2 Luglio
La penultima rivolta francese
L'ondata di manifestazioni violente dopo la morte di un diciassettenne ucciso durante un controllo della polizia. Emmanuel Macron accusa i social media e annuncia provvedimenti, ma il problema è ben più ampio di TikTok. Non è la fotocopia delle proteste del 2005, i rivoltosi sono di un'altra generazione. Il problema dell'immigrazione e del diritto nella terra dei Lumi (spenti)
di Marco Patricelli
Riepiloghiamo i fatti. Un ragazzo alla guida di un'auto sfugge a un posto di blocco, la polizia spara, Nahel muore, ha 17 anni. É successo a Nanterre martedì scorso. Da cinque giorni la Francia sembra in guerra civile: la scorsa notte 719 persone sono state fermate (contro le 994 di ieri), 45 agenti di polizia e gendarmi feriti (ieri erano stati 79), 577 veicoli sono stati bruciati (ieri 1.350), 74 edifici incendiati o danneggiati (ieri sono stati 234), 871 incendi sono stati registrati sulle strade (contro i 2.560 di ieri). Il ministro dell'Interno Gérald Darmanin (quello che parlava di fallimento dell'Italia nella gestione dell'immigrazione), all'alba ha commentato su Twitter: "Notte più calma, grazie all'azione risoluta delle forze dell'ordine". Più calma?
I numeri sono impressionanti, ma non raccontano tutto, sono alcuni episodi a fissare con più efficacia la gravità di quello che sta accadendo, il salto della rivolta rispetto al passato: ieri notte, la casa di Vincent Jeanbrun, sindaco di L'Haÿ-les-Roses nella Valle della Marna e portavoce dei Républicains, dove dormivano la moglie e i due figli, è stata presa di mira da un'auto in fiamme, usata come un ariete. "Mia moglie e i miei figli sono in stato di shock e feriti", ha detto il sindaco. La magistratura ha aperto un'inchiesta per tentato omicidio.
Si dirà che non c'è niente di nuovo nella storia recente della Francia, nel 2005 la rivolta urbana scoppiò a Clichy-sous-Bois, si propagò in tutto il paese e andò avanti per tre settimane. La storia si ripete? Sì, ma i protagonisti non sono gli stessi e nel giro di 18 anni lo Stato francese ha continuato a discutere pubblicamente di integrazione (parola che aveva rimpiazzato dal dopoguerra in poi l'idea di assimilazione) senza riuscirci. La questione delle banlieue non è un problema urbanistico (anche) ma di...
di Marco Patricelli
Riepiloghiamo i fatti. Un ragazzo alla guida di un'auto sfugge a un posto di blocco, la polizia spara, Nahel muore, ha 17 anni. É successo a Nanterre martedì scorso. Da cinque giorni la Francia sembra in guerra civile: la scorsa notte 719 persone sono state fermate (contro le 994 di ieri), 45 agenti di polizia e gendarmi feriti (ieri erano stati 79), 577 veicoli sono stati bruciati (ieri 1.350), 74 edifici incendiati o danneggiati (ieri sono stati 234), 871 incendi sono stati registrati sulle strade (contro i 2.560 di ieri). Il ministro dell'Interno Gérald Darmanin (quello che parlava di fallimento dell'Italia nella gestione dell'immigrazione), all'alba ha commentato su Twitter: "Notte più calma, grazie all'azione risoluta delle forze dell'ordine". Più calma?
I numeri sono impressionanti, ma non raccontano tutto, sono alcuni episodi a fissare con più efficacia la gravità di quello che sta accadendo, il salto della rivolta rispetto al passato: ieri notte, la casa di Vincent Jeanbrun, sindaco di L'Haÿ-les-Roses nella Valle della Marna e portavoce dei Républicains, dove dormivano la moglie e i due figli, è stata presa di mira da un'auto in fiamme, usata come un ariete. "Mia moglie e i miei figli sono in stato di shock e feriti", ha detto il sindaco. La magistratura ha aperto un'inchiesta per tentato omicidio.
Si dirà che non c'è niente di nuovo nella storia recente della Francia, nel 2005 la rivolta urbana scoppiò a Clichy-sous-Bois, si propagò in tutto il paese e andò avanti per tre settimane. La storia si ripete? Sì, ma i protagonisti non sono gli stessi e nel giro di 18 anni lo Stato francese ha continuato a discutere pubblicamente di integrazione (parola che aveva rimpiazzato dal dopoguerra in poi l'idea di assimilazione) senza riuscirci. La questione delle banlieue non è un problema urbanistico (anche) ma di disconnessione sociale, pezzi di Francia che non si sentono Francia. Non è l'ultima, ma la penultima rivolta destinata a ripetersi. Basta la lettura della cronaca e dei commenti sul Figaro per avere lo scenario completo della crisi.
Non è il 2005, è un'altra generazione di giovanissimi, masse digitalizzate in rivolta. Come spiega il prefetto e scrittore Michel Aubouin: "Molti commentatori hanno criticato il ruolo dei media o i discorsi dei politici, ma la verità è che nessuno dei giovani interessati guarda la televisione o ascolta i discorsi dei politici. Questa volta sono i social network, soprattutto TikTok, a far circolare le informazioni. Tutto ciò che viene scritto lì è carico di emozioni. I giovani si riconoscono nella vittima: ha la loro età, è della stessa origine, ha osato sfidare la polizia (un atto di eroismo ai loro occhi). Diciotto anni dopo le rivolte del 2005, è passata una generazione. La generazione del 2005 ha tra i 30 e i 35 anni. I protagonisti di allora sono sposati, hanno figli e lavorano. Sono integrati. Ma nei quartieri la memoria delle guerre passate, sempre più mitologica con il passare degli anni, continua a fare il suo lavoro. C'è sempre un anziano che non ha nulla da fare e racconta le sue imprese alle nuove generazioni. Inoltre, questa nuova generazione è più violenta della precedente ed è indubbiamente più giovane. È quindi sempre meno controllabile".
L'idea del 'razzismo sistemico' spiega tutto, dicono i progressisti senza frontiere. Pascal Bruckner, filosofo francese, commenta: "Ogni scusa è buona per giustificare la brutalità dei rivoltosi, soprattutto l'alibi del 'razzismo sistemico' quando lo Stato francese è antirazzista per natura e costituzione. La furia diventa dubbia quando i rivoltosi mascherati o incappucciati, come membri dell'Inquisizione, incendiano mezzi di trasporto pubblico, autobus e metropolitane, picchiano i più deboli, donne e bambini, sparano munizioni vere contro pompieri e vigili del fuoco, e così via. Non mostrano alcun rimorso, si vestono di un angelico senso di rivolta. Per i più furiosi, eccitati dagli attentati del 2015 e del 2016, uccidere è solo un gioco, la morte data o ricevuta, un incidente o un regolamento di conti".
È una guerra civile? Alla domanda risponde il sociologo Mathieu Bock-Côté sempre sul Figaro: "Per una serie di ragioni, il riferimento alla guerra civile è allettante ed è entrato a far parte del lessico politico comune, come se fosse stato infranto un tabù e fosse finalmente lecito parlare di una realtà che tutti sentono più o meno intimamente. Ma questo riferimento è impreciso. Una guerra civile viene vissuta all'interno dello stesso popolo, divide le famiglie, frattura le comunità e brucia innanzitutto con il fuoco della passione ideologica. In effetti, è questo che la caratterizza. Ora, a meno di non ridurre la nazione francese a una mera entità giuridica, dobbiamo ammettere che la sequenza attuale presenta popolazioni che non credono di appartenere allo stesso popolo. Naturalmente, ce ne dispiace. Sarebbe meglio parlare di rivolte in territori che si considerano enclave straniere, che la Francia ha fatto di tutto per riportare all'ovile, con una spesa pubblica faraonica, ma senza successo".
La retorica sull'immigrazione è contraddetta dai fatti. La Francia non è l'unico esempio, ma sul piano dell'evoluzione storica è il punto più avanzato del corto-circuito tra rappresentazione e realtà. Si accetta che il discorso pubblico diventi un solo discorso, l'illusione prende il timone, la barca va, il naufragio segue. Siamo già alla fine di una storia, quello che Milan Kundera chiama paradosso terminale: "La fine non è un’esplosione apocalittica. Nulla, forse, è più pacifico della fine".
È un problema di corrente e contro-corrente, mai dimenticare la lezione del salmone.
Francia, 30 giugno 2023. I vigili del fuoco intervengono a Nanterre (Foto: Epa).Il salmone va controcorrente perché è la Natura a chiederglielo: o fa così o spezza il ciclo biologico che insondabilmente, e anche astrusamente, regola l’esistenza di tutti gli esseri viventi. Il campione della risalita dei fiumi, che non si lascia portare dalla corrente ma la sfida e la vince sopportando ogni sorta di fatica e di pericolo, se potesse direbbe agli altri pesci dell’intero orbe acqueo: «Voi avete ragione, ma io non ho torto».
Oggi il politicamente corretto vuole che si segua il corso del fiume verso il mare dell’omologazione, e guai a chi sgarra. E così nella patria dei lumi, delle libertà, dei diritti e delle rivoluzioni (ma questo lo vedremo dopo), l’allenatore Christophe Galtier, uno che si è seduto sulla panchina del Paris Saint-Germain mica un Carneade qualsiasi, è stato arrestato in Francia con la pesante accusa di discriminazione razziale e religiosa per aver avuto da ridire, quando guidava il Nizza, sui calciatori neri e musulmani. Per questo sarà processato a dicembre, assieme al figlio che condivide il pensiero del padre. Messa così, il coro monofonico e monodico degli indignati speciali si è intonato come e meglio dei Berliner Philharmoniker col dagli all’untore. Le sardine in scatola, si sa, non sono salmoni che, abituati ad andare controcorrente in una strada tutta in salita, mettono in conto pure le zampate degli orsi in agguato.
La vicenda nuda e cruda, qualche riflessione dovrebbe pure farla scattare, per quanto su piani diversi. Uno, puramente giuridico e formale che da solo chiuderebbe ogni discorso, è quello del reato d’opinione. Galtier è libero o no di esprimere il suo punto di vista su come vuole la squadra e con chi? Se no, meglio che cambi mestiere. Se sì, quali sono le categorie da proteggere? Tutte o solo alcune? Se sono tutte, allora nessun allenatore potrà mai richiedere giocatori alti da area di rigore, perché quelli che la Natura ha confinato dentro o sotto gli standard potrebbero risentirsi; non potrà bandire o richiedere quelli troppo in carne perché potrebbero offendersi loro o far offendere i magrolini; non potrà pretendere certi comportamenti in campo e fuori perché andrebbe a ledere i diritti costituzionali dei singoli calciatori, che potrebbero rivendicare il diritto a fumare, farsi un cicchetto in libertà e avere una vita sessuale senza il mister che sbirci dal buco della serratura come faceva la Stasi con Katarina Witt. Beh, si dirà, ma qui le esclusioni sono altre. Ecco, a esempio, vediamo un po’ l’aspetto religioso, sacrosantemente tutelato in ogni Paese civile, ma senza dimenticare che a ruoli invertiti in grandi parti del mondo esso è del tutto negletto e violato (basta provare a indossare la catenina con la croce in certe zone dell’Islam, e poi ne parliamo). Galtier, magari, non vuole atleti che gli fanno storie il venerdì oppure che arrivano mollicci agli appuntamenti importanti durante il Ramadan. E allora, forse, il problema non è nella fede ma negli schemi. Già, ma come la mettiamo con gli africani e neri? Qualche tempo fa un poveraccio venne letteralmente linciato sui social perché aveva malauguratamente pubblicato un annuncio per la ricerca di una badante precisando che la voleva italiana. Lo massacrarono accusandolo di razzismo, e le sardine in scatola come un sol uomo volevano che aprisse ad africane, orientali, ucraine, marziane e venusiane, ché nell’universo qualcuno che si offende si trova sempre. Lui, il derelitto, riuscì appena a pigolare che la voleva italiana perché pretendeva che lo capisse quando parlava. Il povero salmone venne artigliato dall’orso benpensante in perenne agguato e additato a razzista, fascista e sessista.
Non sappiamo come andò a finire la ricerca della badante, così come non sappiamo come andrà a finire la vicenda dell’allenatore francese, ma di lui ha parlato e sparlato il mondo non solo dello sport e per riaversi sarà mission impossible. Accade in Francia, patria dei diritti, ma poteva accadere dappertutto ha attecchito il pensiero dominante e del processo mediatico amalgamato di moralismo d’accatto e di sdegno in dosi industriali lungo gli insondabili fiumi dei social da cui i salmoni sono esclusi. È quella Francia che da un po’ di tempo a questa parte si accende a innesco e dove i fuochi divampano e poi impazzano: la Francia sempre pronta a indicare la pagliuzza del vicino, specialmente dell’Italia, e poi la trave nell’occhio la bastona a dovere. Centinaia e centinaia di arresti, proteste di piazza, incendi e devastazioni, blindati per disperdere la folla, scene di guerriglia dopo l’episodio dell’uccisione di un ragazzo da parte di un poliziotto durante un controllo. Un fiammifero nel deposito di benzina pronto ad ardere la Francia che non ha saputo integrare l’onda lunga di un colonialismo feroce, che ha tollerato la nascita di zone sottratte al controllo dello Stato, di ghetti dove liberté, égalité e fraternité sono marginali rispetto a precetti culturali e religiosi coltivati in casa e negli alveari in ogni banlieue di ammasso di mezza Africa francofona e di importazione.
Un manifestante a Nanterre (Foto: Epa).Emmanuel Macron parla di violenza alimentata dai social, e per una volta, forse, non ha torto. Le sardine in scatola si riproducono sul web. Non sappiamo neppure come finirà il disastro sociale francese, dove la componente etnica è fortissima (si può dire ancora?), ma è facile immaginare che lo Stato non può ammainare la bandiera dei diritti ma anche dei doveri: il poliziotto non aveva il diritto di sparare con leggerezza e subirà le conseguenze del suo gesto, il diciassettenne aveva il dovere di subire le conseguenze di essere al di fuori di ogni legge, come guidare senza patente e cercare di fuggire. Se cade questo principio, cade tutto, altro che sogni di integrazione e di libertà senza regole. Sono quelle che da anni predicano i cattivoni sovranisti polacchi e ungheresi, quelli che sgranavano gli occhi quando in Italia i migranti venivano portati negli hotel e poi sulle navi da crociera prontamente noleggiate per fronteggiare un’emergenza: quella di allora che era acqua fresca rispetto a oggi. Oggi che al Consiglio europeo Varsavia e Budapest, in piena coerenza con quello che è stato sempre detto e pensato, hanno respinto il concetto della solidarietà obbligatoria. Allora i salmoni del Gruppo di Visegrad dissero che se non c’era, com’era e com’è ovvio, la possibilità di dare una casa e un lavoro ai migranti e di integrarli (chiedere alla Francia per referenze), non si poteva pensare di travasare allegramente Africa e Asia in Europa e fare finta di niente.
Quanto alla solidarietà, è abbastanza singolare che si voglia far diventare giuridico un concetto che attiene alla sfera dei sentimenti. È come se si mettesse l’obbligo di fare l’elemosina un tot al giorno, a offrire un pasto, a ospitare un senzatetto, concetti moralmente altissimi ed nobilmente filantropici, ma che non si possono imporre. E non può farlo neppure lo Stato etico o il SuperStato etico a 12 stelle. Lo scandalo non è nell’atteggiamento di Paesi che coerentemente pensano e operano secondo l’interesse nazionale senza farsi trascinare dai branchi di sardine, ma nell’ipocrisia degli Stati che vogliono la solidarietà obbligatoria e continuano a non fare neppure quella facoltativa, come la cronaca e la storia insegnano (chiedere alla Francia e alla Germania, ma anche Olanda, Danimarca, Spagna, Grecia: praticamente tutti). Il Patto di Malta è stato un’invereconda truffa internazionale spacciata per la soluzione a un problema che oggi non ha soluzione. Per lo meno se non si prova a essere un po’ più salmoni e un po’ meno sardine inscatolate nell’Unione europea dei bei principi e della condotta a doppia morale.
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riguardo: https://www.apple.com/it/legal/terms/site.html. Il Fornitore non è responsabile per eventuali
disservizi della
piattaforma App Store.
6. Promozioni
6.1 Il Fornitore può a sua discrezione offrire agli Utenti delle promozioni sotto forma di sconti o periodi
gratuiti di
fruizione del Servizio.
6.2 Salvo che non sia diversamente specificato nella pagina di offerta della promozione, l'adesione a una
promozione
comporta, alla sua scadenza, l'attivazione automatica del Servizio a pagamento con addebito periodico del
corrispettivo
in base al contenuto del pacchetto di volta in volta selezionato dall'Utente.
6.3 L'Utente ha la facoltà di disattivare il Servizio in qualunque momento prima della scadenza del periodo
di prova
attraverso una delle modalità indicate nel precedente articolo 3).
7. Obblighi e garanzie dell'Utente
7.1 L'Utente dichiara e garantisce:
- di essere maggiorenne;
- di sottoscrivere l'Abbonamento per scopi estranei ad attività professionali, imprenditoriali, artigianali
o commerciali
eventualmente svolte;
- che tutti i dati forniti per l'attivazione dell'Abbonamento sono corretti e veritieri;
- che i dati forniti saranno mantenuti aggiornati per l'intera durata dell'Abbonamento.
7.2 L'Utente si impegna al pagamento del corrispettivo in favore del Fornitore nella misura e con le
modalità definite
nei precedenti articoli.
7.3 L'Utente si impegna ad utilizzare l'Abbonamento e i suoi contenuti a titolo esclusivamente personale, in
forma non
collettiva e senza scopo di lucro; l'Utente è inoltre responsabile per qualsiasi uso non autorizzato
dell'Abbonamento e
dei suoi contenuti, ove riconducibile all'account dell'Utente medesimo; per questo motivo l'Utente si
impegna ad
assumere tutte le precauzioni necessarie per mantenere riservato l'accesso all'Abbonamento attraverso il
proprio account
(per esempio, mantenendo riservate le credenziali di accesso ovvero segnalando senza ritardo al Fornitore
che la
riservatezza di tali credenziali risulta compromessa per qualsiasi motivo).
7.4 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
8. Tutela della proprietà intellettuale e industriale
8.1 L'Utente riconosce e accetta che i contenuti dell'Abbonamento, sotto forma di testi, immagini,
fotografie, grafiche,
disegni, contenuti audio e video, animazioni, marchi, loghi e altri segni distintivi, sono coperti da
copyright e dagli
altri diritti di proprietà intellettuale e industriale di volta in volta facenti capo al Fornitore e ai suoi
danti causa
e per questo si impegna a rispettare tali diritti.
8.2 Tutti i diritti sono riservati in capo ai titolari; l'Utente accetta che l'unico diritto acquisito con
il contratto
è quello di fruire dei contenuti dell'Abbonamento con le modalità e i limiti propri del Servizio. Fatte
salve le
operazioni di archiviazione e condivisione consentite dalle apposite funzionalità del Servizio, qualsiasi
attività di
riproduzione, pubblica esecuzione, comunicazione a terzi, messa a disposizione, diffusione, modifica ed
elaborazione dei
contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.