6 Ottobre
Origine, ascesa e declino della tecnocrazia
Molti ne parlano, pochi ne conoscono la storia. La tecnocrazia nasce dal pensiero progressista del primo Novecento e il suo luogo di applicazione nel governo è negli Stati Uniti. Un viaggio di Lorenzo Castellani nel cuore dell'America dell'ingegneria sociale (dove alla fine vince la politica)
di Lorenzo Castellani
Che cos’è la tecnocrazia? Qual è la sua origine? In questi anni di trasformazioni politiche si è parlato molto di “tecnocrazia internazionale”, di “eurocrati”, di “tecnostrutture” alimentando la narrativa di un potere invisibile, lontano e incontrollabile per i cittadini.
La tecnocrazia è una manifestazione del potere politico controversa e ingombrante, la cui storia non può essere relegata agli ultimi trent’anni e che raramente viene presa sul serio sia da coloro che la esaltano sia da quelli che la reputano responsabile di tutto il malessere contemporaneo. Eppure la tecnocrazia esprime molto più di un termine per indicare il “potere dei tecnici”, poiché mostra un vero e proprio modo di pensare la politica e di rapportarsi con la competenza, la scienza, la tecnica.
In questa storia un posto centrale è rivestito dagli Stati Uniti d’America e dal pensiero progressista del primo Novecento. Alla fine del Diciannovesimo secolo l’America era un motore di straordinaria potenza e disordine: le masse si erano già affacciate alla politica, i partiti governavano lo Stato a colpi di populismo e spoil system, il settore pubblico era corrotto (e percepito come tale), la popolazione si era moltiplicata, le rivoluzione industriale si era rivelata in tutta la sua potenza. È il 1887 quando il professore harvardiano Woodrow Wilson scrive il breve saggio The Study of Administration, il saggio che avvierà la stagione della riflessione tecnocratica. La tesi era semplice ma innovativa per l’America di quel periodo: la società e divenuta immensamente complessa, il governo è disordinato dalle pratiche clientelari, non esiste una classe di professionisti che possa dirigere delle funzioni pubbliche in continua espansione e per rimediare a questa situazione è necessario separare la politica dall’amministrazione, creare un corpo di burocrati professionali selezionati per merito e con competenze specialistiche. Wilson intendeva legittimare la legge del 1883, il...
di Lorenzo Castellani
Che cos’è la tecnocrazia? Qual è la sua origine? In questi anni di trasformazioni politiche si è parlato molto di “tecnocrazia internazionale”, di “eurocrati”, di “tecnostrutture” alimentando la narrativa di un potere invisibile, lontano e incontrollabile per i cittadini.
La tecnocrazia è una manifestazione del potere politico controversa e ingombrante, la cui storia non può essere relegata agli ultimi trent’anni e che raramente viene presa sul serio sia da coloro che la esaltano sia da quelli che la reputano responsabile di tutto il malessere contemporaneo. Eppure la tecnocrazia esprime molto più di un termine per indicare il “potere dei tecnici”, poiché mostra un vero e proprio modo di pensare la politica e di rapportarsi con la competenza, la scienza, la tecnica.
In questa storia un posto centrale è rivestito dagli Stati Uniti d’America e dal pensiero progressista del primo Novecento. Alla fine del Diciannovesimo secolo l’America era un motore di straordinaria potenza e disordine: le masse si erano già affacciate alla politica, i partiti governavano lo Stato a colpi di populismo e spoil system, il settore pubblico era corrotto (e percepito come tale), la popolazione si era moltiplicata, le rivoluzione industriale si era rivelata in tutta la sua potenza. È il 1887 quando il professore harvardiano Woodrow Wilson scrive il breve saggio The Study of Administration, il saggio che avvierà la stagione della riflessione tecnocratica. La tesi era semplice ma innovativa per l’America di quel periodo: la società e divenuta immensamente complessa, il governo è disordinato dalle pratiche clientelari, non esiste una classe di professionisti che possa dirigere delle funzioni pubbliche in continua espansione e per rimediare a questa situazione è necessario separare la politica dall’amministrazione, creare un corpo di burocrati professionali selezionati per merito e con competenze specialistiche. Wilson intendeva legittimare la legge del 1883, il Pendleton Act, che aveva sancito la nascita della burocrazia federale americana tramite un reclutamento per concorso delle alte sfere amministrative.
È in questo contesto che l’esperto, il competente, il professionista approda sulla scena politica americana. Nascono i club intellettuali, come il Metaphysical Club, ove si sviluppava una nuova scienza sociale per dirigere la società di massa industrializzata. Ne facevano parte filosofi come Oliver Wendell Holmes, William James, Charles Pierce e questi originavano un nuovo pensiero razionalista, volto ad ordinare la società e l’opinione pubblica sulla base della razionalità e della pianificazione. Ad esse si aggiungevano le idee di John Dewey, il maggior filosofo americano del periodo, che miravano all’educazione delle masse e al controllo sociale, al condurre la discussione pubblica entro determinati schemi. La società diveniva più complessa, le masse più alienate e politicamente influenti, le macchine divenivano il perno della produzione, i manager gestivano le organizzazione e la filosofia doveva mettersi al servizio di una riorganizzazione del dibattito pubblico. La presa su questi folgoranti cambiamenti sociali andava aumentata, la necessità di dirigere questi cambiamenti era impellente. Per dirla con Dewey il rule by the people andava trasformato in un rule by the scientific experts e l’ideale era che ogni uomo diventasse “lo scienziato di se stesso”. Più la società si complicava, più aumentavano gli strumenti a disposizione del pubblico, più i pensatore dell’epoca si rendevano conto che aumentava la distanza tra il grande pubblico e le classi dirigenti. Per essi soltanto la tecnica poteva risolvere i mali che la modernità stessa aveva creato e per questo serviva una società diretta dai “competenti”. Prendeva piede una nuova visione della società che potremmo definire “sofocratica”, che dava vita ad una politica incentrata sul sapere scientifico.
Il grande avversario, in questo contesto, diventava l’individualismo poiché l’essere umano da solo non poteva fronteggiare le sfide del presente e senza una nuova organizzazione razionalizzata della società la nazione sarebbe stata ingovernabile, i singoli eccessivamente capricciosi, smarriti, indisciplinati. Il dirigismo si insediava nella cultura americana e la comunità diveniva una grande macchinario ove gli ingegneri sociali dovevano porre ed oliare gli ingranaggi. Lo aveva capito bene Walter Lippmann, saggista di grande successo e pensatore liberale ed elitista, il quale descriveva la società americana come fratturata tra gli insiders, quella élite che aveva gli strumenti per comprendere il presente e gli outsiders, i forgotten men che vivevano il progresso con disordine e scarso entusiasmo. Per l’outsider la politica “si muoveva in modo misterioso” e le informazioni erano un “libro chiuso”. Le notizie si accettavano supinamente così come le bugie. Su di lui avevano presa soltanto le personalità magnetiche e la “magia delle parole”. Per Lippmann la società era tagliata a metà: competenti da un lato, incompetenti dall’altro. Per questo motivo educare le masse e lasciar dirigere l’opinione pubblica ad una classe illuminata diveniva un aspetto fondamentale della modernità.
Walter Lippmann, saggista di grande successo e pensatore liberale ed elitista, descriveva la società americana come fratturata tra gli insiders, quella élite che aveva gli strumenti per comprendere il presente e gli outsiders, i forgotten men che vivevano il progresso con disordine e scarso entusiasmo
Le regole e gli esperti erano le due certezze su cui poggiare per dirigere la società democratica nella “età della macchina”. Non è un caso, tuttavia, che il suo ultimo libro s’intitoli The Phantom Public (1925), il pubblico fantasma, ove l’autore sembra parzialmente rinnegare il progressismo precedentemente espresso per abbracciare una posizione più realista e maggiormente disincantata sulle possibilità di educare il popolo e renderlo maggiormente consapevole. L’élite, che secondo Lippmann aveva tutte le leve del potere in mano, sarebbe stata chiamata a fare i conti con il popolo nei decenni successivi. Sulla stessa linea d’onda si muoveva Herbert Croly che nel 1909 diede alle stampe The Promise of American Life, capolavoro che divenne la Bibbia del progressismo americano dell’epoca. La società industriale aveva disgregato l’unità del popolo americano e la nazione andava ricostruita.
La risposta che Croly individua va in due direzioni: da un lato la ricerca di nuove leadership che potevano contrastare lo strapotere di trust e monopoli, dall’altro la professionalizzazione di questi capi politici che dovevano essere “pubblici funzionari esperti piuttosto che politici”. La ricerca era rivolta verso una “èlite competente”, “disinteressata”, “specializzata” su cui pesava l’influenza del filosofo di fine ottocento George Santayana il quale aveva teorizzata il government by the men of merit. La democrazia, insomma, andava mantenuta ma allo stesso tempo tutelata attraverso la tecnocrazia e la leadership.
Lo scientismo diveniva una componente essenziale del periodo di quell’epoca dove si pretendeva di ricondurre tutto, anche la politica, nell’alveo della razionalità e dell’organizzazione così come l’elitismo, poiché il mondo intellettuale intendeva addomesticare il nuovo popolo forgiato dalla rivoluzione industriale. E si sentiva, allo stesso tempo, anche l’influsso del socialismo fabiano che voleva pianificare l’economia e costruire una nuova società. Infine c’era l’influenza del taylorismo e del management privato per cui lo Stato andava “corporatizzato” e le tecniche organizzative delle industrie andavano trasposte nell’amministrazione pubblica per forgiare uno “Stato tecnico”. Così nel 1919 nasceva il termine “technocracy”, inventato dall’ingegnere Howard Scott (qui il testo che ne pose le basi, ndr) che fondò un gruppo per la riorganizzazione economica degli Stati Uniti cercando la terza via, il potere dei tecnici in una società democratica, al socialismo e al fascismo.
La riverenza verso le grandi strutture pubbliche aveva politicamente prodotto anche dei risultati paradossali come nel caso di Charles Beard, intellettuale progressista e grande fautore del “governo degli esperti”, il quale si era sperticato in lodi nei confronti di Benito Mussolini, meritevole di aver riorganizzato l’economia italiana attraverso lo Stato. E l’ostilità del Duce verso la democrazia non andava poi così demonizzata poiché anche i Padri Fondatori si era dimostrati sospettosi verso di essa.
Sul piano politico il pensiero tecnocratico fu di notevole importanza. Teddy Roosevelt modellò la propria presidenza sui concetti di leadership e competenza, da utilizzare per regolare, rompere ed istituzionalizzare il grande capitalismo organizzato in forme anti-concorrenziali. Nonostante ciò, il primo Roosevelt incontrò l’avversione di molti intellettuali progressisti che non gradivano l’idea di un New Nationalism, un neo-nazionalismo avverso al grande capitalismo, per solleticare gli appetiti popolari. Woodrow Wilson fu il teorico della tecnocrazia amministrativa che si fece presidente, puntando sulla riorganizzazione dell’esecutivo e sulla professionalizzazione dei burocrati federali. Le agenzie amministrative e le istituzioni indipendenti guidate dai tecnici, come la Fed e la Sec, furono un prodotto politico e culturale di questo periodo. Herbert Hoover era il Great Engineer, il tecnocrate che conquistava la sommità dello Stato ed era favorevole ad una più forte regolazione amministrativa dell’economia. I suoi piani, come quelli di molti fautori della tecnocrazia, si sfaldarono sulla crisi del 1929.
Lo stesso Franklin Delano Roosevelt ereditò questa mentalità da grande pianificazione e l’adattò al suo New Deal che per la prima volta portò lo Stato americano ed i suoi tecnici ad intervenire direttamente sulla economia del Paese. Alla pianificazione, però, Roosevelt univa uno straordinario talento politico che alla fine fu la vera chiave per risolvere la crisi. Alla fine il pensiero sofocratico sboccò in una proposta, il New Deal, che aveva procurato a Roosevelt grande supporto popolare ed era voluta dal Presidente contro gran parte dell’establishment dell’epoca. Era servita la politica pura per rilanciare la ripresa laddove la tecnocrazia del predecessore Hoover non era riuscita. I tecnocrati dello Stato, in definitiva, divennero solamente un mezzo per realizzare i più ampi obiettivi del carismatico Presidente.
Franklin Delano Roosevelt ereditò questa mentalità da grande pianificazione e l’adattò al suo New Deal. Alla pianificazione, però, Roosevelt univa uno straordinario talento politico che alla fine fu la vera chiave per risolvere la crisi
Così con i nuovi programmi di welfare e la Seconda guerra mondiale i burocrati federali, le agenzie e le autorità, il numero dei funzionari pubblici e degli esperti decuplicarono. Lo Stato americano era cambiato per sempre, plasmato dagli incidenti della storia e dalle conseguenze finali del pensiero sofocratico. Nasceva, in questo contesto, il mito spesso rievocato degli “esperti e tecnocrati” di Washington, dipinti come freddi, autoreferenziali, lontani dalle esigenze del popolo e dalla cultura radicata del paese.
La politica stessa era stata sottoposta ad una nuova pretesa scientifica da studiosi come Charles Merriam e Harold Lasswell e la politics perdeva importanza a favore delle policy, le singole politiche messe in campo dallo stato sociale che dovevano essere scientificamente studiate e predisposte. L’elitismo di stampo italiano, influenzato da Mosca, Pareto e Michels, si fondeva con la ricerca dei competenti e la razionalizzazione della politica originando una nuova scienza della politica. Questa pretesa “scientifica” sulla politica avrebbe molto indispettito studiosi importanti come il conservatore Leo Strauss e, in Italia, il liberale Nicola Matteucci e il filosofo Augusto Del Noce, scettici rispetto all'idea di schematizzare le dinamiche sociali.
La cultura tecnocratica permeò un'intera generazione d’intellettuali, politici, opinionisti e funzionari. Costituì una vera e propria epoca di innovazione che lasciò un segno indelebile sul pensiero politico. Fu anche un punto di rottura con il passato perché portarono la scienza e la tecnica dentro la discussione sulla società e sulla politica. Un punto fermo che non sarà messo in discussione nel secolo successivo e che ancora oggi, nel decennio post-crisi, è oggetto di dibattiti particolarmente aspri tra i fautori della sofocrazia, della pedagogia delle masse e del dirigismo tecnocratico, i populisti che vorrebbero traghettare la società versa una democrazia diretta ed egualitaria, e gli irredimibili realisti che considerano l’elettore un animale irrazionale, le élite elemento cardine di qualsiasi sistema politico ed immutabile il perpetuo processo di ricambio e delegittimazione democratica a cui queste sono sottoposte.
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assumere tutte le precauzioni necessarie per mantenere riservato l'accesso all'Abbonamento attraverso il
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(per esempio, mantenendo riservate le credenziali di accesso ovvero segnalando senza ritardo al Fornitore
che la
riservatezza di tali credenziali risulta compromessa per qualsiasi motivo).
7.4 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
8. Tutela della proprietà intellettuale e industriale
8.1 L'Utente riconosce e accetta che i contenuti dell'Abbonamento, sotto forma di testi, immagini,
fotografie, grafiche,
disegni, contenuti audio e video, animazioni, marchi, loghi e altri segni distintivi, sono coperti da
copyright e dagli
altri diritti di proprietà intellettuale e industriale di volta in volta facenti capo al Fornitore e ai suoi
danti causa
e per questo si impegna a rispettare tali diritti.
8.2 Tutti i diritti sono riservati in capo ai titolari; l'Utente accetta che l'unico diritto acquisito con
il contratto
è quello di fruire dei contenuti dell'Abbonamento con le modalità e i limiti propri del Servizio. Fatte
salve le
operazioni di archiviazione e condivisione consentite dalle apposite funzionalità del Servizio, qualsiasi
attività di
riproduzione, pubblica esecuzione, comunicazione a terzi, messa a disposizione, diffusione, modifica ed
elaborazione dei
contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.