9 Novembre
Oggi il Giappone, domani l'America
Kim jong-un minaccia: ora tocca all'isola di Guam. Attacco nucleare su Los Angeles, una simulazione. Due o tre domande sugli squadroni libici e l'Italia. Guerri: in un mondo piccolo, le distanze tra gli uomini aumentano
Kim jong-un si è calmato? No, il suo missile ha appena sorvolato il Giappone e lui ha deciso di aumentare la posta sul tavolo da poker dei missili balistici. In un comunicato della televisione nordcoreana ha fatto sapere di essere pronto a far fare un voletto a uno dei suoi dardi sopra l'isola di Guam, primo obiettivo dichiarato della Corea del Nord durante la campagna missilistica estiva. Il dittatore resta un rebus per tutti i capi di stato, inafferrabile nelle sue pulsioni, uno che piroetta sulla scacchiera nucleare, incurante dei rischi che corre o, forse, conscio del fatto che colpirlo è difficile e nessuno si azzarda a premere per primo il grilletto della guerra nucleare. Perché di questo alla fine si tratta, del dilemma del Nuclear First Strike. Con le armi nucleari non è detto che vinca chi spara per primo, anche se è meglio anticipare il fuoco.
Kim sa che al Pentagono i generali sono divisi e non gli sarà sfuggita l'intervista di qualche giorno fa di Steve Bannon a The American Prospect(quella che ha acceso il semaforo verde della sua uscita) dove lo stratega della campagna elettorale di Trump diceva chiaramente di essere contro un intervento armato in Corea del Nord. Forte di queste divisioni, Kim fa il suo gioco, alza la posta, minaccia, bluffa e fa sul serio. La battuta su Guam è ripetuta ma potrebbe perfino decidere di provare a vedere che succede. In teoria, un suo missile verrebbe abbattuto dal sistema di difesa americano. Come? Così, ecco il video del CSIS di Washington:
Clicca sull'immagine per vedere il video.
Ma una cosa sono le esercitazioni e un'altra storia è la realtà. Il sorvolo del missile nordcoreano sul Giappone ha messo in luce i limiti difensivi di Tokyo e le capacità di lancio di...
Kim jong-un si è calmato? No, il suo missile ha appena sorvolato il Giappone e lui ha deciso di aumentare la posta sul tavolo da poker dei missili balistici. In un comunicato della televisione nordcoreana ha fatto sapere di essere pronto a far fare un voletto a uno dei suoi dardi sopra l'isola di Guam, primo obiettivo dichiarato della Corea del Nord durante la campagna missilistica estiva. Il dittatore resta un rebus per tutti i capi di stato, inafferrabile nelle sue pulsioni, uno che piroetta sulla scacchiera nucleare, incurante dei rischi che corre o, forse, conscio del fatto che colpirlo è difficile e nessuno si azzarda a premere per primo il grilletto della guerra nucleare. Perché di questo alla fine si tratta, del dilemma del Nuclear First Strike. Con le armi nucleari non è detto che vinca chi spara per primo, anche se è meglio anticipare il fuoco.
Kim sa che al Pentagono i generali sono divisi e non gli sarà sfuggita l'intervista di qualche giorno fa di Steve Bannon a The American Prospect(quella che ha acceso il semaforo verde della sua uscita) dove lo stratega della campagna elettorale di Trump diceva chiaramente di essere contro un intervento armato in Corea del Nord. Forte di queste divisioni, Kim fa il suo gioco, alza la posta, minaccia, bluffa e fa sul serio. La battuta su Guam è ripetuta ma potrebbe perfino decidere di provare a vedere che succede. In teoria, un suo missile verrebbe abbattuto dal sistema di difesa americano. Come? Così, ecco il video del CSIS di Washington:
Clicca sull'immagine per vedere il video.
Ma una cosa sono le esercitazioni e un'altra storia è la realtà. Il sorvolo del missile nordcoreano sul Giappone ha messo in luce i limiti difensivi di Tokyo e le capacità di lancio di Pyongyang in realtà non le conosce nessuno. Quelli dell'intelligence americana pensavano che non avrebbe mai sviluppato il nucleare, l'ha fatto. Pensavano che non avrebbe mai prodotto missili intercontinentali, l'ha fatto. Forse ha perfino miniaturizzato una testa nucleare. Con tutti questi ingredienti, il cocktail atomico si può fare.
Per gli Stati Uniti è un gigantesco rompicapo. Le sue città sono a tiro di missile di Kim: Los Angeles, Denver, Chicago e forse perfino perfino New York e Washington.
Cosa sarebbe successo se il missile nordcoreano avesse sorvolato Los Angeles? Panico. Quattro milioni di abitanti. E cosa accadrebbe in caso di attacco nucleare con una testata della potenza di 10 kilotoni, pari a quella fatta detonare nell'esperimento condotto da Kim nel 2013? Sarebbe successo questo:
Attacco a Los Angeles, testata da 10 kilotoni, esplosione in aria: oltre 70 mila morti e più di 150 mila feriti. Sono le stime - approssimative - ottenute attraverso le simulazioni di Nukemap. Non è un videogame, ma il risultato di studi accurati fatti da Alex Wellerstein. La guerra nucleare, l'indicibile. Ora provate a dormire tra due guanciali a Los Angeles al pensiero che c'è uno svitato in Asia che può lanciare un missile sulla vostra testa. Ecco perché l'amministrazione Trump ha un problema: il tempo è scaduto e Kim non è prevedibile.
Viviamo tempi interessanti. Forse troppo. Che si fa? Succedono cose interessanti anche in Italia o, meglio, in Libia. Ma pochi ne parlano. Che strano silenzio.
01
L'Italia e gli squadroni libici
Il salvataggio di 18 persone nel Mar Mediterraneo, a 74 chilometri dalle coste libiche, ieri. Foto di Ansa/AP
"Ad un certo momento ho temuto che ci fosse un rischio per la tenuta democratica del Paese". È una frase presa dai diari di Winston Churchill? È il generale Charles de Gaulle che parla al paese durante la crisi del maggio francese? È Francesco Cossiga che racconta nei suoi diari l'Italia degli Anni di Piombo? Nessuno tra questi, è semplicemente Marco Minniti, ministro degli Interni, che è entrato in una fase iperbolica della sua esistenza politica. Niente meno che "la tenuta democratica" ha visto in periglio, il Minniti. Notevole. E in quale informativa al Parlamento si è materializzata nelle settimane scorse questa minaccia? In quale relazione dei servizi segreti era scritto che il paese rischiava "la tenuta democratica?". In quale messaggio del Capo dello Stato è emersa questa crisi istituzionale che stava per travolgere la Repubblica Italiana?
Non c'è nessun pericolo per la tenuta democratica, c'è solo la campagna elettorale. Tutto secondo copione, niente di trascendentale, nessuna sorpresa, vedremo questo e altro nei prossimi mesi. Sono queste le regole del gioco. Ieri, oggi e domani. Solo che il titolare di List fa un mestiere che è destinato a fare domande, seminare dubbi, mettere nero su bianco fatti e non visioni. Veniamo al fatto, riguarda da vicino Minniti e il governo così attento alla "tenuta democratica del Paese".
Ieri l'Associated Press ha mandato in rete un servizio sulla Libia dove si dicono due o tre cose interessanti. Ecco il titolo che ha sferruzzato in pagina il New York Times:
Non c'è neanche il punto interrogativo. "Backed by Italy", sostenute dall'Italia le milizie bloccano i migranti in Libia. Questo sì che è notevole per i cosiddetti principi democratici. In cosa crede lo Stato italiano? Nel primato delle leggi - nazionali e internazionali - nelle carte fondamentali dei diritti dell'uomo. Il servizio di Associated Press - pubblicato dai giornali di mezzo mondo - dice alcune cose che dovrebbero accendere i neuroni di cui ha a cuore la Repubblica italiana e i suoi principi fondamentali, detto senza intenzioni iperbolico-elettorali. È tutto nelle prime righe del servizio di AP:
Non vi sembra interessante? Riepiloghiamo: una delle più importanti agenzie giornalistiche del mondo scrive che con il sostegno dell'Italia il governo libico sta pagando delle milizie - bande di criminali, per essere chiari - per fermare i migranti nel deserto. E questa sarebbe la ragione del calo drastico degli sbarchi nel Mediterraneo centrale. Nelle righe successive emergono le conseguenze: questa linea politica condurrebbe all'arricchimento delle stesse milizie che con i soldi incassati comprano armi e diventano sempre più potenti. Nel caos del paese, le milizie - bande di criminali, sempre per essere oggettivi - potrebbero in ogni momento tornare a trafficare (esseri umani, armi, droga, oro, basta leggere il report delle Nazioni Unite del 21 giugno scorso) o rivoltarsi contro il governo. Tutto molto edificante. Andiamo avanti.
Facciamo ancora uno sforzo di concentrazione sui cosiddetti principi democratici che erano a rischio qualche giorno fa e ora non più. C'è un'interpretazione parecchio elastica su quali valori universali promuove l'Italia con la sua politica estera. Se è vero quello che scrive AP, siamo di fronte al seguente giro di giostra: il governo italiano - insieme all'Europa - fornisce assistenza logistica, materiale e finanziaria al governo di Tripoli, il quale girerebbe il cash alle milizie. Al titolare di List tutto questo appare stupefacente.
Facciamo un passo ulteriore: parte delle tasse del contribuente italiano girate alla Libia sarebbero utilizzate da Tripoli per finanziare il lavoro delle milizie in Libia, in particolare a Sabratha. A molti contribuenti tutto questo non interessa, a qualcuno farà perfino piacere, ma ad altri l'idea di partecipare indirettamente con il prelievo fiscale a questo festival degli orrori (di questo si tratta) può non sembrare una cosa a misura d'uomo.
Palazzo Chigi non tratta certo con i trafficanti e le milizie, è chiaro, ma è il governo libico ad usare il denaro per commissionare il lavoro sporco sui migranti. A Tripoli hanno dunque "integrato" i clan tra le forze di sicurezza e tra loro ci sono certamente dei gentleman che hanno sul capo parecchi crimini di guerra, ma è un dettaglio sul quale il "Paese che rischiato la tenuta democratica" a quanto pare può sorvolare. Controllare i confini, bene. Legge e ordine, perfetto. Ma quale legge? Perché il destino di quelle persone imprigionate in Libia a questo punto è anche affare dell'Italia. O mettiamo la testa nella sabbia e vediamo che succede?
Gli indizi su questo stato di cose in Libia, sul ruolo delle milizie, sono ormai parecchi e coincidenti: c'è il report dell'Onu del 1° giugno sulla Libia, ci sono le testimonianze delle organizzazioni umanitarie, c'è il rapporto di Amnesty International, c'è un servizio dell'agenzia Reuters del 21 agosto scorso sugli squadroni di Sabratha, ci sono le parole del segretario generale dell'Onu Sergio Guterres dell'altro ieri che ha chiesto la liberazione immediata dei migranti detenuti in Libia, c'è la testimonianza al Consiglio di sicurezza dell'Onu dell'inviato speciale per la Libia Ghassan Salamé. Siamo dunque al paradosso: abbiamo una linea che è in collisione con quanto affermano le Nazioni Unite, le quali per dirla tutto sostengono il governo Serraj e sono il faro (solo sulla carta) del governo italiano. Siamo di fronte a un corto-circuito colossale della politica. E i corto-circuiti non riparati provocano spesso incendi colossali. Wait and see.
Nel dibattito pubblico tutto questo non emerge e la battaglia elettorale ha una vittima certa nell'immediato: l'Africa. Il problema è che la vera vittima più in là sarà l'Occidente, l'Europa. Nel continente africano ci sono 1,2 miliardi di persone, l'età media è di 19 anni, e l'Europa è vicina. Solo che gran parte degli europei - e degli italiani - pensa che tutto questo sia lontanissimo, faccia parte di un Altro Mondo, spostato il problema nei centri di detenzione e nel deserto, questo non esiste più. Non è così, ne abbiamo prova tutti i giorni. È il paradosso di un mondo piatto (The World is Flat, Thomas L. Friedman) dove gli strumenti di comunicazione, lo sviluppo dei trasporti hanno accorciato la distanza fisica ma accresciuto quella culturale. È quella che il titolare di List chiama "lontananza", è uno dei punti più incandescenti della contemporaneità, il sottosopra dell'Homo Technologicus. Il titolare ne ha discusso ieri con Giordano Bruno Guerri, il quale con la rapidità di un jet ha scritto sul tema un pezzo favoloso. Eccolo qui, in esclusiva per i lettori di List.
02
Homo Technologicus?
Foto di Randall Bruder
di Giordano Bruno Guerri
“Il mondo è diventato più piccolo.” Ch’io sappia la frase venne pronunciata e scritta la prima volta nel 1807, quando un rivoluzionario battello a vapore navigò lungo il fiume Hudson (e subito venne distrutto dai barcaioli, timorosi di rimanere senza lavoro). In Italia un piroscafo, costruito nei cantieri partenopei di Vigliena, salpò da Napoli nel 1818, si chiamava Ferdinando I, in onore del re Borbone. La frase venne ripetuta nel 1825, per l’inaugurazione del primo treno commerciale e per passeggeri della storia, in Gran Bretagna. Andava a 9 chilometri l’ora, e precedeva di 14 anni la prima ferrovia italiana, la Napoli-Portici, altro vanto dei Borboni e, oggi, dei loro nostalgici. “Il mondo è diventato più piccolo” venne ripetuto negli anni Ottanta dell’Ottocento, per la nascita dell’automobile, e esplose in un boato universale nel 1933, quando Italo Balbo dimostrò che il volo di massa era possibile, sorvolando l’Atlantico al comando di una squadriglia di aerei e più di 100 uomini.
In realtà il mondo diventò davvero più piccolo in un giorno a cui non venne data importanza. Fu l'8 dicembre 1895, quando un signorino – si diceva così – di 25 anni dimostrò l’esistenza delle onde radio, dalla finestra della sua camera sull’Appennino tosco-emiliano, facendo suonare un campanello oltre la collina. Si chiamava Guglielmo Marconi e non era il primo a portare a termine l’esperimento: la sua altra abilità fu mettere la scoperta in produzione industriale, benché l’acuto ministro delle Poste e Telegrafi dell’epoca, ricevuta la proposta, l’abbia archiviata scrivendo sulla lettera “Alla Longara”, ovvero al manicomio di via della Longara. Il brillante ministro si chiamava Pietro Lacava, patriota liberale, e avrebbe fatto carriera, passando all’Agricoltura, Industria e Commercio, ai Lavori Pubblici e puranco alle Finanze, dal 1907 al 1909: proprio l’anno in cui Marconi ricevette il Nobel. Invano spereremmo che il ministro sia caduto per quel motivo, cadde invece il terzo di cinque governi di Giovanni Giolitti.
Racconto tutto questo ai lettori di List non perché il titolare mi abbia suggerito“almeno 6000 battute”, che nei giornali tradizionali corrispondono a Guerra e pace. Ve ne porgo 7046, spazi inclusi, e non perché voglio tirarla lunga, è che la storia ci insegna sempre che quanto accade - di nuovo e magnifico, di nuovo e sorprendente, di nuovo e terribile - non è mai definitivo, come mai senza cause e conseguenze, sempre inaspettate. E che, spesso, le grandi rivoluzioni passano all’inizio inosservate, incomprese. Accadde, negli anni Sessanta, a Internet, figlia di Marconi e dell’esercito americano. Neanche trent’anni dopo, quando venne messa a disposizione di tutti, se ne capì subito l’enorme potenza. Tutti sembrano avere a disposizione tutto, e in effetti ce l’hanno – ce l’avrebbero. E’ come entrare nella British Library di Londra, che con i suoi 170 milioni di volumi è la più grande biblioteca del mondo. Ma se sei un analfabeta di ritorno, o non sai l’inglese, al massimo te ne serviranno 17.000, a scelta fra i più semplici. Però 17.000 libri, e semplici, sono comunque tanti, e benvenuta Internet, che può aprire gli spazi mentali a chi ha intelligenza e voglia sufficienti per aprirli. Gli altri continueranno a boccheggiare nella loro bolla vuota, convinti di navigare per il vasto mare aperto: non ce ne dobbiamo adombrare, la scoperta di Gutenberg avrebbe messo i libri a disposizione di tutti, ma non tutti sono diventati lettori, e assai di meno lettori attenti e fini. Il vero pericolo, in questo caso, non è l’ignoranza, è il credere di non essere ignorante. Credere, cioè, di conoscere il mondo, e persino gli “amici”, perché si bazzica qualche dozzina di pagine Facebook o si innaffia Twitter di like. Dite che costoro sono la maggioranza? Bella forza, lo sono sempre stati, anche prima di Internet: non è lo strumento che cambia la mente, è la mente che deve saper usare lo strumento. Internet è fantastica, un arricchimento come mai prima, tanto e tutto insieme. Dobbiamo solo saper affrontare questo nuovo problema, l’immenso aumento di chi non sa di non sapere. “Solo” per modo di dire, beninteso, ché Internet permette alla maggioranze prima silenziose, in quanto scollegate, di diventare rumorose, talora persino di aspirare al governo della cosa pubblica. Invece i più – per disgrazia e per fortuna – vivono nella loro bolla telematica come in un cortile aumentato a dismisura, senza altri danni: almeno apparenti, le conseguenze vere si vedranno quando i figli dei nativi digitali avranno conquistato i poteri, fra un mezzo secolo, ma le combinazioni possibili con altre cose che avverranno – guerre, scoperte, rivoluzioni, malattie – rende fatue tutte le previsioni. E non credete a chi ve ne fa, vaste e globali.
Poiché è caratteristica dell’essere umano percepire più rapidamente i cambiamenti fisici di quelli immateriali, qualche anno fa venne colta assai più rapidamente del fenomeno Internet la rivoluzione dei voli a basso costo, figli dei fratelli Wright, di Balbo e di qualche imprenditore abile e visionario. Con somme relativamente piccole, comunque a disposizione di molti, oggi si va dove ci pare. E a fare quel che ci pare, tanto alle Maldive per annoiarsi al sole come in California a cercare pepite tecnologiche. “Il mondo è sempre più piccolo”, è vero, ma nient’affatto più vicino. Guardate quante isole che non c’erano adesso ci sono, e nient’affatto da sogno. La Brexit riporta la Gran Bretagna, dopo pochi decenni di diffidente ueismo, all’isola che è sempre stata. Trump riporta gli Stati Uniti a quel che sapevamo, “prima l’America”, poi – semmai – voi, se fate i bravi. La Germania, che finge di essere il cervello e il cuore dell’Europa per celare ambizioni padronali. La Cina, immensa isola in espansione. La Corea di Kim, diociscampi. La Russia tornata orso, ammesso che abbia mai dismesso quella pelle. Ma soprattutto l’Africa, è lontana. Credevamo di averla avvicinata con il colonialismo, poi con la decolonizzazione e le democrazie. Invece eccola ancora distante più che ai tempi di Livingstone e di Stanley, misteriosa, ostile, pericolosa.Non benché, ma anzi perché è geograficamente tanto più vicina, perché il mondo è sempre più piccolo.
Piccolo e antico, a dirsela tutta. Vedete che ci sono ancora le guerre di religione, come ai tempi della Prima Crociata, del 1096, come chi entra nella British Library non sapendo leggere: ci sono ancora le guerre di religione nonostante i voli a basso prezzo e Internet, proprio grazie anche ai voli a basso prezzo e a Internet. Perché? Qui arrivo alle conclusioni delle 7000 e passa battute, che avrei potuto scrivere in due criptici twitt se non amassi, oltre a Internet, anche i lettori: 1 - “Il progresso tecnologico-scientifico procede, ormai da un secolo e per la prima volta, molto più velocemente di quello culturale e politico.” 2 - “Siamo tecnologicamente veloci e culturalmente lenti, è questo il vero problema, il vero pericolo.” Come i barcaioli che distrussero il primo battello a vapore.
***
Per fortuna c'è Guerri. E ci sono le guerre di religione, le guerre di quartiere, le guerre condominiali. Chi abita nella Capitale ha solo l'imbarazzo della scelta. Titoli dal Messaggero di oggi: "Sgomberi, tensione sindaci-Viminale". Le guerre istituzionali. "Così agiva il racket nel Palazzo occupato: documenti falsi e timbri". La guerra tra immigrati che andava avanti dal 2013 in pieno centro a Roma. "Migrante litiga con ragazzini. Nel quartiere scoppia la rivolta: eritreo accoltellato alla schiena". La guerra di quartiere. "Rilievi dell'incidente troppo lenti: motociclista spezza il braccio a un vigile". La guerra del traffico. "Roma, furto choc nella chiesa: smurata dai ladri la teca con la reliquia del santo". Non c'è pace neanche per i santi. È Roma, una "res monstruosa", quella che ci racconta Michele Magno. Andiamo a passo veloce nella storia dei suoi governi, praticamente un viaggio nell'impossibile. Allacciate le cinture.
03
Roma. "Una res monstruosa"
Foto di Nils Huber
di Michele Magno
Una "res monstruosa", qualcosa di mostruoso: così definisce la realtà capitolina l'insigne giurista Bartolo da Sassoferrato nel De regimine civitatis. Sembra un'istantanea della Roma di oggi, mentre risale alla metà del Trecento. Sul banco degli accusati, la "tirannide repubblicana" e la condizione disastrosa della "sede del beato Pietro". La "cattività avignonese" del papato (1305-1376) non era stata indolore: blocco dei massicci interventi edilizi promossi dai pontefici, diminuito afflusso di pellegrini, crollo della domanda di beni e servizi assicurata dalla Curia. Petrarca paragonava l'Urbe a un'anziana matrona, dal passato fascinoso ma spossata dalle lotte intestine.Boccaccio punterà il dito sulla sua decadenza artistica e culturale. Giovanni Villani sulla instabilità dei regimi popolari dell'epoca, eredi di quella "renovatio senatus" che aveva visto la luce duecento anni prima.
L'eminente medievista Jean-Claude Maire Vigueur ha scritto che a Roma "il comune nasce tardi, quando molte altre città italiane hanno da tempo conquistato la piena autonomia" (Il comuneromano, in Roma medievale, a cura di André Vauchez, Laterza, 2015). Siamo nel 1143 e i romani sono in guerra contro Tivoli. Anche Innocenzo II voleva dare una lezione a una città che, durante i conflitti con l'impero, si era sempre schierata con gli antipapi. Il 7 luglio i tiburtini vengono sconfitti. Il pontefice li grazia, accontentandosi di un giuramento di fedeltà. La sua clemenza provoca però la ribellione dei romani, che irrompono nel Campidoglio dove danno danno vita a un'assemblea, il senato appunto, e decidono di riprendere le ostilità contro Tivoli. È l'atto fondativo del comune di Roma.
Nato in chiave antipontificia, il senato tenta di sottoporre il clero alla sua giurisdizione, mettendo in discussione il principio dell'immunità giuridica e fiscale degli ecclesiastici. Fino alla metà del tredicesimo secolo, tutta la storia del comune romano è scandita da contrasti e da patti con il papato che hanno valore di compromesso provvisorio, ai quali Ferdinand Gregorovius ha dedicato pagine magistrali. È in questi anni che si forma un'élite aristocratica ristretta: non più di una dozzina di famiglie che si erano arricchite facendo incetta dei beni ecclesiasici. Sono i cosiddetti "barones Urbis". Da allora il gruppo sempre più potente dei lignaggi baronali si stacca dalla nobiltà "minore". Al comune dei "mercatores" e dei "milites" succede così il comune dei Savelli, degli Orsini, dei Colonna, dei Cenci, dei Caetani, solo per citare i nomi più noti. Forniti di cospicue proprietà nel Lazio, avevano investito il grosso delle proprie fortune nell'acquisizione di terre e castelli, come dimostra il caso dei Caetani. Dopo l'ascensione al cardinalato di Benedetto, il futuro Bonifacio VIII (1230-1303), il casato poteva vantare la proprietà di latifondi che dalla tomba di Cecilia Metella sull'Appia si estendevano fino ad Anagni e Sermoneta. Un espansionimo duramente avversato dalle altre famiglie patrizie e in particolare dai Colonna. La rappresaglia di papa Caetani non si fa attendere: nel 1299 Palestrina, la loro principale residenza, viene rasa al suolo.
Si apre così quella turbolenta fase della storia romana che è stata chiamata "anarchia dei baroni". La Cronica dell'Anonimo Romano, il biografo di Cola di Rienzo (1313-1354), narra con dettagli raccapriccianti lo spettacolo desolante di una città e di una campagna devastate dai saccheggi e dalle violenze delle bande baronali. Nel 1342, nel corso della sua ambasciata ad Avignone, lo stesso Cola non aveva esitato a proclamare, al cospetto di Clemente VI 1291-1352), che "lli baroni de Roma so' derobatori de strade: essi consiento li omicidi, le robbarie, li adulterii, onne male; essi voco che la loro citate iaccia desolata". Erano insomma insaziabili e feroci predatori, simili ai "lioni, lopi e orzi". Secondo Rigueur, il linguaggio ha toni biblici, ma i ritratto è attendibile. Per lo studioso francese la spiegazione delle atrocità baronali va cercata nel carattere del tutto peculiare di un ceto incurante della legalità perché disinteressato al commercio e alla finanza, in quanto ricavava la maggior parte del proprio denaro dalle proprietà fondiarie e immobiliari. Per altro verso, sostituirsi alla giustizia capitolina nei quartieri dove stazionavano le sue clientele, alle quali forniva protezione e servizi essenziali (la stufa, il forno, la cisterna), era considerato naturale da un ceto i cui membri si fregiavano dell'appellativo di "magnificus vir".
Nonostante il loro strapotere, i baroni non hanno però mai tentato di modificare l'assetto istituzionale del comune. D'altronde, la struttura topografica dei rioni e delle contrade consentiva ai clan signorili di controllare sia l'elezione dei delegati ai consigli sia il reclutamento delle milizie comunali. Nel 1328 sarà proprio un barone, Giacomo Colonna detto Sciarra, a guidarle in una clamorosa vittoria contro l'esercito guelfo capeggiato dal fratello del re di Napoli. Autore del famoso "oltraggio di Anagni" ai danni di Bonifacio VIII (1303) ed esponente di spicco del partito filoimperiale, senatore autorevole e carismatico condottiero, la sua carriera politica è l'esempio più eclatante del doppiogiochismo di alcune figure della grande nobiltà romana. Pur non rinunciando a svolgere un ruolo cruciale nelle contese interne al suo ceto di appartenenza, Sciarra riesce a farsi apprezzare come "vertuosissimo barone" dal popolo, tanto da esserne nominato capitano nel 1327. L'istituto del capitanato risaliva al 1254, ed è coevo alla costituzione del consiglio dei "Tredici Buoniuomini" (rappresentanti dei tredici rioni della città) e alla riforma delle corporazioni delle arti e dei mestieri. Il loro artefice, il senatore Brancaleone degli Andalò, le aveva concepite per aprire la democrazia comunale ai ceti artigiani e mercantili.
"È Romani si levarono a romore e feciono popolo", annota Villani nella Nuova Cronicaalludendo ai sommovimenti sociali che instaurano i regimi popolari anticipati dalle riforme di Brancaleone. Dal 1305 al tribunato di Cola di Rienzo saranno almeno cinque. Nel cinquantennio che precede la brutale scomparsa della sua autonomia, il comune romano raggiunge il punto più alto della sua parabola, arginando l'arbitrio baronale e, dopo la parentesi "rienziana" (a chi legge non sfugga la prima vocale...), consolidando le sue istituzioni.
L'uscita di scena di Cola non detemina un arretramento del movimento popolare. Nel giro di pochi anni si riorganizza grazie anche al neutralismo di Innocenzo VI (1282-1362), ansioso di rientrare a Roma e preoccupato della rissosità dei baroni. Sono anni di profondo cambiamento della fisionomia istituzionale del comune. Nel 1358 una nuova magistratura, i Sette Riformatori (detti anche Rettori o Governatori), subentra al senatore e al capitano del Popolo nel governo della città. Viene inoltre creata la Felice Società dei Balestrieri e Pavesati: una milizia di tremila cittadini, metà armati di balestre e metà di uno scudo -il pavese- e di una spada. Balestrieri e pavesati non si sostitituiscono all'esercito comunale, i cui reparti di cavalieri e di fanti continuano ad essere impiegati nella difesa delle mura aureliane dagli attacchi esterni. Sono piuttosto destinati a compiti di polizia, a espugnare i fortilizi dei baroni e a reprimere le loro scorrerie.
Pur restando in sella per circa un quarantennio, il nuovo regime si reggeva su un equilibrio precario. Le lettere dei mercanti fiorentini rivelano infatti l'esistenza di due partiti che si contendevano il potere senza esclusione di colpi: i "populares" e i "nobiles". A dispetto dei loro nomi, erano diretti dalla medesima élite di mercanti agiati e di bovattieri (gli imprenditori agricoli più benestanti). La scarsità delle fonti documentarie (gran parte dell'Archivio capitolino è stato distrutto dai lanzichenecchi nel 1527) non ha permesso di accertare le ragioni di questa spaccatura. Sappiamo però come Bonifacio IX (1350?-1404) l'abbia sfruttata per sbarazzarsi di una intollerabile alterità. Estate 1398: pur di impedire al capo dei "populares" Pietro Mattuzzi di riconquistare il potere con l'aiuto degli Orsini, i "nobiles" -spalleggiati dai Colonna- preferiscono consegnare la città nelle mani del pontefice con un atto formale di "resignatio pleni dominii". Quando i capi dei "nobiles", Pietro Sabba Giuliani e Pietro Cenci, tentano di reinsediare con la forza nelle loro funzioni i Banderesi (i comandanti della Felice Società), Bonifacio IX li fa giustiziare. Dopo due secoli e mezzo, il "libero comune" cedeva definitivamente il passo alla Roma papale.
***
Rieccoci nel presente. Magno lo ha dipinto così bene che... sembra uguale al passato! Con il peggioramento del rumoreggio dei social dove di certo ci sono tante persone intelligenti ma i cretini si fanno notare parecchio. Cambiamo spartito, andiamo in America, Harvey si è rivelato molto resistente e carico di pioggia. E non basta l'ombrello, siamo in piena zona alluvione.
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Harvey in Louisiana
Javier ha pescato una carpa per le strade di Houston. Foto: Jay Janner/Austin American-Statesman via AP
È stato degradato a tempesta tropicale, ma sta sommergendo tutto quello che incontra. Dopo aver inondato il Texas Harvey si è spostato in Louisiana. Vediamo la foto satellitare:
Harvey non vuole andar via, scrive il New York Times. Su List aveva avvisato: "Mi chiamo Harvey, faccio l'uragano". Per la ricostruzione del Texas ci vorranno anni, ma lo stato federale ha dato prova di grande organizzazione e sangue freddo. Speriamo non succeda niente di grave in Louisiana, il ricordo dell'uragano Katrina del 2005 è ancora vivo e là non furono in gamba come i texani.
A Houston e dintorni si viaggia per strada in gommone, nel resto d'America ci pensa Uber. Che ha un nuovo capo e viene dal gigante dei viaggi online, Expedia. Saliamo a bordo e andiamo a scoprire chi è Dara Khosrowshahi.
05
Da Expedia a Uber
Dara Khosrowshahi è un bel tipo, è uno che ha fegato. Era il numero uno di Expedia e qualcosa un bel giorno gli ha detto che era ora di ficcarsi nei guai e mettersi al volante di una strana azienda chiamata Uber. In fondo, Dara si è occupato di viaggi negli ultimi anni e dunque tutto torna. Non proprio, Expedia è un altro film e nel board dell'azienda c'è una guerra termonucleare in corso (senza Kim).
Khosrowshahi è un motore ibrido: è nato a Teheran, ha 48 anni, è un ingegnere elettronico laureato alla Brown University, si è fatto come capita spesso a Wall Street le ossa in una banca, poi è passato ai media e infine è stato catapultato nella cabina di comando di Expedia per rimetterla in sesto. L'azienda aveva il marchio, ma non più la leadership del mercato, aveva perso il suo primato sul piano dell'offerta (sconvolta poi dall'arrivo di Airbn) e delle soluzioni tecnologiche. La sharing economy aveva messo Expedia sull'orlo del crac.
Una rivoluzione innescata dalle piattaforme tecnologiche che si propaga come un virus e cambia gli stili di consumo. Correva l'anno 2005, sembra un secolo fa. Di fronte a una sfida che sembrava persa in partenza Khosrowshahi ha fatto online quello che si faceva offline: ha inseguito i clienti e i loro mutati stili di consumo. Gli hotel indipendenti di un tempo erano i servizi di ricerca che davano alternative di scelta ai viaggiatori. Ci sono voluti più di dieci anni di lavoro, una trasformazione radicale dell'azienda culminata con l'acquisto di Home-Away, lo stesso campo da gioco di Airbn e degli altri operatori della sharing economy. Farà la stessa cosa a Uber?
Expedia e Uber non sono la stessa cosa, ma in fondo si tratta sempre di cliccare e scegliere. Sembra facile. Uber ha ricavi monstre e perdite colossali, ha un azionista pesante - e ex numero uno - Travis Kalanick che è un luna park viaggiante di ottime idee e rovinosi comportamenti ad alto voltaggio, il board è diviso sulla strategia, Travis non è un tipo contenibile in una riunione d'affari, insomma Khosrowshahi si è infilato in un tunnel mentre arriva un treno in corsa. Riuscirà a schivarlo? Se ne esce vivo, lo mettono a risolvere un guaio ancora più grande. Che destino.
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- Aggiornamenti
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Termini e condizioni di vendita dei servizi di abbonamento
I presenti termini d'uso disciplinano la fornitura digitale del servizio in abbonamento (di seguito,
il"Servizio" o
l'"Abbonamento") a List nelle diverse formule di volta in volta disponibili. Il Servizio è fornito da List
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Roma, numero
di iscrizione RM/1518421 (di seguito, il "Fornitore").
Il Servizio è rivolto esclusivamente a utenti maggiorenni. (di seguito, l'"Utente" o gli "Utenti").
List è il servizio digitale che fornisce agli Utenti contenuti editoriali, giornalistici e informativi di
qualità;
maggiori informazioni su List sono disponibili navigando sul sito internet https://newslist.it/ (di seguito,
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Il Servizio è disponibile in abbonamento via web a partire dal Sito, nonché attraverso l'applicazione List
(di seguito,
l'"Applicazione") per dispositivi mobili con sistema operativo IOS 11.0 o successivi e Android 6.0 o
successivi.
Il costo dei dispositivi, delle apparecchiature e della connessione internet necessari per la fruizione del
Servizio non
è ricompreso nel Servizio e si intende a carico dell'Utente.
1. Caratteristiche del Servizio
1.1 Il Servizio ha ad oggetto la fruizione in abbonamento dei contenuti editoriali della testata List.
L'Abbonamento è
disponibile esclusivamente in formato digitale; resta quindi espressamente esclusa dal Servizio la fornitura
dei
contenuti in formato cartaceo.
1.2 Il Servizio è a pagamento e comporta il pagamento di un corrispettivo a carico dell'Utente (con le
modalità previste
nel successivo articolo 5).
1.3 L'Utente può scegliere tra diverse formule a pagamento per la fruizione del Servizio; il costo, la
durata, le
modalità di erogazione e gli specifici contenuti di ciascun pacchetto sono specificati nella pagina di
offerta
pubblicata su https://newslist.it/fe/#!/register ovvero all'interno dell'Applicazione. Il contenuto
dell'offerta deve
intendersi parte integrante dei presenti termini d'uso e del connesso contratto tra il Fornitore e l'Utente.
2. Acquisto dell'abbonamento
2.1 Ai fini dell'acquisto di un Abbonamento è necessario (i) aprire un account List; (ii) selezionare un
pacchetto tra
quelli disponibili; (iii) seguire la procedura di acquisto all'interno del Sito o dell'Applicazione,
confermando la
volontà di acquistare l'Abbonamento mediante l'apposito tasto virtuale. L'Abbonamento si intende acquistato
al momento
della conferma della volontà di acquisto da parte dell'Utente; a tal fine, l'Utente accetta che faranno fede
le
risultanze dei sistemi informatici del Fornitore. La conferma vale come espressa accettazione dei presenti
termini
d'uso.
2.2 L'Utente riceverà per email la conferma dell'attivazione del Servizio, con il riepilogo delle condizioni
essenziali
applicabili e il link ai termini d'uso e alla privacy policy del Fornitore; è onere dell'Utente scaricare e
conservare
su supporto durevole il testo dei termini d'uso e della privacy policy.
2.3 Una volta confermato l'acquisto, l'intero costo dell'Abbonamento, così come specificato nel pacchetto
acquistato,
sarà addebitato anticipatamente sullo strumento di pagamento indicato dall'Utente.
2.4 Effettuando la richiesta di acquisto dell'Abbonamento, l'Utente acconsente a che quest'ultimo venga
attivato
immediatamente senza aspettare il decorso del periodo di recesso previsto al successivo articolo 4.
2.5 Per effetto dell'acquisto, l'Utente avrà diritto a fruire del Servizio per l'intera durata
dell'abbonamento;
l'Utente, tuttavia, non può sospendere per alcun motivo la fruizione del Servizio durante il periodo di
validità
dell'Abbonamento.
3. DURATA, DISDETTA E RINNOVO DELL'ABBONAMENTO
3.1 L'Abbonamento avrà la durata di volta in volta indicata nel pacchetto scelto dall'Utente (per esempio,
mensile o
annuale).
3.2 L'Abbonamento si rinnoverà ciclicamente e in modo automatico per una durata eguale a quella
originariamente scelta
dall'Utente, sino a quando una delle Parti non comunichi all'altra la disdetta dell'Abbonamento almeno 24
ore prima del
momento della scadenza. In mancanza di disdetta nel termine indicato, l'Abbonamento è automaticamente
rinnovato.
3.3 L'Utente potrà esercitare la disdetta in ogni momento e senza costi attraverso una delle seguenti
modalità:
seguendo la procedura per la gestione dell'Abbonamento all'interno del proprio profilo utente sia sul Sito
che
nell'Applicazione;
inviando una mail al seguente indirizzo: help@newslist.it.
3.4 Gli effetti della disdetta si verificano automaticamente alla scadenza del periodo di abbonamento in
corso; fino a
quel momento, l'Utente ha diritto a continuare a fruire del proprio Abbonamento. La disdetta non dà invece
diritto ad
alcun rimborso per eventuali periodi non goduti per scelta dell'Utente.
3.5 In caso di mancato esercizio della disdetta, il rinnovo avverrà al medesimo costo della transazione
iniziale, salvo
che il Fornitore non comunichi all'Utente la variazione del prezzo dell'Abbonamento con un preavviso di
almeno 30 giorni
rispetto alla data di scadenza. Se, dopo aver ricevuto la comunicazione della variazione del prezzo,
l'Utente non
esercita la disdetta entro 24 ore dalla scadenza, l'Abbonamento si rinnova al nuovo prezzo comunicato dal
Fornitore.
3.6 Il Fornitore addebiterà anticipatamente l'intero prezzo dell'Abbonamento subito dopo ogni rinnovo sullo
stesso
strumento di pagamento in precedenza utilizzato dall'Utente ovvero sul diverso strumento indicato
dall'Utente attraverso
l'area riservata del proprio account personale.
4. Recesso DEL CONSUMATORE
4.1 L'Utente, ove qualificabile come consumatore – per consumatore si intende una persona fisica che agisce
per scopi
estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta, ha
diritto di
recedere dal contratto, senza costi e senza l'onere di indicarne i motivi, entro 14 giorni dalla data di
attivazione
dell'Abbonamento acquistato.
4.2 L'Utente può comunicare la propria volontà di recedere, inviando al Fornitore una comunicazione
esplicita in questo
senso mediante una delle seguenti modalità:
mediante raccomandata a.r. indirizzata alla sede del Fornitore;
per email al seguente indirizzo help@newslist.it;
4.3 Ai fini dell'esercizio del recesso l'Utente può, a sua scelta, utilizzare questo modulo
4.4 Il termine per l'esercizio del recesso si intende rispettato se la comunicazione relativa all'esercizio
del diritto
di recesso è inviata dall'Utente prima della scadenza del periodo di recesso.
4.5 In caso di valido esercizio del recesso, il Fornitore rimborserà all'Utente il pagamento ricevuto in
relazione
all'Abbonamento cui il recesso si riferisce, al netto di un importo proporzionale a quanto è stato fornito
dal Fornitore
fino al momento in cui il consumatore lo ha informato dell'esercizio del diritto di recesso; per il calcolo
di tale
importo, si terrà conto dei numeri o comunque dei contenuti fruiti e/o fruibili dal consumatore fino
all'esercizio del
diritto di recesso. Il rimborso avverrà entro 14 giorni dalla ricezione della comunicazione di recesso sullo
stesso
mezzo di pagamento utilizzato per la transazione iniziale.
4.6 Eventuali eccezioni al diritto di recesso, ove previste da Codice del consumo – decreto legislativo 6
settembre
2005, n. 206, saranno comunicate al consumatore in sede di offerta prima dell'acquisto.
5. Modalità di pagamento
5.1 L'Abbonamento comporta l'obbligo per l'Utente di corrispondere al Fornitore il corrispettivo nella
misura
specificata nell'offerta in relazione al pacchetto scelto dall'Utente.
5.2 Tutti i prezzi indicati nell'offerta si intendono comprensivi di IVA.
5.3 Il pagamento dei corrispettivi può essere effettuato mediante carte di credito o debito abilitate ad
effettuare gli
acquisti online. Le carte accettate sono le seguenti: Visa, Mastercard, American Express.
5.4 L'Utente autorizza il Fornitore ad effettuare l'addebito dei corrispettivi dovuti al momento
dell'acquisto
dell'Abbonamento e dei successivi rinnovi sulla carta di pagamento indicata dallo stesso Utente.
5.5 Il Fornitore non entra in possesso dei dati della carta di pagamento utilizzata dall'Utente. Tali dati
sono
conservati in modo sicuro dal provider dei servizi di pagamento utilizzato dal Fornitore (Stripe o il
diverso provider
che in futuro potrà essere indicato all'Utente). Inoltre, a garanzia dell'Utente, tutte le informazioni
sensibili della
transazione vengono criptate mediante la tecnologia SSL – Secure Sockets Layer.
5.6 È onere dell'Utente: (i) inserire tutti i dati necessari per il corretto funzionamento dello strumento
di pagamento
prescelto; (ii) mantenere aggiornate le informazioni di pagamento in vista dei successivi rinnovi (per
esempio,
aggiornando i dati della propria carta di pagamento scaduta in vista del pagamento dei successivi rinnovi
contrattuali).
Qualora per qualsiasi motivo il pagamento non andasse a buon fine, il Fornitore si riserva di sospendere
immediatamente
l'Abbonamento fino al buon fine dell'operazione di pagamento; trascorsi inutilmente 3 giorni senza che il
pagamento
abbia avuto esito positivo, è facoltà del Fornitore recedere dal contratto con effetti immediati.
Pagamenti all'interno dell'applicazione IOS
5.7 In caso di acquisto dell'Abbonamento mediante l'Applicazione per dispositivi IOS, il pagamento è gestito
interamente
attraverso la piattaforma App Store fornita dal gruppo Apple. Il pagamento del corrispettivo è
automaticamente
addebitato sull'Apple ID account dell'Utente al momento della conferma dell'acquisto. Gli abbonamenti
proposti sono
soggetti al rinnovo automatico e all'addebito periodico del corrispettivo. L'Utente può disattivare
l'abbonamento fino a
24h prima della scadenza del periodo di abbonamento in corso. In caso di mancata disattivazione,
l'abbonamento si
rinnova per un eguale periodo e all'Utente viene addebitato lo stesso importo sul suo account Apple.
L'Utente può
gestire e disattivare il proprio abbonamento direttamente dal proprio profilo su App Store. Per maggiori
informazioni al
riguardo: https://www.apple.com/it/legal/terms/site.html. Il Fornitore non è responsabile per eventuali
disservizi della
piattaforma App Store.
6. Promozioni
6.1 Il Fornitore può a sua discrezione offrire agli Utenti delle promozioni sotto forma di sconti o periodi
gratuiti di
fruizione del Servizio.
6.2 Salvo che non sia diversamente specificato nella pagina di offerta della promozione, l'adesione a una
promozione
comporta, alla sua scadenza, l'attivazione automatica del Servizio a pagamento con addebito periodico del
corrispettivo
in base al contenuto del pacchetto di volta in volta selezionato dall'Utente.
6.3 L'Utente ha la facoltà di disattivare il Servizio in qualunque momento prima della scadenza del periodo
di prova
attraverso una delle modalità indicate nel precedente articolo 3).
7. Obblighi e garanzie dell'Utente
7.1 L'Utente dichiara e garantisce:
- di essere maggiorenne;
- di sottoscrivere l'Abbonamento per scopi estranei ad attività professionali, imprenditoriali, artigianali
o commerciali
eventualmente svolte;
- che tutti i dati forniti per l'attivazione dell'Abbonamento sono corretti e veritieri;
- che i dati forniti saranno mantenuti aggiornati per l'intera durata dell'Abbonamento.
7.2 L'Utente si impegna al pagamento del corrispettivo in favore del Fornitore nella misura e con le
modalità definite
nei precedenti articoli.
7.3 L'Utente si impegna ad utilizzare l'Abbonamento e i suoi contenuti a titolo esclusivamente personale, in
forma non
collettiva e senza scopo di lucro; l'Utente è inoltre responsabile per qualsiasi uso non autorizzato
dell'Abbonamento e
dei suoi contenuti, ove riconducibile all'account dell'Utente medesimo; per questo motivo l'Utente si
impegna ad
assumere tutte le precauzioni necessarie per mantenere riservato l'accesso all'Abbonamento attraverso il
proprio account
(per esempio, mantenendo riservate le credenziali di accesso ovvero segnalando senza ritardo al Fornitore
che la
riservatezza di tali credenziali risulta compromessa per qualsiasi motivo).
7.4 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
8. Tutela della proprietà intellettuale e industriale
8.1 L'Utente riconosce e accetta che i contenuti dell'Abbonamento, sotto forma di testi, immagini,
fotografie, grafiche,
disegni, contenuti audio e video, animazioni, marchi, loghi e altri segni distintivi, sono coperti da
copyright e dagli
altri diritti di proprietà intellettuale e industriale di volta in volta facenti capo al Fornitore e ai suoi
danti causa
e per questo si impegna a rispettare tali diritti.
8.2 Tutti i diritti sono riservati in capo ai titolari; l'Utente accetta che l'unico diritto acquisito con
il contratto
è quello di fruire dei contenuti dell'Abbonamento con le modalità e i limiti propri del Servizio. Fatte
salve le
operazioni di archiviazione e condivisione consentite dalle apposite funzionalità del Servizio, qualsiasi
attività di
riproduzione, pubblica esecuzione, comunicazione a terzi, messa a disposizione, diffusione, modifica ed
elaborazione dei
contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.