9 Ottobre
La ritirata che ha innescato la guerra
La decisione di Joe Biden di lasciare l'Afghanistan ha creato le premesse per i conflitti in Ucraina e in Israele. Perché un mondo senza l'America è più insicuro e sotto la minaccia dei nemici della libertà. Il fallimento dell'intelligence israeliana, la strage e l'assalto dei terroristi di Hamas. Gli errori della Casa Bianca e la difesa dell'avamposto dell'Occidente, Gerusalemme
Che cosa sta succedendo? Israele è in guerra, Hamas ha invaso il suo territorio, compiuto un massacro, rapito uomini, donne, bambini, hanno ucciso e stuprato, sgozzato e dato alle fiamme esseri umani che agli occhi di queste canaglie hanno la colpa di essere ebrei. I terroristi palestinesi hanno minacciato l'integrità dell'unica democrazia del vicino e lontano Oriente, Gerusalemme è la frontiera dell'Occidente. I morti in territorio israeliano sono più di 700, un numero mai visto. L'attacco ha colto di sorpresa gli apparati della sicurezza, è crollato il mito dell'intelligence israeliana, Mossad e Shin Bet hanno fallito. I terroristi di Hamas sono penetrati nel territorio mentre un barrage di missili si abbatteva sulle città del Sud, droni prendevano di mira obiettivi civili e unità motorizzate sfondavano le barriere al confine con Gaza.
Israele si prepara a una risposta militare massiccia nelle prossime 24/48 ore, questa operazione non sarà come le altre "guerre di Gaza", a cominciare dal contesto politico: si prepara un governo di unità nazionale, il premier Benjamin Netanyahu ha già aperto alla formazione di un governo di unità nazionale. Gli Stati Uniti hanno dato copertura politica, promesso l'aiuto diretto del Pentagono per e spostato una portaerei al largo. Si prepara un attacco e soprattutto si dispongono i pezzi sulla mappa del Risiko per essere pronti a un allargamento della guerra. L'azione di Hamas ha l'appoggio degli Hezbollah del Libano e degli ayatollah di Teheran, i cinquemila razzi lanciati da Gaza, la logistica dell'assalto a Israele, hanno complici a Beirut e a Teheran, sono pronti a continuare la guerra.
Basteranno gli avvertimenti di Washington a dissuaderli dall'entrare nel teatro del conflitto? Questa è la domanda a cui bisogna rispondere, l'America è ancora una forza capace di fermare gli Stati canaglia, i tiranni, i dittatori, i nemici della libertà? La presidenza...
Che cosa sta succedendo? Israele è in guerra, Hamas ha invaso il suo territorio, compiuto un massacro, rapito uomini, donne, bambini, hanno ucciso e stuprato, sgozzato e dato alle fiamme esseri umani che agli occhi di queste canaglie hanno la colpa di essere ebrei. I terroristi palestinesi hanno minacciato l'integrità dell'unica democrazia del vicino e lontano Oriente, Gerusalemme è la frontiera dell'Occidente. I morti in territorio israeliano sono più di 700, un numero mai visto. L'attacco ha colto di sorpresa gli apparati della sicurezza, è crollato il mito dell'intelligence israeliana, Mossad e Shin Bet hanno fallito. I terroristi di Hamas sono penetrati nel territorio mentre un barrage di missili si abbatteva sulle città del Sud, droni prendevano di mira obiettivi civili e unità motorizzate sfondavano le barriere al confine con Gaza.
Israele si prepara a una risposta militare massiccia nelle prossime 24/48 ore, questa operazione non sarà come le altre "guerre di Gaza", a cominciare dal contesto politico: si prepara un governo di unità nazionale, il premier Benjamin Netanyahu ha già aperto alla formazione di un governo di unità nazionale. Gli Stati Uniti hanno dato copertura politica, promesso l'aiuto diretto del Pentagono per e spostato una portaerei al largo. Si prepara un attacco e soprattutto si dispongono i pezzi sulla mappa del Risiko per essere pronti a un allargamento della guerra. L'azione di Hamas ha l'appoggio degli Hezbollah del Libano e degli ayatollah di Teheran, i cinquemila razzi lanciati da Gaza, la logistica dell'assalto a Israele, hanno complici a Beirut e a Teheran, sono pronti a continuare la guerra.
Basteranno gli avvertimenti di Washington a dissuaderli dall'entrare nel teatro del conflitto? Questa è la domanda a cui bisogna rispondere, l'America è ancora una forza capace di fermare gli Stati canaglia, i tiranni, i dittatori, i nemici della libertà? La presidenza di Joe Biden su questo punto è una prova fallimentare: gli Stati Uniti si sono ritirati dall'Afghanistan in maniera rovinosa (tutto comincia da quella scelta e dal modo in cui è stato eseguito il ritiro), la Russia ha invaso l'Ucraina, la Cina minaccia sempre più Taiwan, la Corea del Nord lancia missili e prepara test nucleari, l'Iran cerca ancora la bomba atomica, Hamas ha invaso Israele, l'Africa è un festival dei colpi di Stato. Il guardiano del mondo libero non c'è, arriva sempre quando i cannoni hanno già cominciato a tuonare, il suo potere di deterrenza si è ridotto. Il segnale del via libera, l'apertura del cancello per gli assassini, è stato il ritiro dell'Afghanistan.
***
Torniamo a quel momento fatale, ecco il numero di List del 27 agosto 2021, la cronaca è diventata storia, maestra di vita.
Il giorno più nero di Joe Biden è arrivato dopo soli sette mesi di presidenza. Kabul è caduta, il Presidente ha ordinato il ritiro delle truppe, i terroristi islamici dell'Isis hanno colpito il popolo afghano e l'esercito degli Stati Uniti in quella che in guerra è la fase più delicata, il ripiegamento: 95 morti, oltre 150 feriti, 13 Marines caduti e altri 18 militari feriti. Isis-K ha centrato il bersaglio con facilità. Doppia esplosione, kamikaze. I Talebani non controllano nemmeno la capitale, Isis-K ha colpito quando e come voleva. L'Afghanistan ha mostrato ieri i bagliori di una nuova guerra civile. Il caso Biden è aperto.
01
Il fallimento del Commander in Chief
Si apre la crisi della Casa Bianca. Biden dopo molte ore, con le notizie drammatiche che andavan0 a comporre un quadro di sangue, alle 23 è comparso di fronte ai giornalisti e ha commentato secondo copione: ha espresso il dolore per le vittime, versato lacrime per il sacrificio dei soldati americani, promesso fermezza e reazione. "Ho ordinato ai miei comandanti di sviluppare un piano operativo per colpire gli asset chiave dell'Isis, le loro leadership e le basi". Ha pianto, Biden. Ma nel farlo è riuscito - ancora una volta, come già aveva fatto con l'esercito afghano (addestrato dagli americani) - a provare a scaricare su altri le sue colpe, evocando gli accordi presi dall'amministrazione Trump. Un altro segnale di una leadership inesistente. Un Commander in Chief che fallisce l'operazione di evacuazione esponendo al rischio mortale i suoi soldati e cerca un capro espiatorio è unfit.
Biden non si dimetterà, la portavoce della Casa Bianca, Jean Psaki (uno dei problemi di questa amministrazione, la comunicazione gestita in maniera a dir poco assurda, ieri Biden ha ammesso candidamente di esser "stato istruito" a chiamare a intervenire i giornalisti della lista, surreale) ieri ha commentato: "Questo è il giorno in cui dodici militari americani sono rimasti uccisi, non è giorno per la politica e noi ci aspettiamo che ogni americano, eletto o no, stia al nostro fianco nel compito di trovare e colpire gli assassini, ovunque essi vivano. E per onorare la memoria dei nostri militari. Questo è il significato di questa giornata". No, Psaki sa benissimo che è il momento della politica. Se non ora, quando?
02
I doveri (mancati) del Presidente
Sul Wall Street Journal stamattina l'Editorial Board ricorda quali sono le responsabilità di un Presidente degli Stati Uniti. Quali erano i (e sono) i doveri di Biden, i suoi obblighi da Commander in Chief che "non può evitare la responsabilità per il fallimento" per non aver preparato "un'evacuazione sicura". L'Isis ha rivendicato l'attentato, le esplosioni di Kabul dimostrano che i Talebani non possono garantire la sicurezza degli americani, ma questo è esattamente quello che ha affermato il generale Kenneth McKenzie, capo del Comando Centrale il quale ha detto - senza pensare alle conseguenze di una simile dichiarazione che "gli Stati Uniti dipendono dai Talebani per il controllo della sicurezza fuori dall'aeroporto da metà agosto". Siamo al paradosso, un fatto incredibile che il WSJ fa notare in modo lapidario:
In che posizione si trovano gli Stati Uniti: affidarsi al nemico vittorioso che ha passato anni a cercare di uccidere gli americani per individuare jihadisti che vogliono uccidere gli americani.
Questo elemento stupefacente della storia non è il frutto di un caso, ma di una scelta precisa fatta dall'amministrazione Biden. Qual era il dovere del Presidente? "L'obbligo di un presidente è quello di fornire una forza adeguata per eseguire una missione e proteggere le truppe che la svolgono. Anche dopo il crollo dell'esercito afghano, il signor Biden avrebbe potuto introdurre abbastanza forza per riprendere la grande base aerea di Bagram, che è più lontana da Kabul e ha due piste e un perimetro di sicurezza più grande. Il signor Biden ha detto giovedì che i suoi consiglieri militari gli hanno detto che Bagram non avrebbe fornito molti vantaggi rispetto all'aeroporto di Kabul con la sua singola pista. Ma anche se questo fosse vero, avrebbe potuto fornire una maggiore protezione delle forze per l'aeroporto e un'evacuazione che non fosse affrettata per rispettare il calendario dei Talebani". La realtà è durissima, perché "il signor Biden ha detto nelle ultime due settimane che ha scelto di ritirarsi dall'Afghanistan per evitare altre vittime. Eppure i 13 morti americani - 12 marines e un medico della marina - sono più morti americani in Afghanistan che in tutto il 2020, quando migliaia di truppe statunitensi erano nel paese per istruire le forze afgane. Secondo un conteggio, è il maggior numero di soldati americani uccisi in un giorno dal 2011".
03
Tutti ostaggi dei terroristi
La colonna di fumo che si leva dopo l'attentato vista dalla pista dell'aeroporto di Kabul (Foto Epa).La situazione è gravissima, il ponte aereo è praticamente finito, tutti i paesi stanno chiudendo l'operazione di evacuazione, molti cittadini americani (oltre mille) e europei (non se ne conosce il numero) e decine di migliaia di collaboratori afghani (le stime dicono che sono oltre 200 mila) rimarranno intrappolati a Kabul. Sono tutti potenziali bersagli, ostaggi di gruppi di terroristi dei quali non si conosce la forza, ma da ieri si vedono le letali intenzioni: uccidere gli occidentali e provocare il caos. Siamo alla riedizione della crisi di Teheran del 1979, con un gruppo di criminali che fa scorrere il sangue sulle vie di Kabul. Il WSJ ricorda che Biden ha assicurato pochi giorni fa che l'Afghanistan non diventerà un regno del terrorismo, ha sbagliato anche questo: lo è già.
04
La presidenza colpita e in ritirata
La strage annunciata. La ritirata di Kabul ha un finale scandito dalla morte, siamo di fronte a uno dei giorni più neri della storia americana, il tramonto in culla di una presidenza, quella di Joe Biden, che è già segnata. Il nostro dovere è quello di raccontare i fatti, esporli per quello che sono e non per quello che si desidera, l'impaginato è sotto gli occhi di tutti: un ritiro precipitoso, sbagliato nei tempi (sotto la stagione dei combattimenti), nei modi (senza un'adeguata copertura militare e logistica per l'evacuazione) e privo di una reale tessitura politica (con un accordo di non belligeranza, almeno in questa fase, di tutti i clan sul terreno). I gruppi estremisti presenti in Afghanistan hanno colpito, Isis e Al Qaeda sono entità reali e letali, quello che si chiama "clear and present danger". Tutti erano informati, avvisati, c'erano fonti aperte chiare e rapporti riservati chiarissimi, ma Biden ha tirato dritto, ha preso una decisione facendosi dettare l'agenda prima da ragioni di politica interna (cercare di capitalizzare il ritiro nel voto di midterm del 2022) e poi, di fronte al crollo delle istituzioni afghane, dalla paura, così ha premuto sull'acceleratore del ritiro, una vera e propria fuga, facendosi dettare i tempi dai Talebani ("entro il 31 agosto o ci saranno conseguenze"). Così si sono create addirittura le condizioni ideali per un attentato: il caos all'aeroporto, gli ingressi dello scalo trasformati in calca, con una pressione esterna incontrollabile, nessuna possibilità di regolare il flusso della massa di persone disperate. Era solo una questione di tempo. Un'occasione unica per chi ha in mente il caos e vuole tenere aperta la "lunga guerra" trasformandola in una guerra civile. La sintesi l'ha fatta qualche giorno fa l'Economist con una copertina che è una sentenza definitiva: "La debacle di Biden".
Il quadro politico, che era già grave dopo ben quattro discorsi di Biden - che non avevano convinto neppure le corazzate dei media liberal - ora è un paesaggio di macerie fumanti sia sul piano interno che su quello dei rapporti internazionali. Andiamo con ordine, cominciamo dallo scenario americano.
05
Il fronte interno. Il piano naufragato per il midterm
Biden ha ragionato pensando agli elettori americani, di fronte a un partito repubblicano "trumpizzato", il Presidente ha giocato la mossa del ritiro (una carta dell'amministrazione Trump che aveva negoziato a Doha gli accordi con i Talebani) da far coincidere con le celebrazioni dell'11 settembre (ricordiamo che la data originaria era quella, poi anticipata perché qualcuno aveva fatto notare alla Casa Bianca che si trattava di un boomerang della comunicazione) per dire agli americani che "i nostri ragazzi sono tornati a casa", Osama Bin Laden (sul quale torneremo tra qualche riga, perché la tragedia s'accompagna alla beffa) è stato eliminato, il nemico è sconfitto, la guerra è finita, il classico "Victory Day" con l'inno e la bandiera. Poteva funzionare fino a qualche ora fa, perfino con un ritiro così disordinato, ma l'attentato ha smontato definitivamente ogni possibile narrazione vittoriosa, il racconto del grande ponte aereo americano su Kabul è esploso con i kamikaze dell'Isis. I democratici sono frastornati, l'Afghanistan - di cui gli americani si sarebbero (forse) dimenticati in fretta - resterà fissato nella memoria perché il bilancio degli attentati è pesante (siamo a 95 morti e attenzione, sono caduti 13 soldati americani), il presidente ne esce con lo stigma del "Commander in Chief" inadeguato. Questo quadro proiettato sul voto di midterm, in caso di riconquista del Congresso da parte dei repubblicani, porterà all'apertura di una stagione di battaglia parlamentare speculare a quella che i Democratici fecero durante la presidenza Trump, dunque apertura di una commissione d'inchiesta, accertamento delle condizioni fisiche e mentali del presidente (invocando il 25esimo emendamento della Costituzione americana) e infine procedura di impeachment di Biden che, ricordiamolo, è in carica da soli sette mesi. Reggere altri tre anni e mezzo di presidenza in queste condizioni sarà molto complicato. E all'orizzonte non c'è solo l'Afghanistan, è in discussione l'intera agenda Biden e i dem si sono spaccati.
06
Lo scenario internazionale. La sfiducia degli alleati
Sul piano internazionale Biden in soli sette mesi è riuscito a incrinare l'autorevolezza della sua presidenza di fronte agli alleati. È vero che i leader europei lo preferiscono a Trump, ma il presidente che doveva riavvicinare le due sponde dell'Atlantico in realtà le ha allontanate, dando un colpo quasi mortale alla credibilità della Nato (quale Parlamento voterà in futuro le missioni militari senza un aspro dibattito interno, l'opinione pubblica smarrita e maggioranze in aula incerte?), mettendo in crisi il rapporto con gli alleati che sconsigliavano il ritiro dall'Afghanistan in estate e avevano timori (negati da Biden e rivelatisi poi fondati) di un collasso dell'esercito afghano, privo di sostegno politico e morale di fronte all'avanzata dei Talebani che andava avanti da settimane. Il risultato del G7 è sotto gli occhi di tutti, lo sguardo di Ursula di von der Leyen era un dipinto d'amarezza.
Oggi Biden ha un bisogno disperato degli alleati europei, ma la sua agenda di politica estera è diventata improvvisamente un problema di format dei forum di cooperazione. Vanno ripensati, perché l'Atlantismo non può essere in discussione, ma gli americani non possono decidere nella maniera che abbiamo visto quando si va a bordo e quando si scende dall'auto in corsa. Qualcuno si fa male. È accaduto. L'Afghanistan è diventato uno spartiacque geopolitico, un fatto che avrà effetti a lungo termine, mette in moto antiche e nuove forze, offre uno spazio alla Cina (che riempirà il vuoto aperto dagli Stati Uniti), incoraggia i nemici di Israele, suggerisce all'Iran che in fondo la bomba atomica si può fare, riapre il Grande Gioco in Asia Centrale e ha effetti a lunga gittata, conseguenze inattese che scopriremo presto.
07
Revisionismo talebano. Il signor Zabihullah riscrive la storia di Bin Laden
Tutto parte dalla storia dello sceicco del terrore, Osama Bin Laden. E alla tragedia oggi s'accompagna la cinica beffa. Zabihullah Mujahid è il portavoce dei Talebani, non ne avevamo mai visto la sagoma fino a quando in Afghanistan non è riapparsa la bandiera bianca degli islamisti e con la capitale è caduta anche la maschera dello "speaker" talebano. Fin dal primo giorno il signor Zabihullah è apparso con lo sguardo della vittoria che gli fiammeggia nelle pupille. Egli non parla, detta; non spiega, sentenzia; non risponde, decreta; non dialoga, oracoleggia. Lo illumina il bagliore divino della Verità Talebana e ieri ne abbiamo avuto un saggio: secondo Zabihullah "non c'è alcuna prova" del coinvolgimento di Osama Bin Laden negli attentati dell'11 settembre 2001 e dunque "non c'era nessuna giustificazione per questa guerra. Si trattò solo di una scusa". Tra i tanti effetti della caduta di Kabul dunque c'è anche la riscrittura della storia.
Osama Bin Laden, il fondatore di Al Qaeda, mente degli attentati dell'11 settembre 2001 (Foto Epa).Osama Bin Laden fu la mente e il braccio del 9/11, Al Qaeda aveva già colpito duramente gli Stati Uniti, una lunga scia di sangue, il primo tentativo di far crollare le Torri Gemelle si consumò il 26 febbraio del 1993, un furgone carico di esplosivo, l'architetto del primo colpo fu Ramzi Yousef, guarda caso nipote di Khaled Sheikh Mohammed, l'uomo che ideò il piano d'attacco dell'11 settembre 2001. Tutti i pezzi sulla scacchiera si muovono intorno a Osama Bin Laden e ai suoi contatti. Fu Sheik Mohammed durante un incontro a Tora Bora a parlare a Bin Laden per la prima volta del suo piano per colpire le Torri Gemelle, "modificato" con l'uso degli aerei di linea come dei missili teleguidati. Lo sceicco del terrore lo perfezionò, reclutò il gruppo di kamikaze, organizzò attraverso la rete di Al Qaeda la logistica e il finanziamento di un'operazione su scala globale. Questo fil rouge è documentato nel report della commissione d'indagine parlamentare dell'11 settembre 2001, ricostruito nel dettaglio in una serie di libri pubblicati in questi anni (tra i più importanti, segnalo "Le altissime torri" di Lawrence Wright), inchieste fondamentali per capire l'evoluzione del terrorismo islamista, la nascita di Al Qaeda e il ruolo chiave di Bin Laden. I Talebani con un colpo di spugna hanno cancellato anche questo, Zabihullah riscrive la storia. Troppo.
L'esercizio del potere del "Commander in Chief" da parte di Biden ora è in discussione. Ci sono molti esempi a cui ispirarsi, il migliore resta quello di Winston Churchill che rispedì al mittente i tentativi di Chamberlain e Halifax di consegnare la resa dell'Inghilterra a Hitler. "Volete che la svastica sventoli su Windsor?" No! Risposero a Westminster. È a quel punto che Churchill trova le parole che mandano in battaglia l'Inghilterra contro Hitler, con il cuore e con la mente, il potente e magnifico discorso che consegna alla storia la sua figura, l'oratore e lo stratega, il politico e il soldato, l'uomo che metterà le ali alla vittoria nella Seconda guerra mondiale.
Biden non è Churchill, l'Afghanistan non è Dunkerque, ma qui stiamo parlando di una cosa chiamata "carattere", il senso della leadership. Per questo il ritiro americano appare un'immane tragedia destinata a far sentire i suoi effetti nella dimensione della "longue durée", il tempo lungo della storia. Churchill ricordò a Re Giorgio VI, in un drammatico colloquio privato in cui decisero di non cedere a Hitler, che una nazione che si arrende senza combattere, declina. Così oggi una nazione che si ritira, può subire l'attacco vigliacco dei terroristi nel momento più delicato e pericoloso, quando ripiega. È successo.
08
Il sogno di tutti i presidenti. Uscire dall'Afghanistan
Tutti i presidenti americani volevano uscire dall'Afghanistan (e soprattutto il primo, George W. Bush, non avrebbe mai voluto entrarci), la guerra è brutta, sporca, cattiva. Tutti i presidenti americani pensavano di colpire e poi lasciare il paese in un tempo per loro ragionevole.
Quattro presidenti, una guerra lunga vent'anni. Da sinistra, in senso orario: George W. Bush, Barack Obama, Donald Trump e Joe Biden.George W. Bush non aveva alcuna intenzione di impegnarsi con la guerra, la sua politica estera si preparava a entrare nei canoni di una quieta gestione di tradizione repubblicana, i democratici lo avevano già catalogato alla voce "isolazionista", i media in progress gli avevano cucito addosso il vestito del texano tutto ranch e grill. E aveva affidato alle mani esperte di Dick Cheney la pratica del mestiere delle armi. La mattina dell'11 settembre 2011 quel racconto cambiò: quattro aerei dirottati, giù le Torri Gemelle nel cuore di Manhattan, il muro del Pentagono, l'edificio più sicuro e più grande degli Stati Uniti, sfondato da un aereo di linea, un altro volo precipitato nelle campagne di Shanksville. L'America era sotto attacco. L'America era in guerra. Eravamo tutti americani. Questa storia viene dimenticata regolarmente da quelli che dicono la sciocchezza più grande: la democrazia non si esporta. È vero il contrario, si esporta e cresce, ma serve il tempo e lo spirito di sacrificio che l'Occidente non ha più.
Dopo mesi di battaglia apparve chiaro che era impossibile perfino controllare Kabul senza rischiare di saltare in aria su una "roadside bomb", mentre nel resto del territorio, nelle province, gli americani si muovevano al buio, sotto il tiro dei cecchini. Bush fece i suoi due mandati, ma l'Afghanistan rimase un buco nero strategico.
Quando Obama arrivò, il suo pensiero era quello di ritirarsi, l'emergenza di Barack era il collasso economico-finanziario americano, la crisi del 2007-2008, i fallimenti delle banche e il crac dell'industria dell'automobile. Obama voleva uscire dall'Iraq, ma al Pentagono gli dissero che non era ancora possibile. Lui, il premio Nobel per la pace, aggiunse alla killing machine americana una flotta di droni e insieme alla "killing machine" del Pentagono crebbe anche la "killing list" del presidente, la guerra silenziosa.
Due mandati di Obama non risolsero il problema, ma il presidente nel 2011 mise a segno il colpo con la pallottola d'argento, l'eliminazione in Pakistan di Osama Bin Laden (e nella foto che fissò nella storia quel momento c'era anche lui, Joe Biden). Quello poteva essere il "carpe diem", l'istante da cogliere per andare via, salutare tutti e dire che la missione è compiuta. Obama decise di rimanere a Kabul, si illuse di vincere senza combattere con i "boots on the ground". Ma quell'operazione riuscì solo una volta nella storia americana, a Harry S. Truman, che si assunse sulle spalle la gigantesca responsabilità di sganciare due bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki. Resa dei giapponesi e chiusura del fronte nel Pacifico. Obama fu avviluppato dalla guerra in Siria, finanziò gruppi ribelli pensando di far cadere Assad, senza vedere che i guerriglieri che foraggiava non erano dei sinceri democratici ma dei macellai al pari del regnante siriano. Da cotanto ingegno strategico della Casa Bianca nacquero le bande nere l'Isis che in poco tempo sfondarono le linee in Iraq, aprendo un conflitto regionale, una banda di criminali psicopatici tenne in scacco la più grande potenza del mondo. E ci risiamo, in Afghanistan.
Donald Trump, ebbe l'originale idea che accarezzavano tutti gli altri: ritirarsi. Fece piani, contropiani, dichiarazioni, insomma... Trump. Sparò un paio di missili polverizzando il covo di Abu Bakr Al Baghdadi ed ebbe il suo momento da cacciatore di taglie. I generali gli spiegarono che ritirarsi non era un buon affare, lui lasciò fare al Pentagono, perse le elezioni e lasciò il caso aperto a un altro presidente. Joe Biden l'ha chiuso. E vent'anni dopo ha riaperto il cancello di un mondo in fiamme. Ha ragione il segretario di Stato Antony Blinken, Kabul non è Saigon, è peggio. Good Morning, Afghanistan.
***
Due anni dopo quella decisione, il ritiro dall'Afghanistan, siamo di fronte alle rovine fumanti di un sistema di relazioni internazionali che è saltato, i bastioni dell'Occidente sono sotto attacco, Gerusalemme è quello più avanzato e va difeso.
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dell'offerta deve
intendersi parte integrante dei presenti termini d'uso e del connesso contratto tra il Fornitore e l'Utente.
2. Acquisto dell'abbonamento
2.1 Ai fini dell'acquisto di un Abbonamento è necessario (i) aprire un account List; (ii) selezionare un
pacchetto tra
quelli disponibili; (iii) seguire la procedura di acquisto all'interno del Sito o dell'Applicazione,
confermando la
volontà di acquistare l'Abbonamento mediante l'apposito tasto virtuale. L'Abbonamento si intende acquistato
al momento
della conferma della volontà di acquisto da parte dell'Utente; a tal fine, l'Utente accetta che faranno fede
le
risultanze dei sistemi informatici del Fornitore. La conferma vale come espressa accettazione dei presenti
termini
d'uso.
2.2 L'Utente riceverà per email la conferma dell'attivazione del Servizio, con il riepilogo delle condizioni
essenziali
applicabili e il link ai termini d'uso e alla privacy policy del Fornitore; è onere dell'Utente scaricare e
conservare
su supporto durevole il testo dei termini d'uso e della privacy policy.
2.3 Una volta confermato l'acquisto, l'intero costo dell'Abbonamento, così come specificato nel pacchetto
acquistato,
sarà addebitato anticipatamente sullo strumento di pagamento indicato dall'Utente.
2.4 Effettuando la richiesta di acquisto dell'Abbonamento, l'Utente acconsente a che quest'ultimo venga
attivato
immediatamente senza aspettare il decorso del periodo di recesso previsto al successivo articolo 4.
2.5 Per effetto dell'acquisto, l'Utente avrà diritto a fruire del Servizio per l'intera durata
dell'abbonamento;
l'Utente, tuttavia, non può sospendere per alcun motivo la fruizione del Servizio durante il periodo di
validità
dell'Abbonamento.
3. DURATA, DISDETTA E RINNOVO DELL'ABBONAMENTO
3.1 L'Abbonamento avrà la durata di volta in volta indicata nel pacchetto scelto dall'Utente (per esempio,
mensile o
annuale).
3.2 L'Abbonamento si rinnoverà ciclicamente e in modo automatico per una durata eguale a quella
originariamente scelta
dall'Utente, sino a quando una delle Parti non comunichi all'altra la disdetta dell'Abbonamento almeno 24
ore prima del
momento della scadenza. In mancanza di disdetta nel termine indicato, l'Abbonamento è automaticamente
rinnovato.
3.3 L'Utente potrà esercitare la disdetta in ogni momento e senza costi attraverso una delle seguenti
modalità:
seguendo la procedura per la gestione dell'Abbonamento all'interno del proprio profilo utente sia sul Sito
che
nell'Applicazione;
inviando una mail al seguente indirizzo: help@newslist.it.
3.4 Gli effetti della disdetta si verificano automaticamente alla scadenza del periodo di abbonamento in
corso; fino a
quel momento, l'Utente ha diritto a continuare a fruire del proprio Abbonamento. La disdetta non dà invece
diritto ad
alcun rimborso per eventuali periodi non goduti per scelta dell'Utente.
3.5 In caso di mancato esercizio della disdetta, il rinnovo avverrà al medesimo costo della transazione
iniziale, salvo
che il Fornitore non comunichi all'Utente la variazione del prezzo dell'Abbonamento con un preavviso di
almeno 30 giorni
rispetto alla data di scadenza. Se, dopo aver ricevuto la comunicazione della variazione del prezzo,
l'Utente non
esercita la disdetta entro 24 ore dalla scadenza, l'Abbonamento si rinnova al nuovo prezzo comunicato dal
Fornitore.
3.6 Il Fornitore addebiterà anticipatamente l'intero prezzo dell'Abbonamento subito dopo ogni rinnovo sullo
stesso
strumento di pagamento in precedenza utilizzato dall'Utente ovvero sul diverso strumento indicato
dall'Utente attraverso
l'area riservata del proprio account personale.
4. Recesso DEL CONSUMATORE
4.1 L'Utente, ove qualificabile come consumatore – per consumatore si intende una persona fisica che agisce
per scopi
estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta, ha
diritto di
recedere dal contratto, senza costi e senza l'onere di indicarne i motivi, entro 14 giorni dalla data di
attivazione
dell'Abbonamento acquistato.
4.2 L'Utente può comunicare la propria volontà di recedere, inviando al Fornitore una comunicazione
esplicita in questo
senso mediante una delle seguenti modalità:
mediante raccomandata a.r. indirizzata alla sede del Fornitore;
per email al seguente indirizzo help@newslist.it;
4.3 Ai fini dell'esercizio del recesso l'Utente può, a sua scelta, utilizzare questo modulo
4.4 Il termine per l'esercizio del recesso si intende rispettato se la comunicazione relativa all'esercizio
del diritto
di recesso è inviata dall'Utente prima della scadenza del periodo di recesso.
4.5 In caso di valido esercizio del recesso, il Fornitore rimborserà all'Utente il pagamento ricevuto in
relazione
all'Abbonamento cui il recesso si riferisce, al netto di un importo proporzionale a quanto è stato fornito
dal Fornitore
fino al momento in cui il consumatore lo ha informato dell'esercizio del diritto di recesso; per il calcolo
di tale
importo, si terrà conto dei numeri o comunque dei contenuti fruiti e/o fruibili dal consumatore fino
all'esercizio del
diritto di recesso. Il rimborso avverrà entro 14 giorni dalla ricezione della comunicazione di recesso sullo
stesso
mezzo di pagamento utilizzato per la transazione iniziale.
4.6 Eventuali eccezioni al diritto di recesso, ove previste da Codice del consumo – decreto legislativo 6
settembre
2005, n. 206, saranno comunicate al consumatore in sede di offerta prima dell'acquisto.
5. Modalità di pagamento
5.1 L'Abbonamento comporta l'obbligo per l'Utente di corrispondere al Fornitore il corrispettivo nella
misura
specificata nell'offerta in relazione al pacchetto scelto dall'Utente.
5.2 Tutti i prezzi indicati nell'offerta si intendono comprensivi di IVA.
5.3 Il pagamento dei corrispettivi può essere effettuato mediante carte di credito o debito abilitate ad
effettuare gli
acquisti online. Le carte accettate sono le seguenti: Visa, Mastercard, American Express.
5.4 L'Utente autorizza il Fornitore ad effettuare l'addebito dei corrispettivi dovuti al momento
dell'acquisto
dell'Abbonamento e dei successivi rinnovi sulla carta di pagamento indicata dallo stesso Utente.
5.5 Il Fornitore non entra in possesso dei dati della carta di pagamento utilizzata dall'Utente. Tali dati
sono
conservati in modo sicuro dal provider dei servizi di pagamento utilizzato dal Fornitore (Stripe o il
diverso provider
che in futuro potrà essere indicato all'Utente). Inoltre, a garanzia dell'Utente, tutte le informazioni
sensibili della
transazione vengono criptate mediante la tecnologia SSL – Secure Sockets Layer.
5.6 È onere dell'Utente: (i) inserire tutti i dati necessari per il corretto funzionamento dello strumento
di pagamento
prescelto; (ii) mantenere aggiornate le informazioni di pagamento in vista dei successivi rinnovi (per
esempio,
aggiornando i dati della propria carta di pagamento scaduta in vista del pagamento dei successivi rinnovi
contrattuali).
Qualora per qualsiasi motivo il pagamento non andasse a buon fine, il Fornitore si riserva di sospendere
immediatamente
l'Abbonamento fino al buon fine dell'operazione di pagamento; trascorsi inutilmente 3 giorni senza che il
pagamento
abbia avuto esito positivo, è facoltà del Fornitore recedere dal contratto con effetti immediati.
Pagamenti all'interno dell'applicazione IOS
5.7 In caso di acquisto dell'Abbonamento mediante l'Applicazione per dispositivi IOS, il pagamento è gestito
interamente
attraverso la piattaforma App Store fornita dal gruppo Apple. Il pagamento del corrispettivo è
automaticamente
addebitato sull'Apple ID account dell'Utente al momento della conferma dell'acquisto. Gli abbonamenti
proposti sono
soggetti al rinnovo automatico e all'addebito periodico del corrispettivo. L'Utente può disattivare
l'abbonamento fino a
24h prima della scadenza del periodo di abbonamento in corso. In caso di mancata disattivazione,
l'abbonamento si
rinnova per un eguale periodo e all'Utente viene addebitato lo stesso importo sul suo account Apple.
L'Utente può
gestire e disattivare il proprio abbonamento direttamente dal proprio profilo su App Store. Per maggiori
informazioni al
riguardo: https://www.apple.com/it/legal/terms/site.html. Il Fornitore non è responsabile per eventuali
disservizi della
piattaforma App Store.
6. Promozioni
6.1 Il Fornitore può a sua discrezione offrire agli Utenti delle promozioni sotto forma di sconti o periodi
gratuiti di
fruizione del Servizio.
6.2 Salvo che non sia diversamente specificato nella pagina di offerta della promozione, l'adesione a una
promozione
comporta, alla sua scadenza, l'attivazione automatica del Servizio a pagamento con addebito periodico del
corrispettivo
in base al contenuto del pacchetto di volta in volta selezionato dall'Utente.
6.3 L'Utente ha la facoltà di disattivare il Servizio in qualunque momento prima della scadenza del periodo
di prova
attraverso una delle modalità indicate nel precedente articolo 3).
7. Obblighi e garanzie dell'Utente
7.1 L'Utente dichiara e garantisce:
- di essere maggiorenne;
- di sottoscrivere l'Abbonamento per scopi estranei ad attività professionali, imprenditoriali, artigianali
o commerciali
eventualmente svolte;
- che tutti i dati forniti per l'attivazione dell'Abbonamento sono corretti e veritieri;
- che i dati forniti saranno mantenuti aggiornati per l'intera durata dell'Abbonamento.
7.2 L'Utente si impegna al pagamento del corrispettivo in favore del Fornitore nella misura e con le
modalità definite
nei precedenti articoli.
7.3 L'Utente si impegna ad utilizzare l'Abbonamento e i suoi contenuti a titolo esclusivamente personale, in
forma non
collettiva e senza scopo di lucro; l'Utente è inoltre responsabile per qualsiasi uso non autorizzato
dell'Abbonamento e
dei suoi contenuti, ove riconducibile all'account dell'Utente medesimo; per questo motivo l'Utente si
impegna ad
assumere tutte le precauzioni necessarie per mantenere riservato l'accesso all'Abbonamento attraverso il
proprio account
(per esempio, mantenendo riservate le credenziali di accesso ovvero segnalando senza ritardo al Fornitore
che la
riservatezza di tali credenziali risulta compromessa per qualsiasi motivo).
7.4 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
8. Tutela della proprietà intellettuale e industriale
8.1 L'Utente riconosce e accetta che i contenuti dell'Abbonamento, sotto forma di testi, immagini,
fotografie, grafiche,
disegni, contenuti audio e video, animazioni, marchi, loghi e altri segni distintivi, sono coperti da
copyright e dagli
altri diritti di proprietà intellettuale e industriale di volta in volta facenti capo al Fornitore e ai suoi
danti causa
e per questo si impegna a rispettare tali diritti.
8.2 Tutti i diritti sono riservati in capo ai titolari; l'Utente accetta che l'unico diritto acquisito con
il contratto
è quello di fruire dei contenuti dell'Abbonamento con le modalità e i limiti propri del Servizio. Fatte
salve le
operazioni di archiviazione e condivisione consentite dalle apposite funzionalità del Servizio, qualsiasi
attività di
riproduzione, pubblica esecuzione, comunicazione a terzi, messa a disposizione, diffusione, modifica ed
elaborazione dei
contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.