wuhan, per oltre quattro ore hanno visitato il centro controllo malattie della città cinese per indagare sull'origine della pandemia.
di Maite Carpio
Nessuno sano di mente avrebbe mai potuto pensare che l’organizzazione della catena di produzione, controllo e distribuzione del vaccino anti Covid 19 potesse essere una operazione industriale di poco conto. Per non parlare di questioni legali, commerciali o finanziarie. Infatti noi europei siamo stati scagliati nel caos appena è cominciata “la guerra del vaccino”, la prima grande battaglia geopolitica del XXI secolo. Quella che farà collassare la globalizzazione.
La situazione è ingarbugliata in maniera tremenda, iniziamo dai numeri. Il paese Ue che si trova che più avanti nella campagna di vaccinazione è la Danimarca che ha immunizzato il 3,6 della sua popolazione ma ha dovuto rallentare perché non ci sono sufficienti dosi a disposizione, mentre il Regno Unito ha raggiunto un 10 % e Israele il 44 %. Per il momento, anche se le notevoli capacita dei singoli governi nel far casino potranno contraddirci, si tratta di un problema di somministrazione e non di logistica sanitaria. Perché ci troviamo in questa situazione? Come al solito hanno confluito diversi fattori, da una parte i programmi dell'industria farmaceutica che si sono scontrati con la realtà logistica prima e poi con quella legale (come rispettare gli accordi?), poi la Brexit (anche questa, sì) che ha dato al governo di Boris Johnson un notevole vantaggio nella tempistica per firmare il proprio accordo con una azienda che ha sede nel suo territorio (la geografia conta in politica), infine la lentezza naturale delle istituzioni europee e, per non essere da meno, gli equilibri geopolitici che si stano disegnando nel mondo (bisogna esportare il vaccino se vuoi contare nella battaglia internazionale).
Cominciamo da Bruxelles. La decisione della Commissione Ue di fare un accordo unico di acquisto a nome di tutti i paesi fu all’epoca - e si è dimostrata anche adesso - la scelta giusta. Poi sono arrivate le défaillance e le accuse, alcune ingiustificate, altre comprensibili. Abbiamo ordinato poche dosi (nessuno pensava a luglio scorso, in piena euforia da ottimismo vacanziero, che saremmo arrivati a una situazione così drammatica e, si sa, l’ottimismo non è di solito un buon consigliere), abbiamo chiuso gli accordi commerciali troppo tardi e abbiamo speso troppo poco (quasi 3 miliardi euro, anticipati, ai quali si è aggiunto in una seconda fase un altro miliardo mentre gli Stati Uniti hanno investito la bella cifra di 18 miliardi).
A complicare ancora di più lo scenario - e qui entra in gioco il sacrosanto confine tra privato e pubblico che la pandemia sta mettendo in crisi - Bruxelles impose allora di firmare che la “responsabilità civile” dell’accordo ricadesse sulle aziende farmaceutiche e si rifiutò di concedere l’“autorizzazione d'emergenza” per accorciare i tempi di distribuzione. Tutto molto comprensibile, ci sono regole molto cautelative, il ruolo dell’Agenzia del Farmaco (la salute non è uno scherzo per la democrazia europea), la solita burocrazia e così via, ma nel frattempo, Boris Johnson - in piena Brexit - ne approfittò per firmare un contratto con AstraZeneca tre mesi prima degli altri, infischiandosi naturalmente dell’autorizzazione dell’Ema Sappiamo che la Ue non ama il rischio e poi bisognava fare i conti con i movimenti antivax che allora erano piu ingombranti di adesso e con la diffidenza dei paesi membri che già avevano fatto tanta fatica ad autorizzare la Commissione a trattare per conto loro. Solito pachiderma che comunque questa volta si è svegliato in tempo. A far scattare l’allarme, e reazioni pesantissime, è stato l’annuncio dell'azienda farmaceutica britannica di non poter consegnare le dosi concordate con i paesi europei.
La vaccinazione di massa nel Regno Unito (Foto Epa).La Commissione europea aveva scommesso fin dall’inizio sul vaccino di AstraZeneca, il gigante farmaceutico anglo svedese. Guidato dal 2012 dal francese Pascal Soriot che in sei anni, grazie alla scelta di innovare i farmaci oncologici, è riuscito a farla diventare la quarta compagnia mondiale del settore, con nel 2019 un fatturato di 20 miliardi di euro. Soriot ha rifiutato per ben quattro volte, l'offerta d'acquisto lanciata dal competitor americano Pfizer e oggi, insieme all’Universita di Oxford, ha sviluppato un vaccino a un prezzo più competitivo degli altri e soprattutto molto più facile da distribuire perché non richiede temperature sotto zero per la conservazione. Peccato che la compagnia si sia poi trovata in mezzo a una tempesta perfetta: da un lato la logistica per l’approvvigionamento, dall’altro il governo di Johnson che ha datto pressione per assicurarsi le prime 30 milioni di dosi (parte di un accordo globale da 100 milioni di dosi), poi la burocrazia europea, che rimandava un giorno dietro l’altro, l’autorizzazione dell’Ema. Non è difficile immaginare quanto si siano innervositi nel consiglio di amministrazione della società e quanto i suoi dirigenti abbiano passato le notte in bianco per cercare di capire come tenere in conti a posto e gli inquietanti sguardi degli avvocati lontani.
Alla fine hanno dovuto suonare il campanello minacciando di ridurre del 60% la produzione destinata all’Europa per presunte mancanze nella catena di produzione delle sue “filiali” nel continente. Per giorni, i manager di AstraZeneca si sono svegliati con le copertine dei tabloid britannici che bombardavano con titoli del tipo “No, l'Unione Europea non puo tenersi le nostre dosi!” (Daily Mail) o ancora peggio, “Aspetta il tuo turno! La Ue vuole i nostri vaccini!” (Daily Express). Quando Bruxelles ha alzato la voce per reclamare quello che, per accordi commerciali, le spettava, a tutti è sembrato che iniziasse una vera guerra al vaccino tra pubblico e privato, tra Unione europea e Regno Unito.
La reazione di Bruxelles è stata durissima e in pochissimo tempo ha attivato un meccanismo d'emergenza (articolo 122 del Trattato dell’Unione) che le permette di esercitare il blocco delle esportazioni di vaccini a paesi terzi (un'ingerenza pubblica nei piani industriali di un'azienda privata) se prima non vengono rispettati gli accordi per la distribuzione nell'Unione. Quando si sono accorti che le minacce di denunce davanti ai tribunali non sarebbero servite a nulla, sono passati al discorso “statalista”, mettendo sul tavolo la legittima possibilità di intervenire addirittura sui programmi aziendali di produzione. Insomma, quello che fa Xi Ping tranquillamente a casa sua e che a noi faceva orrore fino a qualche settimana fa. Per soddisfare la nostra coscienza democratica e mettere alle corde AstraZeneca e i suoi avvocati, ci siamo appellati al sacrosanto principio della trasparenza e la Commissione ha deciso di rendere pubblico il contratto firmato con l'azienda ma, come succede quando si va di fretta, ha combinato un pasticcio. La versione distribuita alla stampa era stata censurata, diversi paragrafi cancellati a colpi di pennarello, nascondendo dati confidenziali come il prezzo e il numero delle dosi o il calendario di consegne. Peccato che fosse filtrata prima una versione "pulita" su Der Spiegel con i dati sensibili a portata di mano. Bisogna dire che Johnson non ha pubblicato il loro accordo e non pare abbia intenzione di farlo. Comunque è apparso chiaramente che l'azienda farmaceutica britannica non stava rispettando il contratto e in più, si è venuto a sapere che il consiglio di AstraZeneca aveva firmato una clausola secondo la quale, non era in atto nessun obbligo contrattuale con una terza persona o entità che potesse mettere a rischio l’accordo che stavano per firmare. Pensate agli avvocati di AstraZeneca, sempre piu numerosi e con gli occhi sempre piu sbarrati.
Nel frattempo è arrivato il permesso dell’Ema per commercializzare il vaccino inglese, facendo lanciare un sospiro di sollievo a Pascal Soriot che si è attivato subito per rispettare l’impegno e garantire, a costo di lavorare 24 ore al giorno, l’arrivo delle dosi mancanti nei prossimi giorni. Le regole delle multinazionali prevedono una grande cura della propria immagine - molto indebolita in questo caso - e sopratutto c'è il rispetto della regola d’oro: non mettersi mai contro uno dei tuoi principali clienti.
La Commissione europea, reduce dell’imbarazzante esperienza, per salvare la salute dei cittadini (oltre che la faccia) ha autorizzato da oggi fino al 31 marzo, anche ai singoli paesi dell'Ue di bloccare l’uscita delle dosi del vaccino se il fatto rappresenta una minaccia per garantire gli accordi di somministrazione. In più ha stabilito anche il diritto di condividere la licenza per produrre il vaccino con altre compagnie. Artiglieria pesante. Alla fine, anche il governo di Johnson ha dovuto fare un passo indietro: “Dipendiamo dai nostri soci e amici e andremo avanti lavorando insieme, con la UE e con il resto del mondo”.
Bruxelles viene accusata di essersi affidata al servizio giuridico interno invece di rivolgersi ai veri esperti di diritto commerciale (è difficile immaginare che non lo abbiano fatto! avete mai visto un avvocato intromettersi nel terreno di un altro?) e di aver reagito troppo tardi. La verità è che non eravamo preparati, c’era e c’è ancora una grave emergenza in corso e non siamo stati in grado di stimolare una politica industriale di produzione del vaccino dinamica e competitiva. Solo adesso Sanofi, sotto pressione del governo francese, comincerà a produrre il vaccino della Pzifer a Francoforte e la tedesca Novartis farà lo stesso a Marburgo. Troppo tardi? Meglio tardi che mai.
La campagna di vaccinazione andrà avanti. L’Europa ha messo in piedi l'acquisto di 2.3 miliardi di dosi da sei laboratori: Pfizer (600 milioni), Moderna (160) AstraZeneca (400) e di altri tre che aspettano ancora il semaforo verde. Johnson & Johnson (400), Curevac (405) e Sanofi (altre 300 milioni di dosi). Prima o poi, questa è la buona notizia, saremo tutti vaccinati. Bisogna solo sbrigarsi, perché mentre noi passiamo il giusto tempo che serve a consultare gli avvocati, il resto del mondo procede spedito con la campagna imperialista del vaccino. La Cina soprattutto, ma anche la Russia, non si pongono i problemi delle democrazie, per cui la loro zona d’influenza si allarda sempre di più senza che si sentano voci di dissenso. L'Occidente avrà molto da perdere in questa guerra del vaccino se la prossima volta non reagirà in tempo.
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è quello di fruire dei contenuti dell'Abbonamento con le modalità e i limiti propri del Servizio. Fatte
salve le
operazioni di archiviazione e condivisione consentite dalle apposite funzionalità del Servizio, qualsiasi
attività di
riproduzione, pubblica esecuzione, comunicazione a terzi, messa a disposizione, diffusione, modifica ed
elaborazione dei
contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.