22 Ottobre
Le banche salvate. I contribuenti no
Il governo stasera (forse) vara il decreto per salvare le banche venete. Paga lo Stato. E il debito galoppa. Alternative? Non ce ne sono, intervento in grave ritardo
Il salvataggio delle due banche venete è il classico caso italiano di “socializzazione delle perdite”, stavolta in assenza di utili. Non siamo di fronte a un fatto nuovo, ma a una costante della storia del Paese. La storia di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca è dentro questa sceneggiatura. No news, bad news. Il governo stamattina ha emanato un decreto che formalmente è per la “tutela del risparmio” ma nella sostanza è un papocchio politico-finanziario tirato fuori all’ultimo minuto della partita, quando l’arbitro aveva già il fischietto tra le labbra.
La Banca centrale europea ieri sera ha messo la parola fine alla “commedia” all’italiana che andava avanti da un anno. Il comunicato è chiaro:
Le due banche erano senza carburante (capitale) e dopo aver visto lo stato dei conti, nessuno si è fatto avanti per il rifornimento (altro capitale). Fine corsa. Stop. Si scende. E si riparte. Con i soldi del contribuente.
Dopo la crisi finanziaria del 2008, i pezzi da novanta dell’establishment bancario dicevano: siamo solidi, non abbiamo bisogno di aiuti. In realtà la fortuna in quel momento aveva dato una mano a un sistema vecchio, arretrato, che non aveva fatto uso di mutui subprime (la causa dello scoppio della bolla negli Stati Uniti) e aveva una situazione del mercato immobiliare senza la febbre spagnola. Ma era solo un’illusione, l’appuntamento con la realtà era rimandato di qualche anno. L’anno è il 2014, ecco lo stato di salute delle banche italiane dopo gli stress test della Bce:
La tabella fa parte di uno studio della World Bank sulle risoluzioni bancarie nei vari paesi, la parte italiana è frutto del lavoro eccellente di Silvia Merler. Il quadro è chiaro, la quota di non performing loans è da spia rossa accesa nel sommergibile, il Monte dei Paschi è...
Il salvataggio delle due banche venete è il classico caso italiano di “socializzazione delle perdite”, stavolta in assenza di utili. Non siamo di fronte a un fatto nuovo, ma a una costante della storia del Paese. La storia di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca è dentro questa sceneggiatura. No news, bad news. Il governo stamattina ha emanato un decreto che formalmente è per la “tutela del risparmio” ma nella sostanza è un papocchio politico-finanziario tirato fuori all’ultimo minuto della partita, quando l’arbitro aveva già il fischietto tra le labbra.
La Banca centrale europea ieri sera ha messo la parola fine alla “commedia” all’italiana che andava avanti da un anno. Il comunicato è chiaro:
Le due banche erano senza carburante (capitale) e dopo aver visto lo stato dei conti, nessuno si è fatto avanti per il rifornimento (altro capitale). Fine corsa. Stop. Si scende. E si riparte. Con i soldi del contribuente.
Dopo la crisi finanziaria del 2008, i pezzi da novanta dell’establishment bancario dicevano: siamo solidi, non abbiamo bisogno di aiuti. In realtà la fortuna in quel momento aveva dato una mano a un sistema vecchio, arretrato, che non aveva fatto uso di mutui subprime (la causa dello scoppio della bolla negli Stati Uniti) e aveva una situazione del mercato immobiliare senza la febbre spagnola. Ma era solo un’illusione, l’appuntamento con la realtà era rimandato di qualche anno. L’anno è il 2014, ecco lo stato di salute delle banche italiane dopo gli stress test della Bce:
La tabella fa parte di uno studio della World Bank sulle risoluzioni bancarie nei vari paesi, la parte italiana è frutto del lavoro eccellente di Silvia Merler. Il quadro è chiaro, la quota di non performing loans è da spia rossa accesa nel sommergibile, il Monte dei Paschi è in una condizione drammatica (brucerà tutti successivi aumenti di capitale) e le autorità italiane sono alla finestra nella classica posizione di quello che dice: vediamo che succede mentre alle sue spalle sta arrivando un treno.
Aspettando Godot, alla fine la situazione si risolve nel suo logico epilogo tragicomico: mettere il dito nel foro della diga mentre il lago sta per tracimare. Tutto in Italia si fa e disfa in extremis, con l’affanno, il fiatone, la sensazione da ce la faranno i nostri eroi, il dramma alla Alberto Sordi di una situazione grave ma non seria (ma questa è anche maledettamente seria).
Nel novembre del 2015 le quattro “banchette” locali vengono salvate dal governo Renzi mentre al cinema della politica si spernacchiano “i gufi” (già, abbiamo avuto anche la stagione dei gufi, giusto per non farsi mancare niente) e alla cassa in realtà scorrono i titoli di coda: Banca Marche, Cassa di risparmio di Ferrara, Popolare Etruria e CariChieti finiscono gambe all’aria. Anche allora si giocò la partita del prendere tempo, vediamo che succede, cerchiamo un cavaliere bianco. Il giochetto politico del cerino (a chi lo diamo? a Bankitalia? alla Consob? a chi, cribbio?) finisce con la creazione di una bad bank, la costituzione di quattro piccole good bank e la loro cessione sul mercato (comprate pochi giorni fa, dopo mesi di limbo, al prezzo simbolico di 1 euro da Ubi Banca) con gli asset residui, senza sofferenze per gli acquirenti ma con dolori per il sistema bancario ieri, oggi e domani, visto che le banche rimesse a nuovo subiranno pesanti tagli e ristrutturazioni. Il contribuente, di dritto o di rovescio, in queste storie finisce sempre per pagare qualcosa. Costo totale dell’operazione per le banche salvatrici: 3.6 miliardi di euro, di cui 1.7 miliardi di euro per ripianare le perdite, 1.8 miliardi di euro per ricapitalizzare le quattro “banche buone”, 140 milioni di euro per l’attivazione della “banca cattiva” (a questo si aggiungono oggi i 400 milioni di aumento di capitale previsto da Ubi Banca). Chi se lo immaginava allora… le banche misero zavorra nel loro già carico (di crediti deteriorati) bilancio e quattro banche di infima dimensione drenarono capitale prezioso. Fu il presagio di tutto il peggio che sarebbe arrivato mesi dopo.
La storia delle quattro banchette era il prequel delle due sorelle venete, con la variante dello scarico del bidone sullo Stato: banche del territorio, depositanti in gran parte senza competenze in materia economico-finanziaria, clientela polverizzata, una rete di sportelli ingiustificata dai risultati di bilancio, costi del personale alti, management inadeguato spesso di estrazione politica, una fitta rete di intrecci e amicizie che canguravano il merito di credito reale, dunque ampio credito relazionale e alto tasso di collusione locale. E’ lo stesso scenario veneto, ma con una magnitudine ben più elevata.
Improvvisamente, si scopre il segreto di Pulcinella: le banche hanno piazzato le loro obbligazioni subordinate presso la propria clientela che ignora il grado di rischio dell’investimento (non tutti erano degli sprovveduti, sia chiaro), soprattutto in caso di applicazione del bail-in. Signora mia, si apre prontamente il dibattito sul bail-in, questa malefico mostro uscito dalla Foresta Nera, che in un lampo diventa figlio di nessuno pur essendo stato votato da quasi tutti al Parlamento europeo prima e in Italia dopo. Uno straordinario caso di perdita di memoria collettiva. Che straordinario paese, i propri debiti sono sempre degli altri.
straordinario paese, i propri debiti sono sempre degli altri.
Nel frattempo, i crediti deteriorati, i margini di profitto ridotti e la dimensione lillipuziana delle misure prese per far fronte ai grandi impegni in scadenza, fanno apparire sul radar un asteroide in rotta di collisione con la realtà, il Monte dei Paschi. Banca “politica”, ramificata nel territorio, un pozzo senza fondo di clientes, troppo grande per fallire senza trascinare giù il sistema finanziario. Dopo una farsa sul cavaliere bianco in arrivo, un misterioso soggetto pronto a gettare anche l’anima nel business della banca senese (si arrivò a parlare di Soros, fondi americani, il Qatar e probabilmente anche i banchieri della costellazione di Andromeda), il Monte arriva a fine corsa come un cavallo che ha sbroccato a causa del doping di credito concesso senza garanzie, a corto di capitale, con i clienti in fuga, la liquidità quasi a secco. Un bail-in in contrada. Non andava poi così male? Una rinfrescata alla memoria collettiva un po’ appannata, ecco il piano di fuga da Alcatraz dei clienti del Monte nei mesi della crisi senza exit dalla porta anti-incendio:
Carino eh? E’ successo ieri, nel gergo finanziario si chiama bank run. L’epilogo è quello noto: incartamento della situazione, sospensione della quotazione del titolo a Piazza Affari, trattativa con l’Unione europea (il sì definitivo è arrivato all’inizio di giugno), Bce preoccupata per la lunghezza della decisione e il continuo gioco di fumo e specchi delle svariate autorità italiane, salvataggio del governo che diventa primo azionista della banca e assegno collettivo da 8.8 miliardi di euro, comprensivo di “ristoro” per i subordinati ma non troppo e apericena per tutti. Altro che sala Bingo.
Pochi mesi dopo, ecco la telecamera filmare il the end delle due banche venete. Anche qui, la sceneggiatura è quella collaudata: alto voltaggio di non performing loans, perdite titaniche, botole contabili, interventi con il cerotto su ferite da arma da fuoco, management defenestrato ma rigorosamente nullatenente (il glorioso vinificatore Zonin), assemblee degli azionisti dove piove la verità, dichiarazioni politiche sovraniste, dichiarazioni politiche europeiste, dichiarazioni da bar e basta, altri cavalieri bianchi in arrivo, hedge fund vestiti da cavalieri bianchi rifiutati alla porta (così dice Reuters) e poi il gran finale, il leone della Metro-Goldwyn-Mayer che ruggisce e vai con la realtà in Cinemascope, puntuale, onesta, inesorabile che arriva ieri sera con il comunicato della Bce: le due banche venete sono in dissesto. Wonderful tonigth.
E’ un certificato di morte (e nascita) senza scampo, vista l’ora tarda di quelli che fanno le cose in letale ritardo. Le banche non possono fallire, questa è la realtà del mercato. I collassi finanziari fanno morti e feriti, travolgono tutta l'economia, diventano crisi e recessione se coinvolgono istituzioni che pesano. Le due banche venete non sono titani, ma il sistema è talmente debole che una loro caduta darebbe vita a una reazione a catena nella finanza italiana. Resta sul tavolo l'amarezza l'enorme perdita di tempo e di risorse finanziarie e il problema di sempre: chi paga? Altra domanda: dov'è finito il capitalismo italiano? Vaste programme.
Francoforte ha messo il punto su un tira e molla che con il governo italiano non conduceva più da nessuna parte. Esito ampiamente previsto, ieri sera: la Bce dà il via libera alla liquidazione coatta amministrativa delle due banche e avvia l’ormai noto processo di salvataggio all’italiana che più o meno dovrebbe andare così: costituzione di una bad bank dove far confluire i crediti deteriorati e le passività senza speranza (stavolta a carico dello Stato), nascita delle good bank (entreranno nell’universo di Banca Intesa per l’astronomica cifra di 1 euro), salvati obbligazionisti senior e depositanti sopra i 100mila euro (gli altri sono già garantiti), burden sharing (condivisione delle perdite) per gli obbligazionisti subordinati, ma con “ristoro” in arrivo da parte dello Stato. Vedremo i dettagli (e le acrobazie tecniche) dopo il Consiglio dei ministri. Traduzione: paga tutto il contribuente che nel frattempo sta pensando a come rateizzare il pagamento del saldo della sua dichiarazione dei redditi. C’è un’alternativa? Non se ne vede neanche l'ombra.
Restano le macerie del ritardo, della politica e del management bancario, della vigilanza e di un paese che non vuole accettare il principio che i conti dello Stato sono suoi e non degli altri. Stiamo edificando una montagna di debito pubblico che si regge sugli stuzzicadenti di una crescita anemica e un sistema istituzionale che sfugge al controllo della ragione. E si vota, cari lettori di List, si vota in questo clima da Armageddon finanziario.
Il risultato politico raggiunto dall’Italia è un pacco di cambiali che arriverà presto o tardi in casa di tutti i cittadini che pagano le tasse: la morte in culla dell’Unione bancaria europea e l’aumento del debito pubblico. Il bail-in era stato studiato per evitare “l’azzardo morale” dei banchieri, introdurre principi di corretta gestione della cassa, dei crediti, dei debiti, di tutto il materiale alla nitroglicerina che costituisce l’attività bancaria. Fissava un principio che in Italia pare essere un’eresia: il contribuente non deve pagare per gli errori altrui. Responsabilità. E’ così difficile?
Come ha messo in evidenza Ferdinando Giugliano su Bloomberg, l’operazione italiana non ha niente a che vedere con quella condotta in porto dalla Spagna sul Banco Popular: a Madrid senza strillare, senza mostrare la foto della mamma che piange a casa, senza isterie, senza gridare al golpe della Merkel, hanno applicato le regole del bail-in e la banca acquirente, il Banco Santander, non ha preso in carico furbescamente solo gli asset buoni della banca, ma anche i crediti deteriorati e tutti i rischi del business. Fa la banca. Fa impresa. In Italia i panni sporchi da lavare (di aziende che, ricordiamolo en passant, sono private) restano allo Stato e gli abiti buoni dell’armadio di Banca Veneto e Popolare di Vicenza entrano in casa di Intesa San Paolo. Tutto pulito, centrifugato e stirato. A carico nostro.
Come tutto questo possa essere approvato dalla Commissione europea senza che passi alla voce “aiuti di Stato” è un mistero, ma come diceva il presidente Francesco Cossiga nei momenti in cui doveva spiegare certe mosse esoteriche della politica a un allora giovane e non ancora titolare di List: “Per i misteri non serve la ragione, ci vuole fede”. Dunque abbiamo fede. E’ su questo sfondo politico-religioso che arriverà stasera al contribuente italiano la stima del conto finale: 10 miliardi di euro. Il Consiglio dei ministri previsto stamattina alle 13 è stato spostato alle 18, ma mentre il titolare di List stende queste note girano rumors su un ulteriore spostamento a domani e il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan è a colloquio a Palazzo Chigi con il premier Paolo Gentiloni. In ogni caso, stasera o domani avremo altro debito pubblico, un altro giro di giostra, un altro gettone per l'autoscontro del luna park. Si gioca, be happy, finché l’automobile andrà dolcemente incontro, ancora una volta, al muro di titanio della realtà. Crash.
I salvataggi bancari finora in Italia sono costati 31 miliardi di euro. Tranquilli, comprate il pop-corn e tenete a portata di mano il blocchetto degli assegni, non è finita. Emergeranno altri casi, il capitale è corto, il funerale di quelli che "siamo solidi" lungo. In questo scenario, Merkel e Macron stanno preparandosi a riscrivere la governance europea e dopo il 23 settembre – dato delle elezioni politiche in Germania – sarà difficile convincere Berlino a costruire l’Unione bancaria. Con chi? Con l’Italia che elude le regole? Chi si fida di un partner che ti stringe la mano poi torna a casa e fa esattamene il contrario di quanto dichiarato? Nessuno. Nel frattempo, le pressioni su Mario Draghi per il taglio del quantitative easing della Banca centrale europea si faranno più intense e quando la Bce smetterà di comprare titoli italiani, i tassi di interesse saliranno dando ancora anabolizzanti a quello sconosciuto moloch chiamato debito pubblico. C’è chi dice che del quantitative easing possiamo infischiarcene? Ecco un digestivo post-prandiale, è la tabella dei titoli di Stato acquistati dalla Bce:
Oste, quanto fa il conto che abbiamo lasciato alla Bce?Duecentosessantaquattro miliardi di euro e spicci, grazie. Ci siamo intrappolati da soli e se ne esce solo… non si sa più! Siamo nel pieno di una fantastica stagione di salvataggi, spesa random, decreti elettorali, debito pubblico che fa vrooom. Cos’altro manca all’appello? Allacciate le cinture, lassù, in alto, tra le nuvole, c’è una cosa che agli italiani è già costata la modica cifra di 7,4 miliardi di euro: sta atterrando Alitalia. Buon viaggio. E good bank a tutti.
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riguardo: https://www.apple.com/it/legal/terms/site.html. Il Fornitore non è responsabile per eventuali
disservizi della
piattaforma App Store.
6. Promozioni
6.1 Il Fornitore può a sua discrezione offrire agli Utenti delle promozioni sotto forma di sconti o periodi
gratuiti di
fruizione del Servizio.
6.2 Salvo che non sia diversamente specificato nella pagina di offerta della promozione, l'adesione a una
promozione
comporta, alla sua scadenza, l'attivazione automatica del Servizio a pagamento con addebito periodico del
corrispettivo
in base al contenuto del pacchetto di volta in volta selezionato dall'Utente.
6.3 L'Utente ha la facoltà di disattivare il Servizio in qualunque momento prima della scadenza del periodo
di prova
attraverso una delle modalità indicate nel precedente articolo 3).
7. Obblighi e garanzie dell'Utente
7.1 L'Utente dichiara e garantisce:
- di essere maggiorenne;
- di sottoscrivere l'Abbonamento per scopi estranei ad attività professionali, imprenditoriali, artigianali
o commerciali
eventualmente svolte;
- che tutti i dati forniti per l'attivazione dell'Abbonamento sono corretti e veritieri;
- che i dati forniti saranno mantenuti aggiornati per l'intera durata dell'Abbonamento.
7.2 L'Utente si impegna al pagamento del corrispettivo in favore del Fornitore nella misura e con le
modalità definite
nei precedenti articoli.
7.3 L'Utente si impegna ad utilizzare l'Abbonamento e i suoi contenuti a titolo esclusivamente personale, in
forma non
collettiva e senza scopo di lucro; l'Utente è inoltre responsabile per qualsiasi uso non autorizzato
dell'Abbonamento e
dei suoi contenuti, ove riconducibile all'account dell'Utente medesimo; per questo motivo l'Utente si
impegna ad
assumere tutte le precauzioni necessarie per mantenere riservato l'accesso all'Abbonamento attraverso il
proprio account
(per esempio, mantenendo riservate le credenziali di accesso ovvero segnalando senza ritardo al Fornitore
che la
riservatezza di tali credenziali risulta compromessa per qualsiasi motivo).
7.4 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
8. Tutela della proprietà intellettuale e industriale
8.1 L'Utente riconosce e accetta che i contenuti dell'Abbonamento, sotto forma di testi, immagini,
fotografie, grafiche,
disegni, contenuti audio e video, animazioni, marchi, loghi e altri segni distintivi, sono coperti da
copyright e dagli
altri diritti di proprietà intellettuale e industriale di volta in volta facenti capo al Fornitore e ai suoi
danti causa
e per questo si impegna a rispettare tali diritti.
8.2 Tutti i diritti sono riservati in capo ai titolari; l'Utente accetta che l'unico diritto acquisito con
il contratto
è quello di fruire dei contenuti dell'Abbonamento con le modalità e i limiti propri del Servizio. Fatte
salve le
operazioni di archiviazione e condivisione consentite dalle apposite funzionalità del Servizio, qualsiasi
attività di
riproduzione, pubblica esecuzione, comunicazione a terzi, messa a disposizione, diffusione, modifica ed
elaborazione dei
contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.