16 Maggio
L'isola ebraica, il mare arabo
Lo Stato di Israele, unica democrazia del Medio Oriente, non è solo circondato sul piano geopolitico, ma è sommerso da una visione a una dimensione dove l'aggressore è il sionismo e la vittima è la Palestina. Non serve dire che esiste il diritto di difendersi dal lancio di migliaia di razzi, perché nessuno ascolta
di Marco Patricelli
In Medio Oriente uno non vale uno. Una vita di qua non vale una vita di là, un sistema etico non vale l’altro sistema, la ragione di uno non vale la ragione dell’altro, la democrazia non vale il terrorismo. Anche il tempo ha una scansione diversa: c’è chi ha bisogno di dilatare il breve termine ma non può permettersi la prospettiva lunga, e chi deve spezzare la pressione militare immediata perché ha una scadenza in prospettiva politica e demografica che gioca a suo favore.
Il concetto di relatività applicato all’ennesima escalation della crisi tra Israele e palestinesi, nuovamente riaccesa con i lampi dei razzi di Hamas e delle bombe dell’aeronautica con la stella di David. In mezzo, come un pugile suonato che sempre più vede lucciole per lanterne, oscillano la diplomazia e l’opinione pubblica occidentali, al di qua e al di là dell’oceano. Neppure qui uno vale uno. Per l’Austria che espone la bandiera israeliana e respinge al mittente la scontata reazione dell’Iran, in mezzo mondo si manifesta a favore dei palestinesi (tanto nell’altro mezzo di fede islamica la scelta di campo è scontata). Non c’è da stupirsi, se si considera l’intorpidimento culturale della società occidentale che si nutre di slogan preconcetti e non di conoscenza storica, ma ci sarebbe da preoccuparsi per ciò che sta emergendo sull’eco della prova di forza che proviene dall’area più calda del mondo.
In Francia le autorità, preoccupate che la situazione potesse sfuggire di mano, avevano vietato le manifestazioni, ma gli islamici francesi di qualunque generazione se ne sono bellamente infischiati. Strano? Per niente. Un recente sondaggio indicava chiaramente che tra la legge civile e quella religiosa, gli islamici ritenevano di gran lunga la seconda preminente sulla prima, con buona pace dei principi della rivoluzione del 1789 e della conquista di...
di Marco Patricelli
In Medio Oriente uno non vale uno. Una vita di qua non vale una vita di là, un sistema etico non vale l’altro sistema, la ragione di uno non vale la ragione dell’altro, la democrazia non vale il terrorismo. Anche il tempo ha una scansione diversa: c’è chi ha bisogno di dilatare il breve termine ma non può permettersi la prospettiva lunga, e chi deve spezzare la pressione militare immediata perché ha una scadenza in prospettiva politica e demografica che gioca a suo favore.
Il concetto di relatività applicato all’ennesima escalation della crisi tra Israele e palestinesi, nuovamente riaccesa con i lampi dei razzi di Hamas e delle bombe dell’aeronautica con la stella di David. In mezzo, come un pugile suonato che sempre più vede lucciole per lanterne, oscillano la diplomazia e l’opinione pubblica occidentali, al di qua e al di là dell’oceano. Neppure qui uno vale uno. Per l’Austria che espone la bandiera israeliana e respinge al mittente la scontata reazione dell’Iran, in mezzo mondo si manifesta a favore dei palestinesi (tanto nell’altro mezzo di fede islamica la scelta di campo è scontata). Non c’è da stupirsi, se si considera l’intorpidimento culturale della società occidentale che si nutre di slogan preconcetti e non di conoscenza storica, ma ci sarebbe da preoccuparsi per ciò che sta emergendo sull’eco della prova di forza che proviene dall’area più calda del mondo.
In Francia le autorità, preoccupate che la situazione potesse sfuggire di mano, avevano vietato le manifestazioni, ma gli islamici francesi di qualunque generazione se ne sono bellamente infischiati. Strano? Per niente. Un recente sondaggio indicava chiaramente che tra la legge civile e quella religiosa, gli islamici ritenevano di gran lunga la seconda preminente sulla prima, con buona pace dei principi della rivoluzione del 1789 e della conquista di civiltà della separazione tra Stato e Chiesa (in tutte le sue declinazioni). I raid contro i supermercati kosher e i cimiteri israelitici avevano infiammato per un giorno o due, senza illuminare il problema di fondo del filo arabismo e dell’antisemitismo di ritorno. «Je suis Charlie» dopo la mattanza nella redazione di Charlie Hebdo nel 2015 è durata l’éspace d’un matin innescando la subdola doppia morale che la satira deve essere liberissima in certi casi e politicamente corretta in altri, perché c’è sempre chi si offende, ma c’è chi si offende più degli altri, come nel caso specifico.
Vale appena la pena di sottolineare, per chi non lo sapesse, che gli ebrei non fanno proselitismo religioso, e l’eventuale conversione arriva dopo un lungo e complicato percorso, e non con un tocco di bacchetta magica. Mai visto né sentito un ebreo che si offendeva perché in una scuola, un tribunale, un edificio pubblico, c’era un crocifisso. Ma molti dovrebbero ricordare che un certo Adel Smith, bizzarro musulmano praticante autoinvestitosi di una missione pseudospirituale, nell’Italia formalmente laica e con la tutela costituzionale di tutte le confessioni religiose oltre quella a schiacciante maggioranza cattolica, intraprese la sua personale “crociata” contro il simbolo del cristianesimo, prendendo i crocifissi e gettandoli dalla finestra o, nel migliore dei casi, a terra con disprezzo. Un gesto che a contrariis nel mondo musulmano esporrebbe a reazioni difficilmente raccontabili ai nipoti davanti al camino, ma che qui divenne presto folklore, sino a trovare i soliti idioti benpensanti nelle scuole, negli ospedali e persino nelle aule di giustizia che accondiscesero a pretese assurde e deliranti, rimuovendo gli aborriti crocifissi nel nome di presunti diritti (eppure summum ius summa iniuria venne sancito dai romani duemila anni fa).
Sfilare con la kefiah è da ostentare, da progressisti sempre dogmaticamente dalla parte giusta, provare a indossare la kippah è invece sconveniente e altamente sconsigliato. D’altronde l’Italia è quella che per la festa del 25 aprile fa sfilare le bandiere palestinesi, ovvero di un popolo che durante la Seconda guerra mondiale era dichiaratamente dalla parte di Hitler e del nazismo, e non quelle israeliane, ovvero di chi combatté la guerra di liberazione dalla parte delle democrazie. Non è l’unico controsenso del Belpaese, dove la destra ha preso posizione dalla parte di Israele, mentre la sinistra tirata per la giacca ha pigolato solidarietà e poi con tutte le sue propaggini caciarone è scesa in piazza a sostegno delle «povere vittime del sionismo». In Italia puoi paragonare gli ebrei ai nazisti annacquando il terrorismo palestinese come una sacrosanta lotta di liberazione, tanto la maggioranza sempre caciarona applaude e non riflette su certe assonanze sesquipedali. I musulmani sono facili a offendersi, peraltro, e si offendono per tutto. Anche quando sommergono la popolazione israeliana di razzi, a migliaia, forniti dai galantuomini democratici e liberali dell’Iran e secondo i bene informati della Turchia, pagati anche con i soldi della cooperazione internazionale che invece dovrebbero essere investiti in sviluppo e benessere, e pretendono che Israele faccia come l’Italia quando Gheddafi sparò i missili contro Lampedusa e quando le motovedette tunisine e libiche sforacchiano a mitragliate i pescherecci siciliani o li sequestrano.
Gli errori politici da parte degli israeliani sono evidenti, altrimenti non saremmo a questo punto, ma confondere aggressori e aggrediti richiede accecamento politico o aperta malafede. Uno non vale uno, lì dove un’isola ebraica fronteggia un mare arabo agitato non in maniera disinteressata: non c’è proporzione numerico-demografica e alla lunga sarà proprio il numero a sommergerla. Ecco il fattore tempo che impone a Israele di colpire duro e colpire subito, e ad Hamas di far stoppare i colpi alla diplomazia internazionale e allungare il brodo in attesa del prossimo rifornimento di razzi. Ma da un lato c’è chi a scuola insegna a odiare e sui libri auspica la distruzione dello Stato di Israele; chi porta in piazza a urlare slogan contro il nemico anche i bambini e li mostra persino con i khalashnikov; chi sfila a uso di telecamere con le magliette griffate dai marchi dell’aborrito Occidente che però propaganda la “reconquista” di ciò che era Islam e la conquista dell’universalità nel nome dell’Islam, non importa con quale mezzo perché qualunque mezzo è lecito. Di là c’è chi esercita il diritto a esistere e a difendersi. Non occorre scomodare né la dimenticata vicenda di Salman Rushdie condannato a morte e perseguitato per un libro non gradito né i libri di Oriana Fallaci che preconizzavano la deriva verso l’Eurabia. Ma non occorre neppure continuare a vivere nella caverna di Platone, dove le ombre sono scambiate per la verità e la verità viene messa nel cono d’ombra dell'illusione.
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derivanti dalla
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10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
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della
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garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.