14 Giugno

Montanelli e il regime dei nuovi iconoclasti

Dopo le polemiche sul razzismo, imbrattata di vernice la statua del giornalista nei giardini di via Palestro a Milano, "razzista e stupratore". Un viaggio di Marco Patricelli tra le macerie dell'iconoclastia, una lunga storia di dittature e estremisti privi di senso storico

di Marco Patricelli

Faccetta nera e vernice rossa. Non c’è pace attorno al passato di Indro Montanelli, neppure postuma. Ed è per lo meno strano, considerando che tra i personaggi dell’intelligencija italiana, pochi come lui hanno coltivato con dignità il coraggio delle scelte pubbliche e non gli scheletri nel buio dell’armadio privatissimo. Di Montanelli si sa tutto nel bene e nel male, che sono poi i due piatti della bilancia di ogni uomo, sia esso anonimo in cerca di notorietà o personaggio che la notorietà ce l’ha. Sono anonimi coloro che ne hanno imbrattato la statua nel parco pubblico a Milano con quattro latte di vernice scarlatta e una scritta cruda in nero: razzista e stupratore. L’episodio che secondo i moralisti di risulta merita una condanna senza appello con la rimozione della statua e dell’intitolazione di un parco, per arrivare a una vera e propria damnatio memoriae ideologica più che giuridica, è quello stranoto del madamato ai tempi della guerra di Etiopia del 1935. Montanelli vi partecipò volontario come ufficiale, e tanto basta ai detrattori per accusarlo di essere stato fascista. Tanti, in seguito orgogliosi esponenti dell’antifascismo, parteciparono a quell’impresa (e alle successive, compresa la Repubblica sociale) che va spiegata con il clima del tempo, secondo un processo che si chiama storicizzazione. Ai più ignoto, per molti da non considerare affatto.

Montanelli fece quel che facevano molti ufficiali (e non solo) italiani che andavano in Etiopia come a una scampagnata esotica cantando «Faccetta nera»: prese una sposa-bambina secondo le usanze di quel lembo d’Africa. Lo ha raccontato lui stesso, senza alcun compiacimento, ma come testimone del tempo. Così andavano le cose e il giudizio morale dei nostri tempi non cambia la natura delle cose: non si può, appunto, giudicare la storia col metro del presente. Altrimenti, in qualità...


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