18 Agosto
Non sventola bandiera bianca
Manifestazione a Jalalabad per difendere la bandiera afghana. I Talebani sparano, morti e feriti. BoJo in missione per salvare il soldato Biden. L'America First del Presidente democratico è una campana che suona per l'Europa. Pence: ecco come hanno fatto saltare l'accordo di Doha
Che succede? Facciamo un altro rapido aggiornamento sull'Afghanistan (l'unica vera notizia, il resto è chiacchiera sotto l'ombrellone) e un quadro più approfondito sui trend innescati dal ritiro americano. Ci sono notizie che non sono incoraggianti (e qui, sia chiaro, non crediamo alla favola bella del "Talebano moderato"), cose che accadono in fretta, bagliori di un futuro prossimo. Andiamo in Afghanistan, seguite il titolare di List.
01
I Talebani sparano sui manifestanti a Jalalabad
Il fotogramma di un video che mostra la manifestazione a Jalalabad, nell'est dell'Afghanistan. I manifestanti sventolano la bandiera afghana (Foto Ansa).La bandiera afghana non si può esporre, i Talebani sparano. Al Jazeera riporta la notizia: due persone sono state uccise e altre 12 sono rimaste ferite in una sparatoria durante le proteste a Jalalabad, dove manifestanti hanno sfilato in corteo contro l'abolizione della bandiera nazionale. Secondo il corrispondente della tv del Qatar, Rob McBride, "una considerevole parte" dei residenti di Jalalabad non vuole che in città sventoli la bandiera bianca talebana. "Abbiamo visto sui social media immagini di proteste per le strade di centinaia se non migliaia di persone che sventolavano la bandiera nazionale", ha riferito il corrispondente. "La bandiera è comparsa in una piazza importante a Jalalabad e ci sono stati scontri con i talebani". È più di un cattivo segnale, è il primo caso in cui si vede emergere la sagoma della guerra civile.
02
L'arma della minaccia su quelli che scappano
Portavoce dei Talebani. Zabihullah Mujahid parla di fronte ai giornalisti a Kabul (Foto Epa).Questo è il capitolo più grave, perché è destinato a crescere. Secondo Ahmed Rashid siamo di fronte alla nascita di "una gigantesca crisi umanitaria". Vedremo, quel che è certo che i Talebani useranno i profughi come un'arma. Quelli che devono uscire subito, con i voli organizzati dai paesi occidentali, sono un'ottima arma per potenziare il negoziato del governo e strappare subito aiuti. L'Afghanistan produce...
Che succede? Facciamo un altro rapido aggiornamento sull'Afghanistan (l'unica vera notizia, il resto è chiacchiera sotto l'ombrellone) e un quadro più approfondito sui trend innescati dal ritiro americano. Ci sono notizie che non sono incoraggianti (e qui, sia chiaro, non crediamo alla favola bella del "Talebano moderato"), cose che accadono in fretta, bagliori di un futuro prossimo. Andiamo in Afghanistan, seguite il titolare di List.
01
I Talebani sparano sui manifestanti a Jalalabad
Il fotogramma di un video che mostra la manifestazione a Jalalabad, nell'est dell'Afghanistan. I manifestanti sventolano la bandiera afghana (Foto Ansa).La bandiera afghana non si può esporre, i Talebani sparano. Al Jazeera riporta la notizia: due persone sono state uccise e altre 12 sono rimaste ferite in una sparatoria durante le proteste a Jalalabad, dove manifestanti hanno sfilato in corteo contro l'abolizione della bandiera nazionale. Secondo il corrispondente della tv del Qatar, Rob McBride, "una considerevole parte" dei residenti di Jalalabad non vuole che in città sventoli la bandiera bianca talebana. "Abbiamo visto sui social media immagini di proteste per le strade di centinaia se non migliaia di persone che sventolavano la bandiera nazionale", ha riferito il corrispondente. "La bandiera è comparsa in una piazza importante a Jalalabad e ci sono stati scontri con i talebani". È più di un cattivo segnale, è il primo caso in cui si vede emergere la sagoma della guerra civile.
02
L'arma della minaccia su quelli che scappano
Portavoce dei Talebani. Zabihullah Mujahid parla di fronte ai giornalisti a Kabul (Foto Epa).Questo è il capitolo più grave, perché è destinato a crescere. Secondo Ahmed Rashid siamo di fronte alla nascita di "una gigantesca crisi umanitaria". Vedremo, quel che è certo che i Talebani useranno i profughi come un'arma. Quelli che devono uscire subito, con i voli organizzati dai paesi occidentali, sono un'ottima arma per potenziare il negoziato del governo e strappare subito aiuti. L'Afghanistan produce solo oppio, i Talebani continueranno a coltivarlo (le dichiarazioni che dicono che smetteranno sono carta straccia, lo hanno sempre detto) ma la partita che giocano è quella di continuare a farsi sovvenzionare dai governi occidentali, incassare denaro e non fare assolutamente niente. Così gli aiuti sono diventati un fiume di corruzione che ha pervaso tutti i livelli del governo afghano e ha consentito ai capi delle tribù talebane di diventare ricchi. L'obiettivo è quello di farsi pagare. Ci riusciranno? Molto probabile, perché hanno il secondo stadio del missile dei rifugiati. Dopo l'emergenza della prima evacuazione, ci sarà la pressione alle frontiere di quelli che vogliono lasciare il paese, il frutto di quello che le telecamere dei media occidentali non possono vedere perché non accade a Kabul, ma nelle province, i regolamenti di conti, la perdita di tutto, la fuga. Questa storia è appena iniziata.
03
Salvate il soldato Biden. Johnson ci prova
L'alleato inglese in soccorso di quello americano. Il premier Boris Johnson (Foto Epa).Il Presidente americano è travolto dalle critiche, a cominciare dai Democratici che sono stati colti in contropiede e vogliono prendere le distanze dalle immagini dell'aeroporto di Kabul. Kamala Harris, la vicepresidente, è sparita, Biden è tornato a Camp David. Ha parlato (ieri) con un solo alleato, Boris Johnson, non a caso il leader che ha preso in mano la situazione e sta cercando di riattivare tutti i forum di cooperazione internazionale per limitare i danni e recuperare un minimo di credibilità, persa in maniera devastante dopo il discorso di Biden. Il premier britannico oggi lo ha coperto: "Raggiunto l'obiettivo della missione, estirpare Al Qaeda", l'eco delle parole usate dal Presidente americano. L'alleato inglese cerca di tenere a galla la Casa Bianca che in casa è sotto il tiro incrociato dei media e del Congresso in maniera bipartisan. Stati Uniti e Gran Bretagna chiedono un G7 straordinario la settimana prossima. Londra è pronta ad accogliere 20 mila profughi. In sintesi: Johnson ha messo Biden di fronte alla necessità di un vertice straordinario del G7 la prossima settimana, sarà virtuale. Come il "nation building" in Afghanistan secondo la dottrina Biden. Un colossale errore che ha messo in imbarazzo gli alleati. "Salvate il soldato Biden". La missione è in corso.
04
Draghi cerca l'exit strategy e il rilancio Ue
Accertato il sonnambulismo di Biden, Mario Draghi ha cominciato a triangolare con i leader europei, dunque colloquio con Merkel, Macron, impulso per rimettere in moto i forum di cooperazione, dunque Unione europea, G7 e G20. Intervista al Tg1 per lanciare un segnale agli italiani che guardano attoniti quanto è accaduto, alla luce delle tante missioni, dei tanti anni - e dei caduti - trascorsi in Afghanistan. Draghi ha subito fatto il passaggio che era doveroso e necessario sui nostri militari caduti, che "hanno difeso le libertà fondamentali, i diritti delle donne e hanno fatto operazioni per prevenire il terrorismo", lasciando una "traccia profonda nella società afghana". "Per noi loro sono degli eroi, il loro sacrificio non è stato vano", ha rimarcato il premier. È la correzione del disastroso discorso di Biden, il tentativo di rimettere in carreggiata la macchina che ha subito un danno enorme. Draghi assicura che "l'Europa sarà all'altezza della sfida". Draghi propone, per fortuna, uno spunto di lavoro più ampio: "Dobbiamo riflettere sull' esperienza avvenuta: ricordiamoci che la guerra in Afghanistan è la prima risposta degli Stati Uniti all'attentato alle Torri Gemelle. Quindi il bilancio che noi traiamo non èun bilancio solo sulla guerra in Afghanistan, è il bilancio di questi ultimi venti anni e del ruolo che l'Occidente ha avuto in tutto il mondo arabo".
Recuperare l'America, rilanciare l'Europa. Il premier Mario Draghi a Palazzo Chigi (Foto Ansa).Draghi esorta a guardare al futuro: "E il futuro per l'Italia è fatto di difesa dei diritti fondamentali, di difesa dei diritti delle donne, di protezione di tutti coloro che si sono esposti in questi anni nella difesa di questi diritti in Afghanistan. Questo deve essere perseguito in tutti i contesti possibili". Non è un'impresa che si fa da soli, Draghi cita i paesi che contano in questo scenario, non solo l'Occidente (che dovrà recuperare una credibilità ferita) ma la Cina, la Russia, l'Arabia Saudita, la Turchia. Tutti questi Stati sono membri del G20, ricorda Draghi, quindi "il G20 offre naturalmente una sede dove poter avviare questa opera di collaborazione". L'Italia è presidente di turno, continua Draghi, e "noi siamo pienamente impegnati nel predisporre, nel costruire, una sede appropriata per questa collaborazione". Ruolo dell'Unione europea? "Abbiamo parlato stamattina con la cancelliera Merkel. Abbiamo soprattutto parlato delle operazioni di evacuazione dell'aeroporto di Kabul, ma abbiamo iniziato a tratteggiare quelle che saranno le linee fondamentali della cooperazione a livello europeo. Siamo tutti consapevoli che la cooperazione è assolutamente necessaria per affrontare due obiettivi: l'accoglienza e la sicurezza. L'accoglienza nei confronti di tutti coloro che ci hanno aiutato in Afghanistan in questi anni e delle loro famiglie, quelli che sono chiamati i "collaboratori". Ma anche l'accoglienza di tutti coloro che si sono esposti in questi anni per la difesa delle libertà fondamentali, dei diritti civili, dei diritti delle donne. Questo e' un piano complesso, richiede una cooperazione stretta fra tutti i Paesi ma soprattutto, in primis, tra quelli europei. Il secondo aspetto riguarda la sicurezza, dove dovremo prevenire infiltrazioni terroristiche".
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Bene, Draghi ha tratteggiato un inizio - non c'è ancora una direzione precisa, va concordata e gli attori sono tanti e con interessi spesso divergenti - noi qui cerchiamo di fissare ciò che è in rapidissimo movimento: la storia.
05
L'America First di Biden. La campana che suona per l'Europa
Le illusioni sono evaporate dopo soli sette mesi di Casa Bianca a guida democratica. Joe Biden ieri ha rivelato i suoi reali obiettivi: "America First". Il discorso del Presidente degli Stati Uniti è una cesura netta, ha l'impatto di un trauma. È una rottura clamorosa con il passato lontano e recentissimo (ieri) perché Biden ha consegnato alle pagine di storia uno discorso isolazionista, che ignora l’Europa (mai citata), il sacrificio sul terreno dei paesi che aderiscono alla Nato (mai citata), un intervento duro, glaciale, ripiegato sull’esclusivo interesse americano, con la negazione netta dei principi del "nation building", la contraddizione plateale di quello che è stato affermato in tutti i documenti dell'Alleanza Atlantica. Tutti.
Per chi scrive questo ripiegamento democratico non è una sorpresa, era solo una questione di tempo. "America First" non è mai stato un'esclusiva di Donald Trump (George Washington nel suo famoso discorso d'addio del 1796 spiegò quale doveva essere l'impegno dell'America con le altre nazioni: "La grande regola di condotta nei confronti delle nazioni straniere per noi è estendere le nostre relazioni commerciali, avere con loro il minor legame politico possibile"), non c'era nessun tasto reset da premere per tornare indietro al tempo di una immaginaria "Pax Universalis", vi sono alcuni fatti consolidati nella geopolitica del presente: il "serve and volley" delle nazioni in uno scenario accelerato e compresso, con soggetti interdipendenti e in forte competizione; una crescente divergenza tra i sistemi liberali (sempre più deboli e frenati dalle procedure democratiche) e autocrazie come Cina, Russia e Turchia (più rapide e efficienti nelle decisioni); l'autonomia energetica americana che ha già cambiato il perimetro dell'interesse nazionale sorvegliato da Washington; la Cina che non vuole per niente convergere con l'Occidente, ma cerca la via per sostituirlo con un nuovo ordine - lo afferma tutti i giorni - che non apre i mercati, ma li chiude con il rubinetto di una silente economia autarchica, il controllo delle materie prime strategiche dell'economia 2.0, la stretta sul settore hi-tech e la penetrazione all'estero con il cavallo di troia della Belt and Road; la globalizzazione che non è mai una partita "win-win", ma un mondo di vincenti e perdenti, con squilibri crescenti anche all'interno delle stesse nazioni che ne beneficiano (tra il 2000 e il 2016 gli Stati Uniti hanno perso cinque milioni di posti nella manifattura); la guerra che si è digitalizzata e in buona parte spostata nel cyber-spazio dove la supremazia dei satelliti americani è contenuta e le connessioni rendono gli armamenti più vulnerabili (Nadia Schadlow, in un articolo su Foreign Affairs dell'autunno del 2020, ricordava la frase di un alto ufficiale dell'Air Force sul cacciabombardiere F-35 JSF: "Un computer che per caso vola"), le contraddizioni delle multinazionali che si muovono in una dimensione "no border", ma in un periodo storico che torna a erigere, muri, fortezze, confini. Sopra tutto questo, lo shock della pandemia e l'estrema forza del cambiamento climatico.
Siamo solo all'inizio di una tempesta perfetta. Questo parziale elenco ci dice tutto: l'Afghanistan non è più nel quadro dell'urgenza della Casa Bianca, l'interesse degli Stati Uniti è a Oriente, si tuffa nel Pacifico, il problema si chiama Cina (e di rimbalzo il suo alleato, la Russia) e una sempre "più disfunzionante società che ha nome America" (Gordon Gekko, Wall Street, sceneggiatura di Oliver Stone). Biden ha già lo sguardo puntato sulle elezioni di mid-term del 2022, sa che può perdere, è stretto tra le "culture wars" dei liberal e la necessità di non perdere il primato globale. Un dilemma strategico che può condurre alla "trappola di Tucidide", una guerra con la Cina.
In questo quadro, un piano di politica interna che fa da catapulta sulle scelte di politica estera, il ritiro totale dall'Afghanistan non è un fulmine a ciel sereno, Biden ha fatto quello che aveva annunciato Trump e cominciato Obama. I vent'anni della "lunga guerra" erano un peso, non un obiettivo strategico. Il problema di Biden (che ora è tutto nostro) è il come lo ha fatto e da ieri lo è anche il come lo ha detto. Perché il Presidente ha parlato agli americani, non al mondo, perché quelle parole hanno un impatto sul futuro dell'Unione europea, sempre che i leader del Vecchio Continente ne vogliano prendere atto e non preferiscano voltare lo sguardo altrove.
Le immagini di Kabul sono quelle di un fallimento, una ritirata senza onore che peserà come un macigno sulla Casa Bianca. C'erano solo due modi per compiere l'atto del ritiro: bene e male. Non ci sono dubbi sul come sia andato, male. I disperati afghani aggrappati agli aerei militari nell'aeroporto di Kabul, lo schianto di quelle anime al suolo (immediato il richiamo del "Falling Man" dell'11 settembre 2001), sono l'istantanea che resterà per sempre come una macchia sull'America e l'intero Occidente.
Abbiamo anche appreso che un'amministrazione che ha comunicato fin dal primo giorno (sempre, in tutta la campagna presidenziale) il ribaltamento delle decisioni dell'amministrazione Trump ha invece seguito per filo e per segno quelle sull'Afghanistan. Biden inoltre si è ben guardato dall'assumersi la responsabilità della caduta accelerata dell'Afghanistan, ha rovesciato tutto sulle spalle dei soldati afghani (addestrati dagli americani, ma è un dettaglio), i quali sarebbero dovuti andare a morire mentre i loro capi politici (appoggiati dagli americani, ma è un altro dettaglio) scappavano all'estero o ottenevano dei salvacondotti spianando la strada per Kabul ai Talebani. Non una parola sugli alleati, su una ritirata che pesa sulla coscienza di tutti.
Biden ha ordinato la ritirata sbagliata (nei tempi e nei modi, in piena stagione dei combattimenti, quando si sciolgono le nevi e si aprono le vie di trasporto di uomini e munizioni per i Talebani) e sulle sue spalle sono cadute come macigni le parole che aveva pronunciato solo cinque settimane fa, ricordate da David E. Sanger sul New York Times: "Non ci sarà nessuna circostanza in cui vedrete persone sollevate dal tetto di un'ambasciata degli Stati Uniti in Afghanistan". E ancora: "La possibilità che siano i talebani a dominare tutto e a possedere l'intero paese è altamente improbabile". Abbiamo visto gli elicotteri sul tetto dell'ambasciata americana a Kabul. Abbiamo visto i Talebani conquistare tutto l'Afghanistan.
Washington è lontana da Kabul (non lo fu l'11 settembre 2001 e questa è la grande amnesia e illusione che conduce all'errore di queste ore), ma per l'Europa le conseguenze sono enormi e stamattina ci siamo svegliati con una rivelazione: non siamo andati in Afghanistan a dare una mano a costruire nuove istituzioni. Strano, personalmente ho un ricordo diverso, esattamente opposto, la memoria e gli appunti sul mio taccuino, le parole degli ufficili degli Stati Uniti e della Nato che ho incontrato in più occasioni a Bruxelles, a Washington, a Norfolk e a Roma. Cosa penseranno oggi dell'America, dopo vent'anni di sacrifici e lutto i nostri soldati e i diplomatici che hanno lavorato con passione per dare un futuro al popolo afghano? A Kabul è tornata la legge della sharia.
Anthony Blinken, in un tour de force sulle televisioni americane si è sforzato di levare l'ombra di un altro Vietnam dalla Casa Bianca: "Non è Saigon". Ha ragione, non è Saigon, è Kabul dopo vent'anni di occupazione americana, è il "nation building" oggi ripudiato dal suo Presidente. Non è solo una sconfitta, è una disfatta.
Sul piano storico, il disimpegno americano mette l'Europa di fronte a qualcosa di nuovo e preoccupante. L'Unione europea è priva di un esercito (e dunque di una politica estera comune), le manca uno strumento vitale che è la classica continuazione della politica con altri mezzi (leggere Carl von Clausewitz). A Bruxelles a questo punto s'impone una riflessione profonda, i leader europei devono porsi la domanda: che fare? Perché qualcosa bisogna fare, non è più una questione rinviabile, ci sono missioni militari importanti autorizzate e in pieno dispiegamento (quella molto articolata nel Sahel che ci impegna direttamente, in territorio dove sciamano spietate milizie jihadiste), altre ne verranno programmate in futuro. Inoltre, il cancello spalancato ai Talebani in Afghanistan avrà un impatto sulla sicurezza in Medio Oriente (un'America in fuga dall'Asia Centrale incoraggia le azioni contro Israele) e farà sentire il suo peso sulle ondate migratorie. Vanno messi a punto i piani per la sicurezza nel Vicino Oriente (dove infuria una battaglia per il controllo delle risorse energetiche), fissati chiaramente i rapporti con la Turchia di Erdogan (che a questo punto assume un ruolo ancora più determinante), studiato uno strumento di difesa comune dell'area del Mediterraneo, ridefiniti la missione e il bilancio della Nato, anche il negoziato sul nucleare iraniano viene curvato dall'onda d'urto del ritiro dall'Afghanistan. Per l'Unione europea si tratta di una sfida che chiude definitivamente l'era degli accordi di Yalta e apre una terra senza mappe che va esplorata subito, prima di essere aggrediti da una realtà popolata di mostri.
Si tratta di un tema esistenziale, riguarda il futuro prossimo e quello della "longue durée", lo spazio e il tempo dei nostri figli. Per questo è necessario e urgente un dibattito parlamentare e - in un'Europa dove tra poche settimane non ci sarà più la leadership di Angela Merkel - capire quali saranno gli orientamenti del governo. Sarà importante soprattutto ascoltare la visione del premier Mario Draghi. Le speranze sul rilancio della costruzione dell'Unione europea, in questo scenario di ferro e fuoco, oggi ricadono sulla sua figura. Sul mio taccuino c'è una sua frase appuntata: "Non c'è sovranità nella solitudine". Vero, attendiamo di sapere con chi stiamo e in quale maniera, perché la caduta di Kabul, le parole di Biden, sono un cambio della schermata del videogame. Atlantism e europeismo, ripete sempre Draghi. Concordiamo, ma il "come" è diventato urgente.
Sul taccuino c'è un filo rosso che lega una serie di eventi e ci conduce fino a oggi: la caduta di Saigon (1975), l'invasione dell'Unione Sovietica in Afghanistan (1979-1989), la rivoluzione khomeinista in Iran (1978-1979), l'attacco alle Due Torri (11 settembre 2001), l'invasione dell'Afghanistan (2001), l'invasione dell'Iraq (2003). Il legame è quello di un continuo passaggio della storia verso Oriente che ha scolpito le biografie dei presidenti americani e un declino costante dell'Occidente, fino all'ascesa della Cina come nuova/vecchia potenza.
John Fitzgerald Kennedy invase il Vietnam, Nixon e Kissinger preparano il ritiro delle truppe, portato a termine da Gerald Ford; Jimmy Carter fu colpito e affondato dalla crisi degli ostaggi a Teheran; Ronald Reagan vinse la sua lunga partita a scacchi con l'Unione Sovietica fornendo armi via Pakistan ai mujaheddin in Afghanistan (e qui apparve Osama Bin Laden, destinato a diventare la figura sinistra del nuovo millennio); George H. W. Bush mise la firma sull'operazione "Desert Storm" e inviò il comandante Schwarzkopf in Kuwait per rispedire le truppe di Saddam Hussein in Iraq, non fece cadere il dittatore, lasciò il conto aperto; Bill Clinton fu colpito dall'esplosione al World Trade Center, dall'attentato alla nave USS Cole nel porto di Aden e perse l'occasione di eliminare Bin Laden; George H. Bush vide crollare le Due Torri a New York e bruciare il Pentagono a Washington, tremila morti, il più grave attacco sul suolo americano dai tempi di Pearl Harbor, cominciò la lunga guerra in Afghanistan e quella in Iraq; Barack Obama le proseguì, fece una politica estera erratica, varò la guerra dei droni in grande scala, aggiornò la "killing machine" americana e la lista degli obiettivi, eliminò Osama Bin Laden con un blitz in Pakistan, a Abbottabad, favorì la strategia delle "proxy war", le guerre conto terzi, sostenne le primavere arabe, si fece convincere da Hillary Clinton a far cadere il colonnello Gheddafi in Libia, la sua politica in Siria fu un disastro, rimase immobile sulla "linea rossa" con Damasco e spalancò il cancello all'Isis, partì una guerra regionale costellata di atrocità tra la Siria e l'Iraq, Vladimir Putin pubblicò un commento sul New York Times l'11 settembre del 2013 affermando la fine "dell'eccezionalismo americano", i cacciabombardieri di Mosca spazzarono via l'Isis e l'uomo del Cremlino organizzò un concerto nella meravigliosa città Palmyra liberata dalle bande nere; Donald Trump vinse le elezioni sorprendendo tutti, fu sempre riluttante alla guerra, riuscì a ingaggiare una guerra di pulsanti con Kim jong-un in una psichedelica estate, poi si incontrarono, polverizzò con i missili hellfire il rifugio di Abu Bakr al-Baghdadi in Siria, firmò gli Accordi di Abramo tra gli Emirati Arabi, il Bahrein e Israele, ponendo fine all'isolamento diplomatico dello Stato ebraico in Medio Oriente, in pinea campagna presidenziale, promise il ritiro dall'Afghanistan, la riduzione delle truppe in Iraq, l'abbandono del Kurdistan, trattò con i Talebani e là si fermò, cambiò i segretari della Difesa con le porte girevoli, non ne fu mai contento (e non solo di loro, neppure degli stellati che chiamò alla Casa Bianca), ma lasciò fare a quei generali e non ci fu la ritirata precipitosa, prese il coronavirus, perse le elezioni, arrivò Joe Biden. E il nuovo Presidente non ascoltò i generali.
Sono i cicli della storia, l'Oriente è un'opportunità e un problema. La caduta dell'Occidente in Afghanistan apre una strada alla Cina (che ha subito lanciato segnali ai Talebani e evocato lo strumento di espansione geopolitica, la Belt and Road) e automaticamente fa carambolare di nuovo la Russia nella dimensione di quello che Rudyard Kipling battezzò come "il Grande Gioco".
Ascesa e declino delle grandi potenze, cicli storici, sono il passato e presente della storia americana (il fil rouge degli ultimi cinquant'anni, dell'intera commedia umana), s'incrociano ancora una volta con il lontano e il vicino Oriente, la lotta tribale dell'Asia centrale. Cambiano i volti, i nomi, la cronaca, la storia si ripete in altra forma. Oggi tocca a noi. Europa, se ci sei, batti un colpo.
***
I pochissimi "Bidenisti" rimasti a difendere l'indifendibile dicono: ma gli accordi li aveva siglati l'amministrazione Trump. Vero, ma il problema è che li ha resi carta straccia Biden. Vediamo come, abbiamo un testimone diretto, Mike Pence, vicepresidente degli Stati Uniti nell'amministrazione Trump.
06
Pence: così Biden ha fatto saltare l'accordo di Doha
Mike Pence è stato un vicepresidente degli Stati Uniti che nel lavoro dell'amministrazione Trump si è occupato della Difesa, ha creato la Space Force e insieme a Mike Pompeo ha tenuto le relazioni con i paesi arabi, fino agli Accordi di Abramo. Ha seguito anche l'andamento dei negoziati con i Talebani a Doha. A differenza di Kamala Harris, è presente. Il Wall Street Journal ha pubblicato stamattina un suo commento che è di grandissimo interesse, riguarda proprio gli accordi di Doha.
Mike Pence, ex vicepresidente degli Stati Uniti critica duramente Biden per aver reso vani gli accordi di Doha con i Talebani (Foto Epa).Cosa dice Pence? Prima di tutto che "il disastroso ritiro dell'amministrazione Biden dall'Afghanistan è un'umiliazione di politica estera diversa da qualsiasi cosa il nostro paese abbia sopportato fin dalla crisi degli ostaggi in Iran". Durissimo, ma fin qui si potrebbe dire che è il giudizio di un avversario politico di Biden.
Quello che è notevole è il focus sugli accordi di Doha: "Nel febbraio 2020, l'amministrazione Trump ha raggiunto un accordo che richiedeva ai talebani di porre fine a tutti gli attacchi al personale militare americano, di rifiutare ai terroristi un porto sicuro e di negoziare con i leader afgani la creazione di un nuovo governo. Finché queste condizioni fossero state soddisfatte, gli Stati Uniti avrebbero condotto un graduale e ordinato ritiro delle forze militari". Pence ricorda che l'accordo su "approvato all'unanimità dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, l'accordo ha immediatamente portato in Afghanistan una stabilità mai vista da decenni. Negli ultimi 18 mesi, gli Stati Uniti non hanno subito una sola perdita in combattimento".
Poi è successo qualcosa. Biden ha dato fatto un annuncio: "Quando Biden è diventato presidente, ha rapidamente annunciato che le forze statunitensi sarebbero rimaste in Afghanistan per altri quattro mesi senza una chiara ragione per farlo. Non c'era alcun piano per trasportare gli equipaggiamenti americani del valore di miliardi di dollari recentemente catturati dai talebani, o per evacuare le migliaia di americani che ora si affannano a fuggire da Kabul, o per facilitare il reinsediamento regionale delle migliaia di rifugiati afgani che ora chiederanno asilo negli Stati Uniti con poco o nessun controllo. Piuttosto, sembra che il presidente semplicemente non volesse sembrare di rispettare i termini di un accordo negoziato dal suo predecessore". Questo per i Talebani è stato come un via libera all'offensiva: "Una volta che Biden ha rotto l'accordo, i talebani hanno lanciato una grande offensiva contro il governo afgano e hanno preso Kabul. Sapevano che non c'era alcuna minaccia credibile sotto questo presidente". Il problema non era il ritiro, che era un fatto negoziato e sancito dall'Onu, è stato il modo in cui Biden l'ha fatto.
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Altre buone notizie per mandare avanti la giornata? Cribbio, c'è lo sciocchezzaio di Letta (Enrico).
07
Letta esporta la storia sbagliata
Non so cosa sia capitato al software che fa funzionare i neuroni di Enrico Letta, ma qualcosa non va, questo è certo. Perché affermare, come lui ha fatto in questi giorni, che "la democrazia non si esporta", significa non conoscere la storia, anche quella propria. Esportatori di democrazia furono gli americani che sbarcarono in Normadia sotto i colpi delle mitragliatrici e le bombe degli Stuka tedeschi. Ragazzi americani che vennero a morire per la nostra futura libertà e democrazia.
Esportatori di democrazia, la nostra. D-Day, 6 giugno 1944. Lo sbarco delle truppe americane in Normandia, a Omaha Beach, sotto un pesantissimo fuoco d'artiglieria dei tedeschi. (Foto National Archives, Record of the U.S. Coast Guard)Il 1944 è troppo lontano? Cavalchiamo il tempo, andiamo al 1989, il crollo del Muro di Berlino. Quella fu altra democrazia esportata, l'affermazione dei regimi liberali contro la dittatura comunista, un confronto che fu Guerra Fredda, occupazione di Berlino, check point Charlie, morti, fughe, scambi di prigionieri (consigliamo a Letta la visione de "Il ponte delle spie", splendido film di Steven Spielberg, attore protagonista Tom Hanks), conflitti regionali, invasioni, rivoluzioni, e toh, contribuì a quel risultato - la vittoria - anche una guerra in Afghanistan, la cacciata dei sovietici da Kabul che fu un altro colpo di piccone all'Urss che si stava sbriciolando.
Letta ha deciso di inseguire il conformismo ignorante, pensa così di pescare nell'acqua bassa, quella fangosa, i consensi che il Pd più non ha, di tenere insieme la baracca della sinistra, anche quella qualunquista (prossima ormai al tutto, come accade a destra). Letta ha abidcato fin dal primo giorno all'idea che "tutto si tiene" e dunque cavalca ogni luogo comune senza neppure rifletterci. Così il Pd, il partito di quelli che fanno dei diritti delle donne una bandiera (e non hanno neppure una donna candidata sindaco alle prossime amministrative), dice che la democrazia non si esporta e manca poco al riconoscimento autonomo dei Talebani da parte della cancelleria del Pd. Il burqa, le violenze, la segregazione? Tutto dimenticato, l'importante è inseguire la suburra che non conosce la storia e urlare che la democrazia non si esporta. E naturalmente dimenticare che le baionette, le mitragliatrici, gli elmetti, i carri armati, gli sbarchi e i bombardamenti, tutto l'0rrore della guerra, può diventare liberazione dal fascismo, sconfitta e cancellazione del nazismo, il più lungo periodo di pace e benessere in Europa. Ormai vale tutto, anche non riconoscere l'ovvio per distribuire l'oppio ai popoli che non sanno.
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I dati personali degli Utenti saranno trattati dal personale incaricato di List. Inoltre, i loro dati personali potranno essere trattati da terzi, fornitori di servizi esterni, che agiscano per conto o a nome di List, debitamente nominati quali Responsabili del trattamento, e che tratteranno i dati in conformità allo scopo per cui i dati sono stati in origine raccolti.
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I dati personali non sono soggetti a diffusione.
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Il Codice privacy e il Regolamento privacy conferiscono agli Utenti l’esercizio di specifici diritti.
Gli Utenti in qualsiasi momento potranno esercitare i diritti di cui all’art. 7 del Codice privacy e s.m.i. e di cui agli art. 15, 16, 17, 18, 20 e 21 del Regolamento privacy, inviando una comunicazione scritta ai recapiti del Titolare di cui al precedente paragrafo 1 e, per l’effetto, ottenere:
- la conferma dell'esistenza o meno dei dati personali degli Utenti con indicazione della relativa origine, verificarne l’esattezza o richiederne l'aggiornamento, la rettifica, l'integrazione;
- l’accesso, la rettifica, la cancellazione dei dati personali o la limitazione del trattamento;
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Gli Utenti, inoltre, potranno opporsi al trattamento dei dati personali che li riguardano.
- Aggiornamenti
La Privacy policy del Sito potrà essere soggetta a periodici aggiornamenti.
Termini e condizioni di vendita dei servizi di abbonamento
I presenti termini d'uso disciplinano la fornitura digitale del servizio in abbonamento (di seguito,
il"Servizio" o
l'"Abbonamento") a List nelle diverse formule di volta in volta disponibili. Il Servizio è fornito da List
S.r.l., con
sede in Via Ferdinando di Savoia, 3 - 00196 Roma P. IVA 14403801005, iscritta al registro delle imprese di
Roma, numero
di iscrizione RM/1518421 (di seguito, il "Fornitore").
Il Servizio è rivolto esclusivamente a utenti maggiorenni. (di seguito, l'"Utente" o gli "Utenti").
List è il servizio digitale che fornisce agli Utenti contenuti editoriali, giornalistici e informativi di
qualità;
maggiori informazioni su List sono disponibili navigando sul sito internet https://newslist.it/ (di seguito,
il "Sito").
Il Servizio è disponibile in abbonamento via web a partire dal Sito, nonché attraverso l'applicazione List
(di seguito,
l'"Applicazione") per dispositivi mobili con sistema operativo IOS 11.0 o successivi e Android 6.0 o
successivi.
Il costo dei dispositivi, delle apparecchiature e della connessione internet necessari per la fruizione del
Servizio non
è ricompreso nel Servizio e si intende a carico dell'Utente.
1. Caratteristiche del Servizio
1.1 Il Servizio ha ad oggetto la fruizione in abbonamento dei contenuti editoriali della testata List.
L'Abbonamento è
disponibile esclusivamente in formato digitale; resta quindi espressamente esclusa dal Servizio la fornitura
dei
contenuti in formato cartaceo.
1.2 Il Servizio è a pagamento e comporta il pagamento di un corrispettivo a carico dell'Utente (con le
modalità previste
nel successivo articolo 5).
1.3 L'Utente può scegliere tra diverse formule a pagamento per la fruizione del Servizio; il costo, la
durata, le
modalità di erogazione e gli specifici contenuti di ciascun pacchetto sono specificati nella pagina di
offerta
pubblicata su https://newslist.it/fe/#!/register ovvero all'interno dell'Applicazione. Il contenuto
dell'offerta deve
intendersi parte integrante dei presenti termini d'uso e del connesso contratto tra il Fornitore e l'Utente.
2. Acquisto dell'abbonamento
2.1 Ai fini dell'acquisto di un Abbonamento è necessario (i) aprire un account List; (ii) selezionare un
pacchetto tra
quelli disponibili; (iii) seguire la procedura di acquisto all'interno del Sito o dell'Applicazione,
confermando la
volontà di acquistare l'Abbonamento mediante l'apposito tasto virtuale. L'Abbonamento si intende acquistato
al momento
della conferma della volontà di acquisto da parte dell'Utente; a tal fine, l'Utente accetta che faranno fede
le
risultanze dei sistemi informatici del Fornitore. La conferma vale come espressa accettazione dei presenti
termini
d'uso.
2.2 L'Utente riceverà per email la conferma dell'attivazione del Servizio, con il riepilogo delle condizioni
essenziali
applicabili e il link ai termini d'uso e alla privacy policy del Fornitore; è onere dell'Utente scaricare e
conservare
su supporto durevole il testo dei termini d'uso e della privacy policy.
2.3 Una volta confermato l'acquisto, l'intero costo dell'Abbonamento, così come specificato nel pacchetto
acquistato,
sarà addebitato anticipatamente sullo strumento di pagamento indicato dall'Utente.
2.4 Effettuando la richiesta di acquisto dell'Abbonamento, l'Utente acconsente a che quest'ultimo venga
attivato
immediatamente senza aspettare il decorso del periodo di recesso previsto al successivo articolo 4.
2.5 Per effetto dell'acquisto, l'Utente avrà diritto a fruire del Servizio per l'intera durata
dell'abbonamento;
l'Utente, tuttavia, non può sospendere per alcun motivo la fruizione del Servizio durante il periodo di
validità
dell'Abbonamento.
3. DURATA, DISDETTA E RINNOVO DELL'ABBONAMENTO
3.1 L'Abbonamento avrà la durata di volta in volta indicata nel pacchetto scelto dall'Utente (per esempio,
mensile o
annuale).
3.2 L'Abbonamento si rinnoverà ciclicamente e in modo automatico per una durata eguale a quella
originariamente scelta
dall'Utente, sino a quando una delle Parti non comunichi all'altra la disdetta dell'Abbonamento almeno 24
ore prima del
momento della scadenza. In mancanza di disdetta nel termine indicato, l'Abbonamento è automaticamente
rinnovato.
3.3 L'Utente potrà esercitare la disdetta in ogni momento e senza costi attraverso una delle seguenti
modalità:
seguendo la procedura per la gestione dell'Abbonamento all'interno del proprio profilo utente sia sul Sito
che
nell'Applicazione;
inviando una mail al seguente indirizzo: help@newslist.it.
3.4 Gli effetti della disdetta si verificano automaticamente alla scadenza del periodo di abbonamento in
corso; fino a
quel momento, l'Utente ha diritto a continuare a fruire del proprio Abbonamento. La disdetta non dà invece
diritto ad
alcun rimborso per eventuali periodi non goduti per scelta dell'Utente.
3.5 In caso di mancato esercizio della disdetta, il rinnovo avverrà al medesimo costo della transazione
iniziale, salvo
che il Fornitore non comunichi all'Utente la variazione del prezzo dell'Abbonamento con un preavviso di
almeno 30 giorni
rispetto alla data di scadenza. Se, dopo aver ricevuto la comunicazione della variazione del prezzo,
l'Utente non
esercita la disdetta entro 24 ore dalla scadenza, l'Abbonamento si rinnova al nuovo prezzo comunicato dal
Fornitore.
3.6 Il Fornitore addebiterà anticipatamente l'intero prezzo dell'Abbonamento subito dopo ogni rinnovo sullo
stesso
strumento di pagamento in precedenza utilizzato dall'Utente ovvero sul diverso strumento indicato
dall'Utente attraverso
l'area riservata del proprio account personale.
4. Recesso DEL CONSUMATORE
4.1 L'Utente, ove qualificabile come consumatore – per consumatore si intende una persona fisica che agisce
per scopi
estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta, ha
diritto di
recedere dal contratto, senza costi e senza l'onere di indicarne i motivi, entro 14 giorni dalla data di
attivazione
dell'Abbonamento acquistato.
4.2 L'Utente può comunicare la propria volontà di recedere, inviando al Fornitore una comunicazione
esplicita in questo
senso mediante una delle seguenti modalità:
mediante raccomandata a.r. indirizzata alla sede del Fornitore;
per email al seguente indirizzo help@newslist.it;
4.3 Ai fini dell'esercizio del recesso l'Utente può, a sua scelta, utilizzare questo modulo
4.4 Il termine per l'esercizio del recesso si intende rispettato se la comunicazione relativa all'esercizio
del diritto
di recesso è inviata dall'Utente prima della scadenza del periodo di recesso.
4.5 In caso di valido esercizio del recesso, il Fornitore rimborserà all'Utente il pagamento ricevuto in
relazione
all'Abbonamento cui il recesso si riferisce, al netto di un importo proporzionale a quanto è stato fornito
dal Fornitore
fino al momento in cui il consumatore lo ha informato dell'esercizio del diritto di recesso; per il calcolo
di tale
importo, si terrà conto dei numeri o comunque dei contenuti fruiti e/o fruibili dal consumatore fino
all'esercizio del
diritto di recesso. Il rimborso avverrà entro 14 giorni dalla ricezione della comunicazione di recesso sullo
stesso
mezzo di pagamento utilizzato per la transazione iniziale.
4.6 Eventuali eccezioni al diritto di recesso, ove previste da Codice del consumo – decreto legislativo 6
settembre
2005, n. 206, saranno comunicate al consumatore in sede di offerta prima dell'acquisto.
5. Modalità di pagamento
5.1 L'Abbonamento comporta l'obbligo per l'Utente di corrispondere al Fornitore il corrispettivo nella
misura
specificata nell'offerta in relazione al pacchetto scelto dall'Utente.
5.2 Tutti i prezzi indicati nell'offerta si intendono comprensivi di IVA.
5.3 Il pagamento dei corrispettivi può essere effettuato mediante carte di credito o debito abilitate ad
effettuare gli
acquisti online. Le carte accettate sono le seguenti: Visa, Mastercard, American Express.
5.4 L'Utente autorizza il Fornitore ad effettuare l'addebito dei corrispettivi dovuti al momento
dell'acquisto
dell'Abbonamento e dei successivi rinnovi sulla carta di pagamento indicata dallo stesso Utente.
5.5 Il Fornitore non entra in possesso dei dati della carta di pagamento utilizzata dall'Utente. Tali dati
sono
conservati in modo sicuro dal provider dei servizi di pagamento utilizzato dal Fornitore (Stripe o il
diverso provider
che in futuro potrà essere indicato all'Utente). Inoltre, a garanzia dell'Utente, tutte le informazioni
sensibili della
transazione vengono criptate mediante la tecnologia SSL – Secure Sockets Layer.
5.6 È onere dell'Utente: (i) inserire tutti i dati necessari per il corretto funzionamento dello strumento
di pagamento
prescelto; (ii) mantenere aggiornate le informazioni di pagamento in vista dei successivi rinnovi (per
esempio,
aggiornando i dati della propria carta di pagamento scaduta in vista del pagamento dei successivi rinnovi
contrattuali).
Qualora per qualsiasi motivo il pagamento non andasse a buon fine, il Fornitore si riserva di sospendere
immediatamente
l'Abbonamento fino al buon fine dell'operazione di pagamento; trascorsi inutilmente 3 giorni senza che il
pagamento
abbia avuto esito positivo, è facoltà del Fornitore recedere dal contratto con effetti immediati.
Pagamenti all'interno dell'applicazione IOS
5.7 In caso di acquisto dell'Abbonamento mediante l'Applicazione per dispositivi IOS, il pagamento è gestito
interamente
attraverso la piattaforma App Store fornita dal gruppo Apple. Il pagamento del corrispettivo è
automaticamente
addebitato sull'Apple ID account dell'Utente al momento della conferma dell'acquisto. Gli abbonamenti
proposti sono
soggetti al rinnovo automatico e all'addebito periodico del corrispettivo. L'Utente può disattivare
l'abbonamento fino a
24h prima della scadenza del periodo di abbonamento in corso. In caso di mancata disattivazione,
l'abbonamento si
rinnova per un eguale periodo e all'Utente viene addebitato lo stesso importo sul suo account Apple.
L'Utente può
gestire e disattivare il proprio abbonamento direttamente dal proprio profilo su App Store. Per maggiori
informazioni al
riguardo: https://www.apple.com/it/legal/terms/site.html. Il Fornitore non è responsabile per eventuali
disservizi della
piattaforma App Store.
6. Promozioni
6.1 Il Fornitore può a sua discrezione offrire agli Utenti delle promozioni sotto forma di sconti o periodi
gratuiti di
fruizione del Servizio.
6.2 Salvo che non sia diversamente specificato nella pagina di offerta della promozione, l'adesione a una
promozione
comporta, alla sua scadenza, l'attivazione automatica del Servizio a pagamento con addebito periodico del
corrispettivo
in base al contenuto del pacchetto di volta in volta selezionato dall'Utente.
6.3 L'Utente ha la facoltà di disattivare il Servizio in qualunque momento prima della scadenza del periodo
di prova
attraverso una delle modalità indicate nel precedente articolo 3).
7. Obblighi e garanzie dell'Utente
7.1 L'Utente dichiara e garantisce:
- di essere maggiorenne;
- di sottoscrivere l'Abbonamento per scopi estranei ad attività professionali, imprenditoriali, artigianali
o commerciali
eventualmente svolte;
- che tutti i dati forniti per l'attivazione dell'Abbonamento sono corretti e veritieri;
- che i dati forniti saranno mantenuti aggiornati per l'intera durata dell'Abbonamento.
7.2 L'Utente si impegna al pagamento del corrispettivo in favore del Fornitore nella misura e con le
modalità definite
nei precedenti articoli.
7.3 L'Utente si impegna ad utilizzare l'Abbonamento e i suoi contenuti a titolo esclusivamente personale, in
forma non
collettiva e senza scopo di lucro; l'Utente è inoltre responsabile per qualsiasi uso non autorizzato
dell'Abbonamento e
dei suoi contenuti, ove riconducibile all'account dell'Utente medesimo; per questo motivo l'Utente si
impegna ad
assumere tutte le precauzioni necessarie per mantenere riservato l'accesso all'Abbonamento attraverso il
proprio account
(per esempio, mantenendo riservate le credenziali di accesso ovvero segnalando senza ritardo al Fornitore
che la
riservatezza di tali credenziali risulta compromessa per qualsiasi motivo).
7.4 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
8. Tutela della proprietà intellettuale e industriale
8.1 L'Utente riconosce e accetta che i contenuti dell'Abbonamento, sotto forma di testi, immagini,
fotografie, grafiche,
disegni, contenuti audio e video, animazioni, marchi, loghi e altri segni distintivi, sono coperti da
copyright e dagli
altri diritti di proprietà intellettuale e industriale di volta in volta facenti capo al Fornitore e ai suoi
danti causa
e per questo si impegna a rispettare tali diritti.
8.2 Tutti i diritti sono riservati in capo ai titolari; l'Utente accetta che l'unico diritto acquisito con
il contratto
è quello di fruire dei contenuti dell'Abbonamento con le modalità e i limiti propri del Servizio. Fatte
salve le
operazioni di archiviazione e condivisione consentite dalle apposite funzionalità del Servizio, qualsiasi
attività di
riproduzione, pubblica esecuzione, comunicazione a terzi, messa a disposizione, diffusione, modifica ed
elaborazione dei
contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.