26 Ottobre
L'orologio rotto della storia italiana
Dov'è finito il "pericolo fascista"? E lo scioglimento di Forza Nuova? Il dibattito che dura un istante e una storia che resta e con la quale non si sono fatti i conti fino in fondo. Un viaggio di Marco Patricelli oltre il "presentismo", nel "dopo" dove svaniscono le parole e restano i fatti di un discorso pubblico strumentale e inconcludente. Ieri, oggi, mai domani
L'allarme fascista dov'è finito? È finito. E dello scioglimento immediato di Forza Nuova che ne è? Sparito dal radar. Il tempo della cronaca non è solo quello dell'immediato, dell'eterno presente. C'è anche un "dopo" che molto spesso è utile per catturare le tigri di carta. Così quello che in Italia fino a qualche giorno fa sembrava un momento di resa dei conti con la storia è evaporato, il pericolo fascista non c'è più, non è utile evocarlo. C'è o non c'è? Bel dilemma. C'è la storia e questa va continuamente rivisitata, per sapere, per capire, per fotografare tutto quello che lampeggia come un flash ma dopo pochi secondi svanisce senza lasciare nessuna immagine. È la politica italiana. Proviamo con Marco Patricelli a fissare qualche momento, a sviluppare un'istantanea e incorniciarla, a futura memoria. Ieri, oggi, mai domani.
di Marco Patricelli
Nell’indagine storica alla ricerca di chiavi di lettura del presente occorre concentrarsi su quello che è riscontrato e documentato, ma a volte anche su quello che non c’è. Pensiamo agli attuali fascismi evocati dalla caricatura della Marcia su Roma diventata marcia a Roma, da episodi di violenza sui quali si appiccica l’etichetta che va bene su tutto (si sa, il nero sfila), dalla mancata omologazione al politicamente corretto che lascia insorgere gli insorgenti verbali di professione ai mantra delle abiure. Del fascismo, quello storico, sappiamo di tutto e di più. Ne conosciamo la cialtronaggine e il fascino perverso, il velleitarismo melodrammatico e il criminale bellicismo, il mito dell’ordine e la maschera dell’efficientismo liberticida. Conosciamo le contraddizioni di Mussolini che diceva (e faceva) tutto e il contrario di tutto, passando da errori a orrori con la disinvoltura di chi si sentiva investito di un compito messianico che non aveva e che comunque non poteva sostenere su basi politiche e caratteriali così...
L'allarme fascista dov'è finito? È finito. E dello scioglimento immediato di Forza Nuova che ne è? Sparito dal radar. Il tempo della cronaca non è solo quello dell'immediato, dell'eterno presente. C'è anche un "dopo" che molto spesso è utile per catturare le tigri di carta. Così quello che in Italia fino a qualche giorno fa sembrava un momento di resa dei conti con la storia è evaporato, il pericolo fascista non c'è più, non è utile evocarlo. C'è o non c'è? Bel dilemma. C'è la storia e questa va continuamente rivisitata, per sapere, per capire, per fotografare tutto quello che lampeggia come un flash ma dopo pochi secondi svanisce senza lasciare nessuna immagine. È la politica italiana. Proviamo con Marco Patricelli a fissare qualche momento, a sviluppare un'istantanea e incorniciarla, a futura memoria. Ieri, oggi, mai domani.
di Marco Patricelli
Nell’indagine storica alla ricerca di chiavi di lettura del presente occorre concentrarsi su quello che è riscontrato e documentato, ma a volte anche su quello che non c’è. Pensiamo agli attuali fascismi evocati dalla caricatura della Marcia su Roma diventata marcia a Roma, da episodi di violenza sui quali si appiccica l’etichetta che va bene su tutto (si sa, il nero sfila), dalla mancata omologazione al politicamente corretto che lascia insorgere gli insorgenti verbali di professione ai mantra delle abiure. Del fascismo, quello storico, sappiamo di tutto e di più. Ne conosciamo la cialtronaggine e il fascino perverso, il velleitarismo melodrammatico e il criminale bellicismo, il mito dell’ordine e la maschera dell’efficientismo liberticida. Conosciamo le contraddizioni di Mussolini che diceva (e faceva) tutto e il contrario di tutto, passando da errori a orrori con la disinvoltura di chi si sentiva investito di un compito messianico che non aveva e che comunque non poteva sostenere su basi politiche e caratteriali così fragili.
5 maggio 1936. Benito Mussolini, dal balcone su Piazza Venezia, annuncia alla folla la conquista di Addis Abeba: "Il Maresciallo Badoglio mi telegrafa: oggi, 5 Maggio alle ore 16, alla testa delle truppe vittoriose sono entrato in Addis Abeba" (Foto Ansa/Farabola)Ma ci cascarono tutti, e in buona compagnia: gli italiani, il Papa, il Vaticano, Churchill, mezzo mondo liberale e democratico, buona parte di quello che liberale e democratico non era. Il fascismo storicamente detto è morto il 25 luglio 1943, quando tra i 40 milioni di italiani fascisti fino al giorno prima non se ne trovò uno solo pronto a correre in aiuto del Duce defenestrato proprio dai suoi col Gran Consiglio: la Divisione “M” addestrata e armata dai tedeschi se ne rimase buona buona acquartierata, la Milizia fascista del generale Italo Galbiati si affrettò a mettersi al servizio di Badoglio e la potente Polizia fascista del redivivo volpone Carmine Senise gettò immediatamente via i fascetti sul bavero sostituendoli con le stellette regie, come avevano fatto milioni di italiani con la cimice del PNF sulla giacca. Ebbe buon gioco Winston Churchill nel coniare il suo famoso aforisma secondo cui la popolazione del Belpaese era raddoppiata, essendoci adesso altri 40 milioni di italiani: gli antifascisti. L’esperienza della Repubblica di Salò fu accanimento terapeutico su un cadavere della storia e dell’esperienza politica italiana, e appunto per questo fu più lugubre, più crudele e più esecrabile. Mussolini a testa in giù a piazzale Loreto fu il lavacro catartico esteriorizzato e spettacolarizzato con cui gli italiani pensarono e credettero di espiare venti anni di dittatura, una guerra coloniale (Etiopia), una guerra ideologica (Spagna), una guerra mondiale malamente perduta e una lacerante guerra civile. Guerre del fascismo tanto quanto guerre degli italiani. Servì a nutrire il mito che l’8 settembre 1943 fosse stato il giorno dell’armistizio con gli Alleati invece della resa incondizionata e che la co-belligeranza e la partecipazione partigiana avessero riscattato il biglietto di ritorno tra le democrazie. Falso. Nel 1947 a Parigi Alcide De Gasperi venne trattato come rappresentante di un Paese sconfitto che ne doveva pagare le conseguenze, perché questo diceva la Storia e questo avevano stabilito le Potenze che la guerra l’avevano vinta contro il totalitarismo nazifascista. La Repubblica dovette raccogliere le spoglie della monarchia sabauda e i cocci del passato e voltare pagina. Questo è quello che ci fu.
Una fase del processo di Norimberga.Non ci fu invece una Norimberga italiana, come c’era stata nella Germania post-hitleriana, e neppure una Norimberga giapponese col processo di Tokyo, gli altri due sodali del secondo conflitto mondiale. Vero è che dappertutto vennero istituiti tribunali per l’epurazione e processi così così contro i fascisti, ma si trattò di terze e quarte linee che pagarono, e non sempre, per le prime e le seconde. Vero è che nessun generale italiano venne consegnato ai Paesi che ne facevano richiesta per processarli come criminali di guerra, e per compensare si riempì l’armadio della vergogna con i fascicoli su stragi ed eccidi tedeschi con la formula giuridica assurda dell’ “archiviazione provvisoria” pur di non procedere per evitare pericolose analogie. Vero è che un solo generale si era opposto con le armi ai tedeschi l’8 settembre, il comandante dei Granatieri di Sardegna Gioacchino Solinas, che peraltro era fascista convinto e sciarpa littoria; un solo generale era caduto combattendo in Italia contro di loro (anche se sulla sua morte esistono tre versioni documentali!), il comandante della 222ª divisione costiera Vincenzo Ferrante Gonzaga del Vodice; un solo generale venne processato, condannato a morte e fucilato dagli Alleati, Nicola Bellomo, che pure aveva difeso Bari dai tedeschi ed era stato decorato per questo con medaglia d’argento al valor militare e lo stesso Badoglio si era congratulato personalmente con lui. Peccato che fosse innocente dell’accusa rivoltagli per la morte del capitano Payle e del ferimento del tenente Cooke ripresi dopo essere evasi dal campo P.G. 75. Bellomo venne ignominiosamente scaricato dallo Stato: fu posto subito in congedo, così che gli inglesi non processavano un generale ma un civile, lavando le mani alle autorità italiane che avevano l’alibi per non intervenire in un processo pilotato che lo stesso corrispondente britannico del Daily Express ritenne un’offesa all’onore degli inglesi. Per un Bellomo che si era sempre proclamato innocente e rifiutò di firmare la domanda di grazia nonostante l’assicurazione che sarebbe stata concessa, e pagò con la vita, c’era un Mario Rotta che innocente non poteva proclamarsi e che era fuggito in Spagna evadendo dall’ospedale militare con evidenti complicità. Un po’ quello che accadrà a un criminale condannato, il capo della Gestapo a Roma Herbert Kappler, che la seconda moglie si porterà in Germania a ferragosto del 1977. Le autorità tedesche opposero un netto rifiuto alla riconsegna dell’ex ufficiale SS con solide quanto ipocrite basi giuridiche: tra Germania e Italia non c’era stato di guerra quindi Kappler non era un prigioniero di guerra, e in ogni caso se lo fosse stato era suo pieno diritto fuggire a norma delle convenzioni internazionali.
L’Italia di oggi è figlia di quella di allora, dell’Italia di Badoglio, dell’Italia balbettante e di compromesso del primissimo dopoguerra, dell’Italia del doppiopesismo e del “tengofamilismo” amorale. È L’Italia di una guerra civile irrisolta che persiste a livello verbale e di dibattito politico tanto infuocato quanto strumentale alla reciproca delegittimazione, che si alimenta di miti, di spettri e di luoghi comuni: dal saluto romano (che romano non era) ai pugni chiusi, dal nostalgismo ignorante alla paccottiglia dei mercatini della domenica, dal fascino delle uniformi nere disegnate da Hugo Boss alle parate di bandiere rosse della rivoluzione mancata, dal “Mussolini ha fatto anche cose buone” allo Stalin eroe della vittoria sul male assoluto (pur essendone l’incarnazione nel rovescio della medaglia). È l’Italia dei fascismi che spuntano dappertutto, anche a comando, dell’“anti” da urlare e spergiurare che ha fagocitato il “pro”, del credere e del far finta di credere che i fantasmi si riproducano per scissione o per sporogonia e mutino più veloce dei virus. È l’Italia del compromesso storico e pure di quello antistorico: delle legioni in camicia nera che non si vedono e del popolo chiamato a raccolta che scende in piazza cantando Bella Ciao, la canzone dei partigiani che non è stata mai cantata dai partigiani (una leggenda postuma), ma crede che l’Anpi dove gli ex partigiani sono appena il 3% esprima tutti i partigiani, mentre invece le due scissioni del 1948 (Federazione italiana volontari della libertà) e 1949 (Federazione italiana associazioni partigiane) fecero fuoriuscire liberali, democratici, cattolici, azionisti, autonomi, militari, socialisti e socialdemocratici, mazziniani, anarchici. Cosa lasciarono è chiaro. Anche esse sono antifasciste per costituzione e per storia, ma chi ne sente mai parlare rispetto alla sempre mobilitata prezzemolina e monopolista dogmatica Anpi? Ennio Flaiano diceva che il fascismo è come un orologio rotto che due volte al giorno segna l’ora esatta e sembra voglia spaccare il mondo. L'Italia è piena di orologiai dopolavoristi che spostano continuamente le lancette sul quadrante per interrompere il decorso del tempo.
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impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.