17 Gennaio
Parlamenti sull’orlo di una crisi di nervi
L'impeachment trasformato in show televisivo, America 2020, la corsa di Trump (e il miliardo di Bloomberg), il paziente inglese e l'ascesa di BoJo, la bodega della Spagna e Vox, il caso Italia e il governo di minoranza nel paese, la Commissione Ue nell'acquario. La democrazia funziona? La risposta di Churchill ieri e la realtà di oggi
L'ultimo numero di Aspenia, la rivista trimestrale di affari internazionali dell'Aspen Institute, è dedicato alla "Febbre della democrazia". Si tratta di un numero ricchissimo che presenta le riflessioni, tra gli altri, di Ian Bremmer, Erik Jones, Yascha Mounk, John C. Hulsman e Boris N. Liedtke, una conversazione di Marta Dassù con Giuliano Amato su "un nuovo Occidente". Il pezzo che apre il numero è del titolare di List, si intitola "Parlamenti sull’orlo di una crisi di nervi". Rispetto alla prima stesura andata in stampa, sono stati inseriti alcuni aggiornamenti, fatti rilevanti che confermano la nostra analisi. Alla democrazia serve un calmante, forse anche un ricostituente. Buona lettura.
La democrazia funziona? La domanda da qualche tempo ha il sapore di un sinistro presagio, un bagliore remoto sulla torre di un castello, sguainata come una spada nel Macbeth: "A che punto è la notte?". Lady Macbeth risponde: "Quasi alle prese con la mattina, per decidere chi sia delle due". In questo corpo a corpo tra la luce e il buio, in mezzo al teatro della guerra, c'è la democrazia che combatte... contro la democrazia.
La risposta migliore alla nostra domanda - la democrazia funziona? - resta quella di Winston Churchill: "È stato detto che la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle forme che si sono sperimentate fino ad ora". Ma è sempre lui, Churchill, a darci un formidabile, urticante motivo per criticarla: "Il migliore argomento contro la democrazia è una conversazione di cinque minuti con l'elettore medio". Battuta confermata nell'era dei social media, della politica buttata in pasto ai leoni da tastiera, della mediocrazia, del peggio per il peggio, dell'aggressione via smartphone, del dibattito pubblico rasoterra. A cosa serve allora la democrazia in un mondo che non sa che farsene? La risposta arriva dalla cronaca, dal film dei fatti a...
L'ultimo numero di Aspenia, la rivista trimestrale di affari internazionali dell'Aspen Institute, è dedicato alla "Febbre della democrazia". Si tratta di un numero ricchissimo che presenta le riflessioni, tra gli altri, di Ian Bremmer, Erik Jones, Yascha Mounk, John C. Hulsman e Boris N. Liedtke, una conversazione di Marta Dassù con Giuliano Amato su "un nuovo Occidente". Il pezzo che apre il numero è del titolare di List, si intitola "Parlamenti sull’orlo di una crisi di nervi". Rispetto alla prima stesura andata in stampa, sono stati inseriti alcuni aggiornamenti, fatti rilevanti che confermano la nostra analisi. Alla democrazia serve un calmante, forse anche un ricostituente. Buona lettura.
La democrazia funziona? La domanda da qualche tempo ha il sapore di un sinistro presagio, un bagliore remoto sulla torre di un castello, sguainata come una spada nel Macbeth: "A che punto è la notte?". Lady Macbeth risponde: "Quasi alle prese con la mattina, per decidere chi sia delle due". In questo corpo a corpo tra la luce e il buio, in mezzo al teatro della guerra, c'è la democrazia che combatte... contro la democrazia.
La risposta migliore alla nostra domanda - la democrazia funziona? - resta quella di Winston Churchill: "È stato detto che la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle forme che si sono sperimentate fino ad ora". Ma è sempre lui, Churchill, a darci un formidabile, urticante motivo per criticarla: "Il migliore argomento contro la democrazia è una conversazione di cinque minuti con l'elettore medio". Battuta confermata nell'era dei social media, della politica buttata in pasto ai leoni da tastiera, della mediocrazia, del peggio per il peggio, dell'aggressione via smartphone, del dibattito pubblico rasoterra. A cosa serve allora la democrazia in un mondo che non sa che farsene? La risposta arriva dalla cronaca, dal film dei fatti a cui assistiamo, dalla loro proiezione - ieri e oggi - nello spazio della longue durèe, nel tempo della storia. Voliamo alto, guardiamo la mappa dei Parlamenti. È un viaggio istruttivo nella crisi della democrazia e nella insostituibilità con qualcos'altro che è peggiore, per restare alla lezione di Churchill.
01
C'era una volta in America
Il Congresso americano è impegnato in un processo al Presidente che i giornali di tutto il mondo hanno titolato così: "Lo show dell'impeachment". La parola chiave è la prima: show, spettacolo. La procedura più grave del diritto costituzionale americano è presentata come un pezzo del quotidiano entertainment. Non è un atto politico, non ha la solennità istituzionale, è una scena dello schermo sempre acceso della quotidianità. È sofa tv. In questa dimensione parallela della realtà, l'articolo più interessante da leggere non è più quello dell'analisi dei fatti e dello scenario politico, ma la recensione televisiva. Il New York Times fin dalla prima audizione (prima alla Camera, ora inizia il procedimento al Senato) ha messo il critico televisivo al centro dell'impaginato, il quale per descrivere la compostezza del racconto di uno dei due testimoni, l'ex ambasciatore in Ucraina William B. Taylor Jr., lo paragona a... Walter Cronkite, il re degli anchorman americani, una figura del giornalismo-spettacolo, non un diplomatico. Siamo nel terreno della fiction. Eppure siamo nello stesso tempo nel tempio della democrazia americana, in Parlamento, nel regno dell'austera e pugnace Nancy Pelosi. Un giro di quinta ci riporta all'immaginario, perché siamo a Washington, Casa Bianca, in piena sceneggiatura da House of Cards, un titolo non a caso accompagnato dalla frase "gli intrighi del potere". E il protagonista qui non si chiama Frank Underwood, ma Donald Trump. Il racconto è quello della serie tv e un uomo di spettacolo come Trump (star di Apprentice, nota rossa sul taccuino del vostro cronista) ci mette un secondo a capire quale registro deve usare per demolire l'impeachment, lo tratta come un programma televisivo, lo affronta come problema di drammaturgia televisiva e afferma: "Non ne ho visto neppure un minuto". Visto. Non ascoltato, non letto, non pesato. Non è politica. È televisione. E in quel campo Trump sa il fatto suo. Nel momento in cui i Democratici apparecchiano l'impeachment come un pezzo di televisione che serve non per giungere allo scopo istituzionale (scoprire se Trump ha tradito o no la Costituzione americana), ma come uno strumento della propaganda, della campagna presidenziale, tutto l'impianto accusatorio, la storia vera, lascia spazio alla performance dei testimoni di fronte alle telecamere, allo show. È la fine del Parlamento e l'inizio di una serie tv. La prova processuale non conta assolutamente nulla, il problema del domani è la pagella del critico televisivo, l'audience e la reazione del pubblico. L'articolo più intrigante - e rivelatore del reale clima che aleggia sulla procedura di impeachment - è quello del Wall Street Journal che descrive "il carnevale" intorno al luogo in cui dovrebbe consumarsi il dramma politico: a un certo punto nel racconto compaiono dei cani, sono in visita a Capitol Hill con l'associazione di terapia animale Pet Partners, e il lettore viene avvisato che i cani sono rigorosamente non partisan. Domanda sul taccuino: come si chiama questo? Svuotamento del significato del processo politico, ma in questa assenza di gravità (che significa non stare con i piedi per terra) il vero show dell'impeachment non è il disordine istituzionale di Trump, non è il caso Ucraina (attenzione all'ironia del destino: il presidente è un ex comico, Volodymyr Zelensky, un altro uomo di spettacolo), non è il tentativo del Partito democratico di rilanciare una campagna presidenziale partita male e proseguita peggio, è la crisi del Parlamento americano. Le democrazie giocano con lo schema antico della carta e della bussola, mentre là fuori la contemporaneità si esprime su Tik Tok e si orienta sul gps. La decostruzione del discorso, lo spezzettamento compulsivo del racconto, la sua riduzione a frame digitale, è un problema di comprensione dello scenario, di deviazione del significato, di manipolazione e alla fine di alterazione del gioco democratico. Tutto è schermo, dunque velo, quinta del teatro della politica, un maldestro gioco d'illusionismo dove il trucco si vede, ma è accettato, addirittura chiesto dal pubblico pagante che così ha la possibilità di irriderlo sui social network, gli unici soggetti che in questo "carnevale" guadagnano. Sul display della contemporaneità si sono smarrite le élite che avrebbero dovuto guidare il popolo, le masse che passano dal like al deepfake senza sapere perché, sono automatizzate dai titani della Silicon Valley. I politici? Sono follower. Il Congresso? Il set televisivo. Trump? Il Commander in Tweet. La democrazia? Una nota di regia. Ciak, si gira. C'era una volta Hollywood, qui è Washington.
Post scriptum. Michael Bloomberg ha dichiarato di voler puntare sulla campagna per le presidenziali un miliardo di dollari. Si tratta di una cifra senza precedenti, destinata a cambiare la dinamica della battaglia di America 2020 in una maniera mai vista prima. Il Wall Street Journal oggi pubblica un articolo sull'argomento intitolato "The Bloomberg Effect: Huge Spending Transforms 2020 Campaign Dynamics", Bloomberg ha già speso 217 milioni di dollari, la cifra rappresenta i tre quarti della spesa finora consumata da tutti i candidati, compreso Donald Trump. Nella corsa per la poltrona di sindaco di New York, nel 2001, Bloomberg superò la spesa di tutti i candidati nella misura di 5 a 1, la strategia di oggi è quella di ieri. La potenza del denaro, il suo effetto distorsivo, un altro tema che tocca il cuore della democrazia.
02
Spagna. Bodega e corrida, Vox
Guardate la Spagna, il suo parlamento, il suo disegno costituzionale in crisi. La Catalogna ha innescato una crisi di enormi proporzioni nel cuore dell'Unione europea. Si fa presto a puntare il dito sulla Brexit, ma quello che accade in Spagna è di enorme importanza: abbiamo di fronte un regno pieno di crepe, con una Corona debole, un parlamento che appare come la cartina dei Balcani dopo la dissoluzione della Yugoslavia del maresciallo Tito. La Spagna ha usato il potere dello Stato democratico con tutta la massima potenza: ha represso la rivolta sulle piazze della Catalogna, inviato la polizia nazionale e usato la forza dei Mossos d'Esquadra, ha arrestato e messo in carcere gli indipendentisti, non trovando a Madrid la misura giusta per fare un governo - che dipende dagli indipendentisti - prima il Partito popolare e poi il Partito socialista hanno tentato di superare lo stallo con le elezioni. La Spagna ha votato quattro volte in quattro anni e il risultato è che i governi sono di volta in volta sempre più deboli. L'ultima volta, Pedro Sanchez pensava di andare all'incasso con il voto anticipato, aveva raccontato a se stesso e agli altri che rompendo il negoziato estenuante con Podemos avrebbe dato ai socialisti i seggi per la vittoria. È andata al contrario, la maggioranza non c'è, gli elettori chiedevano il governo subito non un altro voto, tanto che il partito centrista per eccellenza, Ciudadanos, è in via di zombificazione e il suo leader, Albert Rivera, si è dimesso e ha annunciato l'abbandono della vita politica. Chi ha vinto? Dai crepacci della Sierra Nevada è uscito il ruggito di Vox che descrive la sua proposta politica come una "scelta patriottica". In pieno sbraco istituzionale iberico, Vox irrompe nell'assemblea parlamentare spagnola come terzo partito. Prima non esisteva, oggi sta all'opposizione con un progetto preciso: diventare il primo partito. Tra bodega e corrida, Santiago Abascal prende i voti della Spagna un tempo franchista, nazionalista, a caccia di una tradizione che fa a pugni con la contemporaneità, con un programma dichiaratamente anti-moderno. La giovane democrazia della Spagna, quella nata dalle ceneri del franchismo, nel 1975, è in crisi e lo è per eccesso di democrazia e non per difetto, per l'equivoco sull'uso del metodo democratico, il suo consumo intensivo per assenza di sintesi politica. La crisi parlamentare della Spagna è stata fulminata da un titolo del quotidiano La Vanguardia: "Estamos donde estábamos". Sì, stiamo dove stavamo. E così Pedro Sanchez e Pablo Iglesias alla fine sono dovuti salire sull'altare, fintamente innamorati e senza dote, i voti per governare al sicuro.
03
Il caso Italia
I segnali della crisi italiana c'erano tutti, ma per vederli occorre(va) essere liberi dal pregiudizio. Così nessuno o quasi aveva dato credito al nascente partito di un comico e un visionario (Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio) fino a quando nel 2013 quella creatura non ha rotto lo schema destra-sinistra che in Italia era declinato nella lotta furiosa tra Berlusconi e il resto del mondo politico italiano. Il mondo parallelo sognato dalle classi colte ai tempi di Berlusconi diceva che il suo partito, Forza Italia, era un partito di plastica. È durato vent'anni. Oggi si dice che prima o poi il Movimento Cinque Stelle sparirà e tutto tornerà come prima. Si tratta di un errore, perché il problema della vita o morte del partito fondato da Grillo e guidato oggi da Luigi Di Maio è un non problema. Il tema è quello della presenza massiccia in Italia di un elettorato che è contro par defaut, un bacino elettorale anti-sistema che i partiti di oggi (e di domani) coltivano in vario modo e grado. Il populismo italiano è un dato costante e permanente della storia italiana. Non a caso il fascismo è stato inventato in Italia da Benito Mussolini, un vibrante giornalista e politico, nato a sinistra, spostato a destra, un attore tragico del totalitarismo del Novecento. Coltivare la storia aiuta a capire il carattere di un popolo, non si può dimenticare il fenomeno dell'Uomo Qualunque, movimento fondato nel 1946 da Guglielmo Giannini - ancora un estroso giornalista - che ha un programma che ricorda quello dei populisti di oggi, soprattutto nell'opposizione al capitale e alla grande industria. L'Italia è un laboratorio di rapide distopie e repentine rimozioni. La sua crisi parlamentare è inversa rispetto a quella della Spagna. Dove la Spagna vota, l'Italia inventa governi per non andare alle urne. La democrazia, il Parlamento, si consuma non per eccesso di chiamata alle urne, ma per difetto di consultazione. Così l'Italia ha governi da ciclo d'emergenza, sempre più scissi dalla realtà del corpo elettorale. Ieri il format del governo giallo-verde, oggi quello del governo giallo-rosso. Lo stesso premier, Giuseppe Conte, è una sagoma buona per due formule opposte, generate da un solo cambiamento cromatico: il rosso (il Partito democratico) che va al posto del verde (la Lega). Resta il giallo (il Movimento Cinque Stelle). E Conte. Tutto più che logico, alla luce del sole, non è materia da romanzo cospiratorio, ma la democrazia parlamentare italiana qui rivela il suo limite e la sua potenziale implosione: un paese tutto a destra nelle Regioni, oggi ha un governo di minoranza a Roma. Un esecutivo nato per fermare la Lega di Matteo Salvini, funzionale agli equilibri instabili del Parlamento e della Commissione Ue, non è sintonizzato con l'elettorato. Sono situazioni de facto che prima o poi finiscono per generare la rupture, un evento indesiderato, la classica conseguenza inattesa. Quale? Il rafforzamento della Lega di Salvini, l'indebolimento dell'esecutivo in carica, lo svuotamento del potere legislativo, la supplenza permanente dell'unica istituzione che mantiene autorità e autorevolezza, la Presidenza della Repubblica.
04
Il paziente inglese
Attraversate le Alpi e la grassa pianura della Francia (dove abbondano i problemi casalinghi di Macron), arriviamo alle scogliere di Dover e traversiamo il canale della Manica. Qui lingua, attori e spettatori sono diversi, ma la sceneggiatura è un adattamento di un film da multisala. Nell'isola d'Inghilterra, dove il partito di Nigel Farage - il primo che fondò, Ukip - veniva trattato sui media come il partito dei clown e naturalmente la Brexit non ci sarebbe mai stata. È andata come sappiamo: nel 2016 la Brexit è arrivata, il Parlamento inglese è finito nel vortice della guerra dei Tories (con lo stesso esito di quella del film della Guerra dei Roses), due primi ministri si sono bruciati le penne (David Cameron e Theresa May), il Labour è tornato socialista senza il socialismo, è arrivato quello della Brexit, Boris Johnson, che trova perfino un accordo con l'Unione europea (e fine della retorica da rotativa politicamente corretta), mentre Nigel Farage nel frattempo, per non farsi e farci mancare niente, ha fondato un altro partito che non è un giro di parole: Brexit Party. Si vota il 12 dicembre. Farage dice che non farà concorrenza ai Tories nei collegi. È un patto per il governo di Downing Street domani. E spiana la strada della vittoria a BoJo. Vittoria larga, da manuale, puntuale, opposta al racconto del sistema dei media mainstream. Oh, dejà vu. Westminster è stata la risposta alla crisi? Il Parlamento inglese ha dimostrato di avere botole e vie d'uscita. Ha messo in luce la figura dello speaker, ma l'immagine di John Bercow - in tempi di leadership "visibili" - ha finito per fagocitarne il ruolo che doveva essere di equilibrio. Altro punto: il poter presentare all'assemblea nuovi escamotage a getto continuo per l'exit ha confermato la straordinaria duttilità di Westminster e nello stesso tempo l'ha logorato perché ne esponeva l'incapacità di ottenere una sintesi politica per realizzare la Brexit. Quello che abbiamo visto finora è la leadership di Boris Johnson e infatti il dibattito conservatori e laburisti si è spostato dall'uscita del Regno Unito dall'Unione europea - tema che è sedimentato nell'opinione pubblica (Londra non è l'Inghilterra) - a questioni che fanno vibrare l'elettorato, industria, lavoro, corporate tax, riforme sociali. Il problema del "paziente inglese" nell'immaginario non è più la Brexit, ma il futuro di una nazione che ha una fanciullesca (e per questo potente e esposta all'imprevisto) nostalgia dell'impero. Il tema non è se questa sia una Little o Great Britain, ma chi la guida verso un nuovo inizio. Per questo c'è un nuovo Parlamento e perfino la famiglia reale si ritrova con la Megxit, due ragazzi con poche idee e ben confuse, Harry e Meghan, che "rinunciano" alla vita nel Castello per abbracciare quella del Grattacielo da qualche parte ma sempre intorno agli antichi possedimenti del Commonwealth, nell'immaginario la mappa della rivoluzione di Oliver Cromwell esiste e resiste. C'è Elisabetta e God Save The Queen sempre.
05
Strasburgo, abbiamo un problema
Immersa in un silenzio da acquario per pesci rossi, la nuova Commissione Ue è partita... senza partire. Il voto europeo s'è tenuto il 25 maggio, il vostro cronista sta scrivendo questo articolo il 14 novembre, fate voi i conti. Il nuovo organo esecutivo arriva dopo sei mesi, sono tempi inconciliabili con il real time della contemporaneità. La nuova Commissione non c'è (e poi c'è senza dare segni di vita) e nel frattempo là fuori si sta scomponendo e ricomponendo un nuovo mondo. L'elenco dei problemi nel motore di Bruxelles è lungo: le relazioni complicate tra Francia e Germania (con la netta divergenza tra Macron e Merkel sul ruolo della Nato, lo strumento militare), un clima da lunghi coltelli tra il Partito popolare e quello socialista e i "macronisti" (vedere l'impallinamento di Silvie Goulard nella procedura di nomina a commissario), i numeri che ballano il fox trot a Strasburgo con il Parlamento chiaramente a maggioranza variabile. Quella che era stata venduta nella tipografia del mainstream come la legislatura del riscatto degli europeisti, finora ha prodotto un nano politico con i piedi di piombo, lentissimo. Si allargano le crepe (vedere la lite tra Macron e Merkel sulla "morte cerebrale della Nato" sostenuta dal presidente francese) e la maggioranza senza maggioranza del Parlamento europeo proclama la sua virtù, un'antropologica superiorità politica, ma poi dichiara la necessità di andare a cercare i voti dei sovranisti (questo ha dichiarato in un'intervista a Repubblica la commissaria Ue Margrethe Vestager) di volta in volta. Nell'architettura barocca dell'Unione questo significa che la Commissione è esposta ai colpi di testa del Parlamento, che gli accordi dei capi di Stato e dei commissari valgono poco, quasi nulla, di fronte all'Assemblea di Strasburgo che fa e disfa, rammenda e strappa a seconda delle antipatie e capricci dei singoli parlamentari. Se il mio voto diventa decisivo, allora varrà prima di tutto come arma di difesa (e attacco) personale. Così per via parlamentare si ottiene un sottosopra della democrazia.
06
Conclusione. La Torre di Babele
Abbiamo di fronte a noi dittature e autocrazie, democrazie senza competizione, che nell'immaginario degli elettori occidentali appaiono "efficaci". Democrazie compiute con parlamenti in affanno, spesso trasformati in pulsantiere (l'Italia) o teatri di posa per il cinema della politica (l'America). Trump che fa il canguro con l'impeachment, inanella record a Wall Street, fa a pugni e stringe la mano alla Cina nella guerra del container, ordina l'uccisione di al Baghdadi e Soleimani ridisegnando la mappa degli equilibri in Medio Oriente; Putin che mette mano alla Costituzione (e al rubinetto del gas collegato all'Europa) preparando così un "terzo tempo" della sua era, Erdogan che sfodera un nuovo espansionismo ottomano nel Mediterraneo e in Medio Oriente; Xi Jinping che con la pazienza rutilante del Celeste Impero insegue il dominio del mondo nella posizione non del caro ma dell'eterno leader scolpita nella Costituzione del Partito comunista cinese; Narendra Modi che lancia missili e satelliti in un paese immenso e in tumulto sociale; Jair Bolsonaro che in Brasile sfodera la spada della sovranità amazzonica; Boris Johnson che apre la porta del Number Ten di Downing Street a un conservatorismo colto (guardate il suo discorso di Natale, un capolavoro della comunicazione politica), un leader svelto, ricco di immaginario, contestato, detestato, amato, destinato a sorprenderci. Nell'era della privacy a porte spalancate, delle libertà indefinite e dell'automazione dei desideri, in piena distopia sociale e monopolio (una lesione fondamentale della libertà) da Silicon Valley, c'è chi è pronto a rinunciare a pezzi vitali della propria libertà in cambio di efficienza, rapidità e impatto dell'azione politica. Figure di autocrati come Putin, Xi Jinping, Erdogan, espressione di sistemi dove il capo è "no limits", producono fascinazione, il desiderio della decisione senza mediazione. La stessa Anglosfera governata da The Donald e BoJo è un mondo dove il Parlamento o è strumento del Principe o appare come un ostacolo. Quello che è mediato, è diventato incompatibile con l'era dell'immediato. La lentezza è nemica della velocità. La complessità è un impiccio. Il semplice è diventato semplicistico. Così la democrazia senza decisioni è un'antica Torre di Babele, un fastidioso ronzio sovrastato dal frastuono dei social. E ancora una volta, si realizza qui, davanti a noi, una battuta di Winston Churchill: "Le guerre dei popoli sono peggiori di quelle dei re". Spegnete tutto, serve un nuovo inizio.
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ore prima del
momento della scadenza. In mancanza di disdetta nel termine indicato, l'Abbonamento è automaticamente
rinnovato.
3.3 L'Utente potrà esercitare la disdetta in ogni momento e senza costi attraverso una delle seguenti
modalità:
seguendo la procedura per la gestione dell'Abbonamento all'interno del proprio profilo utente sia sul Sito
che
nell'Applicazione;
inviando una mail al seguente indirizzo: help@newslist.it.
3.4 Gli effetti della disdetta si verificano automaticamente alla scadenza del periodo di abbonamento in
corso; fino a
quel momento, l'Utente ha diritto a continuare a fruire del proprio Abbonamento. La disdetta non dà invece
diritto ad
alcun rimborso per eventuali periodi non goduti per scelta dell'Utente.
3.5 In caso di mancato esercizio della disdetta, il rinnovo avverrà al medesimo costo della transazione
iniziale, salvo
che il Fornitore non comunichi all'Utente la variazione del prezzo dell'Abbonamento con un preavviso di
almeno 30 giorni
rispetto alla data di scadenza. Se, dopo aver ricevuto la comunicazione della variazione del prezzo,
l'Utente non
esercita la disdetta entro 24 ore dalla scadenza, l'Abbonamento si rinnova al nuovo prezzo comunicato dal
Fornitore.
3.6 Il Fornitore addebiterà anticipatamente l'intero prezzo dell'Abbonamento subito dopo ogni rinnovo sullo
stesso
strumento di pagamento in precedenza utilizzato dall'Utente ovvero sul diverso strumento indicato
dall'Utente attraverso
l'area riservata del proprio account personale.
4. Recesso DEL CONSUMATORE
4.1 L'Utente, ove qualificabile come consumatore – per consumatore si intende una persona fisica che agisce
per scopi
estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta, ha
diritto di
recedere dal contratto, senza costi e senza l'onere di indicarne i motivi, entro 14 giorni dalla data di
attivazione
dell'Abbonamento acquistato.
4.2 L'Utente può comunicare la propria volontà di recedere, inviando al Fornitore una comunicazione
esplicita in questo
senso mediante una delle seguenti modalità:
mediante raccomandata a.r. indirizzata alla sede del Fornitore;
per email al seguente indirizzo help@newslist.it;
4.3 Ai fini dell'esercizio del recesso l'Utente può, a sua scelta, utilizzare questo modulo
4.4 Il termine per l'esercizio del recesso si intende rispettato se la comunicazione relativa all'esercizio
del diritto
di recesso è inviata dall'Utente prima della scadenza del periodo di recesso.
4.5 In caso di valido esercizio del recesso, il Fornitore rimborserà all'Utente il pagamento ricevuto in
relazione
all'Abbonamento cui il recesso si riferisce, al netto di un importo proporzionale a quanto è stato fornito
dal Fornitore
fino al momento in cui il consumatore lo ha informato dell'esercizio del diritto di recesso; per il calcolo
di tale
importo, si terrà conto dei numeri o comunque dei contenuti fruiti e/o fruibili dal consumatore fino
all'esercizio del
diritto di recesso. Il rimborso avverrà entro 14 giorni dalla ricezione della comunicazione di recesso sullo
stesso
mezzo di pagamento utilizzato per la transazione iniziale.
4.6 Eventuali eccezioni al diritto di recesso, ove previste da Codice del consumo – decreto legislativo 6
settembre
2005, n. 206, saranno comunicate al consumatore in sede di offerta prima dell'acquisto.
5. Modalità di pagamento
5.1 L'Abbonamento comporta l'obbligo per l'Utente di corrispondere al Fornitore il corrispettivo nella
misura
specificata nell'offerta in relazione al pacchetto scelto dall'Utente.
5.2 Tutti i prezzi indicati nell'offerta si intendono comprensivi di IVA.
5.3 Il pagamento dei corrispettivi può essere effettuato mediante carte di credito o debito abilitate ad
effettuare gli
acquisti online. Le carte accettate sono le seguenti: Visa, Mastercard, American Express.
5.4 L'Utente autorizza il Fornitore ad effettuare l'addebito dei corrispettivi dovuti al momento
dell'acquisto
dell'Abbonamento e dei successivi rinnovi sulla carta di pagamento indicata dallo stesso Utente.
5.5 Il Fornitore non entra in possesso dei dati della carta di pagamento utilizzata dall'Utente. Tali dati
sono
conservati in modo sicuro dal provider dei servizi di pagamento utilizzato dal Fornitore (Stripe o il
diverso provider
che in futuro potrà essere indicato all'Utente). Inoltre, a garanzia dell'Utente, tutte le informazioni
sensibili della
transazione vengono criptate mediante la tecnologia SSL – Secure Sockets Layer.
5.6 È onere dell'Utente: (i) inserire tutti i dati necessari per il corretto funzionamento dello strumento
di pagamento
prescelto; (ii) mantenere aggiornate le informazioni di pagamento in vista dei successivi rinnovi (per
esempio,
aggiornando i dati della propria carta di pagamento scaduta in vista del pagamento dei successivi rinnovi
contrattuali).
Qualora per qualsiasi motivo il pagamento non andasse a buon fine, il Fornitore si riserva di sospendere
immediatamente
l'Abbonamento fino al buon fine dell'operazione di pagamento; trascorsi inutilmente 3 giorni senza che il
pagamento
abbia avuto esito positivo, è facoltà del Fornitore recedere dal contratto con effetti immediati.
Pagamenti all'interno dell'applicazione IOS
5.7 In caso di acquisto dell'Abbonamento mediante l'Applicazione per dispositivi IOS, il pagamento è gestito
interamente
attraverso la piattaforma App Store fornita dal gruppo Apple. Il pagamento del corrispettivo è
automaticamente
addebitato sull'Apple ID account dell'Utente al momento della conferma dell'acquisto. Gli abbonamenti
proposti sono
soggetti al rinnovo automatico e all'addebito periodico del corrispettivo. L'Utente può disattivare
l'abbonamento fino a
24h prima della scadenza del periodo di abbonamento in corso. In caso di mancata disattivazione,
l'abbonamento si
rinnova per un eguale periodo e all'Utente viene addebitato lo stesso importo sul suo account Apple.
L'Utente può
gestire e disattivare il proprio abbonamento direttamente dal proprio profilo su App Store. Per maggiori
informazioni al
riguardo: https://www.apple.com/it/legal/terms/site.html. Il Fornitore non è responsabile per eventuali
disservizi della
piattaforma App Store.
6. Promozioni
6.1 Il Fornitore può a sua discrezione offrire agli Utenti delle promozioni sotto forma di sconti o periodi
gratuiti di
fruizione del Servizio.
6.2 Salvo che non sia diversamente specificato nella pagina di offerta della promozione, l'adesione a una
promozione
comporta, alla sua scadenza, l'attivazione automatica del Servizio a pagamento con addebito periodico del
corrispettivo
in base al contenuto del pacchetto di volta in volta selezionato dall'Utente.
6.3 L'Utente ha la facoltà di disattivare il Servizio in qualunque momento prima della scadenza del periodo
di prova
attraverso una delle modalità indicate nel precedente articolo 3).
7. Obblighi e garanzie dell'Utente
7.1 L'Utente dichiara e garantisce:
- di essere maggiorenne;
- di sottoscrivere l'Abbonamento per scopi estranei ad attività professionali, imprenditoriali, artigianali
o commerciali
eventualmente svolte;
- che tutti i dati forniti per l'attivazione dell'Abbonamento sono corretti e veritieri;
- che i dati forniti saranno mantenuti aggiornati per l'intera durata dell'Abbonamento.
7.2 L'Utente si impegna al pagamento del corrispettivo in favore del Fornitore nella misura e con le
modalità definite
nei precedenti articoli.
7.3 L'Utente si impegna ad utilizzare l'Abbonamento e i suoi contenuti a titolo esclusivamente personale, in
forma non
collettiva e senza scopo di lucro; l'Utente è inoltre responsabile per qualsiasi uso non autorizzato
dell'Abbonamento e
dei suoi contenuti, ove riconducibile all'account dell'Utente medesimo; per questo motivo l'Utente si
impegna ad
assumere tutte le precauzioni necessarie per mantenere riservato l'accesso all'Abbonamento attraverso il
proprio account
(per esempio, mantenendo riservate le credenziali di accesso ovvero segnalando senza ritardo al Fornitore
che la
riservatezza di tali credenziali risulta compromessa per qualsiasi motivo).
7.4 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
8. Tutela della proprietà intellettuale e industriale
8.1 L'Utente riconosce e accetta che i contenuti dell'Abbonamento, sotto forma di testi, immagini,
fotografie, grafiche,
disegni, contenuti audio e video, animazioni, marchi, loghi e altri segni distintivi, sono coperti da
copyright e dagli
altri diritti di proprietà intellettuale e industriale di volta in volta facenti capo al Fornitore e ai suoi
danti causa
e per questo si impegna a rispettare tali diritti.
8.2 Tutti i diritti sono riservati in capo ai titolari; l'Utente accetta che l'unico diritto acquisito con
il contratto
è quello di fruire dei contenuti dell'Abbonamento con le modalità e i limiti propri del Servizio. Fatte
salve le
operazioni di archiviazione e condivisione consentite dalle apposite funzionalità del Servizio, qualsiasi
attività di
riproduzione, pubblica esecuzione, comunicazione a terzi, messa a disposizione, diffusione, modifica ed
elaborazione dei
contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.