25 Marzo
L'Europa, i migranti e il Mare Nostrum
Il Consiglio europeo si è concluso con una dichiarazione sulla "rapida attuazione" delle misure per contrastare l'immigrazione irregolare sulla rotte del Mediterraneo centrale e orientale. È un risultato ottenuto dal governo italiano dopo due vertici Ue, un atto di realismo dell'Unione europea. Il problema urgente è l'ondata proveniente dalla Tunisia
di Marco Patricelli
Il respingimento perfetto sui migranti esiste. Eccome se esiste. Tanto implacabile quanto mellifluo. È quello dell’Unione Europea alle legittime richieste italiane: sorrisi, rassicurazioni, comprensione, pacche sulle spalle, talmente untuosi da risultare scivolosissimi. Così andava in Europa. Fino a ieri.
Perché il problema (da affrontare e risolvere) ora c’è e non riguarda più solo la rotta balcanica che venne ‘sistemata’ dalla cancelliera Angela Merkel e Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione Ue, con un accordo miliardario con la Turchia di Erdogan. Sono bastati un paio di Consigli europei, una linea non rassegnata, la determinazione di un governo e del suo premier per dire che esiste la questione delle rotte migratorie e dei trafficanti del Mediterraneo centrale e aggiungiamo anche quello orientale.
Fino a ieri scivolava via ogni impegno concreto, ogni soluzione era da declinare sempre al futuro e sempre alla seconda persona singolare e plurale con Roma come baricentro. Fino a ieri, perché le conclusioni dell’ultimo Consiglio europeo hanno tono e sostanza diversi dal passato:
La presidenza del Consiglio e la Commissione hanno informato il Consiglio europeo in merito ai progressi compiuti nell'attuazione delle sue conclusioni del 9 febbraio 2023 in materia di migrazione. Ricordando che la migrazione è una sfida europea che richiede una risposta europea, il Consiglio europeo chiede la rapida attuazione di tutti i punti concordati. Riesaminerà tale attuazione nel mese di giugno.
“Swift implementation”, rapida attuazione, questo è il punto chiave nelle conclusioni dell’ultimo Consiglio europeo. Non è più in discussione se e come affrontare il problema delle migrazioni.
Lo schema è quello del Consiglio straordinario del 9 febbraio scorso, l’altro ieri gli Stati hanno trovato un accordo nero su bianco che si traduce in azioni concrete con un appuntamento preciso sul calendario: il Consiglio europeo di giugno. Fino a ieri c’erano indefiniti ‘progressi’,...
di Marco Patricelli
Il respingimento perfetto sui migranti esiste. Eccome se esiste. Tanto implacabile quanto mellifluo. È quello dell’Unione Europea alle legittime richieste italiane: sorrisi, rassicurazioni, comprensione, pacche sulle spalle, talmente untuosi da risultare scivolosissimi. Così andava in Europa. Fino a ieri.
Perché il problema (da affrontare e risolvere) ora c’è e non riguarda più solo la rotta balcanica che venne ‘sistemata’ dalla cancelliera Angela Merkel e Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione Ue, con un accordo miliardario con la Turchia di Erdogan. Sono bastati un paio di Consigli europei, una linea non rassegnata, la determinazione di un governo e del suo premier per dire che esiste la questione delle rotte migratorie e dei trafficanti del Mediterraneo centrale e aggiungiamo anche quello orientale.
Fino a ieri scivolava via ogni impegno concreto, ogni soluzione era da declinare sempre al futuro e sempre alla seconda persona singolare e plurale con Roma come baricentro. Fino a ieri, perché le conclusioni dell’ultimo Consiglio europeo hanno tono e sostanza diversi dal passato:
La presidenza del Consiglio e la Commissione hanno informato il Consiglio europeo in merito ai progressi compiuti nell'attuazione delle sue conclusioni del 9 febbraio 2023 in materia di migrazione. Ricordando che la migrazione è una sfida europea che richiede una risposta europea, il Consiglio europeo chiede la rapida attuazione di tutti i punti concordati. Riesaminerà tale attuazione nel mese di giugno.
“Swift implementation”, rapida attuazione, questo è il punto chiave nelle conclusioni dell’ultimo Consiglio europeo. Non è più in discussione se e come affrontare il problema delle migrazioni.
Lo schema è quello del Consiglio straordinario del 9 febbraio scorso, l’altro ieri gli Stati hanno trovato un accordo nero su bianco che si traduce in azioni concrete con un appuntamento preciso sul calendario: il Consiglio europeo di giugno. Fino a ieri c’erano indefiniti ‘progressi’, poi sono arrivate le linee guida:
È opportuno che siano attuati i piani d'azione esistenti per le rotte dei Balcani occidentali e del Mediterraneo centrale. La Commissione dovrebbe presentare in via prioritaria piani d'azione per le rotte dell' Atlantico, del Mediterraneo occidentale e orientale, al fine di alleviare rapidamente la pressione sugli Stati membri maggiormente colpiti e prevenire in modo efficace gli arrivi irregolari.
Oggi c’è la rapida attuazione, è un passo avanti notevole rispetto al passato e naturalmente ora attendiamo l’Unione europea alla prova dei fatti. Tutto questo accade dopo le pressioni e l’azione diplomatica del governo Meloni, può piacere o meno, ma questa è la realtà.
L’allarme lanciato dal premier Giorgia Meloni sulla bomba tunisina pronta a proiettare 900 mila migranti sulle nostre coste è un memento per tutti i paesi europei, perché non si fermeranno in Italia. Ci sono molte cose da fare subito. Gli aiuti da 1,9 miliardi di dollari del Fondo monetario internazionale per impedire il tracollo della Tunisia galleggiano ancora nel mare delle buone intenzioni. È lo stesso Paese dove i ricchi dei cosiddetti frugali del Nord andavano in crociera o in vacanza e dove (forse) torneranno presto.
Al Nord sono al riparo grazie alla geografia, al Sud mediterraneo sono scoperti per colpa della geografia. E allora, «Che fare?». Lenin su questo interrogativo ci scrisse un libro, teorizzò, organizzò e poi fece. Altri tempi, agli albori del XX secolo, quando le notizie arrivavano alla velocità del telegrafo, del treno e dei cavalli, e non c’erano né i satelliti né l’informatica e neppure i social. L’Europa ultramoderna e ultra-tecnologica sul tema spinosissimo dei migranti la domanda neppure se la poneva (fino a quando non ha dovuto affrontare la crisi dei migranti della crisi tra Siria e Iraq). Qualche Stato si è messo al sicuro facendo, prima di teorizzare il da farsi, qualcun altro ha organizzato cosa fare, e lo ha fatto: i quattro Paesi di Visegrad hanno messo il veto prima di tutti disegnando purtroppo con esattezza il quadro che sarebbe derivato dal permissivismo senza regole, la Grecia ha stroncato le infiltrazioni via mare dalla Turchia con una raffica di mitra a pelo d’acqua e rendendo tabù le proprie coste, la Croazia brilla per la disinvoltura delle guardie di confine con le maniere spicce, Malta neanche più risponde ad Alarm Phone, la Spagna presidia i reticolati delle enclaves di Ceuta e Melilla, la Francia dei “diritti dell’uomo e del cittadino” rimanda i migranti in Italia senza troppi complimenti o li spedisce in Mali senza neppure farli sbarcare sul territorio nazionale, l’Inghilterra della “Magna charta libertatum” li respinge a vita e si appresta a mandarli in Ruanda e la Germania che aveva selezionato i siriani istruiti rispedì gli africani con gli aerei, sovvenzionando nel frattempo le Ong che li sbarcano nel Belpaese. È un puzzle con troppe tessere, disperso in partenza (e in arrivo).
L’Italia avrebbe dovuto capire molti anni fa da una serie di segnali chiari e inequivocabili che l’Europa a più velocità di Bruxelles proclama solidarietà perché non costa nulla, non si nega a nessuno e perché è politicamente corretto farlo, ma nulla di più. I diritti, quelli dell’uomo a qualsiasi latitudine - e a chi fa distinguo “peste lo cólga” - vengono sempre prima di tutto. A volte anche della logica e della sostenibilità. Fino a ieri.
Le parole a volte sono pietre, ma altre volte spiegano a chi non si chiude a riccio nel preconcetto. Il fenomeno migratorio è stato spacciato ideologicamente per quello che non era, andandosi a incartare nella grande ammucchiata del tutto e comunque. Naturalmente c’è stato chi ha preferito credere alle favole, all’Arcadia, al regno della giustizia e della verità. Accogliere, ospitare, aiutare, senza stare troppo a calibrare situazioni diverse con metri diversi e circostanze diverse. Siamo passati dalle ‘risorse’ (altro che carico residuale) che ci pagano le pensioni a culture che saranno la nostra cultura, con la stessa leggerezza colposa di mettere nel calderone il diritto d’asilo e il diritto di infischiarsene del diritto: tanto vale abolirlo, allora, con buona pace del contratto sociale di Rousseau. Se tutto è ‘eccezione’, allora è ‘regolare’ che chiunque ha una ragione da sollevare per restare dove è sbarcato (illegalmente). Che fine ha fatto lo strombazzato Patto di Malta risolutivo della ridistribuzione amplificato con l’enfasi di un Neville Chamberlain che nel 1938 sventolava il Patto di Monaco come ‘Peace in our Time’ quando invece fece deflagrare la Seconda guerra mondiale? Dove sono finiti i ricollocamenti e i rimpatri? Quella ‘strategia’ è fallita. E per questo bisogna voltare pagina.
Il diritto del mare di salvare chiunque ha la sua ratio nel naufragio, non nel procurato naufragio o nell’accettazione fatalistica dello stesso sfidando la sorte e le leggi della fisica solitamente implacabili. Se qualcuno dall’Adriatico si mette a remare verso la costa croata su un moscone, ci sarà sicuramente una motovedetta che lo va a riprendere e lo riporta a casa sua. Il diritto d’asilo verso chi non gode in patria dei diritti basilari dell’uomo aveva la sua spiegazione in un mondo diviso in due, per agevolare chi voleva fuggire per conquistare la libertà preclusa: guarda caso, il muro di Berlino è stato sempre violato da Est verso Ovest e mai al contrario, come spacciavano invece i tedesco-democratici di ortodossia sovietica per far credere di voler impedire che tutti volessero entrare nel Paradiso socialista di cui invece si fuggiva. Finito quel bipolarismo, l’apertura indiscriminata rischia di diventare ideologicamente il prodromo di un tracollo socio-economico, a partire dai dati numerici che non danno scampo in via preventiva.
L’ipocrisia verbale ha accantonato tutti gli eufemismi fino all’altro ieri moltiplicati e oggi parla apertamente di migranti economici, sorvolando, come se non contasse, che ci vuole un’economia in grado di sopportare e supportare il travaso di umanità da un continente a un altro. Quando ci fu l’assalto alle coste italiane da parte degli albanesi mi venne in mente (e scusate il ricordo personale e la prima persona) quanto mi disse un ex diplomatico che sbarcava il lunario facendo il tassista a Tirana con la sua Renault 18 diesel che sbuffava fumo nero più di un T-34. «Vuole sapere perché tutti hanno la parabola sul balcone di case fatiscenti? Per vedere la pubblicità in cui voi date da mangiare ai gatti su scodelle d’argento». Replicai che la pubblicità non rispecchiava la vita reale, ma a lui la giustificazione non interessava affatto e rispose con aria di sufficienza, come se volessi nascondergli l’Eldorado.
L’occhiale strabico di spacciare i diritti senza i doveri e il bengodi senza sostenibilità è lo stesso che spaccia l’accoglienza per l’ammassamento come nell’hot spot di Lampedusa, la sistemazione sul territorio per distribuzione alla spicciolata di qua e di là con le dovute eccezioni, la speranza per un futuro migliore nell’abbandono al destino che il più delle volte è cinico e baro. A quell’occhiale strabico l’UE ha aggiunto le lenti rosa per vedere il mondo perfetto purché rimanga lontano dai virtuosi, dai frugali e da quelli che siedono nella stanza dei bottoni; e quando vede quello che non gli piace, semplicemente si volta dall’altra parte. Fino a ieri.
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l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.