18 Dicembre
L'Euro e la tragedia della quantofrenia
L'analisi dello scenario politico non si può basare solo sui fatti economici. Francesco Morosini spiega perché la contaminazione con storia, filosofia, psicologia aiuta a evitare gli errori dell'economicismo
di Francesco Morosini
È possibile che basti un aumento del peso fiscale sul carburante per portare i gilet gialli a imitare simbolicamente la presa della Bastiglia? O c’è un malessere profondo della provincia francese che, certo, è condizionato dall’economia, ma che va compreso nell’anima, se si vuol fare analisi politica (come d’altronde l’Eliseo prova a fare)? Altrettanto sicuramente, l’esito del referendum sulla Brexit è irriducibile ai modelli dell’homo oeconomicus razionale avendovi viceversa operato aspetti profondi, identitari, dell’essere britannico. Ancora, nessun dato statistico/economico può far capire un aspetto politicamente tragico dell’euro: cioè il suo essere privo di quella forza simbolica capace di renderlo il collante identitario di una comunità (come furono lira, marco, franco ed è tuttora il dollaro) dell’euro.
Le difficoltà dell’Eurozona sono spiegabili, ben più dell’onda lunga dello tsunami dei subprime, attraverso le algide geometrie stampate sulle “banconote di Francoforte” in quanto prive di una semantica sociale rappresentativa di alcunché: difatti, qui sta il vero tallone d’Achille, culturale e ideale, dell’euro. Questo per dire che, certo, l’analisi politica necessita del portato del pensiero economico/quantitativo; ma che senza storia e filosofia essa sbanda pericolosamente verso la quantofrenia. List, per offrire ai lettori buona analisi politica, si pone su questa linea di riflessione. Se è lecito dire, convince, quindi, merita discuterne.
List, quindi, si propone al lettore assumendo un punto di vista metodologico assai preciso; ma non per questo scontato; anzi, tutt’altro, sebbene essa si ponga sulle spalle dei giganti del pensiero sociale. Nel senso che nel leggere List si notano riscontri forti col metodo analitico/deduttivo della sociologia comprendente di Weber (M. Weber, Saggi sul metodo delle scienze storico-sociali, Comunità) ed il cui intento esplicativo è così ben chiarito, in termini elementari, in un manuale di Teoria organizzativa degli anni ’70 (M. Balducci, Analisi delle organizzazioni, Franco Angeli):...
di Francesco Morosini
È possibile che basti un aumento del peso fiscale sul carburante per portare i gilet gialli a imitare simbolicamente la presa della Bastiglia? O c’è un malessere profondo della provincia francese che, certo, è condizionato dall’economia, ma che va compreso nell’anima, se si vuol fare analisi politica (come d’altronde l’Eliseo prova a fare)? Altrettanto sicuramente, l’esito del referendum sulla Brexit è irriducibile ai modelli dell’homo oeconomicus razionale avendovi viceversa operato aspetti profondi, identitari, dell’essere britannico. Ancora, nessun dato statistico/economico può far capire un aspetto politicamente tragico dell’euro: cioè il suo essere privo di quella forza simbolica capace di renderlo il collante identitario di una comunità (come furono lira, marco, franco ed è tuttora il dollaro) dell’euro.
Le difficoltà dell’Eurozona sono spiegabili, ben più dell’onda lunga dello tsunami dei subprime, attraverso le algide geometrie stampate sulle “banconote di Francoforte” in quanto prive di una semantica sociale rappresentativa di alcunché: difatti, qui sta il vero tallone d’Achille, culturale e ideale, dell’euro. Questo per dire che, certo, l’analisi politica necessita del portato del pensiero economico/quantitativo; ma che senza storia e filosofia essa sbanda pericolosamente verso la quantofrenia. List, per offrire ai lettori buona analisi politica, si pone su questa linea di riflessione. Se è lecito dire, convince, quindi, merita discuterne.
List, quindi, si propone al lettore assumendo un punto di vista metodologico assai preciso; ma non per questo scontato; anzi, tutt’altro, sebbene essa si ponga sulle spalle dei giganti del pensiero sociale. Nel senso che nel leggere List si notano riscontri forti col metodo analitico/deduttivo della sociologia comprendente di Weber (M. Weber, Saggi sul metodo delle scienze storico-sociali, Comunità) ed il cui intento esplicativo è così ben chiarito, in termini elementari, in un manuale di Teoria organizzativa degli anni ’70 (M. Balducci, Analisi delle organizzazioni, Franco Angeli): "Assodato che il nostro amico Alessandro la pensa in questo modo, vediamo un po’ di prevedere come si comporterà davanti ad una situazione di questo genere". In definitiva, e qui, se concesso, il consenso è pieno, bisogna ragionare, più che di “fisica sociale”, di complessità culturale delle vicende umane. In altri termini, analiticamente prova a comprendere i fenomeni di cui vuole dar conto ai lettori partendo dal senso che i protagonisti medesimi della scena socio/politica vi danno; ciò è difficilmente colto appieno con analisi tese a vedere esclusivamente il lato economico-quantitativo di ciò di cui si parla.
Al fondo c’è la giustificata preoccupazione (e il rischio c’è, eccome) che inseguire acriticamente le “scienze hard” possa indurre l’analisi sociale ad una sorta di neoplatonismo dove la realtà è il modello formale cui adeguarsi mentre i comportamenti ad esso incoerenti divengono, da oggetto di spiegazione, pura irrazionalità da condannare. Col rischio di vedere solo quest’ultima– ad esempio, nel “siamo realisti, chiediamo l’impossibile” della Parigi del ’68 che pare riemergere dal magma dei gilet gialli – in accadimenti sociali che, viceversa, se sondati in profondità, ovvero anche nei loro elementi latenti e subconsci, potrebbero offrire all’analisi politica preziosi elementi conoscitivi. Insomma, i sistemi sociali sono qualità oltre che quantità; conseguentemente, pur quando le correlazioni quantitative tra eventi individuano dei preziosi nessi causali (sulle problematiche dell’approccio empirico/quantitativista, e da un punto di vista interno ad esso, segnaliamo il bel libro di F. Guala, Filosofia dell’economia, il Mulino), abbisognano d’altro per cogliere le cause dei fenomeni indagati. È inevitale pertanto il ricorso alla storia e alla filosofia che, penetrando carsicamente nelle società, condizionano/creano le culture attraverso cui gli agenti sociali leggono il mondo per interagirvi.
Lo dimostra, ad esempio, il “caso immigrazione (un fenomeno che già ha squassato l’equilibrio politico quantomeno in Europa) dove la comprensione dell’alta reattività del corpo sociale ad essa - capace di “nevrotizzare” ovunque il processo politico e, conseguentemente, alterare alla radice la logica del comportamento elettorale – presuppone la capacità di leggere le nicchie cognitivo/linguistiche” (una bella ricerca in materia è in L. Magnani, Filosofia della violenza, il melangolo) attraverso cui gli attori sociali percepiscono come minacciose le modifiche del loro habitat sociologico. Bisogna dar conto del “valore paura”, uno dei grandi motori del comportamento politico. Inevitabile qui il riferimento a Hobbes (Il Leviatano, Bompiani), il filosofo che ha posto questo sentimento alla radice costitutiva dell’ordine politico. Insomma, è proprio incrociando i sommovimenti del corpo sociale con la comprensione che esso ha di sé che è possibile cogliere quello che List chiama lo Zeitgeist (lo Spirito del tempo). Il che, sia chiaro, in nulla vuol dire chinarsi ad esso quasi fosse un “Soggetto” metafisico trascendente; e, neppure (così il sociologo G. E. Rusconi, Rischio 1914, il Mulino, p. 248) "accettare acriticamente come criterio di giudizio storico e politico le ragioni soggettive e le autogiustificazioni degli attori esaminati"; all’opposto, si tratta di uno strumento analitico, assolutamente utile, per fare analisi politica realistica.
Naturalmente, questo non vuol dire, come già sottolineato, sottovalutare approcci generalizzanti e centrati sullo studio quantitativo dei macro fenomeni sociali. D’altra parte, l’integrazione di diversi approcci alla conoscenza in ambito socio-economico è la sola che, in materia, consenta di fare rilevanti passi avanti. Ciononostante, è importante rilevare i limiti di un’analisi macro fondata esclusivamente sulla significatività quantitativa dei fenomeni studiati (o distopia scientista). Questo perché un’analisi fondata su di una razionalità puramente calcolante è propensa a sottovalutare negli agenti sociali la coscienza, ovvero quel magma emozionale/cognitivo senza l’analisi del quale è impossibile (la necessità di andare oltre l’homo oeconomicus è evidenziata in ambito di sociologia dei mercati finanziari è evidenziato da (A. Mutti, Finanza sregolata? il Mulino) dar conto del comportamento umano; col rischio, così, di essere un’analisi senza “soggetto reale”: un prezzo da pagare, in termini di conoscenza, piuttosto elevato. Di qui il ruolo di storia, filosofia, antropologia: ossia di saperi forse scientificamente meno hard (cioè meno imitativi delle scienze della natura) ma utili a comprendere quanto accade.
Infine, se le rappresentazioni (la coscienza) degli attori sociali sono decisive per l’analisi politica è perché gli assetti sociali non sono “natura” bensì storia, cioè contingenti. Ne consegue che vivono di incertezza e indeterminazione: dunque inspiegabili da un approccio scientista, cioè a-politico e tecnocratico. Conseguentemente, sia l’analisi politica che il suo oggetto, la politica, hanno nell’incertezza, meglio nel suo controllo (M. Crozier, E. Friedberg, Attore sociale e sistema, Etas Libri) la loro materia prima: cioè asimmetrie dei rapporti di potere (cui non può sottrarsi neppure l’ordinamento, in apparenza esclusivamente tecnico, della moneta: cfr. P. Savona, La ricerca della sovranità monetaria, Libri Scheiwiller), capacità di negoziazione, le relative culture interpretative.
Tirando le somme: certo, i dati hard contano; ma l’azione umana muta, e da qui bisogna partire per darne conto, dalle costruzioni mentali (sul rapporto individuo/sistema il recentissimo A. Panebianco, Persone e mondi, il Mulino) degli attori sociali. Infine, la buona analisi politica richiede contaminazione di saperi; non a caso, Adam Smith (lo ricorda l’economista Pierluigi Ciocca Ai confini dell’economia, Aragno) legava assieme le diverse dimensioni dell’agire umano. Un bel viatico, non c’è che dire, contro i rischi dell’economicismo.
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10. Limitazione di responsabilità
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suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.