19 Maggio
L'Italia ora può scongelare la politica europea
Il Governo tra Lega e Cinque Stelle può paradossalmente trovare una sponda a Bruxelles con il più populista dei leader europei: Macron. Lorenzo Castellani spiega perché un'alleanza con la Francia è possibile.
di Lorenzo Castellani
Da quando l'euro è entrato in vigore la politica europea è stata congelata. Grazie a regole, parametri, vincoli e la gestione della politica economica da parte della BCE, l'Unione Europea è riuscita a comporre le differenze tra gli Stati membri in un quadro pacifico e tecnocratico. Questo sviluppo, già insito nella storia della Comunità Europea, ha sacrificato la politica e il suo conflitto. Quando se ne sono presentate le occasioni, come nel voto della Costituzione Europea nel 2005 in Francia e Olanda, le diffidenze e diversità politiche delle nazioni si sono immediatamente rese palesi e, per questo motivo, le istituzioni europee hanno cercato di tenere le dinamiche della democrazia nazionale il più lontano possibile da Bruxelles. In altre parole, il sistema è stato depoliticizzato, sottratto alla dialettica politica e affidato alle cure della burocrazia sovranazionale ed entità non elettive, sopraelevate rispetto alla democrazia nazionale. Tuttavia, depoliticizzare non significa neutralizzare poiché gli interessi, di Stati nazionali e capitalismo, hanno continuato a penetrare nelle porose istituzioni europee. Una dinamica che ha allontanato le istituzioni europee dai cittadini e le cui conseguenze carsiche oggi riemergono con devastanti effetti politici.
Quando se ne sono presentate le occasioni, come nel voto della Costituzione Europea nel 2005 in Francia e Olanda, le diffidenze e diversità politiche delle nazioni si sono immediatamente rese palesi.
In questo regime di depoliticizzazione, dunque, c'è chi ha perso, chi ha guadagnato, chi è andato in pari. Qui sarebbe troppo complesso stilare una classifica, ma ciò che appare rilevante è il commissariamento dall'alto della politica a cui si è dato corso. Tanto a livello giuridico, con l'occupazione di spazi sempre più ampi e prevalenti del diritto europeo, quanto a livello politico-economico con la sottomissione di una agenda di riforme volte ad omogeneizzare le politiche interne agli Stati. Termini come...
di Lorenzo Castellani
Da quando l'euro è entrato in vigore la politica europea è stata congelata. Grazie a regole, parametri, vincoli e la gestione della politica economica da parte della BCE, l'Unione Europea è riuscita a comporre le differenze tra gli Stati membri in un quadro pacifico e tecnocratico. Questo sviluppo, già insito nella storia della Comunità Europea, ha sacrificato la politica e il suo conflitto. Quando se ne sono presentate le occasioni, come nel voto della Costituzione Europea nel 2005 in Francia e Olanda, le diffidenze e diversità politiche delle nazioni si sono immediatamente rese palesi e, per questo motivo, le istituzioni europee hanno cercato di tenere le dinamiche della democrazia nazionale il più lontano possibile da Bruxelles. In altre parole, il sistema è stato depoliticizzato, sottratto alla dialettica politica e affidato alle cure della burocrazia sovranazionale ed entità non elettive, sopraelevate rispetto alla democrazia nazionale. Tuttavia, depoliticizzare non significa neutralizzare poiché gli interessi, di Stati nazionali e capitalismo, hanno continuato a penetrare nelle porose istituzioni europee. Una dinamica che ha allontanato le istituzioni europee dai cittadini e le cui conseguenze carsiche oggi riemergono con devastanti effetti politici.
Quando se ne sono presentate le occasioni, come nel voto della Costituzione Europea nel 2005 in Francia e Olanda, le diffidenze e diversità politiche delle nazioni si sono immediatamente rese palesi.
In questo regime di depoliticizzazione, dunque, c'è chi ha perso, chi ha guadagnato, chi è andato in pari. Qui sarebbe troppo complesso stilare una classifica, ma ciò che appare rilevante è il commissariamento dall'alto della politica a cui si è dato corso. Tanto a livello giuridico, con l'occupazione di spazi sempre più ampi e prevalenti del diritto europeo, quanto a livello politico-economico con la sottomissione di una agenda di riforme volte ad omogeneizzare le politiche interne agli Stati. Termini come "direttive", "armonizzazione", "consolidamento", "vincoli" mostrano, a livello lessicale, il significato di un processo di depoliticizzazione basato sulla costruzione di una governance sovranazionale lontana dalla democrazia, per certi versi superiore e sovrapposta ad essa. Se l'obiettivo di Maastricht pareva essere quello di costruire delle democrazie multilivello, in realtà, la democrazia è rimasta nazionale, mentre le istituzioni europee sono diventate il teatro in cui le relazioni tra Stati, burocrazie e interessi economico-finanziari si sviluppavano dominate da un elevato tasso di economicismo. È la depoliticizzazione, infatti, il vettore principale attraverso cui l'economia, con la sua logica disciplinata e razionale, prevale sulla politica, con i suoi effetti disordinanti e i suoi meccanismi atavici.
Questo condizionamento dall'alto dell'Europa del "quasi", una quasi-democrazia con una quasi-costituzione e un quasi-governo, è entrato in crisi con l'affiorare, dapprima di movimenti minoritari nei primi anni Duemila e poi con i partiti anti-estabishment, di un euro-scetticismo tutto politico che si è scagliato con efficacia contro la depoliticizzazione e l'economicismo.
Se l'obiettivo di Maastricht pareva essere quello di costruire delle democrazie multilivello, in realtà, la democrazia è rimasta nazionale.
Questi progetti, sorti a destra, a sinistra e al centro, mirano alla riappropriazione della sovranità, cioè allo scongelamento della politica europea, al rimpatrio di una serie di policy, al ritorno del controllo politico dal basso, cioè attraverso la fucina dello Stato-nazione. Sono stati i movimenti sovranisti, di cui ad oggi Brexit è stata la massima espressione, ad aver arenato tanto il progetto di ulteriore integrazione europea quanto le idee di armonizzazione ed omogenizzazione sotto l'egida di Bruxelles.
Tuttavia, questa pare soltanto una parte della storia, la sua superficie. Sotto di essa, infatti, si cela l'incedere pesante del conflitto politico per uscire dalla gabbia dell'Unione Europea. Il disgelo della politica europea è la sfida dei movimenti anti-establishment i quali puntano ad eliminare la formula "ce lo chiede l'Europa". Questa, secondo i leader populisti, non è nelle condizioni di chiedere tutto, sia per il deficit di legittimazione democratica sia per i pesanti strascichi della crisi e dei cambiamenti economici. L'opera di commissariamento, il pilota automatico sulle politiche economico-sociali, non viene più tollerata dalla nuova leva politica. E questa è di tutta evidenza la novità più interessante della politica europea. Infatti, il principio di prevalenza dell'Unione sulle decisioni nazionali era nelle forme depoliticizzato ma di fatto dominato da due grandi forze: l'ordo-liberalismo di matrice tedesca sul piano economico e l'idea sovranazionalista volta a costruire un grande ente statuale europeo. L'emersione di questi nuovi outsider politici ha nel mirino l'affondamento di questi due pilastri per forgiare un patto politico nuovo, i cui connotati restano però sconosciuti anche agli stessi proponenti.
In questo contesto l'Italia si appresta a varare il primo governo tout court anti-establishment ed euroscettico d'Europa. Anche nel caso italiano i nuovi attori sanno bene cosa non vogliono, ossia le rigidità del vecchio ordine europeo depoliticizzato, ma ancora non riescono a dispiegare una visione alternativa del progetto europeo. Il problema di queste forze è che non si può eliminare l'ancien regime senza avere in mente con cosa sostituirlo perché, come la storia insegna, la rivoluzione senza controllo porta al regime del Terrore.
L'opera di commissariamento, il pilota automatico sulle politiche economico-sociali, non viene più tollerata dalla nuova leva politica. E questa è di tutta evidenza la novità più interessante della politica europea.
Le forze anti-establishment, dunque, devono evitare due errori: a) aprire una crisi europea al buio; b) rientrare nei ranghi dello status quo perché prive di visione. Il primo punto impone la necessità di evitare mosse avventate, come un'uscita repentina dall'Euro, mentre il secondo determina una strategia per evitare di finire ancora più commissariati che in precedenza, come successo alla Grecia di Alexis Tsipras.
Nel teatro europeo, paradossalmente, il più simile ai populisti nostrani è colui che sembra da questi più diverso: il Presidente francese Emmanuel Macron. Le idee del titolare dell'Eliseo sulla riforma della governance europea sono espressione di un certo protagonismo nazionalista, d'ispirazione gollista, ma egli è anche il solo ad avere progetti alternativi a quelli della Germania. Macron oggi è un leader isolato, perché in difficoltà sul piano delle alleanze, e per questo ha un disperato bisogno di partners. Bisogna intendersi: Macron non romperà l'ordine europeo, ma il suo obiettivo può incrociare la strada del nuovo governo italiano poiché in comune c'è la volontà primaria di smottare le rigidità tedesche sulla mutualizzazione del debito. Avere come alleato un governo euroscettico e apertamente diffidente verso i tedeschi può essere un grande asset per Macron poiché avere il terzo grande paese europeo su queste posizioni significa poter guadagnare margini sui tedeschi. L'Italia, infatti, è un paese indebolito ma con un PIL (e un debito pubblico) otto volte superiore a quello greco oltre che a ben più numerosi asset strategici. Insomma, è difficile lasciare il Belpaese sul baratro del default perché significherebbe mettere a rischio l'intera economia europea.
Nel teatro europeo, paradossalmente, il più simile ai populisti nostrani è colui che sembra da questi più diverso: il Presidente francese Emmanuel Macron.
Insomma, l'anti-europeismo di Lega e Movimento 5 Stelle potrebbe diventare il propellente per un europeismo di taglio diverso volto a cogliere alcuni risultati come l'istituzione di un fondo monetario europeo come assicurazione contro le crisi, una qualche forma di mutualizzazione dei debiti pubblici, l'assicurazione sui depositi bancari dei risparmiatori. La Germania, su questi punti, ha già dispiegato una serie di no alle proposte di Macron. La cooperazione con il nuovo governo italiano potrebbe aiutare a far rivedere le posizione della cancelleria tedesca, sotto la minaccia dell'impagabile debito italiano e dal profilarsi di un nuovo asse mediterraneo guidato da Francia e Italia. Inoltre, un governo moderatamente euro-scettico potrebbe anche evitare che Macron si spinga troppo oltre proponendo soluzioni, come una forte armonizzazione fiscale e il varo di nuove agenzie amministrative europee, volte a fare dell'Europa una grande Francia sovranazionale. Insomma, l'Italia potrebbe giocare una partita insieme alla Francia, ma anche tra la stessa Francia e Germania.
Questa richiesta di spazio su bilancio e debito andrebbe, poi, sfruttata a dover attraverso uno shock fiscale che permetta al paese di far correre la crescita accompagnato da una non più rinviabile revisione della spesa pubblica. Oggi lo scongelamento imposto alla politica europea dai movimenti anti-establishment è in corso ed ulteriori corridoi potrebbero aprirsi dopo le Europee del 2019. Per uscire dallo status quo, però, il governo ha bisogno di un piano strategico e di una certa dose di cinismo nel varare alleanze, che paiono a prima vista paradossali, ma potrebbero tornare utili all'interesse italiano.
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tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.