29 Aprile
La patria del diritto e del rovescio. Terrorismo e perdonismo
Il dibattito sulla sorte dei terroristi arrestati in Francia. Dal caso Priebke alle Brigate Rosse, chiudere una pagina di storia senza giustizia? Le note sul taccuino di Marco Patricelli sugli anni di piombo e i conti da fare con il passato personale e collettivo di una nazione
di Marco Patricelli
Io c’ero quando Erich Priebke fu chiamato a rispondere dei suoi crimini mezzo secolo dopo la fine della guerra. A Palazzo di giustizia, quando apparve con due carabinieri ai lati, sembrava solo un elegante nonnetto. Ma quando quelli che erano stati le sue vittime a via Tasso, o avevano perso i propri cari alle Fosse Ardeatine, cominciarono a gridargli «assassino» e a inveire contro di lui, colsi negli occhi di Erich Priebke un lampo maligno che per un attimo me lo fece rivedere con l’uniforme delle SS, altero e sprezzante come poteva essere uno che aveva creduto nell’ideologia nazista e non si era mai pentito di essersi sentito superiore a tutto e a tutti. Forse in quel momento colsi anche la sensazione che la legge degli uomini ha il dovere morale di perseguire i crimini anche quando si può perdere la percezione dell’offesa per il decorso inesorabile del tempo. Priebke, per quanto in un percorso giuridico molto contorto, scontò quei crimini fino all’ultimo dei suoi giorni, che furono tanti, considerando che visse per un secolo.
Oggi la mano della giustizia è stata slegata dai lacci e lacciuoli della cosiddetta "Dottrina Mitterrand" e si è stesa fino all’”isola felice” della douce France, dove i terroristi rossi avevano trovato rifugio, comprensione e protezione, tanto da rifarsi una vita come nulla fosse. Anche in questo caso è passato suppergiù mezzo secolo. Gli aitanti ideologi della rivoluzione armata, gli uomini d’azione degli anni di piombo, sembrano tranquilli e giovanili nonnetti che non sanno capacitarsi perché e perché ora devono pagare il conto con la società civile. Eppure sono la proiezione di allora, perché quella è un’eredità di sangue che non scolorisce col tempo.
Ci sono grandi differenze con il caso di Priebke. La prima è che l’ufficiale SS riparato in...
di Marco Patricelli
Io c’ero quando Erich Priebke fu chiamato a rispondere dei suoi crimini mezzo secolo dopo la fine della guerra. A Palazzo di giustizia, quando apparve con due carabinieri ai lati, sembrava solo un elegante nonnetto. Ma quando quelli che erano stati le sue vittime a via Tasso, o avevano perso i propri cari alle Fosse Ardeatine, cominciarono a gridargli «assassino» e a inveire contro di lui, colsi negli occhi di Erich Priebke un lampo maligno che per un attimo me lo fece rivedere con l’uniforme delle SS, altero e sprezzante come poteva essere uno che aveva creduto nell’ideologia nazista e non si era mai pentito di essersi sentito superiore a tutto e a tutti. Forse in quel momento colsi anche la sensazione che la legge degli uomini ha il dovere morale di perseguire i crimini anche quando si può perdere la percezione dell’offesa per il decorso inesorabile del tempo. Priebke, per quanto in un percorso giuridico molto contorto, scontò quei crimini fino all’ultimo dei suoi giorni, che furono tanti, considerando che visse per un secolo.
Oggi la mano della giustizia è stata slegata dai lacci e lacciuoli della cosiddetta "Dottrina Mitterrand" e si è stesa fino all’”isola felice” della douce France, dove i terroristi rossi avevano trovato rifugio, comprensione e protezione, tanto da rifarsi una vita come nulla fosse. Anche in questo caso è passato suppergiù mezzo secolo. Gli aitanti ideologi della rivoluzione armata, gli uomini d’azione degli anni di piombo, sembrano tranquilli e giovanili nonnetti che non sanno capacitarsi perché e perché ora devono pagare il conto con la società civile. Eppure sono la proiezione di allora, perché quella è un’eredità di sangue che non scolorisce col tempo.
Ci sono grandi differenze con il caso di Priebke. La prima è che l’ufficiale SS riparato in Argentina fu espressione di un aberrante sistema costruito sulla sopraffazione e sulla violenza, che produsse la Seconda guerra mondiale e lo sterminio industriale, neppure assimilabile alla visione politica, per quanto distorta, degli ex rifugiati in Francia; la seconda è che Priebke poteva contare sulla simpatia dei circoli neonazisti, limitati e marginali, mentre gli altri su un movimento di opinione molto più vasto e stratificato, costruito sul mito dei «compagni che sbagliavano» e l’accondiscendenza di una certa sinistra; la terza, sicuramente la più importante, è che il tedesco doveva ancora rispondere dei suoi crimini, mentre i sette italiani sono stati tutti giudicati colpevoli e pertanto condannati a scontare una pena detentiva, non per le loro idee, ma per i crimini commessi per realizzarle.
Nessuno di loro, insomma, era un esule costretto ad abbandonare la patria perché perseguitato a causa del pensiero. Erano andati via per sottrarsi alla legge, quindi alla giustizia che però in un caso doveva ancora sancire responsabilità e gradazione della pena, mentre negli altri l’aveva già fatto oltre ogni dubbio.
Oggi in Italia, paese del melodramma e della teatralità a corrente alternata, è già divampato il dibattito, insufflato da sinistra con i soliti maîtres à penser dalla penna naturalmente rossa, secondo cui di acqua sotto i ponti della Senna ne è passata sin troppa, le persone sono cambiate, il recupero sociale dei rei è testimoniato dalla ricostruzione di una vita “normale”, e spalancare le porte del carcere non sarebbe giustizia, ma accanimento terapeutico. E poi, che sarebbe giunta l’ora della pacificazione nazionale sulle contrapposizioni degli anni di piombo, ormai una pagina del libro di storia che occorre chiudere, e che dopo tanti anni la giustizia sembrerebbe vendetta. I vecchietti di oggi, insomma, sono la caricatura dei rivoluzionari di ieri, e ispirerebbero al massimo solo un senso di compatimento.
Secondo questo principio, allora, perché preoccuparsi di condannare i guardiani di Auschwitz diventati bisnonni, magari cittadini esemplari dalla fine della guerra? In fin dei conti negli Anni Quaranta del XX secolo erano giovanissimi e (forse) ingenui e nel XXI secolo erano piagati da invalidità, arteriosclerosi, demenza, prostatite. Ma restava ciò che avevano fatto. Il capitano della Wehrmacht Matthias Defregger si rese responsabile della rappresaglia di Filetto (7 giugno 1944) e venne in seguito promosso maggiore. Il suo nome, dimenticato per un quarto di secolo, riuscì fuori nel 1969, quando si scoprì che il vescovo ausiliare di Monaco di Baviera, Matthias Dionys Albert Paul Defregger, era proprio l’ex ufficiale di Filetto. Aveva completamente cambiato vita, ma venne processato per rispondere dei suoi crimini (e poi assolto).
La doppia morale, non solo da destra e da sinistra, nel Belpaese è genetica. Ennio Flaiano, sagacemente, sottolineò che l’italiano è mosso «da uno sfrenato senso di ingiustizia» e odia l’arbitro di calcio perché emette un giudizio. È l’Italia di Masaniello esaltato e poi rovesciato, di Mussolini idolatrato dalle «folle oceaniche» e poi appeso a piazzale Loreto con eguale e opposto tripudio, di Craxi magnificato per il decisionismo da statista e poi sepolto dalle monetine, di Berlusconi salutato come il nuovo uomo della provvidenza e poi irriso come impresario di bunga bunga, di fenomeni di una sola stagione e di stagioni per un solo fenomeno. È l’Italia dove si evoca il fantasma del fascismo che non c’è per giustificare l’antifascismo che ne ha bisogno per darsi una ragione di esistenza. E così le spaccature sui sette terroristi che dalla joie de vie in Francia si vedono schiudere le porte delle patrie galere, ci ricordano che nella patria del diritto è stato inventato anche il rovescio, all’insegna di una legge duttile che si applica ai nemici (dura lex sed lex) e si interpreta per gli amici.
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9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
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derivanti dalla
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10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
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Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
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10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
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migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
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l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.