1 Aprile

La sconfitta di Erdogan tra Oriente e Occidente

Il partito del presidente ha perso le elezioni amministrative, le grandi città restano all'opposizione. Perché non bisogna coltivare troppi sogni sull'evoluzione della Turchia. Gli interessi di Ankara restano quelli di un paese che sta "nel mezzo" di blocchi in competizione per il dominio del mondo

Il principale partito di opposizione della Turchia ha ottenuto una importante vittoria alle elezioni locali contro il partito Giustizia e Sviluppo (AK) del Presidente Recep Tayyip Erdogan. In realtà la separazione tra il voto nelle metropoli e quello nelle aree rurali è in atto da tempo, dunque la sorpresa su questo punto non è così grande. In Europa si guarda all’affermazione del Partito Popolare Repubblicano (CHP) a Istanbul, Ankara, Smirne, Bursa e Antalya, per ipotizzare cambiamenti epocali. Erdogan ha perso, ma la Turchia resta un paese sfuggente alle classificazioni con il pilota automatico del progressismo occidentale, va ricordato agli illusionisti che in queste ore declamano in tv e sui giornali e dimenticano la posizione e la storia della Turchia.

Gli interessi della Turchia sono dettati dalla realtà della geopolitica, sono quelli di un paese tra Oriente e Occidente, nella Nato e pronto a negoziare con il nemico (la Russia), più democratico di quanto si dica, ma sempre sottoposto a una supremazia culturale islamica. Il dato reale è che si tratta di un duro colpo per la figura di Erdogan - la sconfitta più grave in 22 anni di storia, con distacchi enormi dei suoi candidati a Istanbul e Ankara - il quale sperava di usare queste elezioni per consolidare il potere e introdurre una nuova costituzione per allungare il suo ciclo alla presidenza con un altro mandato. Forse non andrà così, ma la Turchia ha un destino che trascende quello dei suoi leader e soprattutto dell'Occidente che non parla la lingua dell'Oriente.

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