25 Marzo
La Russia e la storia della guerra infinita
La "barbarie" del conflitto, la moltiplicazione del fronte, lo stato di assedio. L'attentato di Mosca e l'impero mai dissolto. Jihad e nichilismo, Putin e la sfida all'Occidente. Appunti sul 'mondo remoto' alle porte di casa
Nel suo primo libro, The Story of the Malakand Field Force, il giovane Winston Churchill nel 1898 descrive la «guerra di frontiera», al confine odierno tra Pakistan e Afghanistan. È la cronaca di un intrepido scrittore che racconta la «barbarie» della guerra da entrambe le parti. Corpi fatti a pezzi, decapitazioni, assalti, imboscate, proiettili che fiocinano ufficiali senza più belle speranze, cavalli abbattuti, l’umano contro l’umano, il disumano, la carneficina.
Il libro di Churchill, impareggiabile reporter sul campo di battaglia, è un memento sulla violenza e la discesa negli inferi, riemerge con le immagini dell’attentato al teatro di Mosca e quelle dell’interrogatorio di uno dei presunti terroristi, il macabro taglio dell’orecchio e il tentativo di farglielo ingoiare. La «barbarie» delle cronache di Churchill, eccola. Ripetuta all’infinito sui social media fino ad essere anestetizzata, annientata a sua volta dalla Società dello spettacolo (titolo di un libro scritto nel 1967 da Guy Debord sulla mutazione del capitalismo, la separazione delle immagini dalla vita).
Sono temi che attraversano il nostro ventennio tra guerra e terrorismo, messi a fuoco in itinere da Jean Baudrillard nel 2003 con il libro Power Inferno e più di recente da Roberto Calasso ne L'innominabile attuale, due passaggi sul jihad e il nichilismo della strage. È la scia di sangue di una lunga guerra che abbiamo rimosso: gli attentati alle ambasciate americane in Kenya e Tanzania (1998); l’attacco suicida contro il cacciatorpediniere USS Cole ormeggiato nel porto di Aden (2000), gli aerei usati come missili teleguidati contro le Torri Gemelle e il Pentagono (2001); gli attentati di Madrid (2004) e di Londra (2005); a Parigi, la strage di Charlie Hebdo (2015) e del Bataclan (2015), gli attentati di Bruxelles (2016).
Si è scritto che...
Nel suo primo libro, The Story of the Malakand Field Force, il giovane Winston Churchill nel 1898 descrive la «guerra di frontiera», al confine odierno tra Pakistan e Afghanistan. È la cronaca di un intrepido scrittore che racconta la «barbarie» della guerra da entrambe le parti. Corpi fatti a pezzi, decapitazioni, assalti, imboscate, proiettili che fiocinano ufficiali senza più belle speranze, cavalli abbattuti, l’umano contro l’umano, il disumano, la carneficina.
Il libro di Churchill, impareggiabile reporter sul campo di battaglia, è un memento sulla violenza e la discesa negli inferi, riemerge con le immagini dell’attentato al teatro di Mosca e quelle dell’interrogatorio di uno dei presunti terroristi, il macabro taglio dell’orecchio e il tentativo di farglielo ingoiare. La «barbarie» delle cronache di Churchill, eccola. Ripetuta all’infinito sui social media fino ad essere anestetizzata, annientata a sua volta dalla Società dello spettacolo (titolo di un libro scritto nel 1967 da Guy Debord sulla mutazione del capitalismo, la separazione delle immagini dalla vita).
Sono temi che attraversano il nostro ventennio tra guerra e terrorismo, messi a fuoco in itinere da Jean Baudrillard nel 2003 con il libro Power Inferno e più di recente da Roberto Calasso ne L'innominabile attuale, due passaggi sul jihad e il nichilismo della strage. È la scia di sangue di una lunga guerra che abbiamo rimosso: gli attentati alle ambasciate americane in Kenya e Tanzania (1998); l’attacco suicida contro il cacciatorpediniere USS Cole ormeggiato nel porto di Aden (2000), gli aerei usati come missili teleguidati contro le Torri Gemelle e il Pentagono (2001); gli attentati di Madrid (2004) e di Londra (2005); a Parigi, la strage di Charlie Hebdo (2015) e del Bataclan (2015), gli attentati di Bruxelles (2016).
Si è scritto che la Russia ha vissuto il suo Bataclan, è vero. C’è un teatro, il Crocus City Hall, ci sono i terroristi reclutati in zona islamista, una rivendicazione dell’Isis, ma le analogie si fermano alla rappresentazione. Perché non c’è un modello occidentale da abbattere, non c’è la caccia all’ebreo. Mosca è un altro piano inclinato, bisogna stare attenti a non confondere le storie con il grande fiume della storia. Scenario e contesto sono diversi, la Russia di Vladimir Putin è in uno stato di guerra permanente, un impero imploso, poi ricostruito, sempre allentato e mai dissolto, un enigma irrisolto. Il Caucaso e le regioni dell’Asia Centrale per la Russia sono vitali e nello stesso tempo fabbrica di instabilità. Il vicinato è un ciclo di ribellione-repressione. Pochi ricordano la rivolta in Kazakistan e l’invito ai russi a intervenire da parte del presidente Kassym-Jomart Tokayev. La rivolta fu schiacciata con le armi di Mosca, eravamo all’inizio di gennaio del 2022, la diplomazia internazionale mise sotto il tappeto l’intervento di Putin. Un mese dopo, il Cremlino ordinò l’invasione dell’Ucraina.
La guerra è immanente, la minaccia esterna evocata da Putin serve ad alimentarla. Nonostante il dejà-vu, questo scenario di conflitto (ri)appare nuovo e sinistro, come se non vi fosse un ieri da osservare voltando lo sguardo, una trincea dove da oltre due anni si combatte, nel cuore dell’Europa, con i carri armati, i fucili e la baionetta. Il Novecento evaso nel Terzo Millennio. Tutti i teatri di guerra si incrociano, in Medio Oriente la macchina dell’odio di Hamas ci ha mostrato il 7 ottobre scorso cosa significa genocidio, la mattanza dei civili, uomini, donne, anziani e bambini, la caccia all’ebreo. Le macerie di Gaza sono un memento. I missili sulle navi che solcano il Mar Rosso sono un sibilo sinistro sull’Occidente, la libera circolazione dei mari. Eppure tutto questo continua ad apparire remoto, fuori dal radar della nostra coscienza.
L’uomo occidentale ha cancellato la guerra dal suo immaginario, è scosso dall’evento giusto per il tempo di una notizia-lampo, ma continua a pensare che siano fatti che provengono da un lontano immateriale, perché la guerra di ogni giorno è stata trasfigurata nella fiction, fino a confondersi in cronache d’irrealtà. Quando gli Stati Uniti avviarono la trasformazione della Revolution in Military Affairs (RMA), abbiamo sentito parlare del mito delle perdite zero come una svolta sul campo di battaglia, la grande illusione della guerra asettica. Sappiamo della presenza superiore, la guerra dei droni, uno sciame di morte silenziosa che viene dal cielo. La percezione è quella di un videogame, una battaglia con il joystick e il visore tridimensionale. Morte, tasto reset, avanti fino alla prossima schermata.
Questa incoscienza della guerra è alimentata da un dibattito politico a sua volta incosciente, dove il tema della pace è ridotto a slogan utopistico, strumentalizzazione irresponsabile. Cercare la pace significa saper difendere prima di tutto i valori della libertà e del metodo democratico, cose che non sono scontate, hanno un prezzo e non vengono più apprezzate dall’uomo occidentale.
Putin è partito con la contro-narrazione, il ribaltamento della realtà per scaricare le sue responsabilità su altri, il più ovvio e utile ai suoi interessi immediati è l’Ucraina. Settimane fa, i servizi segreti occidentali avevano avvisato il Cremlino su un probabile attacco terroristico, ma Putin aveva reagito dicendo che si trattava di «veri e propri ricatti», il cui scopo non era proteggere i civili russi ma di «intimidire e destabilizzare la nostra società». Non poteva ammettere di essere un leader vulnerabile, è stato tradito dalla sua presunzione, dalla macchina automatica della propaganda che lo dipinge come il capo infallibile. Una strage a Mosca, il centro del suo impero, pochi giorni dopo la sua rielezione (con voto farsa) alla presidenza. Un quinto mandato macchiato dal sangue dei russi. La reazione è quella del potere assoluto che si dibatte nelle sue contraddizioni, ecco comparire nella ricostruzione dei Servizi segreti del Cremlino l’Ucraina, chi ha fallito prima, rovescia dopo su Kiev la responsabilità dell’attacco. I terroristi che non erano stati fermati prima, vengono arrestati dopo. I colpevoli senza processo vengono torturati, esposti nella teatralizzazione inarrestabile della morte in diretta dei social media. La legge russa è quella della violenza. Non c’è stato di diritto, la regola è il massacro, come nel ciclo dell’eterno ritorno, il gioco si riavvia dalla cronaca di Winston Churchill, dalla selvaggia lotta sul campo di battaglia, in Europa, in Medio Oriente, nell’Asia Centrale, con una parola che si ramifica e irradia nelle immagini del nemico alle porte, la «barbarie».
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l'unico rimedio in
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Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
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(per
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- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
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informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.